Sulla dignità umana. Seconda parte
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Nella puntata precedente, abbiamo visto il significato di “dignità umana”, ma come si deve intendere la frase “persona priva di dignità” riportata dalla Garzanti?
Può veramente una persona essere priva di dignità?
Per rispondere, è necessaria un’ulteriore specificazione del concetto di dignità. In realtà, la stessa parola ha due connotazioni distinte (già si potevano intuire dalla definizione primaria della Garzanti), che s’intrecciano tra di loro. È necessario distinguere tra dignità radicale o ontologica, inscindibilmente unita alla natura stessa dell’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, e la dignità operativa o morale, che riguarda gli atti che l’uomo stesso compie in conformità, o meno, alla legge morale naturale. La dignità radicale o ontologica è incancellabile, mentre quella operativa o morale si può perdere. Facciamo un esempio: il serial killer Marc Dutroux, soprannominato il mostro di Marcinelle (QUI), per i suoi atti compiuti, ha certamente perduto la sua dignità morale, ma la sua dignità radicale è immutata. Tuttavia, è sempre possibile recuperare anche la dignità morale, previo cammino di conversione e purificazione.
Un’altra questione riguarda le persone che versano in stato vegetativo persistente, quelle che lor signori definiscono “vite indegne di essere vissute”. È chiaro che queste persone possono essere limitate nella loro dignità operativa, nel senso che non possono prendere alcuna decisione morale essendo gravemente invalidi, ma certamente non hanno perso neppure un grammo della loro dignità ontologica. I corifei della morte, invece, vogliono poterle ucciderle in nome della loro falsa dignità, fondata a loro immagine e somiglianza. I fautori della cultura della morte giocano sull’equivoco generato dalla mancata distinzione tra i due tipi di dignità, confondendo volutamente la dignità radicale con quella operativa. Anzi, a bene vedere, per loro è addirittura impossibile questa distinzione! Infatti, la dignità come postulato è una convenzione voluta dall’uomo, dipende da lui, ossia l’uomo è norma di se stesso, è autonomo. In sostanza, è l’uomo stesso che dichiara chi ha o non ha dignità, in base ad una convenzione consensuale, o meno.
Per rendersene conto, basta leggere il pensiero di uno dei campioni bioeticisti della cultura della morte, T.H. Engelhardt, il quale dichiara in un intervento apparso su Il Sole 24 Ore del 16 aprile 1999 (QUI):
I diritti di non interferenza possono trovare attuazione anche in assenza di convergenze non puramente formali su una nozione di bene. Basta il riconoscimento che, quando ci incontriamo come stranieri morali, noi possiamo derivare una comune autorità morale dal consenso, anche se non riusciamo a metterci d'accordo su come derivarla da Dio o dalla ragione.
Ed uno dei “consensi” riportati nel suo manuale di bioetica è il seguente:
Non tutti gli esseri umani sono persone. I feti, gli infanti, i ritardati mentali gravi e coloro che sono in coma senza speranza costituiscono esempi di non-persone umane. Tali entità sono membri della specie umana, ma non persone autonome e quindi degne di tutela [tratto da Manuale di bioetica, cit., p.126].
Ma ce ne sono altri, sempre dello stesso tenore. Leggete un po’ queste dichiarazioni di Peter Singer, altro “luminare” della bioetica laica. Il magazine “Time” lo ha consacrato nel pantheon dei quindici pensatori più importanti al mondo:
• «Può darsi che la vita di una bambina con un handicap tale da non essere in grado di riconoscere la propria madre sia meno degna di essere vissuta di quella di uno scimpanzé nel pieno del suo vigore. O se vogliamo: può essere meglio effettuare la sperimentazione di un farmaco potenzialmente importante, ma dolorosa, su un essere umano in coma, del quale tutti gli esami ci dicono che le funzioni sono puramente vegetative e che non riacquisterà sensibilità alla sofferenza, piuttosto che su un animale sano» [Peter Singer, intervista a “L’Unità” 7 settembre 2002].
• “Come genitore e nonno trovo adorabili i bambini di tre mesi, ma non dotati di dignità. Non mi piace questo voler trovare sempre la dignità negli esseri umani, compresi quelli la cui età mentale non supererà mai quella di un infante, mentre non attribuiamo la dignità ai cani o ai gatti, sebbene funzionino chiaramente a un livello mentale più avanzato. Perché la dignità dovrebbe essere attribuita sempre all’insieme dei membri della specie umana, qualunque siano le caratteristiche di un individuo?” [Peter Singer, Il Foglio 30-01-07].
Come avete potuto leggere, togliere di mezzo Dio come fondamento della dignità umana, porta ad un vero e proprio delirio di onnipotenza, della serie: decido io che vive, decido io chi muore. Per convenzione, naturalmente…
Allora, diventa chiaro che “uccidere un neonato con malformazioni non è moralmente equivalente a uccidere una persona. E molto spesso non è per niente sbagliato” [P. Singer. Etica pratica, pag. 140 ed. italiana].
L’unico modo di contrastare questa vera e propria follia omicida è quello di essere testimoni coraggiosi e senza cedimenti della verità tutta intera, usando bene quel grande dono di Dio che è la ragione umana. Ragione umana che deve essere sorretta dalla preghiera e dal digiuno, perché «questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera» (Mc 9,29).
San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia
Andrea Mondinelli