Associazione Cultura Cattolica

Rwanda

Il centenario dell'evangelizzazione
Autore:
Cavazza, Filippo
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Lo scorso febbraio, si sono concluse a Kigali, con la messa officiata dall'inviato del Papa, il Cardinale Roger Etchegaray, le celebrazioni per il centenario dell'evangelizzazione del Rwanda.

In questo paese dell'Africa dei Grandi Laghi i cattolici sono oltre il 60% della popolazione e i cristiani nel loro complesso sfiorano il 90% del totale.
E' stato un secolo difficile per la Chiesa rwandese, spesso al centro dei conflitti tra gli Hutu (l'etnia maggioritaria, 85% della popolazione) e i Tutsi (i cosiddetti watussi, circa il 10-12% della popolazione). Alcuni uomini di Chiesa si sono trovati frequentemente in mezzo ad aspre tensioni politiche, finendo per essere strumentalizzati dalle elite coloniali e per sostenere più o meno apertamente un gruppo etnico rispetto ad un altro. Dall'indipendenza del 1961 la Chiesa è stata spesso associata dai suoi avversari agli Hutu e in particolare al presidente Habyarimana.

L'assassinio nell'aprile del 1994 del presidente Habyarimana ha scatenato il più orribile genocidio della storia recente. Centinaia di migliaia di Tutsi e di Hutu moderati (pare quasi un milione su una popolazione di circa 4 milioni)sono stati barbaramente massacrati, sgozzati e decapitati da uomini armati esclusivamente di machete. Nemmeno la gente rifugiatasi in Chiesa ha potuto scampare a questa tragica sorte. Ci sono giunte anche immagini di donne uccise mentre pregavano e imploravano pietà ai loro assassini.

Per tutto il Rwanda e per la sua Chiesa è stato un dramma di inaudite proporzioni, dramma acuito dall'indifferenza di un mondo (Onu in testa) incapace di intervenire per salvare migliaia di vite umane. In quei mesi si sono ripetuti gli appelli di Giovanni Paolo II, amareggiato per la sorte a cui stava andando incontro il Rwanda e per il coinvolgimento di molti cristiani nei massacri.

Dal giugno del 1994, mese in cui i ribelli Tutsi del FPR (Fronte Patriottico Rwandese) sono entrati nella capitale Kigali e hanno preso il potere, la Chiesa ha ripreso il suo difficile cammino di evangelizzazione. E'proseguita la sua testimonianza, nelle scuole, negli ospedali, nell'assistenza alle centinaia di orfani della guerra. E' stata una testimonianza spesso ostacolata dal regime, in particolare dall'uomo forte del FPR, il generale Paul Kagame. Il processo ai danni di Mons. Misago, vescovo di Gisenyi, accusato di avere avuto un ruolo attivo nelle stragi, ha rappresentato una parte importante di questo clima di odio nei confronti della Chiesa. Nello scorso autunnno il vescovo rwandese, che con grande coraggio non ha voluto sottrarsi al procedimento penale, è stato assolto.

La recente visita di Etchegaray, che era già stato in diverse diocesi rwandesi nel giugno del 1994 (sempre come messo del Papa), è servita a ridare slancio alla vita della tanto provata chiesa locale e a sottolineare la vicinanza di Roma alle sue traversie. "Raramente- ha detto il Cardinale- un paese come il vostro, raramente una chiesa come la vostra hanno dovuto superare tanti ostacoli per risollevarsi e riprendere forza".

Perdono, riconciliazione, e al tempo stesso necessità di non dimenticare il passato per costruire una società più giusta, sono stati gli altri temi attorno a cui è ruotata l'omelia dell'8 febbraio. Etchegaray ha spiegato che il macabro recente passato del Rwanda non si può cancellare, "non si elimina con il dorso della mano, come si fa con una zanzara", ma ha voluto al tempo stesso precisare che la Chiesa e il popolo devono guardare avanti, evitando "un rimuginare costante, spossante, ossessivo".

Prima di concludere il suo discorso, l'inviato del Papa ha parlato con più insistenza del perdono, di un perdono che ha la sua origine nella misericordia di Dio verso ogni peccatore, fosse anche il più feroce, e di un perdono che deve essere usato nei confronti di tutti i cittadini rwandesi. Per farlo ha voluto ricordare al Rwanda l'attualità della frase di Gesù a Pietro: " 'Pietro mi ami tu?' Popolo rwandese, ascolta questa stessa domanda e, qualunque sia il tuo passato, osa rispondere: "Signore, sai che ti amo". Se è così, peccatore perdonato dal Padre, tu avrai la forza di perdonare tutti i tuoi fratelli".