Sudan: A chi giova la guerra?
Sudan: un conflitto senza fine di cui nessuno parla- Autore:
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Sembra proprio non esserci pace nel Sudan, martoriato da quasi vent'anni da una cruenta guerra civile che oppone il regime islamico di Khartoum alle popolazioni animiste e cristiane del sud e ai Nuba del nord. Le cifre del conflitto sono inequivocabili:in questi decenni ci sono stati quasi due milioni di morti, quattro milioni di sfollati all'interno del paese e seicentomila profughi all'estero.
L'intento di Khartoum, dove al governo siede dal 1989 il generale Omar el Bashir (che ha ormai accantonato l'ideologo Hassan el Turabi), è quello di spingere verso un'islamizzazione forzata che annulli l'identità delle altre etnie e degli altri popoli del paese. In passato il Sudan era sempre stato una nazione multietnica, multiculturale e multireligiosa. A tutt'oggi sulle zone meridionali si susseguono i bombardamenti dell'aviazione, ma soprattutto su quella vasta regione incombe il problema della carestia (per la scarsità dei rifornimenti) e si registra un gap molto forte nel campo dell'educazione, della sanità e delle infrastrutture rispetto al resto del paese. I tentativi di raggiungere un accordo di pace tra il governo e lo SPLA (Esercito Liberazione Popolo Sudanese) si sono ripetutamente arenati, in virtù anche delle costanti divisioni all'interno degli oppositori e dell'ostinata convinzione di Khartoum di far vedere al mondo che è l'unico soggetto attivamente impegnato nel dialogo.
Su tutto il conflitto aleggia inoltre l'incognita delle reali intenzioni delle fazioni del sud. Le recenti denunce (gennaio 2001) di alcuni missionari comboniani parlano dell'interesse che hanno i ribelli a tenere in vita il conflitto. Ogni giorno, infatti, arrivano aiuti umanitari per un ammontare di un milione di dollari, cifra molto appetitosa per chi dalla guerra pensa di trarre guadagno. "E' immorale-gridano i missionari-, una tragica farsa. Non è più una lotta per la libertà dei sudanesi né per la difesa dei diritti umani. E' diventata lotta di potere, affari, avidità". La Chiesa cattolica, insieme a quella protestante, cerca in questo difficile scenario di far sentire la propria voce e, memore della testimonianza del Papa nel suo breve soggiorno sudanese (11 febbraio 1993), di infondere coraggio a un popolo che appare sempre più abbandonato al suo destino dall'indifferenza delle organizzazioni internazionali.