Ucraina: Il Papa in Ucraina
Una Chiesa provata e un viaggio che si preannuncia storico- Autore:
L'Ucraina, una delle più vaste repubbliche della ex Unione Sovietica, conosce oggi un periodo di relativa tranquillità per la Chiesa cattolica, dopo le persecuzioni che essa ha patito fino al 1991. Nel 1946 i cattolici ucraini, per lo più di rito greco ma con una discreta minoranza (specialmente nella zona ai confini con la Polonia) di rito latino, potevano contare su un migliaio di preti. Negli anni immediatamente successivi al '46 i cattolici uniati furono costretti dal regime ad unirsi forzatamente agli ortodossi. Le quattro diocesi furono soppresse, mentre gli otto vescovi furono uccisi, torturati o esiliati. Agli inizi degli anni Novanta i sacerdoti erano rimasti una decina. Le persecuzioni del regime comunista, oltre ad aver annientato l'intero clero cattolico, avevano costretto a rifugiarsi nelle catecombe o ad abbracciare la fede ortodossa i quattro milioni di fedeli cattolici. Molti di loro hanno proseguito la loro eroica testimonianza, nonostante i pericoli che quotidianamente rischiavano di correre.
Dal 1991, con la dissoluzione dell'Impero Sovietico, i cattolici hanno ripreso liberamente il loro culto. Con la nomina, il 28 gennaio 2001, di due nuovi cardinali, il Papa ha voluto dimostrare la sua vicinanza ad una Chiesa lungamente provata e le cui vicende, sia storicamente che geograficamente, si erano spesso intrecciate con la sua stessa vita.
A indossare la berretta cardinalizia sono stati Mons. Lubomyr Husar, Arcivescovo di Leopoli (Lviv) dei greco-cattolici, e Mons. Marian Jaworski, Arivescovo di Leopoli dei latini.
Il cammino della Chiesa, nonostante le aperture e le speranze odierne, non si presenta tuttavia facile. Il ricordo del passato è ancora ingombrante, come spiega, in un'intervista all'Osservatore Romano (8 febbraio 2001), Mons. Husar: "I lunghi anni del totalitarismo hanno lasciato una ferita profonda nel popolo. Non è possibile risolvere in un momento tanti problemi. Dobbiamo approfondire la spiritualità della nostra gente. E un tale processo esige molto tempo. Non bisogna perciò farsi illusioni. E' impossibile uscire fuori dal retaggio del passato in una sola generazione. Credo che ci vorranno almeno tre generazioni! I segni lasciati dal regime comunista sono ancora dunque ben visibili nella vita del popolo".
La speranza e la fiducia nell'opera di Dio sono in ogni caso grandissime e il crollo del Muro, come ricorda nello stesso articolo Mons. Jaworski, ha riacceso con forza questa fiducia e questa speranza: "La caduta del Muro di Berlino ha costituito indubbiamente per le Chiese, per il Cristianesimo nell'Europa Centrale e Orientale, il segno di una svolta storica. E' stata la rivoluzione dello spirito, in Cristo, il fondamento della nostra speranza. Lui ci ha detto: 'Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo.'(Gv 16,33)".
Con il suo storico viaggio del prossimo giugno, Giovanni Paolo II ha come obiettivo donare nuova fiducia in Cristo agli ucraini e alla loro Chiesa.