Ha ancora valore e significato un "Salvatore" per l'uomo del terzo millennio?

«E' ancora necessario un "Salvatore" per l'uomo che ha raggiunto la Luna e Marte e si dispone a conquistare l'universo; per l'uomo che esplora senza limiti i segreti della natura e riesce a decifrare persino i codici meravigliosi del genoma umano? Ha bisogno di un Salvatore l'uomo che ha inventato la comunicazione interattiva, che naviga nell'oceano virtuale di internet e, grazie alle più moderne ed avanzate tecnologie mass mediali, ha ormai reso la Terra, questa grande casa comune, un piccolo villaggio globale? Si presenta come sicuro e autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi quest'uomo del secolo ventunesimo. Sembra, ma così non è... » [Benedetto XVI, Messaggio Urbi et Orbi, Natale 2006].
Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
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“...Come non sentire che proprio dal fondo di questa umanità gaudente e disperata si leva un’invocazione straziante di aiuto? E’ Natale: oggi entra nel mondo “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (ibid. 1,14), proclama l’evangelista Giovanni. Oggi, proprio oggi, Cristo viene nuovamente “fra la sua gente” e a chi l’accoglie dà “il potere di diventare figlio di Dio”; offre cioè l’opportunità di vedere la gloria divina e di condividere la gioia dell’Amore, che a Betlemme si è fatto carne per noi. Oggi, anche oggi, “il nostro Salvatore è nato nel mondo”, perché sa che abbiamo bisogno di Lui. Malgrado le tante forme di progresso, l’essere umano è rimasto quello di sempre: una libertà tesa tra bene e male, tra vita e morte. E’ proprio lì, nel suo intimo, in quello che la Bibbia chiama il “cuore”, che egli ha sempre la necessità di essere “salvato”. E nell’attuale epoca moderna ha forse ancora più bisogno di un Salvatore, perché più complessa è diventata la società in cui vive e più insidiose si sono fatte le minacce per la sua integrità personale e morale. Chi può difenderlo se non Colui che lo ama al punto da sacrificare sulla croce il suo unigenito Figlio come Salvatore del mondo?” (Messaggio Urbi et Orbi - Natale 2006).

Drammatica frattura tra fede celebrata e situazione culturale
E’ drammatica la frattura tra fede celebrata e quest’uomo del secolo ventunesimo sicuro ed autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi e umanità gaudente e disperata.
Nella liturgia si canta: “è nato nel mondo il nostro Salvatore”. E’ un annuncio che, nonostante il trascorrere dei secoli, conserva inalterata la sua freschezza e invita a non temere perché è sbocciata “una gioia grande che sarà di tutto il popolo” (Lc 2,10). E’ annuncio di speranza sicuro, di Dio che regna perché rende noto che, in quella notte di oltre duemila anni fa, “è nato nella città di Davide un salvatore, che è Cristo Signore”. Allora ai pastori accampati sulla collina di Betlemme; oggi a noi, abitanti di tutto questo nostro mondo, l’Angelo del Natale ripete: “E’ nato il Salvatore; è nato per voi!Venite, venite ad adorarlo!”. E il tema di tutta la predicazione terrena di Gesù è il dominio di Dio, il “Regno di Dio”. Regno di Dio vuol dire in realtà: Dio regna. Egli stesso è presente ed è determinante per gli uomini nel mondo. Gesù risorto presente nella Sua Chiesa per tutti e per tutto è il Regno di Dio in persona: l’uomo nel quale Dio è in mezzo a noi e attraverso il quale noi possiamo toccare Dio, avvicinarci a Dio. Dove questo accade, il mondo si salva. Ma dove non accade in uomini autosufficienti, fabbricatori di indiscussi successi c’è una umanità gaudente e disperata. Nonostante l’ottimismo generale si muore ancora di fame e di sete, di malattia e di povertà in questo tempo di abbondanza e di consumismo sfrenato. C’è ancora chi è schiavo, sfruttato e offeso nella sua dignità; chi è vittima dell’odio razziale e religioso, ed è impedito da intolleranze e discriminazioni, da ingerenze politiche e coercizioni fisiche o morali, nella libera professione della propria fede. C’è chi vede il proprio corpo e quello dei propri cari, specialmente bambini, martoriato dall’uso delle armi, dal terrorismo e da ogni genere di violenza in un’epoca in cui tutti invocano e proclamano il progresso, la solidarietà e la pace per tutti. E che dire - sempre Benedetto XVI - di chi, privo di speranza, è costretto a lasciare la propria casa e la propria patria per cercare altrove condizioni di vita degne dell’uomo? Che fare per aiutare chi è ingannato da facili profeti di felicità, chi è fragile nelle relazioni e incapace di assumere stabili responsabilità per il proprio presente e per il proprio futuro, si trova a camminare nel tunnel della solitudine e finisce spesso schiavo dell’alcool o della droga? Che pensare di chi sceglie la morte credendo di inneggiare la vita?

Cristo è il Salvatore anche dell’uomo di oggi
Cristo - Messaggio Urbi et Orbi - è il Salvatore anche dell’uomo di oggi. Chi farà risuonare in ogni angolo della Terra, in maniera credibile, questo messaggio di speranza cioè che Dio dal volto umano in Gesù Cristo risorto in persona è in mezzo a noi come Salvatore? Chi si adopererà perché persone si aprano al suo arrivo e lascino che Dio entri nel mondo come Salvatore del bene integrale di ogni persona umana concreta, quale condizione della pace, rispettando ogni uomo e ogni donna nella propria dignità? Chi aiuterà a comprendere che con buona volontà, ragionevolezza e moderazione è possibile evitare che i contenziosi si inaspriscano e condurli a soluzioni eque? Si tratta di aprirsi e lasciare che il nostro Salvatore operi: questa è la nostra speranza; questo è l’annuncio che la Chiesa fa risuonare anche nell’odierno Natale. Con l’Incarnazione, ricorda il Concilio Vaticano II, il Figlio di Dio si è unito in un certo modo ad ogni uomo (GS, n.22). Perciò il Natale del Capo, cioè di Cristo risorto, è anche natale del corpo, della Chiesa. A Betlemme è nato il popolo cristiano che non verrà mai meno, il cui regno non avrà fine, corpo mistico di Cristo nel quale ogni membro è intimamente unito all’altro in totale solidarietà. Il nostro Salvatore è nato per tutti. Occorre, però, che accadano persone e concreti vissuti fraterni di comunione ecclesiale che lo proclamino non solo a parole ma con l’intera vita, dando al mondo la testimonianza di comunità unite e aperte, nelle quali regna la fraternità e il perdono, l’accoglienza e il servizio reciproco, la verità, la giustizia e l’amore.
Sono vissuti fraterni salvati da Cristo e questa è la vera natura della Chiesa, che si nutre della sua Parola e del suo Corpo eucaristico. Solo vissuti fraterni di comunione ecclesiale autorevolmente guidati possono testimoniare a tutti Cristo Salvatore; lo fanno con entusiasmo e passione, nel pieno rispetto di ogni tradizione culturale e religiosa; lo fanno con gioia sapendo che Colui che annuncia non toglie nulla di ciò che è autenticamente umano,ma lo porta a compimento. In verità Gesù risorto che è il regno di Dio in persona presente qui tra noi, attraverso il quale possiamo toccare Dio, avvicinarci a Dio che salva, si rende continuamente presente per distruggere soltanto il male, il peccato; tutto il resto Egli lo eleva e perfeziona. Cristo non ci salva dalla nostra umanità, ma attraverso di essa; non ci salva dal mondo, ma risorto viene continuamente nel mondo perché il mondo si salvi per mezzo di Lui (Gv 3,17). Dio ha assunto un volto umano in Gesù Cristo, nato da Maria Vergine e rinasce continuamente oggi nella Chiesa. Ed è Lui a portare a tutti l’amore del Padre. E’ Lui l’unico Salvatore del mondo! Ed è sempre possibile, comunque ridotti, aprirgli il cuore, accoglierlo perché il suo regno di amore e di pace diventi continuamente eredità di tutti. Dove questo accade, anche in piccoli gruppi, il mondo si salva.