Sull'impegno politico dei cattolici

Serve un forte impegno politico di fedeli laici cattolici, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo
Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
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«Nell’enciclica Deus caritas est ho voluto ricordare che la “formazione di strutture giuste non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica, cioè all’ambito della ragione autoresponsabile (n. 29). Ed ho poi notato che “in questo, il compito della Chiesa è mediato, in quanto le spetta di contribuire alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali, senza le quali non vengono costruite strutture giuste, né queste possono essere operative a lungo” (Ibid.). Quale occasione migliore di questa per ribadire che operare per un giusto ordine nella società è immediatamente compito proprio dei fedeli laici? Come cittadini dello Stato tocca ad essi partecipare in prima persona alla vita pubblica e, nel rispetto delle legittime autonomie, cooperare a configurare rettamente la vita sociale, insieme con tutti gli altri cittadini secondo le competenze di ognuno e sotto la propria autonomia e responsabilità. Nel mio intervento al Convegno ecclesiale nazionale di Verona, l’anno scorso, ebbi e ribadire che agire in ambito politico per costruire un ordine giusto nella società italiana non è compito immediato della Chiesa come tale, ma dei fedeli laici. A questo loro compito della più grande importanza, essi debbono dedicarsi con generosità e coraggio, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo. Per questo sono state sapientemente istituite le Settimane sociali dei cattolici italiani e questa provvida iniziativa potrà anche in futuro offrire un contributo decisivo per la formazione e l’animazione dei cittadini cristianamente ispirati» [Messaggio di Benedetto XVI a mons. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, per la 45 Settimana sociale, 12 ottobre 2007].
«Torniamo a casa - spiega il Presidente della Cei Angelo Bagnasco al termine della Settimana sociale - con la coscienza di avere qualcosa di specifico da dire e da offrire all’Italia e alla cultura in generale, come cristiani e come cattolici: la Chiesa è consapevole di essere una presenza qualificata per partecipare alla costruzione del Paese». Prioritariamente non è questione di dove i cattolici siano schierati ma politicamente uniti culturalmente in un “nuovo patto tra generazioni che si riferisca all’emergenza educativa, da cui deriva il resto”. E il Papa a Napoli, ricordando che “molte sono le sfide: serve un forte impegno politico dei cattolici”, chiede di “intensificare gli sforzi” per una “strategia di prevenzione, che punti sulla scuola, sul lavoro e sull’aiutare i giovani a gestire il tempo libero”. E’ necessario per il Papa “un intervento che coinvolga tutti nella lotta contro ogni forma di violenza, partendo dalla formazione delle coscienze e trasformando le mentalità, gli atteggiamenti,i comportamenti di tutti i giorni”. E richiamando il triste fenomeno della violenza ha puntualizzato: “Non si tratta solo del deprecabile numero di delitti della camorra, ma anche del fatto che la violenza tende purtroppo a farsi mentalità diffusa, insinuandosi nelle pieghe del vivere sociale, nei quartieri storici del centro e delle periferie nuove e anonime, con il rischio di attrarre specialmente la gioventù, che cresce in ambienti nei quali prospera l’illegalità, il sommerso, l’arte di arrangiarsi”.

Mons. Bagnasco ha sottolineato che si tratta di cent’anni dalla prima Settimana sociale (1907-2007), un tempo “di innumerevoli opere in campo sociale, economico, culturale, politico, sgorgate dalla intelligente creatività della fede e della carità cristiana”, che hanno dato vita a quel movimento cattolico di impegno ecclesiale e di iniziative sociali che hanno gettato le basi per contribuire a quella forma democratica di governo, che l’Italia ha conseguito e che come cittadino ogni cristiano è impegnato a salvaguardare e a rafforzare con la presenza anche di tutti i credenti. Cent’anni di Settimane sociali che documentano “la storia di un tessuto vivo”, il “senso della storia e della presenza di Dio nella vicenda dell’Italia di questo secolo”.
L’occasione di questo appuntamento nazionale è “particolarmente significativa” perché induce a “soffermarci a guardare il percorso”, certo “non sempre agevole”, che “tante generazioni di credenti hanno compiuto per il bene del Paese”. Il connubio di appartenenza ecclesiale e di iniziative sociali hanno gettato le basi, in un difficile e drammatico periodo storico, per una azione di ispirazione cristiana anche in campo politico- partitico sotto la diretta responsabilità di fedeli laici in quanto cittadini per far sì che le strutture sociali fossero o tornassero ad essere sempre più rispettose di quei valori etici, in cui si rispecchia la verità di ogni uomo “partendo dalla persona e ritornando al bene di ogni persona o bene comune” su cui si innesta un vero sistema democratico finalizzato a quei valori non negoziabili, che Bagnasco definisce “capisaldi della storia e della tradizione del nostro popolo”: “penso - precisa - all’intangibilità della persona e di ogni vita umana, dal concepimento fino al naturale tramonto, a quella cellula fondante e inarrivabile di ogni società che è la famiglia”, “al valore incommensurabile della libertà che - lungi dall’essere mero arbitrio - è impegnativa adesione al bene e alla verità, a quel codice morale che si radica nell’essere profondo e universale dell’uomo”. Citando la Gaudium et spes, che ricorda che culturalmente occorre sempre partire da ogni persona concreta nel suo essere dono unico e irripetibile del Donatore o Creatore divino e tornare ai rapporti delle persone tra loro e con Dio (n.50), per arrivare al bene comune, all’”ordine sociale” “poiché l’ordine delle cose deve essere subordinato all’ordine delle persone, e non l’inverso”. La società “non può non essere connessa al bene di ogni persona, in un dinamismo che si articola su una trama scandita da precisi punti di riferimento” ed “è possibile correlare giustizia, libertà, verità, carità, di fronte alla concretezza della vita e dei suoi problemi”. In particolare “è essenziale al bene comune del nostro Paese un nuovo patto tra le generazioni all’insegna di un corretto principio di autorità e di comunità, di tradizione e di futuro”. E’ solo “partendo dalla persona e ritornando alla persona”, che si innesta l’impegno sui valori non negoziabili. Purtroppo oggi la “persona” diventa nella mentalità comune singolo individuo, scisso dai legame con l’altro, tra generazioni, soprattutto da Dio, con forme di individualismo ed egoismo, nelle loro differenti espressioni, che rendono sempre più precari e fragili i rapporti umani poiché se si abbandona il concetto di persona, e di persona comunionale, immagine del Dio vivente, Padre, Figlio, Spirito santo, diventa molto difficile resistere alla tentazione del dominio sull’altro e addirittura impossibile lo stesso sistema democratico.
Per recuperare questi valori è indispensabile “una comunità cristiana capace di educare al sociale, di alimentare un tessuto di iniziative e di opere di respiro ben più che secolare, da cui zampilla una cultura cattolica capace di progettualità, volta a spendersi senza riserve per il bene comune” cioè di ogni singolo essere umano concreto, amica dell’intelligenza e di tutti gli uomini. Per guidarla questa comunità c’è “la parola dei pastori”, “chiara ferma e rispettosa”. “Chi sta vicino alla gente - al contrario di quanti si muovono da posizioni preconcette - percepisce che esiste ed è forte l’attesa della loro guida nel delicato momento del Paese”.

Sistema o ideologia democratica?
Se, in un relativismo e nichilismo condiviso, si arrivasse come a Sodoma al 99% che decide l’uccisione di una persona innocente, quella, per un sistema democratico non ideologico, non è una scelta democratica, tanto da richiedere sempre l’obiezione di coscienza. I fedeli laici impegnati in politica sui valori non negoziabili cioè sui principi che devono restare, come tensione, tali e devono valere per tutti, devono finalizzare ad essi lo strumento della democrazia. Certo tutti i cattolici, anche differenziati politicamente, devono promuovere, uniti politicamente a livello culturale, la condivisione per questi valori e per questo impegno culturale l’azione della Chiesa è immediata. Per ogni politico, anche cattolico - democratico, la responsabilità etico-culturale viene prima di quella politica, del bene comune della politica, il cattolico viene prima del democratico. E occorre puntare - costi quello che costi -che anche nella fase politica vi sia - per i cristiani di fede o di ragione - lo spazio per far valere con coraggio e chiarezza le proprie convinzioni e difendere, con argomentazioni razionali, tutti i valori non democraticamente negoziabili, perché sono il fondamento e lo scopo stesso dello strumento politico. Quanto sono profetici i numeri 60 e 70 dell’Evangelium vitae: “ Nella cultura democratica del nostro tempo si è largamente diffusa l’opinione secondo la quale l’ordinamento giuridico di una società dovrebbe limitarsi a registrare e recepire le convinzioni della maggioranza e, pertanto, dovrebbe costruirsi solo quando la maggioranza stessa riconosce e vive come morale. (…) Comune radice di tutte queste tendenze è il relativismo etico che contraddistingue tanta parte della cultura contemporanea. (…)In realtà, la democrazia non può essere mitizzata fino a farne un surrogato della moralità o un toccasana dell’immoralità Fondamentalmente, essa è un “ordinamento” e, come tale, uno strumento e non un fine”.
Quando il Papa osserva che la formazione di strutture giuste non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica o condivisione democratica aggiunge “cioè l’ambito della ragione autoresponsabile”. Ma compito immediato e continuo della Chiesa è contribuire in continuità alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali condivise, senza le quali non vengono costruite strutture giuste, né queste possono essere operative a lungo. Agire in ambito politico per costruire un ordine giusto nella società italiana non è compito della Chiesa come tale cioè della gerarchia, ma dei fedeli laici che pure sono Chiesa negli ambienti, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo. E oggi, come nell’immediato dopoguerra, non può mancare il contributo dei cattolici, anzi urge “un forte impegno politico dei cattolici”.
“La Chiesa - conclude il Messaggio del Papa -, dunque, se una da una parte riconosce di non essere un agente politico, dall’altra non può esimersi dall’interessarsi del bene dell’intera comunità civile, in cui vive ed opera, e ad essa offre il suo peculiare contributo formando nelle classi politiche e imprenditoriali un genuino spirito di verità e onestà, volto alla ricerca del bene comune…Non posso infine non accennare ad un ambito specifico che anche in Italia stimola i cattolici ad interrogarsi: è l’ambito dei rapporti tra religione e politica. La novità sostanziale portata da Gesù è che Egli ha aperto il cammino verso un mondo più umano e libero, nel pieno rispetto della distinzione e dell’autonomia che esiste tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio” (Mt 22,21). Ecumenicamente “di fronte a un mondo lacerato da conflitti - ha detto prima della preghiera dell’Angelus a Napoli -, dove talvolta si giustifica la violenza nel nome di Dio, è importante ribadire che mai le religioni possono diventare veicoli di odio; mai, invocando il nome di Dio, si può giustificare il male e la violenza”.