La preghiera cambia il mondo?
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«Meditando sulle Letture bibliche di questa domenica e pensando alla realtà di Napoli, sono rimasto colpito dal fatto che oggi la Parola di Dio ha come tema principale la preghiera, anzi ”la necessità di pregare sempre senza stancarsi”, come dice il Vangelo (Lc 18,1). A prima vista, questo potrebbe sembrare un messaggio non molto pertinente, poco incisivo rispetto ad una realtà sociale con tanti problemi come la vostra. Ma, riflettendoci, si comprende che questa Parola contiene un messaggio certamente controcorrente, destinato tuttavia ad illuminare in profondità la coscienza di questa Chiesa e di questa Città. Lo riassumerei così: La forza, che in silenzio e senza clamori cambia il mondo e lo trasforma nel Regno di Dio, è la fede - ed espressione della fede è la preghiera. Quando la fede si colma d’amore per Dio, riconosciuto come Padre buono e giusto, la preghiera si fa perseverante, insistente, diventa un gemito dello spirito, un grido dell’anima che penetra nel cuore di Dio. In tal modo la preghiera diviene la più grande forza di trasformazione del mondo. Di fronte a realtà sociali difficili e complesse, come sicuramente è anche la vostra, occorre rafforzare la speranza, che si fonda sulla fede e si esprime in preghiera instancabile. E’ la preghiera a tenere accesa la fiaccola della fede. Domanda Gesù: ”Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8). Quale sarà la nostra risposta a questo inquietante interrogativo? Quest’oggi, vogliamo insieme ripetere con umile coraggio: Signore, la tua venuta tra noi in questa celebrazione domenicale ci trova radunati con la lampada della fede accesa. Noi crediamo e confidiamo in te! Accresci la nostra fede!» [Omelia di Benedetto XVI a Napoli, 21 ottobre 2007].
E il Papa, nell’ascolto di Dio che parla attraverso le letture, si rifà ad alcuni modelli in questa professione di fede. Sono le figure della vedova nella parabola evangelica e di Mosé del libro dell’Esodo. La vedova del Vangelo (Lc 18,1-8) fa pensare ai piccoli, agli ultimi, ma anche a tante persone semplici e rette, che soffrono per le sopraffazioni, si sentono impotenti di fronte al perdurare del malessere sociale e sono tentate di scoraggiarsi. A costoro Gesù risorto, qui e ora presente, ripete come allora nella sua fase terrena: osservate questa povera vedova con quale tenacia insiste e alla fine ottiene ascolto da un giudice disonesto! Come potreste pensare che il vostro Padre celeste che vede e provvede con una onnipotenza più grande di tutte le necessità, buono e fedele, il quale desidera solo il bene dei suoi figli, non vi faccia a suo tempo giustizia cioè che il futuro è di chi crede alla verità con la sola forza della verità e all’amore con la sola forza dell’amore?La consapevolezza, la memoria di questo lieto annuncio suscita la fede cioè la forza che in silenzio e senza clamori cambia il mondo e lo trasforma nel Regno di Dio cioè Dio che accolto regna, ed espressione di questa fede è la preghiera, anima del non stancarsi mai, anche se l’immediata esperienza quotidiana sembra smentire questa certezza. Di fronte a certi fatti di cronaca, che spesso unici fanno notizia, o a tanti quotidiani disagi della vita di cui i giornali non parlano neppure, sale spontaneamente al cuore la supplica dell’antico profeta: ”Fino a quando, Signore, implorerò e non ascolti, a te alzerò il grido: ”Violenza!” e non soccorri?” (Ab 1,2). E’ spontaneo chiedersi perché Dio non abbia creato un mondo in cui la sua presenza fosse più manifesta; perché il darsi definitivo del Dio vivente, Padre, Figlio e Spirito Santo nell’incarnazione del Figlio, morto e risorto, non abbia lasciato dietro di sé un ben altro splendore della sua presenza, che colpisse chiunque in modo irresistibile. Anche coloro che battezzati non sono più loro che vivono ma Cristo in loro hanno tante miserie e tanti limiti, che spesso scandalizzano, sono un inciampo. Questa è la realtà ultimamente insondabile di Dio e dell’uomo, che non possiamo comprendere totalmente, anche se interpella l’intelligenza. Di fatto noi viviamo in questo mondo nel quale appunto Dio non ha l’evidenza di una cosa che si possa toccare con mano, ma può essere cercato e trovato solo attraverso lo slancio del cuore. Dio regna come un tesoro nascosto perché non ci tratta come dei robot senza passare attraverso il rischio della nostra libertà e non può cambiare le cose senza la nostra conversione, e la nostra conversione inizia con il ”grido” dell’anima che implora perdono e salvezza. La preghiera cristiana non è mai espressione di fatalismo e di inerzia, anzi è l’opposto dell’evasione dalla realtà, dell’intimismo consolatorio: è forza di speranza per plasmare in meglio il mondo e l’umanità, come ricorda san Benedetto con preghiera e lavoro, massima espressione della fede nella potenza di Dio che è amore e non ci trascura anche quando noi lo trascuriamo, non ci dimentica anche quando noi lo dimentichiamo, perfino non ci tradisce anche quando noi lo tradiamo e fino al termine di questa vita ci dà la possibilità di renderci conto del peccato, di ricrearci e ricominciare di nuovo. La preghiera che Gesù ci ha insegnato e nella quale ci coinvolge, culminata nel Getsemani con la richiesta ”Babbo mio (Abbà), se possibile risparmiami questa prova, però non la mia ma la tua volontà sia fatta, ha il carattere dell’”agonismo” cioè della lotta, perché si schiera decisamente al fianco del Signore per combattere l’ingiustizia e vincere il male non con una legione di Angeli ma con il bene ”Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”; è l’arma dei piccoli e dei poveri di spirito che pregano, che ripudiano ogni tipo di violenza, che propongono la verità in ogni ambito senza imporla, che amano fino al perdono. Ripudiano ogni violenza e anzi rispondono ad essa con la non violenza evangelica, testimoniando così che la verità dell’Amore è più forte dell’odio e della morte. E questo non solo lo dicono come vero, come ideale ma lo sentono come il massimo valore per realizzarsi ed essere felici.
Altra immagine è quella di Mosé che sta sulla cima della collina con le mani alzate, nella posizione della persona in preghiera. Queste mani alzate di chi rende visibile la guida di Dio del suo popolo garantirono la sua vittoria. Dio era con il suo popolo, ne voleva la vittoria, ma attraverso la cooperazione delle mani alzate del pastore visibile Mosé. E’ splendido: Dio ha bisogno delle mani alzate del suo servo, del suo ministro! Le braccia alzate di Mosé fanno pensare a quelle di Gesù sulla croce che memorizzandole nella celebrazione eucaristica si fanno attuali: braccia spalancate ed inchiodate con cui il redentore ha vinto e vince la battaglia decisiva contro il nemico infernale (Satana esiste ed opera)! La sua lotta, le sue mani alzate verso il Padre e spalancate sul mondo chiedono altre braccia, altri cuori che continuino ad offrirsi con il suo stesso amore, fino alla fine del mondo. ”Mi rivolgo - ha concluso il Papa con un invito accorato a essere fedeli anche a questo linguaggio che in continuità o Tradizione risale agli Apostoli e attraverso di loro a Cristo stesso esperimentandone anche oggi tutta la sua efficacia - particolarmente a voi, cari Pastori della Chiesa che è in Napoli, facendo mie le parole che san Paolo rivolge a Timoteo e che abbiamo ascoltato nella seconda Lettura: rimanete saldi in ciò che avete imparato e di cui siete convinti. Annunciate la parola, insistete in ogni occasione, opportuna e non opportuna, ammonite, rimproverate, esortate con ogni magnanimità e dottrina (2 Tm 3,14.16;4,2). E come Mosé sulla montagna, perseverate nella preghiera per e con i fedeli affidati alle vostre cure pastorali, perché insieme possiate affrontare ogni giorno la buona battaglia del Vangelo”.