L'Europa ha radici cristiane

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Beda il Venerabile, nato nell’anno 672 e morto il 26 maggio del 735, è vissuto nella certezza che Dio è venuto nel mondo per rimaner nel mondo come via umana al divino. E vi resta attraverso una continuità proprio fisiologica tra Cristo e la sua Chiesa, una comunità, un vissuto fraterno di persone legate in comunione tra loro. La concezione sociale della salvezza propria del giudaismo continua nel cristianesimo universalizzandosi. L’Europa non è nata da una etnia, ma, attraverso una fede pienamente accolta, vissuta e pensata e divenuta cultura che ha permesso di accogliere in sé esponenti di tutti i popoli del mondo. Beda “commenta la Bibbia – Benedetto XVI, Udienza Generale del 18 febbraio 2009 -, leggendola in chiave cristologica, cioè riunisce due cose:
- Da una parte ascolta che cosa dice esattamente il testo, vuole realmente ascoltare, comprendere il testo stesso;
- Dall’altra parte, è convinto che la chiave per capire la Sacra Scrittura come unica Parola di Dio è Cristo e con Cristo, nella sua luce, si capisce l’Antico e il Nuovo Testamento come “una” Sacra Scrittura. Le vicende dell’Antico e del Nuovo Testamento vanno insieme, sono in cammino verso Cristo, benché espresse in segni e istituzioni diverse (è quella che egli chiama concordia sacramentorum). Ad esempio, la tenda dell’alleanza che Mosè innalzò nel deserto e il primo e il secondo tempio di Gerusalemme sono immagini della Chiesa, nuovo edificio edificato su Cristo e sugli Apostoli con pietre vive, cementate dalla carità dello Spirito. E per la costruzione dell’antico tempio contribuirono anche genti pagane, mettendo a disposizione materiali pregiati e l’esperienza tecnica dei loro capimastri, così all’edificazione della Chiesa contribuiscono apostoli e maestri provenienti non solo dalle antiche stirpi ebraica, greca e latina, ma anche dai nuovi popoli, tra i quali Beda si compiace di enumerare gli Iro-Celti e gli Anglo Sassoni. San Beda vede crescere l’universalità della Chiesa che non è ristretta a una determinata cultura, ma si compone di tutte le culture del mondo che devono aprirsi a Cristo e trovare in Lui il loro punto di arrivo”. Questa comune ricchezza è diventata su strade diverse patrimonio delle singole società del Continente europeo, anzi un servizio al bene comune di tutta l’umanità e al futuro dell’uomo su tutta la terra.
Dio è venuto nel mondo per rimanere nel mondo e far nascere dal Suo corpo che è la Chiesa una umanità nuova, la Luce che illumina la storia
Un altro tema amato da Beda è la storia della Chiesa. Dopo una fotografia della Chiesa, descritta dagli Atti degli Apostoli, egli ripercorre la sua continuità dinamica nella storia dei Padri e dei Concili, convinto che l’opera dello Spirito del Risorto continua nella storia della Chiesa o Tradizione. Nella Chronica Maiora Beda traccia una cronologia che diventerà la base del Calendario universale “ab incarnatione Domini”. Già da allora si calcolava il tempo dalla fondazione della città di Roma. Beda, vedendo che il vero punto di riferimento, il centro della storia è la nascita di Cristo, ci ha donato questo calendario che legge la storia partendo dall’Incarnazione del Signore. Registra i primi sei Concili Ecumenici e i loro sviluppi, presentando fedelmente la dottrina cristologia, mariologica e soteriologia cioè il dogma come criterio di comunione fra coloro che erano divenuti cristiani nell’incontro con la Persona di Gesù Cristo e denunciando le eresie monofisita e monotelita, iconoclastica e neo – pelagiana come rottura di comunione ecclesiale.
I tratti caratteristici della Chiesa che Beda ama evidenziare sono:
a) la cattolicità della Chiesa come fedeltà alla tradizione e insieme apertura agli sviluppi storici. Cattolica vuol dire universale nel tempo (diacronica) e nello spazio (sincronica). Non perché essa abbia un gran numero di aderenti o sia diffusa in tutto il mondo ma perché essa era cattolica già il mattino di Pentecoste. E’ cattolica perché porta in se stessa la pienezza di tutto l’umano, aiuta a trovare la via verso il futuro e nell’essenzialità del suo annuncio può essere veicolata e assimilata da qualsiasi cultura e mentalità realizzando la tensione dell’unità nella molteplicità, nella diversità della storia e delle culture, secondo le direttive che Papa Gregorio Magno aveva dato all’apostolo dell’Inghilterra, Agostino di Canterbury;
b) l’apostolicità e la romanità poiché veicolo di verità nella Chiesa è la continuità dinamica, viva, o Tradizione che persiste nel tempo non semplicemente attraverso le scritture, ma soprattutto attraverso persone viventi o successione apostolica, successione di Pietro a Roma,un dono frutto della presenza del Risorto con il dono del Suo Spirito nel mondo fino alla fine dei tempi. A questo riguardo ritiene di primaria importanza convincere tutte le Chiese particolari Iro – Celtiche e dei Pitti a celebrare unitariamente la Pasqua secondo il calendario romano. Il Computo da lui scientificamente elaborato per stabilire la data esatta della celebrazione pasquale, e perciò l’intero ciclo dell’anno liturgico, è diventato il testo di riferimento per tutta la Chiesa Cattolica. Riconosce il primato della Chiesa universale che vive, però, nelle singole comunità che la compongono.
Beda fu anche insigne maestro di teologia liturgica
Nelle Omelie sui Vangeli domenicali e festivi, svolge una vera mistagogia o consapevolezza dei gesti redentori di Gesù cioè dei sacramenti che si prolungano nella storia, quelli che permettono di toccare il suo corpo, di coinvolgerci con la sua persona e che ce lo fanno conoscere, assimilare e vivere coerentemente nella vita, in attesa della loro piena manifestazione al ritorno di Cristo, quando, con i nostri copri glorificati, saremo ammessi in processione offertoriale all’eterna liturgia di Dio nel cielo. Seguendo il “realismo” della presenza del Risorto nei suoi proprio della catechesi di Cirillo, Ambrogio e Agostino, Beda insegna che i sacramenti della iniziazione cristiana costituiscono ogni fedele “non solo cristiano ma Cristo”. Ogni volta, infatti, che un’anima fedele accoglie e custodisce con amore la Parola di Dio, a imitazione di Maria, concepisce e genera nuovamente Cristo. E ogni volta che un gruppo di neofiti riceve i sacramenti pasquali, la Chiesa si “auto – genera”, o con un’espressione più ardita, la Chiesa diventa “madre di Dio”, partecipando alla generazione dei suoi figli, per opera dello Spirito Santo, dello Spirito del Risorto presente e agente in continuità in lei.
Grazie al suo modo di fare teologia, Liturgia e Storia, Beda ha un messaggio attuale per i diversi “stati di vita”
“Stati di vita” sono gli interessi di ogni uomo, i fatti, le circostanze che costituiscono la trama di ogni vita. Ed è lì che il mistero di Cristo si fa presente e non abbandonato alla nostra immaginazione o al nostro stato d’animo. Il Verbo si è fatto carne e non semplicemente parola e quindi si rivela a noi, ci viene incontro non semplicemente attraverso una illuminazione puramente interiore occasionata dalla predicazione di un messaggio. La modalità con cui Cristo attualizza la Sua comunicazione è sempre una via umana concreta, non è innanzitutto parola, o dottrina, ma una nuova umanità in un vissuto concreto di comunione fraterna, in diversi “stati di vita”:
a) Agli studiosi ricorda due compiti essenziali:scrutare le meraviglie della Parola di Dio per presentarle in forma attraente ai fedeli; esporre le verità dogmatiche evitando complicazioni eretiche e attenendosi alla “semplicità cattolica”, con l’atteggiamento dei piccoli e umili ai quali Dio si compiace di rivelare i misteri del Regno presente là dove Dio è amato e dove il suo amore ci raggiunge;
b) I pastori,per parte loro, devono dare la priorità alla predicazione e alla celebrazione dei sacramenti, non solo mediante il linguaggio verbale o agiografico cioè narrativo, ma valorizzando anche le icone con la loro bellezza, processioni e pellegrinaggi.. Ad essi Beda raccomanda l’uso della lingua volgare, come egli fa, spiegando in Northumbro il “Padre Nostro”, il “Credo” e portando avanti fino all’ultimo giorno il commento in volgare al Vangelo di Giovanni;
c) Alle persone consacrate che si dedicano all’Ufficio divino, vivendo nella gioia della comunione fraterna e progredendo nella vita spirituale mediante l’ascesi e la contemplazione, Beda raccomanda di curare l’apostolato – nessuno ha il Vangelo solo per sé, ma deve sentirlo come un dono anche per gli altri – sia collaborando con i Vescovi in attività pastorali di vario tipo a favore delle giovani comunità cristiane, sia rendendosi disponili alla missione evangelizzatrice presso i pagani, fuori del proprio paese, come “Peregrini pro amore Dei”.
La Sinagoga e la Chiesa come collaboratrici nella diffusione della Parola di Dio
Nell’orizzonte del commento al Cantico dei Cantici Beda presenta la Sinagoga e la Chiesa come collaboratrici nella diffusione della Parola di Dio. Cristo Sposo vuole una Chiesa industriosa, “abbronzata dalle fatiche dell’evangelizzazione” – è chiaro l’accenno alla parola del Cantico dei Cantici (1,5), dove la sposa dice: “Sono abbronzata, ma bella”-, intenta a dissodare altri campi e vigne e a stabilire fra le nuove popolazioni “non una capanna provvisoria ma una dimora stabile”, cioè a inserire il Vangelo nel tessuto sociale e nelle istituzioni culturali. In questa prospettiva il santo Dottore esorta i fedeli laici ad essere assidui all’istruzione religiosa, imitando quelle “insaziabili folle evangeliche, che non lasciavano tempo agli Apostoli neppure di prendere un boccone”. Insegna loro come pregare continuamente, “riproducendo nella vita ciò che celebrano nella liturgia”, offrendo tutte le azioni come sacrificio spirituale in unione con Cristo. Ai genitori spiega che anche nel loro piccolo ambito domestico possono esercitare “l’ufficio sacerdotale di pastori e di guide”, formando cristianamente i figli ed afferma di conoscere molti fedeli (uomini e donne, sposati e celibi) “capaci di una condotta irreprensibile che, se opportunamente seguiti, potrebbero accostarsi giornalmente alla comunione eucaristica” (Epist. Ad Ecgberctum, ed. Plummer, p. 419).
E’ un fatto storicamente documentato lo straordinario influsso culturale di Beda, paragonato a un nuovo sole che Dio aveva fatto sorgere non dall’Oriente ma dall’Occidente per illuminare il mondo. Beda contribuì efficacemente alla costruzione di un’Europa cristiana, nella quale le diverse popolazioni e culture si sono fra loro amalgamate, conferendole una fisionomia unitaria, ispirata alla fede cristiana. “Preghiamo – ha concluso Benedetto XVI – perché anche oggi ci siano personalità della statura di Beda, per mantenere unito l’intero Continente; preghiamo affinché tutti noi siamo disponibili a riscoprire le nostre comuni radici, per essere costruttori di una Europa profondamente umana e autenticamente cristiana”. Questo auspicio è condiviso da Habermas, uomo di cultura, pur non condividendo o almeno non praticando la nostra fede. Egli afferma che ogni democrazia si regge sulla base di “una solidarietà che non si impone con le leggi”, solidarietà essenziale perché i cittadini partecipino nella vita sociale e politica “non solo nel proprio legittimo interesse, bensì indirizzandosi al bene comune”. Egli sottolinea la rilevanza dell’etica e della religione: “Di contro all’astensionismo etico e di un pensiero post-metafisico che fa meno di qualsiasi concetto generalmente vincolante di vita buona ed esemplare, nelle scritture sacre e nelle tradizioni religiose sono state articolate, traslitterate con sottigliezza e tenute per millenni ermeneuticamente vive le intuizioni di colpa, redenzione e salvazione grazie all’abbandono di una vita avvertita come scellerata. Per ciò nella vita delle comunità religiose (…) può rimanere intatto qualcosa che altrove è andato perduto”. E di fronte a chi afferma che la secolarizzazione ha vinto e che il cristianesimo può sopravvivere solo in una versione profana senza il divino nell’umano: “Quando si limitano a liquidare le vecchie credenze, i linguaggi secolarizzati lasciano dietro di sé una scia di irritazioni. Con il trasformarsi dei peccati in colpa, e della violazione dei comandamenti divini in trasgressione delle leggi umane, qualcosa è andato certamente perduto. Al desiderio di essere perdonati si collega ancora il desiderio non sentimentale di cancellare il dolore inflitto a terzi. Ancora ci turba l’irriversibilità della sofferenza passata: quel torto agli innocenti maltrattati, umiliati e uccisi che eccede ogni misura possibile di risarcimento. La speranza perduta nella risurrezione lascia dietro di sé un vuoto evidente”.