Associazione Cultura Cattolica

Il legame profondo che esiste tra l’Africa e il cristianesimo

E’ attraverso la lettura meditativa e comunitaria della Sacra Scrittura nella Chiesa cioè in vissuti fraterni di comunione autorevolmente guidata che il cristiano ascolta la Parola di Dio, incontra Cristo che gli parla e gli ridona, con la presenza e l’azione sacramentale, speranza nella pienezza di vita che Egli offre al mondo
Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
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«Mi sembra importante sottolineare che la Chiesa in Africa, il vostro continente è stato santificato dallo stesso Signore nostro Gesù Cristo. All’alba della sua vita terrena, alcune tristi circostanze gli hanno fatto calcare il suolo africano. Dio ha scelto il vostro continente perché diventasse dimora del suo Figlio. Mediante Gesù, Dio è venuto incontro ad ogni uomo, certamente, ma in modo particolare, incontro all’uomo africano. L’Africa ha offerto al Figlio di Dio una terra che lo ha nutrito e una protezione efficace. Mediante Gesù, due mila anni fa, Dio stesso ha portato il sale e la luce all’Africa. Da allora, il seme della sua presenza è sepolto nelle profondità del cuore di questo amato continente ed esso germoglia a poco a poco al di là e attraverso le vicissitudini della sua storia umana. In conseguenza della venuta di Cristo che l’ha santificata con la sua presenza fisica, l’Africa ha ricevuto una chiamata particolare a conoscere Cristo. Gli africani ne siano fieri! Meditando e approfondendo spiritualmente e teologicamente questa prima tappa della kénosi, l’Africano potrà trovare le forze sufficienti per affrontare il suo quotidiano talvolta molto duro, e potrà allora scoprire immensi spazi di fede e di speranza che l’aiuteranno a crescere in Dio» [Benedetto XVI, Incontro con il Consiglio Speciale del Sinodo per l’Africa, 19 marzo 2009].

Alcuni momenti significativi della storia cristiana di questo Continente possono ricordare il legame profondo che esiste tra l’Africa e il cristianesimo a partire dalle sue origini. Secondo la venerabile tradizione patristica, l’evangelista Marco, che ha “trasmesso per iscritto ciò che era stato predicato da Pietro” (Ireneo, Adversus haereses III, I, 1), venne ad Alessandria a rianimare la semente già sparsa dal Signore. Questo Evangelista ha reso testimonianza in Africa della morte in croce del Figlio di Dio – ultimo momento della kénosi – e della sua elevazione sovrana, perché “ogni lingua proclami: Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,11). La Buona Novella della venuta del Regno di Dio, già presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge, si è diffusa rapidamente nel nord del Continente, dove ha avuto illustri maestri e santi che hanno generato insigni teologi.
Dopo essere stato messo alla prova da vicissitudini storiche, il cristianesimo, durante quasi un millennio, non è rimasto che nella parte nord-orientale del Continente. Con l’arrivo degli Europei che cercavano la via delle Indie, nei secoli XV e XVI, le popolazioni sub-sahariane hanno incontrato Cristo. Furono le popolazioni costiere a ricevere per prime il battesimo. Nei secoli XIX e XX, l’Africa sub- sahariana ha visto arrivare missionari, uomini e donne, provenienti da tutto l’Occidente, dall’America Latina e anche dall’Asia. “Desidero – Benedetto XVI – rendere omaggio alla generosità della loro risposta incondizionata alla chiamata del Signore e del loro ardente zelo apostolico. Qui vorrei andare oltre e parlare dei catechisti africani, compagni inseparabili dei missionari nell’evangelizzazione. Dio aveva preparato il cuore di un certo numero di laici africani, uomini e donne, persone giovani e più avanti negli anni, a ricevere i suoi doni e portare la luce della sua Parola ai loro fratelli e sorelle nell’attesa degli incontri sacramentali con Gesù risorto. Laici con i laici, hanno saputo trovare nella lingua dei loro padri le parole di Dio che hanno toccato il cuore dei loro fratelli e sorelle. Hanno saputo condividere il sapore del sale della Parola e far risplendere la luce dei Sacramenti che annunciavano. Hanno accompagnato le famiglie nella loro crescita spirituale, hanno incoraggiato le vocazioni sacerdotali e religiose e sono stati il legame tra le loro comunità e i sacerdoti e i vescovi. Con naturalezza, hanno operato un’efficace inculturazione cioè hanno assunto dalla cultura del loro ambiente elementi che permettevano di mettere meglio in luce l’uno e l’altro dei misteri della fede portando meravigliosi frutti (Mc 4,20). Sono stati i catechisti a permettere che “la luce risplendesse davanti agli uomini” (Mt 5,16), perché vedendo il bene che facevano, intere popolazioni hanno potuto rendere gloria al nostro Padre che è nei cieli. Sono Africani che hanno evangelizzato Africani. Evocando il loro glorioso ricordo, saluto e incoraggio i loro degni successori che lavorano oggi con la stessa abnegazione, lo stesso coraggio apostolico e la stessa fede dei loro predecessori. Che Dio li benedica generosamente! Durante questo periodo, la terra africana è stata benedetta da numerosi santi. Mi limito a nominare i gloriosi Martiri dell’Uganda, i grandi missionari Anna Maria Javouhey e Daniele Comboni, come pure Suor Anuarite Nengapeta e il catechista Isidoro Bakanja, senza dimenticare l’umile Giuseppina Bakhita”.
Ci troviamo attualmente in un momento storico che coincide, dal punto di vista civile, con l’indipendenza ritrovata e, dal punto di vista ecclesiale, con l’evento del Concilio Vaticano II. La Chiesa in Africa ha preparato e accompagnato durante questo periodo la costruzione di nuove identità nazionali e, parallelamente, ha cercato di tradurre l’identità di Cristo secondo vie proprie. Mentre la Gerarchia si era a poco a poco africanizzata, a partire dall’ordinazione da parte del Papa Pio XII di Vescovi del continente, la riflessione teologica cominciò a svilupparsi. Sarebbe bene che i teologi continuassero oggi ad esplorare la profondità del mistero trinitario e il suo significato per la vita quotidiana africana. Questo secolo permetterà forse, con la grazia di Dio, la rinascita, nel continente, ma certamente sotto una forma diversa e nuova, della prestigiosa Scuola di Alessandria. Perché non sperare che possa offrire agli Africani di oggi e alla Chiesa universale grandi teologi e maestri spirituali che potrebbero contribuire alla santificazione degli abitanti di questo continente e della Chiesa intera? La Prima Assemblea del Sinodo dei Vescovi ha permesso di indicare le direzioni da prendere e ha messo in evidenza, tra l’altro, la necessità di approfondire e di incarnare il mistero cioè la realtà divino – umana di una Chiesa – Famiglia.

Qualche riflessione sul tema specifico della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, relativo alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace
Secondo il Concilio Vaticano II, “la Chiesa è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen gentium, 1). Per adempiere bene la propria missione, la Chiesa deve essere una comunità, un vissuto fraterno di persone riconciliate con Dio e tra di loro. Solo in questo modo, essa può fecondamente annunciare la Buona Novella della riconciliazione in Gesù risorto alla società attuale, che conosce purtroppo in molti luoghi conflitti, violenze, guerre e odio. Il continente africano non ne è stato risparmiato ed è stato ed è ancora triste teatro di gravi tragedie, che fanno appello ad una vera riconciliazione tra i popoli, le etnie, gli uomini. Per noi, cristiani, questa riconciliazione è possibile e si radica nell’amore misericordioso di Dio Padre e si realizza mediante la presenza, l’incontro con la persona di Gesù Cristo che, nello Spirito santo, ha offerto e offre in continuità a tutti la grazia della riconciliazione. Le conseguenze si manifesteranno allora con al giustizia e la pace, indispensabili per costruire un mondo migliore.
In realtà, nel contesto socio politico ed economico attuale del continente africano, che cosa c’è di più drammatico della lotta spesso cruenta tra gruppi etnici o popoli fratelli? E se il Sinodo del 1994 ha insistito sulla Chiesa – Famiglia di Dio, quale può essere l’apporto di quest’anno, alla costruzione dell’Africa, assetata di riconciliazione e alla ricerca della giustizia e della pace? I conflitti locali o regionali, i massacri e i genocidi che si sviluppano nel Continente devono interpellarci in modo tutto particolare: se è vero che in Gesù Cristo noi apparteniamo alla stessa famiglia e condividiamo la stessa vita di figli nel Figlio, poiché nelle nostre vene circola eucaristicamente lo stesso Sangue di Cristo, che fa di noi figli di Dio, membri dell’unica Famiglia di Dio, non dovrebbero dunque esserci odio, ingiustizie, guerre tra fratelli.
Constatando il perdurare, anzi lo sviluppo della violenza e l’emergere dell’egoismo in Africa, il cardinale Bernardin Gantin faceva appello, fin dal 1988, a una Teologia della Fraternità, come risposta al richiamo pressante dei poveri e dei più piccoli. Gli tornava forse alla memoria ciò che scriveva l’africano Lattanzio all’alba del IV secolo: “Il primo dovere della giustizia è riconoscere l’uomo come un fratello. Infatti, se lo stesso Dio ci ha fatti e ci ha generati tutti nella stessa condizione, in vista della giustizia e della vita eterna, noi siamo sicuramente uniti da legami di fraternità: chi non li riconosce è ingiusto” (Epitomé, 54, 4-5). La Chiesa – Famiglia ha realizzato una opzione preferenziale per i poveri. Essa manifesta così che la situazione di disumanizzazione e di oppressione che affligge i popoli africani non è irreversibile; al contrario, essa pone ciascuno di fronte a duna sfida, quella della conversione, della santità e dell’integrità.
Il Figlio, la ragione per cui tutto viene creato dal Padre nello Spirito Santo e mediante il quale Dio parla attraverso la creazione e la storia, quella di Israele in modo particolare, è Lui stesso Parola fatta carne. Ciò è stato l’oggetto delle riflessioni della recente XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Diventata carne, presente risorto nel suo corpo che è la Chiesa, questa Parola che possiede un volto umano è all’origine di ciò che noi siamo e facciamo; è il fondamento di ogni vita. Il Padre ci ha scelti, pensati e voluti quando ha pensato e voluto il Cristo: ha pensato e voluto ciascuno di noi. E’ dunque a partire da questa Parola fatta carne che bisogna valorizzare le tradizioni anche africane, correggere e perfezionare la loro concezione della vita, dell’uomo e della famiglia. Gesù Cristo, Parola di vita, è sorgente e compimento di tutte le nostre vite, perché Gesù è l’unico mediatore e redentore.
E’ urgente che le comunità cristiane diventino sempre più luoghi di ascolto profondo della Parola di Dio e di lettura meditativa della Sacra Scrittura. E’ attraverso questa lettura meditativa e comunitaria nella Chiesa che il cristiano incontra Cristo risorto che gli parla e nei suoi gesti o sacramenti gli ridona la speranza nella pienezza di vita che Egli offre al mondo.
Quanto all’Eucaristia, essa rende il Signore realmente, sostanzialmente presente nella storia. Mediante la realtà del suo Corpo e del suo Sangue, di Lui vivo,il Cristo tutto intero si rende sostanzialmente presente nelle nostre vite. E con noi tutti i giorni fino alla fine dei tempi (Mt 28,20) e ci rimanda alle nostre realtà quotidiane affinché possiamo riempirle della sua presenza. Nell’Eucaristia, è messo chiaramente in evidenza che la vita, ogni vita è una relazione di comunione con Dio, con i nostri fratelli e le nostre sorelle, anzi con l’intera creazione verso cieli nuovi e terra nuova. L’Eucaristia è sorgente di unità riconciliata nella pace.
La Parola e il Pane di vita offrono luce e nutrimento, come antidoto e viatico nella fedeltà al Maestro e Pastore delle nostre anime, perché la Chiesa in Africa realizzi il servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace, secondo il programma di vita dato dal Signore stesso: “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,13.14). Per esserlo veramente i fedeli devono convertirsi e lasciarsi assimilare, seguire Gesù Cristo, diventare suoi discepoli, per essere testimoni del suo potere salvifico. Durante la sua vita terrena, Gesù era “potente in opere e parole” (Lc 24,19). Ma con la sua risurrezione ha sottomesso ogni autorità e potere (Col 2,15), ogni potenza del male per rendere liberi quanti sono stati battezzati nel suo nome. “Cristo ci ha liberati per la libertà!” (Gal 5,1). La vocazione cristiana consiste nel lasciarsi liberare da Gesù Cristo. Egli ha vinto il maligno, il peccato e la morte e offre a tutti la pienezza della sua vita. Nel Signore Gesù, quindi, non c’è più né giudeo né pagano, né uomo né donna (Gal 3,28). Nella sua carne da risorto Egli ha riconciliato tutti i popoli.” Con la forza dello Spirito Santo, lo Spirito del risorto – ha concluso il Papa – rivolgo a tutti questo appello: “Lasciatevi riconciliare! (2 Cor 5,20). Nessuna differenza etnica o culturale, di razza, di sesso o di religione deve divenire tra voi motivo di contesa. Voi siete tutti figli dell’unico Dio, nostro Padre, che è nei cieli. Con questa convinzione sarà finalmente possibile costruire l’Africa più giusta e pacifica, all’altezza delle legittime attese di tutti i suoi figli”.