Corpus Domini: la Bolla Transiturus (finalmente) in italiano

Inoltre riporto infine alcune parti dell’Udienza del Papa Benedetto XVI in cui Egli ricordava la figura di s. Giuliana di Liegi, citata discretamente da Urbano IV come l’ispiratrice della festa liturgica
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Sul sito trovate tutta una sezione sulla Eucaristia
Urbano Vescovo, servitore dei servi di Dio, ai venerati fratelli patriarchi, arcivescovi, vescovi e altri prelati, salute e benedizione apostolica.
Cristo, il nostro Salvatore, stando per partire da questo mondo per ascendere al Padre, poco prima della sua Passione, nell’Ultima Cena, istituì, in memoria della sua morte, il supremo e magnifico sacramento del Suo Corpo e Sangue, dandoci il Corpo come cibo e il Sangue come bevanda.
Infatti, ogni volta che mangiamo questo pane e beviamo questo calice, annunciamo la morte del Signore. Egli ha detto agli apostoli istituendo questo sacramento: “Fate questo in memoria di me” (Luc. 22, 19), in modo che questo eccelso e venerabile sacramento fosse per noi il principale e il più insigne ricordo del grande amore con cui Egli ci ha amato. Memoriale mirabile e meraviglioso, dolce e soave, carissimo e prezioso, in cui si rinnovano i prodigi e le meraviglie; in esso sono tutte le delizie e i sapori più delicati, nel quale si gusta la stessa dolcezza del Signore e, soprattutto, si ottiene la forza per la vita e per la nostra salvezza.
È un memoriale dolcissimo, sacrosanto e salutare in cui rinnoviamo la nostra gratitudine nel ricordo della nostra redenzione, ci allontaniamo dal male, ci consolidiamo nel bene e progrediamo nell’acquisizione delle virtù e della grazia, siamo confortati dalla presenza corporea del nostro stesso Salvatore, perché, in questa commemorazione sacramentale di Cristo, è presente Lui in mezzo a noi, in modo diverso, ma nella sua vera sostanza.
Nell’imminenza della sua Ascensione al cielo disse agli apostoli e ai loro successori: “Ecco, io sono sempre con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 10) e li consolò con la benevola promessa che sarebbe rimasto con loro anche con la sua presenza corporale.
Memoriale veramente degno di non essere dimenticato, con il quale ricordiamo che la morte è stata vinta, che la nostra rovina è stata distrutta dalla morte di Colui che è la stessa vita, che un albero pieno di vita è stato innestato su un albero di morte per produrre frutti di salvezza!
È un memoriale glorioso che riempie di gioia salvifica l’anima dei fedeli, mentre con l’infusione della letizia somministra lacrime di devozione. Siamo pieni di gioia al pensiero della nostra liberazione, e commemorando la Passione del Signore, per la quale siamo stati salvati, a stento possiamo trattenere le lacrime. In questa sacrosanta celebrazione, sono in noi gioia mista a lacrime, perché gioiamo piangendo pii, e lacrimiamo gioendo devoti, avendo liete lacrime e letizia piangente. Infatti anche il cuore, invaso di grande gioia, stilla dagli occhi dolci lacrime.
Infinita grandezza dell’amore divino, immensa e divina pietà, copiosa effusione celeste! Dio ci ha dato tutto nel momento in cui ha sottomesso ai nostri piedi e ci ha affidato il dominio supremo di tutte le creature sulla terra. Nobilita e sublima la dignità degli uomini attraverso il ministero degli spiriti più eletti. Poiché tutti sono stati destinati a esercitare il ministero al servizio di coloro che hanno ricevuto l’eredità della salvezza.
Ed essendo stata così vasta la munificenza del Signore nei nostri confronti, volendo mostrarci ancora di più il suo infinito amore, nel suo abbassamento si offrì egli stesso e superando le più grandi generosità e ogni misura di carità, si diede come cibo soprannaturale.
Liberalità singolare e ammirevole, in cui il donatore viene come dono, e il dono e colui che dà sono la stessa realtà! È davvero grandezza infinita quella di colui che si dà e accresce la sua disposizione affettuosa a tal punto che ciò, distribuito in un gran numero di doni, alla fine sovrabbonda e ritorna al donatore, tanto maggiore quanto più si è diffuso.
Pertanto, il Salvatore si è dato come cibo; volle che, nello stesso modo in cui l’uomo era stato sepolto nella rovina dal cibo proibito, vivesse di nuovo per un cibo benedetto; l’uomo cadde per il frutto di un albero di morte, risuscita per un pane di vita. Da quell’albero pendeva un cibo mortale, in questo c’è un cibo di vita; quel frutto ha portato il male, questo la guarigione; un appetito malvagio ha fatto il male e una fame diversa genera il beneficio; la medicina arrivò dove la malattia aveva invaso; da dove era partita la morte, venne la vita.
Di quel primo cibo fu detto: “Il giorno in cui ne mangerai morirai” (Gen. 2, 17); del secondo è stato scritto: “Chiunque mangia questo pane vivrà in eterno” (Gv 6, 52).
È un alimento che ristora e nutre veramente, sazia al massimo grado non il corpo, ma il cuore; non la carne, ma lo spirito; non i visceri, ma la mente. L’uomo aveva bisogno del cibo spirituale e il misericordioso Salvatore fornì, con attenzione colma di pietà, il cibo dell’anima con la migliore e più nobile prelibatezza.
La generosa liberalità salì al culmine del bisogno e la carità eguagliò la convenienza, così che la Parola di Dio, che è prelibatezza e cibo per le creature razionali, fattosi carne, si diede come cibo alle creature stesse, cioè alla carne e al corpo dell’uomo. L’uomo, quindi, mangia il pane degli angeli di cui il Salvatore disse: “La mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda” (Gv 6, 56). Questo cibo viene preso, ma non viene consumato, viene mangiato, ma non viene trasformato, perché non diventa colui che lo mangia, ma se viene ricevuto con dignità, rende colui che lo riceve simile a Lui. Eccelso e venerabile sacramento, amabile e adorato, sei degno di essere celebrato, esaltato con la lode più commossa, dai canti ispirati, dalle fibre più intime dell’anima, dai doni più devoti, sei degno di essere ricevuto dalle anime più pure!
Memoriale glorioso, dovresti essere tenuto tra i più profondi battiti del cuore, impresso indelebilmente nell’anima, trattenuto nelle intimità dello spirito, onorato con la pietà più assidua e devota!
Dobbiamo celebrare la continua memoria di un tale memoriale, affinché di Lui, di cui conosciamo lo stesso memoriale, siamo sempre memori, perché colui di cui contempliamo il dono e la ricchezza frequentemente, questi è ospitato più strettamente nel profondo della memoria.
Sebbene questo santo sacramento venga celebrato ogni giorno nel solenne rito della Messa, tuttavia riteniamo che sia utile e degno celebrare, almeno una volta all’anno, una festa più solenne, soprattutto per confondere e confutare l’ostilità degli eretici.
Difatti il Giovedì Santo, nello stesso giorno in cui Cristo ha istituito questo Sacramento, la Chiesa Universale, impegnata nella riconciliazione dei fedeli, nella benedizione del crisma, nell’adempimento del comandamento della lavanda dei piedi e in molte altre sacre cerimonie, non può prestare piena attenzione alla celebrazione di questo grande sacramento.
Allo stesso modo in cui la Chiesa guarda ai santi, che sono venerati durante l’anno, e sebbene nelle Litanie, nelle Messe e in altre funzioni, la loro memoria si rinnovi con grande frequenza, tuttavia ricorda il loro dies natalis in alcuni giorni, con più solennità e funzioni speciali. E poiché in queste feste forse i fedeli omettono alcuni dei loro doveri a causa di negligenza o occupazioni mondane, o anche a causa della fragilità umana, la Santa Madre Chiesa stabilisce un giorno specifico per la commemorazione di tutti i santi, fornendo in questa festa comune ciò che è stato trascurato in quelle particolari.
Soprattutto, quindi, è necessario adempiere a questo dovere con l’ammirevole Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo, che è gloria e corona di tutti i Santi, in modo che risplenda in una speciale festività e solennità e che ciò che forse è stato trascurato nelle altre celebrazioni della Messa, per quanto riguarda la solennità, sia supplito con scrupolosa diligenza; e così i fedeli, mentre questa festività si avvicina, entrando in se stessi, pensando al passato con attenzione, umiltà di spirito e purezza di coscienza, suppliscano a ciò che avessero compiuto in modo difettoso nel partecipare alla Messa, forse impegnati con il pensiero negli affari mondani o più ordinariamente a causa della negligenza e debolezza umana.
In una certa occasione abbiamo anche sentito dire che, quando stavamo svolgendo un ufficio più modesto, Dio aveva rivelato ad alcuni cattolici che era necessario celebrare questa festa in tutta la Chiesa; pertanto abbiamo ritenuto opportuno stabilirlo in modo tale che, in modo dignitoso e ragionevole, la fede cattolica sia rivitalizzata ed esaltata.
Pertanto, per rafforzare la grandezza della fede cattolica, abbiamo deciso che ogni anno venga celebrata una festa speciale e solenne di un così grande Sacramento, oltre alla commemorazione quotidiana che la Chiesa ne fa, e stabiliamo un giorno fisso per esso, il primo giovedì dopo l’ottava di Pentecoste. Stabiliamo anche che nello stesso giorno si riuniscano per questo fine folle di fedeli nelle chiese devote, con generosità di affetto, e tutto il clero, e il popolo, gioioso, intoni canti di lode, che le labbra e i cuori siano pieni di santa gioia; canti la fede, sussulti la speranza, esulti la carità; la devozione palpiti, esulti la purezza; possano i cuori essere sinceri; possano tutti unirsi con diligente animo e pronta volontà, impegnati a preparare e celebrare questa festa. E voglia il cielo che il fervore infiammi le anime di tutti i fedeli al servizio di Cristo, che attraverso questa festa e altre opere di bene, aumentando ogni volta i propri meriti davanti a Dio, dopo questa vita, si dia Lui stesso come ricompensa per tutti, poiché per ognuno è stato offerto come cibo e come prezzo di riscatto.
Pertanto vi raccomandiamo ed esortiamo tutti nel Signore e attraverso questa Bolla Apostolica vi ordiniamo, in virtù della Santa Obbedienza, con rigoroso precetto, imponendolo come remissione dei vostri peccati, di celebrare devotamente e solennemente questa festa così esaltata e gloriosa e di impegnarvi con tutta l’attenzione a celebrarla in tutte le chiese delle vostre città e diocesi, il menzionato giovedì di ogni anno, con le nuove letture, responsori, versi, antifone, salmi, inni e orazioni proprie della stessa, che includiamo nella nostra Bolla insieme alle parti proprie della Messa; vi ordiniamo anche di esortare i vostri fedeli, con raccomandazioni salutari direttamente o attraverso altri, la domenica che precede il giovedì menzionato, in modo che con una vera e pura confessione, con generose elemosine, con preghiere attente e assidue e altre opere di devozione e di pietà, si preparino in modo da poter partecipare, con l’aiuto di Dio, a questo prezioso Sacramento e possano, il detto giovedì, riceverlo con riverenza e ottenere così, con il Suo aiuto, un aumento di grazia.
E desiderando incoraggiare i fedeli con doni spirituali a celebrare con dignità una così grande festa, garantiamo a tutti coloro che, pentiti e confessati veramente, partecipino alle Lodi di questa festa, nella chiesa in cui è celebrata, cento giorni di indulgenza; altrettanto per la Messa e, allo stesso modo, per coloro che partecipano ai primi Vespri di questa stessa festa e ai secondi; e a tutti coloro che partecipano all’Ufficio di Prima, Terza, Sesta, Nona e Compieta, quaranta giorni per ogni ora. Infine, a tutti coloro che partecipano alle Lodi e ai Vespri, alla Messa e alla recita dell’Ufficio durante l’ottava, concediamo cento giorni di indulgenza per ogni giorno confidando nella misericordia di Dio Onnipotente e nell’autorità dei suoi Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Dato in Orvieto l’11 agosto del 1264, terzo anno del nostro pontificato.
URBANUS PP. IV
«Vorrei presentarvi una figura femminile a cui la Chiesa deve una grande riconoscenza, non solo per la sua santità di vita, ma anche perché, con il suo grande fervore, ha contribuito all’istituzione di una delle solennità liturgiche più importanti dell’anno, quella del Corpus Domini. Si tratta di santa Giuliana di Cornillon, nota anche come santa Giuliana di Liegi…
Giuliana nacque tra il 1191 e il 1192 nei pressi di Liegi, in Belgio… Rimasta orfana a 5 anni, Giuliana con la sorella Agnese fu affidata alle cure delle monache agostiniane del convento-lebbrosario di Mont-Cornillon. Fu educata soprattutto da una suora, di nome Sapienza, che ne seguì la maturazione spirituale, fino a quando Giuliana stessa ricevette l’abito religioso e divenne anche lei monaca agostiniana… Oltre ad una vivace intelligenza, Giuliana mostrava, fin dall’inizio, una propensione particolare per la contemplazione; aveva un senso profondo della presenza di Cristo, che sperimentava vivendo in modo particolarmente intenso il Sacramento dell’Eucaristia e soffermandosi spesso a meditare sulle parole di Gesù: “Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
A sedici anni ebbe una prima visione, che poi si ripeté più volte nelle sue adorazioni eucaristiche. La visione presentava la luna nel suo pieno splendore, con una striscia scura che la attraversava diametralmente. Il Signore le fece comprendere il significato di ciò che le era apparso. La luna simboleggiava la vita della Chiesa sulla terra, la linea opaca rappresentava invece l’assenza di una festa liturgica, per l’istituzione della quale era chiesto a Giuliana di adoperarsi in modo efficace: una festa, cioè, nella quale i credenti avrebbero potuto adorare l’Eucaristia per aumentare la fede, avanzare nella pratica delle virtù e riparare le offese al Santissimo Sacramento.
Per circa vent’anni Giuliana, che nel frattempo era diventata la priora del convento, conservò nel segreto questa rivelazione, che aveva riempito di gioia il suo cuore. Poi si confidò con altre due ferventi adoratrici dell’Eucaristia, la beata Eva, che conduceva una vita eremitica, e Isabella, che l’aveva raggiunta nel monastero di Mont-Cornillon. Le tre donne stabilirono una specie di “alleanza spirituale”, con il proposito di glorificare il Santissimo Sacramento. Vollero coinvolgere anche un sacerdote molto stimato, Giovanni di Losanna, canonico nella chiesa di San Martino a Liegi, pregandolo di interpellare teologi ed ecclesiastici su quanto stava loro a cuore. Le risposte furono positive e incoraggianti…
Fu il Vescovo di Liegi, Roberto di Thourotte, che, dopo iniziali esitazioni, accolse la proposta di Giuliana e delle sue compagne, e istituì, per la prima volta, la solennità del Corpus Domini nella sua Diocesi. Più tardi, altri Vescovi lo imitarono, stabilendo la medesima festa nei territori affidati alle loro cure pastorali.
[…] Alla buona causa della festa del Corpus Domini fu conquistato anche Giacomo Pantaléon di Troyes, che aveva conosciuto la Santa durante il suo ministero di arcidiacono a Liegi. Fu proprio lui che, divenuto Papa con il nome di Urbano IV, nel 1264, istituì la solennità del Corpus Domini come festa di precetto per la Chiesa universale, il giovedì successivo alla Pentecoste. Nella Bolla di istituzione, intitolata Transiturus de hoc mundo (11 agosto 1264) Papa Urbano rievoca con discrezione anche le esperienze mistiche di Giuliana, avvalorandone l’autenticità, e scrive: “Sebbene l’Eucaristia ogni giorno venga solennemente celebrata, riteniamo giusto che, almeno una volta l’anno, se ne faccia più onorata e solenne memoria. Le altre cose infatti di cui facciamo memoria, noi le afferriamo con lo spirito e con la mente, ma non otteniamo per questo la loro reale presenza. Invece, in questa sacramentale commemorazione del Cristo, anche se sotto altra forma, Gesù Cristo è presente con noi nella propria sostanza. Mentre stava infatti per ascendere al cielo disse: «Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20)”…
Urbano IV chiese a uno dei più grandi teologi della storia, san Tommaso d’Aquino – che in quel tempo accompagnava il Papa e si trovava a Orvieto –, di comporre i testi dell’ufficio liturgico di questa grande festa. Essi, ancor oggi in uso nella Chiesa, sono dei capolavori, in cui si fondono teologia e poesia. Sono testi che fanno vibrare le corde del cuore per esprimere lode e gratitudine al Santissimo Sacramento, mentre l’intelligenza, addentrandosi con stupore nel mistero, riconosce nell’Eucaristia la presenza viva e vera di Gesù, del suo Sacrificio di amore che ci riconcilia con il Padre, e ci dona la salvezza…
Ricordando santa Giuliana di Cornillon rinnoviamo anche noi la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Come ci insegna il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, “Gesù Cristo è presente nell'Eucaristia in modo unico e incomparabile. È presente infatti in modo vero, reale, sostanziale: con il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua Anima e la sua Divinità. In essa è quindi presente in modo sacramentale, e cioè sotto le specie eucaristiche del pane e del vino, Cristo tutto intero: Dio e uomo” (n. 282).
Cari amici, la fedeltà all’incontro con il Cristo Eucaristico nella Santa Messa domenicale è essenziale per il cammino di fede, ma cerchiamo anche di andare frequentemente a visitare il Signore presente nel Tabernacolo! Guardando in adorazione l’Ostia consacrata, noi incontriamo il dono dell’amore di Dio, incontriamo la Passione e la Croce di Gesù, come pure la sua Risurrezione. Proprio attraverso il nostro guardare in adorazione, il Signore ci attira verso di sé, dentro il suo mistero, per trasformarci come trasforma il pane e il vino. I Santi hanno sempre trovato forza, consolazione e gioia nell’incontro eucaristico. Con le parole dell’Inno eucaristico Adoro te devote ripetiamo davanti al Signore, presente nel Santissimo Sacramento: “Fammi credere sempre più in Te, che in Te io abbia speranza, che io Ti ami!”.» BENEDETTO XVI, UDIENZA GENERALE. Mercoledì, 17 novembre 2010