Associazione Cultura Cattolica

Don Goccini: «Xe pèso el tacòn del buso»

Ovvero: «E' peggio la toppa del buco Il rimedio è peggiore del danno»

Ieri, don Giordano Goccini (QUI) ha rilasciato un’intervista sulla Gazzetta di Reggio riguardo alla processione di riparazione del comitato «Beata Giovanna Scopelli» che si terrà a Reggio in opposizione al gay pride promosso dall’Arcigay reggiana il 3 giugno prossimo. Don Giordano Goccini è il responsabile della Pastorale Giovanile della Diocesi di Reggio Emilia. Ebbene, non ho mai visto tanti strafalcioni condensati in così poche righe. Alcune “perle” che spiccano sulle altre:

«[…] Quelli che si oppongono anziché andare in piazza potrebbero pregare in una chiesa, benché il pregare in riparazione dei peccati altrui sia un atto di presunzione».


Penso sia bene richiamare il significato dell’atto di riparazione. Don Claudio Crescimanno (QUI) è chiarissimo al riguardo:
Chiamiamo quindi riparazione la partecipazione all’atto espiatore di Cristo da parte dei cristiani, i quali, mentre si uniscono al suo sacrificio redentore, chiedono anzitutto il perdono per le proprie colpe e poi per quelle degli altri, specialmente di coloro che la redenzione la rifiutano o la combattono. Dunque niente presunzione nel concetto, pienamente cattolico, di preghiera riparatoria; piuttosto la chiara consapevolezza che siamo tutti nella stessa barca, perché a differenza del Signore Gesù, noi abbiamo bisogno di offrire preghiere e penitenze anzitutto per i peccati nostri, prima che per quelli degli altri; consapevolezza del fatto che se siamo nel numero dei fedeli di Cristo e non dei suoi nemici, non è per merito nostro ma per somma degnazione del Signore; più ancora, consapevolezza del fatto che ‘a chi più è stato dato, molto di più sarà chiesto’ (Lc 12, 48), quindi la tentazione di sentirsi migliori degli altri sarebbe sciocca e pericolosa.
Di tutto questo abbiamo meravigliosa sintesi, espressa in preghiera dal santo Papa Pio XI nell’Atto di Riparazione al Sacro Cuore di Gesù: «O Gesù dolcissimo, il cui immenso amore per gli uomini viene con tanta ingratitudine ripagato di oblio, di trascuratezza e di disprezzo, ecco che noi, prostrati innanzi a te intendiamo riparare … Memori, però, che noi pure, molte volte ci siamo macchiati di tanta indegnità, imploriamo anzitutto per noi la tua misericordia …».


Affermare, quindi, che la preghiera di riparazione dei peccati altrui è un atto di presunzione è un grossolano errore. A smentire don Goccini basterebbe il messaggio di Fatima, ma pure gli consiglio la lettura della Preghiera di Sua Santità Pio XII in Riparazione del grande peccato della bestemmia (qui). Chiosa finale: presuntuosi pure Pio XI e il Venerabile Pio XII?

Goccini, poi, si fa prendere dalla foga ed in nome della pseudo-chiesa misericordiosa addirittura scomunica i fautori della preghiera di riparazione:

«Il comitato motiva la processione con una citazione di San Tommaso avulsa dal contesto. Con questi argomenti polemizzano con il Vescovo e con il Papa. Un conto è criticare, un altro polemizzare e non riconoscere la loro autorità. Non sono nella comunione della Chiesa universale. Non definiamoli cattolici».


Ecco la citazione di San Tommaso: «Nei peccati contro natura in cui viene violato l’ordine naturale, viene offeso Dio stesso in qualità di ordinatore della natura». Lascio a voi giudicare se sia così avulsa dal contesto del gay-pride…

Don Goccini è ormai preso da “sacro furore”:

«Dal punto di vista dottrinale il nuovo catechismo redatto nel 1992 non ha cambiato alcunché. Sono cambiati la mentalità e l’atteggiamento della Chiesa, sintetizzati dalla battuta di papa Francesco: chi sono io per giudicare? La Chiesa assume una veste materna e paterna, non si erge più come giudice».


Tranne, ovviamente, che per coloro che hanno l’ardire di fare preghiere di riparazione. Ed infine ecco il colpo di grancassa in perfetto stile modernista:

La Chiesa può spingersi fino ad accettare l’apologia del peccato fatta dal Gay Pride?
«Il Gay Pride è una manifestazione legittima ma molto distante dall’idea cristiana. Sono perplesso di fronte ad amici omosessuali che dicono di trovare una realizzazione piena nella pratica di una sessualità non generativa. Dio, però, accoglie sempre l’uomo che cade. Non si stanca mai di perdonare. La Chiesa ha trovato la sua posizione di madre e padre che non giudica, ma accoglie e accompagna. Il patrimonio della fede non è qualcosa di statico e immutabile. È in mano al popolo di Dio. I credenti hanno una loro percezione della fede secondo il tempo in cui vivono e la Chiesa cammina coi tempi».


Perfetta sintesi del pensiero modernista: il patrimonio della fede è in mano al popolo di Dio, il popolo di Dio è in cammino, la sua percezione della fede cambia secondo il tempo in cui il popolo vive e la Chiesa cammina coi tempi. Pertanto, per don Goccini, il Magistero non solo non è statico, ben di più: NON è immutabile, ma varia nel suo cammino temporale! Questo è modernismo allo stato puro. Nel Giuramento antimodernista di San Pio X, al n° 4, è anche detto: «accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli Apostoli per mezzo dei padri ortodossi, nello stesso senso e sempre nello stesso contenuto; e per questo respingo totalmente l’eretica invenzione dell’evoluzione dei dogmi, che passano da un significato ad un altro, diverso da quello che prima riteneva la Chiesa».

Il depositum fidei non è per nulla in mano al popolo di Dio! Non è il popolo di Dio che può variarlo secondo la sua percezione! Siamo impazziti?

Tutti gli uomini senza eccezione, sono i destinatari della verità che deve salvarli. Ma solo alcuni individui isolati sono scelti tra gli uomini per essere i titolari di una funzione gerarchica e i depositari di questa verità, poiché è solo ad essi che è stata affidata in deposito con il compito di conservarla, e solo essi sono gli intermediari stabiliti da Dio per comunicare in suo nome la verità salutare.

Il sensus fidei equivale al consenso unanime e infallibile della credenza. Ma si tratta proprio del consenso della Chiesa discente. Questo deriva dall’infallibilità della Chiesa docente, che è la sua causa propria. Essendo la Chiesa una e santa nella fede, la credenza dei fedeli è indefettibilmente e solidarmente docile, nel tempo e nello spazio, all’insegnamento della gerarchia magisteriale.

La professione di fede indefettibile della Chiesa discente rappresenta un luogo teologico, poiché è essa sola che manifesta bene delle verità proposte infallibilmente dalla predicazione orale del magistero ordinario universale. Ma questo genere di criterio resta il semplice segno dell’infallibilità dell’insegnamento, e non la sua causa. Farne una causa significa riprendere per sé l’errore condannato dal concilio Vaticano I: «questo primato [di giurisdizione] non è stato conferito immediatamente e direttamente allo stesso beato Pietro, ma alla sua Chiesa e, per mezzo di questa, a lui come suo ministro» [Concilio Vaticano I, costituzione Pastor æternus, cap. 1, DS 3054]. Questo implica anche che una proposizione del magistero sarebbe infallibile solo nella misura in cui sarebbe accettata (anche antecedentemente) dal Popolo, il che contraddice formalmente la definizione enunciata infallibilmente dallo stesso concilio Vaticano I: «queste definizioni del vescovo di Roma sono irreformabili per se stesse, e non in virtù del consenso della Chiesa» [Concilio Vaticano I, costituzione Pastor æternus, cap. 4, DS 3074].

Ma forse la Pastor æternus non è più nella percezione della fede di don Goccini …

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia!

Andrea Mondinelli