La fede, avvocato convinto e convincente della ragione

La fede non teme la scienza, ma le offre un’etica per l’uomo
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Come al solito (ricordate il discorso di Ratisbona?) i mass media hanno isolato dal contesto una singola parte di una frase, per trasformare un discorso del Papa in un quasi offensivo attacco alla scienza e agli scienziati. Ad esempio il “Corriere della sera” titola: “Gli scienziati tentati da facili guadagni”, e pone come sottotitolo: “Gli scienziati arroganti e pericolosi senza l’aiuto della filosofia e della teologia”. Ma è proprio così?
Proviamo a leggere cosa in realtà ha detto Benedetto XVI nel commemorare il decimo anniversario dell’enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II. Nella prima parte del discorso si riprendono i punti fondamentali dell’enciclica, sottolineandone la grande apertura nei confronti della ragione: una ragione che sia aperta alla verità. Per questo l’enciclica afferma: “È la fede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero. La fede si fa così avvocato convinto e convincente della ragione”.
Dov’è allora il problema? Benedetto XVI lo individua in una restrizione del concetto di ragione, quando si è verificato “uno slittamento da un pensiero prevalentemente speculativo a uno maggiormente sperimentale. La ricerca si è volta soprattutto all’osservazione della natura nel tentativo di scoprirne i segreti […]. Questo cambiamento non è stato indolore […] La conquista scientifica e tecnologica, con cui la fides è sempre più provocata a confrontarsi, ha modificato l’antico concetto di ratio; in qualche modo, ha emarginato la ragione che ricercava la verità ultima delle cose”.
Ecco il punto: da una parte la fede non teme lo sviluppo della scienza; ma la scienza non è in grado di elaborare principi etici. Se l’autonomia della scienza diventa assoluta indipendenza, pretesa di conoscere e di trasformare tutto, anche la natura, nasce una vera arroganza: quella di sostituirsi al Creatore. Allora la preoccupazione è quella di “mantenere vigile il senso di responsabilità che la ragione e la fede possiedono nei confronti della scienza, perché permanga nel solco del suo servizio all’uomo […] La filosofia e la teologia diventano, in questo contesto, degli aiuti indispensabili con cui occorre confrontarsi per evitare che la scienza proceda da sola in un sentiero tortuoso, colmo di imprevisti e non privo di rischi.”
Come si vede si tratta non di un’accusa alla scienza o agli scienziati, ma di una preoccupazione della Chiesa che non si smarrisca la ricerca della verità, cadendo in un relativismo che alla fine diventa nichilista.
E la verità, il Papa non poteva non ricordarlo, è Cristo: “La verità di Cristo, in quanto tocca ogni persona in cerca di gioia, di felicità e di senso, supera di gran lunga ogni altra verità che la ragione può trovare. È intorno al mistero, pertanto, che la fides e la ratio trovano la possibilità reale di un percorso comune.