E’ vita «umana», anche se lo si dimentica!
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Dopo la morte del bambino nato in seguito a una interruzione di gravidanza per ragioni terapeutiche, si è riaperto il dibattito sulla eccessiva medicalizzazione della maternità e la ricerca del figlio sano.
Ieri sera a "Otto e Mezzo", in onda su LA7 alle ore 20,30 ne hanno parlato, ospiti di Ritanna Armeni e Giuliano Ferrara, il cardinale Javier Lozano Barragan, Presidente del Pontificio Consiglio Pastorale per la Salute, Livia Turco, ministro della Salute, Alessandra Kustermann, ginecologa e responsabile diagnosi prenatale della clinica Mangiagalli di Milano e Marina Corradi di Avvenire.
Livia Turco bravissima a non dare risposte scomode ha detto di essersi riletta la 194 e di aver concluso che va bene così.
Ha poi sciorinato dati e statistiche che dicono che gli aborti sono diminuiti, di poco, rispetto all'anno passato, ma sono diminuiti molto, rispetto al 1980, anno in cui si è toccato l'apice degli aborti eseguiti.
Ha poi detto che gli aborti terapeutici in stato avanzato di gravidanza sono poco più di 800 l'anno.
Vuol dire che in più di 800 casi sono verificate le modalità previste dalla legge per un aborto?
Queste: "L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna."
Siamo seri, siamo "adulti", quindi non nascondiamoci che il grave pericolo per la salute fisica è riscontrato in una percentuale molto bassa dei casi, e il pericolo per la salute psichica è certificato con estrema faciloneria, perché si preferisce non avere problemi, non fare la fatica di prendere le difese di un povero essere imperfetto, forse imperfetto.
La verità è che non vogliamo sentircelo dire, ma viviamo in una società dove anche avere il naso storto crea gravi disagi psichici, e si pensa a un figlio come a qualcosa che non deve creare prima di tutto a noi, fatiche e problemi.
Ma la cosa più grave e lacerante è che questo figlio che si decide di eliminare con un "aborto terapeutico" molte volte nasce vivo, in alcuni paesi lo ammazzano prima, iniettando nel cordone ombelicale una sostanza che lo uccide, ma questo dice ancora una volta che quel figlio è vivo e che quando nasce e piange diventa un problema.
Lasciarlo morire o salvarlo?
Pare che il piccolo di cariggi sia stato lasciato senza cure per venti minuti, forse in attesa che morisse da solo, o forse perché nessuno voleva prendersi la responsabilità di salvare il frutto di un aborto terapeutico".
Per carità fermiamoci, chiamiamo le cose con il loro nome e proviamo a capire perché siamo arrivati a questo punto.