La battaglia culturale!

Autore:
Cavallari, Fabio
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Il nuovo secolo si è aperto con uno scontro culturale di dimensioni epocali. Una battaglia che sta tentando di ridefinire il senso stesso del termine “umano”. Ci ritroviamo così oggi a fronteggiare una serie di questioni che vanno dall’eutanasia, all’eugenetica, dall’aborto terapeutico, sino alla vera e propria commercializzazione di parti del corpo umano (si pensi alla legalizzazione della vendita di ovociti promossa dall’Inghilterra). Tutte questioni che la grande stampa, la cultura dominante e la cosiddetta sinistra progressista sta assumendo a paradigmi identitari. Il nuovo totem da idolatrare e da brandire a feticcio salvifico si potrebbe rinchiudere all’interno di una parola: modernità. Termine ammaliante all’interno del quale la libertà non è più concepita come partecipazione alla polis, ma come assenza di vincoli, di obblighi cui rispondere. Ma la libertà senza vincoli è il contrario della relazione, è la negazione dei legami sociali, è l’ipotesi di una non comunità, dove esistono solo monadi isolate rinchiuse nel loro particolare. I mass media, che ovviamente stanno giocando un ruolo importantissimo in questa battaglia culturale, continuano a riproporre surrettiziamente lo schema che vedrebbe contrapposti laici a cattolici. Una paradigma questo da rigettare completamente perché ci troviamo al cospetto di una diatriba che dovrebbe riguardare esclusivamente l’uso della Ragione. Già nella definizione esiste un errore dialettico. Laico vuol dire semplicemente privo della dote sacerdotale. Oggi è possibile essere non credenti, laici ma non laicisti, cioè razionalmente ragionevoli da considerare il Cristianesimo come parte integrante, fondante della nostra cultura di uomini occidentali. Ogni qualvolta si tenta di rigettare questo elemento della nostra cultura si opera nei fatti un atto di blasfemia. Ma non contro la religione, bensì contro la Ragione. La battaglia in corso, fomentata da scientismo e tecnoscienza, ha individuato nell’Uomo il soggetto da destrutturare antropologicamente. Difenderlo e difendere le origini stesse della nostra natura non può essere un tema che vede contrapporsi non credenti a cattolici. Quella che ci vede impegnati è una battaglia in nome della Ragione che nulla ha a che vedere con il clericalismo. Si fa strada una terminologia confusa, che tende a banalizzare la parola privandola del suo valore simbolico, limitandola ad una funzionalità di azione che ne svilisce l’opera. A farne le spese l’uomo stesso, la sua natura e il suo futuro. Oggi ad essere messi in discussione sono i principi acquisiti e le stesse terminologie che ci hanno accompagnato per secoli. Parole come amore, eros, fede, vita, procreazione, tendono ad essere svuotate del loro valore intrinseco in favore di un supposto valore superiore che si ispira alla mera tecnicità. Lo stesso termine “radicale”, utilizzato a man bassa dalla stampa, è stato espropriato del suo valore originario. Etimologicamente “radicale” sta ad indicare la provenienza dalla radice. Quindi è radicale colui che riflette sull’uomo andando a comprenderne le ragioni e le peculiarità all’origine. Oggi, Benedetto XVI può essere considerato un Papa e un filosofo radicale, proprio perché la sua riflessione non si fonda su un’astratta teoria della storia ma, scardinando i falsi miti dell’epoca moderna, giunge a toccare le radici antropologiche ed essenziali di ogni uomo. Altra cosa è l’accezione di radicale intesa come “estremo”, la quale indicando un posizionamento “ai lati”, designa, nei fatti, un allontanamento dalle origini dell’uomo.
Partendo da un concetto di libertà positiva, che si può sintetizzare con un massima che ha il pregio di andare oltre anche il “Diritto” consolidato e cioè: “La mia libertà inizia lì dove inizia la tua”, noi oggi possiamo affermare che questa battaglia culturale vale la pena di essere affrontata. Noi crediamo nell’uomo, e da qui vogliamo partire.