In silenzio davanti alla morte di Matteo

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Matteo, 16 anni, si è tolto la vita gettandosi dal balcone di casa.
Nei biglietti che ha scritto prima di gettarsi il dolore di chi non ce la fa ad affrontare la fatica di vivere, di chi non si sente accolto.
La madre racconta che soffriva perché i compagni di scuola gli dicevano "sei gay", sostenevano che assomigliava a Jonathan, il personaggio omosessuale della trasmissione "Il Grande fratello".
La preside dell'istituto tecnico commerciale Sommeiller, Caterina Cogno, lo definisce "il migliore della classe" e racconta che all'inizio del precedente anno scolastico Matteo aveva confessato ad un insegnante che lo aveva visto piangere, che i compagni lo prendevano in giro perché prendeva dei bei voti e lo chiamavano gay.

Il diessino Franco Grillini ha presentato un'interrogazione al ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni e ha denunciato i soprusi subiti dagli adolescenti che dichiarano la loro omosessualità.

Un sedicenne che si getta dal balcone, non può non interrogare la coscienza di tutti noi, la famiglia, gli insegnanti, i compagni, tutti hanno il dovere di cercare di capire cosa si poteva e si doveva fare, dove stiamo sbagliando, visti i segnali preoccupanti che i giovani mandano al mondo degli adulti con i loro comportamenti.

Però attenzione a non fare a Matteo una seconda violenza, a non farne un'icona delle ingiustizie subite dai gay.
Matteo aveva due fratelli, i genitori, madre filippina e papà italiano, sposati nel 1989 si erano separati quando Matteo aveva otto anni, lo descrivono come un ragazzo bravo a scuola, gentile, fragile.

Parlarne senza averlo conosciuto potrebbe essere fin troppo facile e banale, si rischia di "usarlo" per i propri scopi.
Possiamo però dire che Matteo non ha trovato nessuno che gli dicesse: "guarda che la tua infelicità, la tua sofferenza, la tua voglia di bene, sono il desiderio di qualcosa che c'è. Sono il modo con cui il nostro cuore cerca la felicità".

Matteo non ha trovato nessun adulto che gli dicesse "io la risposta l'ho trovata, verifica se è buona per te".
Pertanto per una volta tanto non cerchiamo di trovare risposta a questa morte in programmi di educazione sentimentale o sessuale, non cerchiamo negli "esperti" di turno risposte tecnicistiche.
Se si soffoca il Mistero, come dimensione del proprio rapporto con le persone, con le cose, con la realtà, tutto diventa un gioco, e il gioco a volte è tragico.
Non sapremo mai se Matteo era un omosessuale o no, e non ha importanza, era un uomo, un giovane uomo fragile e le risposte che cercava il suo cuore, sono le risposte che cerchiamo tutti, indipendentemente dalle nostre preferenze sessuali.
E noi adulti dobbiamo chiederci se ci siamo dati queste risposte, perché se non le abbiamo per noi, non possiamo aiutare Matteo a trovarle.