Associazione Cultura Cattolica

Dies Familiae

“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Così recita l’articolo 29 della Costituzione italiana.
Autore:
Cavallari, Fabio
Fonte:
CulturaCattolica.it
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“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Così recita l’articolo 29 della Costituzione italiana.
Estensori: Aldo Moro, Costantino Mortati e Palmiro Togliatti. I primi due appartenenti al gruppo democratico cristiano, il terzo membro e segretario del partito comunista. Proprio a Palmiro Togliatti si deve la locuzione “società naturale”. Anno 1947, l’Italia esce dalla tragedia del nazifascismo, il sangue versato non si potrà contare. Una generazione di giovani uomini, con lutti ed orrori sulle spalle, costruirà l’Italia liberata del dopoguerra. La Repubblica riconoscerà e garantirà i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolgerà la sua personalità. La famiglia. E’ questo il luogo, fisico e immateriale attraverso il quale una nazione intera ricostruirà se stessa. Dopo sessant’anni, percorsi tra false rivoluzioni e sovversioni mancate, all’interno di diaspore e contraddizioni, vicoli stretti e pertugi sconnessi la famiglia è ancora lì. Radice indispensabile, fondativa e fondante per uomini e donne ancorché secolarizzate dalla modernità e dal relativismo. La famiglia, cellula sociale ed affettiva, prodromo educativo e viatico di crescita. Più di un milione di persone hanno voluto festeggiarla, rendendole onore in Piazza San Giovanni a Roma, il 12 maggio.
Festa cattolica, tributo clericale e papalino, si è detto da più parti. Valutazione inesatta, ma anche se fosse? Dove risiederebbe l’orrore? E mentre la capitale si riempiva di padri e madri, fasciatoi e carrozzine, i giornali dell’intellighenzia progressista scatenavano un osceno funerale. Famiglia parafrasi dell’esclusione omertosa, sentenziava Scalfari dalle pagine del giornale “democratico”, famiglia assassina delirava la sinistra “radicale” attraverso un editoriale sul quotidiano Liberazione. “La famiglia è il luogo più pericoloso per le donne, è l’apparato di potere più forte, perché si fonda sull’assenso delle vittime, le plagia, le convince che è tutto normale, naturale, le porta addirittura in piazza a rivendicarlo. E’ ora di dirlo: la famiglia uccide”, così Angela Azzaro sull’organo di stampa del Prc, “quotidiano comunista” come indica il sottotitolo. Schizofrenia ed ossessione paranoica, vilipendio della ragione in un solo colpo. E a farne le spese, i compagni, gli amici che avevano deciso di guardare l’evento con il rispetto e la serenità di chi “non c’è” ma non dileggia. Perché non era un orrore neppure non esserci, perché si poteva anche, con la cautela di coloro che arrivano da altri lidi, salutare una parte di popolo che rivendica e difende un ideale. Ma quelle parole vili, quel pensiero che obnubila radici e storia, richiedono un surplus di presenza. Dico oggi “Io c’ero”, sicuro che qualche amico cattolico possa farsi carico a posteriori per un assente presenza di un compagno non credente come il sottoscritto. Perché la famiglia non è un “vezzo” di parte, un accessorio della modernità o peggio ancora un nerbo da estirpare. Famiglia è parte costituente ed identitaria di ogni essere vivente. Cattolico, laico, agnostico, mussulmano, liberale, socialista, comunista. Comunista come mio padre. Classe 1921, antifascista, non credente, sfuggito da un treno che lo stava deportando in un campo di concentramento tra fame e dolore, con un unico pensiero, tornare a casa, tornare dalle sorelle, dalla madre, dalla propria famiglia! E poi a lavorare negli anni della ricostruzione, a sudare per dare un futuro a me, a mia madre, alla sua famiglia! Ed ancora resistere alla salute che vacilla, al cuore che arranca, ai polmoni che faticano, al “male” che invade, sempre con tenacia, con la forza di un compagno che crede nella cellula vitale: la famiglia. E a guardarla bene questa famiglia ci accorgeremmo che è rimasto l’unico luogo impermeabile alle dinamiche, talvolta, perverse, del capitalismo. La famiglia, viatico di vita per Aldo, Palmiro Costantino, Andrea, Fabio, Gabriele, Gloria, Marta, Paola, Nicola, Enrico e per tanti altri prima, per moltissimi altri ancora. Dies Familiae.