Associazione Cultura Cattolica

Se non parlano i Vescovi contro la cultura della morte, chi lo farà?

Forse la migliore introduzione a questo articolo può essere questa lettera ricevuta (e firmata):
«Conosci il prof. Don Giuseppe Rizzardi?
Mi hanno invitata a una sua conferenza, sono andata con alcuni amici, e devo dire di avere davvero ascoltato la lezione e sentito l’entusiasmo dei giovani con preoccupazione.
A parte le signore che a fine serata commentavano contente di avere ascoltato che non esiste il paradiso né l’inferno, ma solo l’uomo di fronte a Dio.

Ho visto su internet che si tratta di un islamologo di fama che tiene corsi agli IRC – peccato, perché uno che dice che la fede è una sovrastruttura creata dall’uomo per non porsi domande, che il Cristo dei vangeli è un Cristo di fede e non storico - chi può dire abbia dato da bere alla Samaritana?- Mi chiedo cosa dica agli insegnanti di religione.
L’applauso più scrosciante è arrivato quando ha detto che non c’è solo un integralismo islamico ma anche un integralismo cattolico, di quelli che credono di avere solo certezze, anche quando si parla di vita…
Insomma, se questi sono i “grandi” maestri, siamo messi bene.»
Autore:
Rodari, Paolo
Fonte:
Il Foglio, 26 gennaio 2010
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È dai tempi di Voltaire che il radicalesimo laico vuole “Écraser l’infâme”. Dove l’infame da schiacciare è la Chiesa. Ma tre grandi papi non hanno mai taciuto l’Evangelium vitae

Roma. Monsignor Luigi Negri, 67 anni, ciellino, già docente di Introduzione alla teologia e Storia della filosofia alla Cattolica di Milano ripete spesso, con la dovuta umiltà, di voler guidare la piccola ma prestigiosa diocesi di San Marino Montefeltro un po’ come il “Leone di Münster”, monsignor Clemens August von Galen, guidava ai tempi del nazismo la sua diocesi: nel nome di “una fede che non si riduce a privato” disse di lui Benedetto XVI non ebbe paura di esprimersi pubblicamente contro Hitler. E paura non ne ha avuta, tre giorni fa, neppure Negri quando, uscita su Avvenire la notizia che in Emilia Romagna il sei per cento degli aborti avviene con la pillola Ru486 somministrata in day hospital, ha dichiarato: “Si tratta di operazioni di bassa macelleria”. E ancora: “E’incredibile che si possa definire, come hanno fatto nella nostra regione, l’espulsione del feto come una mestruazione particolarmente copiosa”. Ma “fra qualche mese anche i nostri cittadini andranno alle urne. Spero che molti si ricorderanno di queste agghiaccianti statistiche”.
Non è col Foglio che Negri intende parlare in ecclesialese. Piuttosto intende chiamare le cose col nome loro perché, dice, “è arrivato il tempo di capire bene cosa significhino per il paese, a livello culturale e antropologico, candidature come quella di Emma Bonino nel Lazio”. E ancora: “Se non cominciamo noi vescovi a parlare chiaro, chi lo farà nella chiesa?”. Negri parte da lontano: “Conosco bene dice certe forme di radicalesimo. Ricordo di aver assistito da vicino, da studente al liceo Berchet di Milano, alla nascita del primo centro culturale del radicalesimo italiano. Nacque all’inizio degli anni Sessanta. L’occasione fu l’opposizione al vescovo di Prato monsignor Piero Fiordelli. Questi aveva denunciato come ‘pubblici peccatori e concubini’due giovani che si erano sposati in comune. Per questo motivo venne condannato a un anno di reclusione. Altri tempi, certo. Ma è un esempio per dire che ha radici lontane in Italia un certo tipo dì radicalesimo che altro non vuole fare se non proporre in modo chirurgico e preciso una cosa: quella che Giovanni Paolo Il chiamò nell’Evangelium vitae la cultura della morte. Sono quarant’anni che in Italia assistiamo al tentativo di espropriazione della nostra cultura popolare e della nostra tradizione cattolica. E non mi pare che, questo tentativo sia terminato”.
Per rimanere sul tema “parlare senza giri di parole”, così Negri descrive le caratteristiche di questa “cultura della morte”: “Immoralismo come nuova moralità. Vita affettiva ridotta a puro meccanismo sessuale, un meccanismo da controllare secondo la logica dell’istintualità, a ciò che pare e piace. Equivalenza tra omosessualità ed eterosessualità. Disprezzo dichiarato per la vita: dicono che gli embrioni sono soltanto un grumo di cellule. Liberalizzazione delle droghe
Disprezzo per ogni forma di legge morale”. E ancora: “Qualunque sia il nome col quale vogliamo definire questo tipo di cultura, questo tipo di radicalesimo, non possiamo dimenticare che la sua volontà è una, ed è quella di distruggere la chiesa. E’ quella stessa volontà che Voltaire riassunse nel motto ‘Ecrasez l’infâme’, ‘Schiacciate l’infame’, dove l’infame altro non è che la chiesa cattolica”.
Già la chiesa. Le sue posizioni sono chiare. La cultura che intende difendere è ben esplicitata nei magisteri papali, ultimi quelli di Montini, Wojtyla e Ratzinger. Ma quando poi la battaglia da ideologica diviene pratica non tutto risulta chiaro. Dice Negri: “La domanda è: perché di fronte a questa cultura dichiaratamente in opposizione a quanto la chiesa sostiene parte del mondo cattolico si mostra privo di atteggiamento critico? Perché per alcuni cattolici la candidatura di una radicale può sembrare in fondo non così diversa da quella di un qualsiasi altro politico? E’ la stessa domanda che mi sono posto anch’io dopo aver letto l’inchiesta del Foglio a Viterbo che ha evidenziato come per molti cattolici non è un problema la candidatura della Bonino nel Lazio. Mi sono risposto una cosa: se facessimo la medesima inchiesta in altre regioni, vorrei dire in tutte le regioni d’Italia, il risultato sarebbe lo stesso di Viterbo. Perché il dato è uno e chiede d’essere guardato: stiamo crescendo generazioni assolutamente incapaci di giudizio critico sulle cose. Leggendo l’inchiesta del Foglio mi è venuto in mente quel versetto della Bibbia, Geremia 31, dove si dice: ‘I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati’. Mi domando: siamo stati capaci di favorire in questi anni l’espressione di una vera cultura della fede? Abbiamo promosso quell’antropologia adeguata sulla quale più volte tornò Giovanni Paolo Il? Oppure è cresciuta tra noi, sotto i nostri occhi, una generazione per la quale il dialogo viene prima dell’identità? A volte sembra che il dialogo che impostiamo con chi non crede altro non sia che una resa senza condizioni. Nel nome del dialogo ci dimentichiamo chi siamo. E dimenticandoci chi siamo sono sempre gli altri ad avere ragione, ad avere la meglio”.
Allora cosa fare? Per Negri occorre ricominciare, ripartendo da quanto Benedetto XVI e la Conferenza Episcopale Italiana continuano a sottolineare: “Sono dieci anni che i vescovi parlano di emergenza educativa. Occorre lavorare tutti su questa emergenza perché soltanto in questo modo i cattolici di oggi e di domani potranno imparare a discernere, giudicare, difendere, la propria identità. Soltanto in questo modo i cattolici potranno capire che è arrivato il tempo di uscire dalla notte in cui tutte le vacche (tutte le identità) sono nere (hanno lo stesso colore). Un tempo, insomma, in cui anche il discernimento sui candidati alle elezioni sarà più semplice”.