Associazione Cultura Cattolica

Se Dio rimane «sconosciuto»

«La Chiesa esiste per evangelizzare. Fedeli al comando del Signore Gesù Cristo, i suoi discepoli sono andati nel mondo intero per annunciare la Buona Notizia, fondando dappertutto le comunità cristiane.» [Benedetto XVI, Omelia del 7 ottobre 2012]
Fonte:
CulturaCattolica.it
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«Dio, questo sconosciuto». Ci siamo chiesti se i relatori di questo evento di Assisi avrebbero potuto aprire un varco per illuminare la conoscenza e l’esperienza di Dio, così come in Cristo si manifesta e la Chiesa ci propone di credere. Ho letto l’intervista di Radio Vaticana a quello che il giornalista chiama «uno dei protagonisti dell’incontro umbro, il priore della Comunità ecumenica di Bose, Enzo Bianchi». E mi è venuto in mente il documento, firmato dall’allora Card. Ratzinger, «su alcuni aspetti della meditazione cristiana». Credo che una lettura sinottica aiuti in un giudizio:

A sottolineare l’ampio orizzonte di dialogo che le varie tappe del “Cortile dei Gentili”, compresa quella appena conclusa di Assisi, hanno saputo finora sviluppare con credenti e non credenti è uno dei protagonisti dell’incontro umbro, il priore della Comunità ecumenica di Bose, Enzo Bianchi, al quale Fabio Colagrande ha chiesto di spiegare il senso profondo di questa manifestazione:

D. - Si è parlato di contemplazione e di meditazione: la Chiesa deve aver paura di altri metodi che arrivano da altre tradizioni o da altre religioni?

R. - No, io credo che la pluralità dei metodi rappresenta tutte vie umane che possono servire anche alla meditazione e alla contemplazione cristiane. I cristiani devono solo ricordare che ciò che li salva non è un metodo, non è la meditazione, non è la contemplazione, ma ciò che li salva è ancora Gesù Cristo e soltanto Lui. Quindi, non scambieranno gli strumenti con ciò che è il fondamento.

D. - Lei ha detto, però, che a volte c’è timidezza nel ricordare questo…

R. - Sì, c’è timidezza, c’è paura oggi. Certamente, manca una certa speranza e una certa fiducia negli uomini e nei loro cammini. Noi siamo un po’ come paralizzati davanti a una certa audacia del dialogo. Ma il Concilio deve essere una forza che ci spinge e ci rende audaci, facendo cessare le nostre paure.

D. - Sta per cominciare il Sinodo sulla nuova evangelizzazione, al quale lei partecipa: quali le sue speranza, i suoi auspici?

R. - Io partecipo al Sinodo chiamato da Benedetto XVI come esperto e ho una buona speranza. Mi sembra che il cammino fatto fin qui indichi davvero una prospettiva fedele al Vaticano II su cosa sia la nuova evangelizzazione: una vera proposta di buona notizia, nessuna imposizione.
[Bollettino Radio Giornale del 07/10/2012]
«Rilevando che, in tempi recenti, non pochi metodi tradizionali di meditazione, peculiari del cristianesimo, sono caduti in disuso, costoro si chiedono: non sarebbe allora possibile, attraverso una nuova educazione alla preghiera, arricchire la nostra eredità incorporandovi anche ciò che le era finora estraneo?

3. Per rispondere a questa domanda, occorre anzitutto considerare, sia pure a grandi linee, in che cosa consista la natura intima della preghiera cristiana, per vedere in seguito se e come possa essere arricchita da metodi di meditazione nati nel contesto di religioni e culture diverse. È necessario a tale scopo formulare una decisiva premessa. La preghiera cristiana è sempre determinata dalla struttura della fede cristiana, nella quale risplende la verità stessa di Dio e della creatura. Per questo essa si configura, propriamente parlando, come un dialogo personale, intimo e profondo, tra l’uomo e Dio. Essa esprime quindi la comunione delle creature redente con la vita intima delle Persone trinitarie. In questa comunione, che si fonda sul battesimo e sull’eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa, è implicato un atteggiamento di conversione, un esodo dall’io verso il Tu di Dio. La preghiera cristiana quindi è sempre allo stesso tempo autenticamente personale e comunitaria. Rifugge da tecniche impersonali o incentrate sull’io, capaci di produrre automatismi nei quali l’orante resta prigioniero di uno spiritualismo intimista, incapace di un’apertura libera al Dio trascendente. Nella Chiesa la legittima ricerca di nuovi metodi di meditazione dovrà sempre tener conto che a una preghiera autenticamente cristiana è essenziale l’incontro di due libertà, quella infinita di Dio con quella finita dell’uomo…
La maggior parte delle grandi religioni che hanno cercato l’unione con Dio nella preghiera, hanno anche indicato le vie per conseguirla. Siccome “la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni” (18), non si dovranno disprezzare pregiudizialmente queste indicazioni in quanto non cristiane. Si potrà al contrario cogliere da esse ciò che vi è di utile, a condizione di non perdere mai di vista la concezione cristiana della preghiera, la sua logica e le sue esigenze, poiché è all’interno di questa totalità che quei frammenti dovranno essere riformulati ed assunti.»
[Congregazione per la dottrina della fede , Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della meditazione cristiana]


Allora alcune domande:

1. Gesù si è definito «Via, Verità e Vita». Che significa questo essere «Via» di Gesù? E che cosa implica rispetto al metodo di cui si parla nella intervista? Non si tratta solo di tecnica/tecniche, ma del fatto che proprio l’incontro con la presenza vivente di Gesù Cristo rende praticabile in modo originale l’esperienza della fede e della preghiera. E allora in che modo questo «Dio sconosciuto» si può incontrare in Cristo, attraverso l’esperienza della Chiesa?
2. «Audacia del dialogo» è anche possibilità di testimonianza della sconvolgente novità di Gesù, o dobbiamo sempre rassegnarci a pensare che sia solo la Chiesa che deve imparare dal mondo? Non è forse da superare quella attitudine di «inginocchiarsi di fronte al mondo» denunciata magistralmente da Jacques Maritain nel suo «Il contadino della Garonna»? Cito: «La crisi attuale ha molti e svariati aspetti. Uno dei più curiosi fenomeni che essa offre alla nostra vista è una specie di inginocchiamento davanti al mondo che si manifesta in mille modi. [Papa Paolo VI ha spiegato che ci sono tre significati di mondo: 1) il mondo come creazione di Dio; 2) il mondo come umanità, redenta da Cristo; 3) il mondo come mondo del male, degli idoli, della ribellione a Dio, delle tenebre; il mondo che odia Dio, il mondo dell’avversario di Cristo e degli uomini. Evidentemente il mondo che i cristiani devono fuggire è solo il terzo significato di mondo).] [...] Che vediamo intorno a noi? In larghi settori del clero e del laicato - ma l’esempio viene dal clero - non appena la parola “mondo” è pronunciata, una luce d’estasi passa negli occhi degli uditori. E subito si parla di espansioni necessarie e necessari impegni, come di fervori comunitari, presenze, aperture e delle loro gioie. Tutto quello che rischierebbe di richiamare l’idea di ascesi, di mortificazione o di penitenza è naturalmente scartato…»
3. Vivo con gioia la mia fede, e se a volte combatto per essa è per riconoscenza al dono ricevuto e per la fierezza di appartenere alla Chiesa. Quanto spesso risuona nella mente l’affermazione di Gesù: «Non abbiate paura. Io ho vinto il mondo»!
Pensando ad Assisi, facciamo nostra la domanda del Card. Martini: «Dove sono “uomini che ardono”, persone “che hanno fede come il centurione, entusiaste come Giovanni Battista, che osano il nuovo come Paolo, che sono fedeli come Maria di Magdala?”»
Dove sono? E come facciamo a riconoscerli? È difficile che un «Dio sconosciuto» in questo ci aiuti!