Caro Carrón, “non possiamo tacere”
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Caro Carron, “non possiamo tacere” (abstract)
1. E’ giusto e doveroso affermare che “la verità non si può imporre, ma si deve proporre attraverso un cammino di convinzione”, perché “non sia contro la libertà”. Ciò è vero anzitutto per la professione della fede, che richiede sempre la libera adesione dell’uomo, e anche per l’assenso ai grandi valori morali, rispetto ai quali ciascuno deve prendere una posizione personale. Ma non è più vero se si tratta di alcuni doveri e divieti fondamentali che la convivenza tra gli uomini richiede in modo oggettivo. Chi invoca la libertà di uccidere i bambini prima della nascita, di violentare le donne, di perseguitare gli Ebrei, di rapinare le banche, di togliere alla famiglia uomo-donna-figli i suoi attributi unici, di ‘suicidare’ gli anziani, fa un’operazione ipocrita e iniqua, che non si può in nessun modo permettere per il timore di non essere democratici. Non si deve avere alcuna paura o vergogna di non riconoscere ad alcuno il diritto di uccidere o di fare del male agli altri o di arrogarsi ciò che spetta oggettivamente agli altri (come i diritti della famiglia uomo-donna-figli).
2. La dottrina neotestamentaria circa l’autorità civile, espressa in modo chiaro sia da Paolo che da Pietro, richiede che essa difenda la persona umana e i suoi beni oggettivi (anzitutto la vita e la famiglia) da chi la minaccia:
3 I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver paura dell’autorità? Fa’ il bene e ne avrai lode, 4 poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora devi temere, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi fa il male. (Rm 13)
13 Vivete sottomessi ad ogni umana autorità per amore del Signore: sia al re come sovrano, 14 sia ai governatori come inviati da lui per punire i malfattori e premiare quelli che fanno il bene. (1 Pt 2)
Il Nuovo Testamento poi precisa che non si deve obbedire all’autorità civile quando questa si mette in contrasto con la legge di Dio.
3. Si capisce così anche la questione del rapporto tra legge morale e legge civile , così come è stato definito in modo molto chiaro prima da Sant’Agostino e poi da San Tommaso. E’ vero che per i due grandi dottori la legge civile non può e non deve sancire ogni precetto della legge morale: infatti non si può obbligare nessuno per legge ad amare il prossimo o ad avere pensieri di bontà e di purezza o di cercare Dio con tutte le forze. Tuttavia, come dicevamo sopra, si può e si deve vietare a tutti di uccidere il prossimo, di violentare le donne e di fare vilipendio della religione e quant’altro. E in effetti i due grandi dottori della Chiesa, accanto alla suddetta limitazione dei compiti della legge civile, affermano allo stesso tempo di essa altre due cose:
- che la legge civile deve sancire alcuni precetti della legge morale necessari per la vita sociale, quali la difesa della vita, della famiglia, delle libere associazioni benefiche, delle libertà lecite, eccetera;
- che la legge civile non deve mai essere in contrasto con la legge morale e non può quindi mai proclamare un delitto come un diritto (la tolleranza verso certi vizi privati non deve essere una proclamazione della loro liceità, ma un astenersi dal perseguirli civilmente perché non pericolosi verso gli altri e quindi lasciati alla responsabilità di ciascuno verso la legge morale).
La legge morale è conoscibile da tutti gli uomini come legge naturale, scritta da Dio dentro la Creazione e riconoscibile dalla ragione. Una società che non rispetta questo ordine oggettivo (giustizia) diventa per Sant’Agostino una associazione a delinquere (magna latrocinia) e per San Tommaso una violenza. Anche il Beato Antonio Rosmini, continuatore della dottrina dei due grandi santi citati, ribadirà con espressioni molto efficaci la stessa linea.
4. Tutto questo è stato assunto ed elaborato da quella parte del Magistero che è stata denominata Dottrina Sociale della Chiesa. Essa costituisce un vero e proprio patrimonio dottrinale a cui bisogna fare riferimento per affrontare correttamente in quanto cristiani i problemi della società civile. Non è lecito per i cristiani partire da zero per dare un giudizio su questi problemi, come se dovessero inventare ex nihilo ciò che si deve pensare e fare per svolgerli adeguatamente. La Chiesa ha già detto cosa le sta a cuore per la vita della società, quali siano i valori decisivi e non negoziabili, quali siano i princìpi e i metodi, quale sia il compito delle leggi e dell’autorità civile, quale sia la missione sociopolitica dei cristiani, chi siano i soggetti decisivi (persona, famiglia, associazioni, società, stato, comunità internazionale, Chiesa), quali siano i diritti autentici, e via dicendo.
Noi cristiani di oggi non possiamo dire: “No, noi abbiamo capito che tutto questo lavoro socio-culturale è inutile, dobbiamo occuparci solo di dare una testimonianza esistenziale che faccia incontrare l’esperienza cristiana, così che gli uomini aderiranno liberamente ai nostri valori”. Chi siamo noi per cambiare la missione della Chiesa? Essa ha compreso che l’insegnamento sociale, espresso pubblicamente e sistematicamente, fa parte imprescindibile della sua missione, che non è solo verso i singoli ma anche verso le società, specialmente quelle segnate da una storia cristiana. Tutti noi cristiani abbiamo la responsabilità di intervenire pubblicamente per aiutare i nostri fratelli uomini ad affrontare nel modo giusto i problemi della vita, secondo quanto viene insegnato nella Dottrina Sociale della Chiesa, richiamandoli anche severamente quando prendessero strade sbagliate e distruttive (cfr Ezechiele 3).
Questa dottrina è dunque fondamentale anche per il Movimento, la cui missione di presenza dentro la società è un carattere costitutivo del suo carisma. Solo una adeguata preparazione su di essa permetterà a noi di essere decisi e chiari nel vivere la presenza nel mondo.
5. Bisogna quindi ribadire la necessità per la Chiesa dell’intervento nella società sulle questioni concernenti la legge morale. Questo intervento non è moralistico, non è astratto, non è ideologico, non è inutile, non è distraente né superfluo né secondario rispetto all’opera dell’evangelizzazione, ma è parte integrante di essa.
Ecco quanto ha scritto Papa Francesco nel suo documento programmatico, la Evangelii gaudium:
[…] il compito dell’evangelizzazione implica ed esige una promozione integrale di ogni essere umano. Non si può più affermare che la religione deve limitarsi all’ambito privato e che esiste solo per preparare le anime per il cielo. […] Di conseguenza, nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini. Chi oserebbe rinchiudere in un tempio e far tacere il messaggio di san Francesco di Assisi e della beata Teresa di Calcutta? Essi non potrebbero accettarlo. Una fede autentica – che non è mai comoda e individualista – implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra. […] la Chiesa «non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia» (150). Tutti i cristiani, anche i Pastori, sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore. Di questo si tratta, perché il pensiero sociale della Chiesa è in primo luogo positivo e propositivo, orienta un’azione trasformatrice, e in questo senso non cessa di essere un segno di speranza che sgorga dal cuore pieno d’amore di Gesù Cristo. […] disponiamo di uno strumento molto adeguato nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, il cui uso e studio raccomando vivamente. (182-184)
La Chiesa dunque “non può né deve” tacere. Intervenire sulle questioni sociali e politiche è un suo diritto e un suo dovere, specialmente quando sono in gioco i valori o i principi più importanti per la vita degli uomini.
La Chiesa non può tacere di fronte alla strage degli innocenti prima della nascita che procede spietatamente in tutta l’Europa e l’America del Nord. Come possiamo fare silenzio di fronte ai 3200 bambini uccisi legalmente ogni giorno prima della nascita nella sola Unione Europea?
La Chiesa non può tacere nemmeno di fronte alle nuove leggi contro la famiglia, i diritti dei bambini, l’educazione dei giovani, la libertà di espressione, e via dicendo.
Del resto se noi cristiani ci educhiamo a non intervenire e a non mobilitarci su queste cose, non possiamo poi lamentarci se l’ardore si spegne e l’impegno si affievolisce nelle nostre comunità così come nelle singole persone. Don Giussani aveva richiamato con forza e insistenza tutti i cristiani circa il nesso inscindibile tra l’amore a Cristo e la presenza coraggiosa e chiara dentro l’ambiente.
6. Tutto questo non toglie nulla al fatto che è solo l’incontro con Cristo che può far rinascere l’uomo e la società. Giustamente CL insiste sul primato di questo compito di evangelizzazione. L’errore che oggi caratterizza quasi tutto il mondo cattolico sta nell’escludere da questa missione l’insegnamento pubblico dei valori e dei comandamenti etici e l’impegno perché siano rispettati nella società, perché essi fanno parte integrante dell’annuncio cristiano stesso.
Dobbiamo allora vivere integralmente la nostra missione e stare molto uniti a Cristo, se vogliamo dargli testimonianza nel mondo di oggi. Per questo necessitiamo di riscoprire il Rosario nelle nostre famiglie, l’Adorazione Eucaristica nelle nostre chiese, il Vangelo sempre con noi, i gruppi di Scuola di Comunità, la conoscenza del Magistero e della vita dei Santi, perché la nostra amicizia diventi sempre più profonda e affascinante e capace di porsi nel mondo.
Riguardo alla risposta ad alcune obiezioni (in particolare l’azione politica dei primi cristiani e il convegno del Palalido del 1973) e alla documentazione dei punti sopra esposti in sintesi si rimanda alla versione estesa di questa lettera-studio. In essa vengono trattati vari altri punti, quali l’insegnamento dell’Antico e Nuovo Testamento in materia, la dottrina di S. Agostino e di S. Tommaso, gli esempi dalla storia della Chiesa, la differenza tra l’intervento sociale della Chiesa e la ricerca del potere politico.