Associazione Cultura Cattolica

Governare la globalizzazione

La globalizzazione non va condannata ma governata, e la finanza deve essere al servizio dell’economia reale
Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
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«Il Concilio Vaticano II ha detto… che “con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (GS, 22). Questa unione è venuta a confermare l’originario disegno di un’umanità creata ad “immagine e somiglianza” di Dio. In realtà, il Verbo incarnato è l’unica immagine perfetta e consustanziale del Dio invisibile. Gesù Cristo è l’uomo perfetto… Per questo la storia terrena di Gesù, culminata nel mistero pasquale, è l’inizio di un mondo nuovo, perché ha realmente inaugurato una nuova umanità, capace, sempre e solo con la grazia di Cristo, di operare una “rivoluzione” pacifica. Una rivoluzione non ideologica ma spirituale, non utopistica ma reale, e per questo bisognosa di infinita pazienza, di tempi talora lunghissimi, evitando qualunque scorciatoia e percorrendo la via più difficile: la via della maturazione delle coscienze » [Benedetto XVI, Omelia nella Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2009).
«Sembra che, tanto a livello delle singole nazioni, quanto a quello dei rapporti internazionali, il libero mercato sia lo strumento più efficace per collocare le risorse e rispondere efficacemente ai bisogni. Ciò, tuttavia, vale solo per quei bisogni che sono “solvibili”, che dipendono da un potere di acquisto, e quelle risorse che sono “vendibili”, in grado di ottenere un prezzo adeguato. Ma esistono numerosi bisogni umani che non hanno accesso al mercato. E’ stretto dovere di giustizia e di verità impedire che i bisogni umani fondamentali rimangano insoddisfatti e che gli uomini che ne sono oppressi periscano» [Giovanni Paolo II, Centesimus annus n. 34,1 ].

Non le sco rciatoie del comunismo ateo staliniano e dell’utilitarismo dell’economia capitalistica secolarizzata ma la via più difficile di infinita pazienza e di tempi talora lunghissimi: la via della maturazione delle coscienze
Antonio Socci, in Libero di Domenica 4 gennaio 2009 p. 28, valuta profetico un saggio di Joseph Ratzinger del 1985 che annunciava (con anni di anticipo) sia il crollo del comunismo che del capitalismo liberista. E li prevedeva provocati dallo stesso errore filosofico della tendenza di dare il primato all’irrazionale, al caso, alla necessità, riconducendo ad esso ateisticamente o secolaristicamente anche la nostra intelligenza e la nostra libertà, dissolvendo ogni etica frutto della maturazione delle coscienze. In sintesi Ratzinger punta il dito sull’idea “risalente a Adam Smith” che sta alla base del pensiero liberista e della rapacità e degli errori che hanno portato gli Usa al collasso. Per questa idea “il mercato è incompatibile con l’etica, giacché i componenti volontaristicamente “morali” sono contrari alle regole del mercato e non farebbero altro che tagliar fuori dal mercato gli imprenditori “moraleggianti”. Per questo l’etica economica è stata considerata per molto tempo come un “ferro di legno”, perché nell’economia si deve guardare solo all’efficienza e non alla moralità. La logica interna del mercato ci dispenserebbe dalla necessità di dover fare affidamento sulla moralità più o meno grande del singolo soggetto economico, in quanto il corretto gioco delle regole del mercato garantirebbe al massimo il progresso e pure l’equità della distribuzione ”.
Sebbene si definisca “liberista”, obietta Ratzinger, questa filosofia secolarizzata nella sua essenza, è “deterministica” perché presuppone che “il libero gioco delle forze di mercato spinga verso una direzione, cioè verso l’equilibrio fra offerta e domanda, verso l’efficienza economica e il progresso”, con lo sconcertante presupposto o scorciatoia in relazione ai tempi lunghi della maturazione delle coscienze, che le leggi naturali del mercato sono essenzialmente buone e conducono necessariamente al bene, senza dipendere dalla moralità della singola persona” cioè dalla maturazione delle coscienze.
La realtà dice l’opposto e non solo la crisi attuale, ma già prima – con le grandi contraddizioni planetarie prodotte dall’economia capitalistica: la fame e la miseria di tre quarti dell’umanità, squilibri e tensioni sociali crescenti e gravissime devastazioni ambientali. Il marxismo ateo, spiega Ratzinger, è un “determinismo” ancora più spinto, perciò più violento e fallimentare (“Promette la totale liberazione come frutto di un “determinismo ”). Entrambi i casi puntano su una rivoluzione ideologica non spirituale, come il marxismo collettivista, su un’ideologia utopistica non reale, come il liberismo capitalista, per evitare con queste scorciatoie di percorrere la via più difficile: la via della maturazione delle coscienze illudendosi che l’economia possa essere retta solo dalle leggi economiche e non guidata dalla responsabilità degli uomini.
L’eliminazione del “fattore uomo” nel marxismo è stata radicale. Nel liberismo più sfumata, ma simile e alla fine il profitto come regola a se stesso ha prodotto il disastro. Occorre qualcosa che stia al di sopra al profitto e sopra al meccanismo della produzione. Ma qua la crisi planetaria si intreccia con la scelta di ogni persona, con ciò che rende personalmente “buono” l’essere umano e prossimo nella famiglia umana ogni individuo. Quindi con Dio Padre. Il cammino di ogni uomo non può mai dirsi completo, anche con una misura di sapere e potere immensa e il pericolo della caduta nella disumanità che tutto e tutti distrugge non è mai semplicemente scongiurato: come lo stiamo constatando anche oggi! Il pericolo del mondo occidentale – per parlare solo di questo – è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere acquisiti, si arrenda davanti alla questione della verità e quindi dell’etica. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscerla, inevitabilmente in un mondo ateo o secolarizzato per cui Dio che ama ogni uomo non c’entra, come criterio ultimo .
Dopo il crollo del comunismo del 1989 è diventata egemone culturalmente un’interpretazione tanto sbandierata quanto sbagliata. “Fu il testo – Antonio Socci – di Francio Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo (1992). Vi si proclamava l’Occidente democratico e capitalistico come universale approdo della storia del mondo. Il “trionfo dell’Occidente” secolarizzato che pretendeva di concludere la storia fu tradotto dagli Usa di Clinton con il “pensiero unico” del mercato e dell’uomo consumatore (il primato assoluto dell’economia ebbe la sua traduzione tecnocratica anche nell’Europa della moneta unica). Al regno universale del mercato fu annessa anche la Cina (ufficialmente nel 1994 con l’ingresso nel WTO) e nacque quella che Giulio Tremonti ha chiamato la “Chimerica”, ovvero Cina più America. Con la new economy e con il sistema statunitense che continuava a indebitarsi per finanziare i consumi privati e la Cina che produceva per l’Occidente comprando il debito degli americani. Sono le premesse del collasso odierno. Nel 2001 ci fu la prima smentita della storia: l’11 settembre, le Torri Gemelle, così vicine a Wall Street. Cosa significava quel fatto – sempre Antonio Socci – lo aveva spiegato in anticipo Samuel Huntington nel suo Lo scontro delle civiltà (1996). Huntigton criticava il “nuovo ordine mondiale”, in polemica con Fukuyama, spiegando che non esiste solo il mercato e che la storia è fatta di diverse civiltà, cultura, religioni e identità. Le quali non si fanno spazzar via dalla religione del produrre e consumare. Huntington ammonì che quella mercatista era una “illusione di armonia destinata ben presto a rivelarsi appunto tale”. Infatti arrivò l’11 settembre 2001. Confermando l’analisi di Huntington che vedeva la cultura islamica fra le più refrattarie all’omologazione occidentale. Paradossalmente il testo di Huntington fu poi usato (suo malgrado) in chiave “neocon” come premessa ideologica del progetto di esportazione della democrazia, ovvero delle guerre di Bush. Finché è esplosa definitivamente la crisi del sistema americano. Ma perché – sempre Antonio Socci – siamo arrivati a questo? Dove abbiamo sbagliato?”
Anche Benedetto XVI il primo gennaio 2009, spinto dalla speranza cristiana affidabile che aiuta ad affrontare anche un presente difficile e faticoso come l’attuale crisi economica globale come un banco di prova: siamo pronti a leggerla, nella sua complessità, quale sfida per il futuro e non solo come un’emergenza a cui dare risposte di corto respiro? Siamo disposti a fare insieme, soggetti religiosi e sociali, una revisione profonda del modello di sviluppo dominante, per correggerlo in modo concertato e lungimirante? Lo esigono, in realtà, più ancora che le difficoltà finanziarie immediate, addirittura lo stato di salute ecologica del pianeta e, soprattutto, la crisi culturale e morale, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo, in particolare in Occidente con l’emergenza educativa. A Regensburg Benedetto XVI nel 2006, rilevando che solo così diventiamo capaci di un vero dialogo delle culture e delle religioni – un dialogo di cui abbiamo un così urgente bisogno, anche per governare la globalizzazione e per finalizzare la finanza al servizio dell’economia reale. Il banco di prova dell’attuale crisi economica globale può spingere il mondo occidentale al superamento dell’opinione, che soltanto la ragione positivista e utilitarista, con le forme di filosofia da essa derivanti siano universali. Le culture profondamente religiose del mondo, pur con dei limiti antropologici e culturali che l’Europa e l’Occidente non hanno per le radici cristiane oggi rifiutate, vedono in questa esclusione del divino dall’universalità della ragione un attacco alle loro convinzioni più intime. Una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell’ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture che non possono non ricercare la risposta agli interrogativi propriamente umani, cioè quelli del “da dove” e del “verso dove” trovare la via verso il futuro, gli interrogativi del senso della vita cioè della religione, dell’ethos. Quando la “coscienza” soggettiva diventa in definitiva l’unica istanza etica, l’ethos e la religione perdono la loro forza di creare una comunità e scadono nell’ambito della discrezionalità solo personale. E’ questa, soprattutto in questo momento di globalizzazione e di crisi economica soprattutto ecologica, una condizione pericolosa per il futuro stesso dell’umanità: lo constatiamo nelle patologie minacciose della religione e della ragione – patologie che necessariamente devono scoppiare, quando la ragione viene ridotta al punto di costringerla a fare dell’utilità individuale il criterio ultimo per cui il senso della vita cioè le questioni della religione e dell’ethos non la riguardano più. Ciò che rimane dei tentativi di costruire un’etica partendo dalle regole dell’evoluzione o dalla psicologia e dalla sociologia, è semplicemente insufficiente. L’idea di un mercato che ha in se stesso e per se stesso le proprie regole che lo legittimano pienamente, oggi esce sconfitta, o quantomeno messa in discussione. Ciò che è accaduto ha decretato la fine della convinzione che il libero mercato sia in grado da solo di porre rimedio alle storture che esso stessa crea. L’invocazione di regole, sempre più frequente oggi, dimostra dunque che il divorzio o la separazione fra etica ed economia è cessato? Che il muro di silenzio reciproco è crollato? O riemergono in contrapposizione ancora le scorciatoie ideologiche liberiste o utopistiche anziché l’univa via reale della maturazione delle coscienze? L’abuso e la disobbedienza alla legge non può mai essere impedita da nessuna legge. Occorre ridestare una condivisa, cioè culturale, sensibilità comune per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così nella storia terrena di Gesù, culminata nel mistero pasquale cioè nella più grande “mutazione” avvenuta nella storia, l’inizio di un mondo nuovo, che ha inaugurato una nuova umanità, capace, sempre e solo con la grazia di Cristo, di operare una “rivoluzione” pacifica bisognosa di infinita pazienza nella maturazione delle coscienze come Luce che illumina la storia e aiuta a trovare sempre la via verso il futuro.