Associazione Cultura Cattolica

6 maggio - JÓZSEF MINDSZENTY: la lotta della "Chiesa del silenzio" contro il totalitarismo comunista.

Vescovo ungherese, primate di Ungheria, nominato cardinale da papa Pio XII nel 1946, per la sua tenace opposizione al regime comunista, venne arrestato una prima volta nel 1944 con l'accusa di alto tradimento. Rilasciato l'anno seguente, fu nuovamente incarcerato il 26 dicembre 1948 e condannato all'ergastolo l'anno successivo con l'accusa di cospirazione tesa a rovesciare il governo comunista ungherese.

JÓZSEF MINDSZENTY (Csehimindszent, 29 marzo 1892 – Vienna, 6 maggio 1975) fu liberato dopo otto anni di carcere durante la insurrezione popolare del 1956 e trovò asilo politico nell'ambasciata americana di Budapest.
Per molti anni Mindszenty rifiutò l'invito del Vaticano a trovare riparo presso il Vaticano stesso e solo quindici anni dopo, nel 1971, con l'interessamento dell'allora presidente Nixon, poté finalmente lasciare l'ambasciata e raggiungere la Santa Sede. Poco dopo si stabilì a Vienna, dove morì per un arresto cardiaco susseguente ad un intervento chirurgico.
Nel 1991 le sue ceneri vennero solennemente trasportate da Mariazell a Strigonio, città nella quale fu arcivescovo, per essere tumulate nella cripta della cattedrale.
Nel 2012 Mindszenty ha ottenuto la definitiva riabilitazione legale, morale e politica. La Procura generale ungherese ha così chiuso ufficialmente la revisione del processo-farsa subito nel 1949.
Il 12 febbraio 2019 papa Francesco ha riconosciuto le virtù eroiche del cardinale Mindszenty e pertanto lo ha dichiarato venerabile.