Il calendario del 1 Settembre

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

▪ 5509 a.C. - Inizia il primo anno del calendario bizantino. Secondo la tradizione bizantina questa è la data della creazione del mondo.

▪ 462 - Possibile inizio della prima indizione bizantina.

▪ 1485 - Domenico Ghirlandaio e il fratello Davide firmano il contratto per la decorazione ad affresco della Cappella Tornabuoni.

▪ 1532 - Anna Bolena viene eletta Marchesa di Pembroke dal re Enrico VIII d'Inghilterra.

▪ 1715 - Luigi XIV, re di Francia muore dopo aver regnato per 72 anni; più a lungo di qualunque altro monarca europeo.

▪ 1752 - La Campana della Libertà (Liberty Bell) arriva a Filadelfia.

▪ 1804 - Juno, uno dei più grandi asteroidi della Fascia Principale, fu scoperto dall'astronomo tedesco Karl Ludwig Harding.

▪ 1847 - A Messina si verifica uno sfortunato tentativo di ribellione ai Borboni, ben presto sedato, forse a causa di una delazione.

▪ 1870 - Battaglia di Sedan.

▪ 1875 - A seguito di un assassinio viene bandita l'organizzazione di minatori irlandesi detti Molly Maguires, che protestavano contro le dure condizioni di lavoro a cui erano sottoposti negli Stati Uniti.

▪ 1897 - Apre la metropolitana di Boston, la prima del Nord America.

▪ 1905 - Gli stati dell'Alberta e di Saskatchewan entrano a far parte della Confederazione Canadese.

▪ 1914 - San Pietroburgo, in Russia cambia il suo nome in Pietrogrado.

▪ 1917 - La Russia si proclama ufficialmente repubblica.

▪ 1920 - Il generale Henri Gouraud proclama la nascita del Grande Libano.

▪ 1923 - Il grande terremoto di Kantō devasta Tokyo e Yokohama, uccidendo circa 100.000 persone.

▪ 1928 - Ahmet Zogu dichiara che l'Albania è divenuta una monarchia e se ne proclama re.

▪ 1930 - Firma del Piano Young (clausola di chiusura del trattato di Versailles).

▪ 1939 - Seconda guerra mondiale - la Germania Nazista attacca la Polonia, iniziando la guerra. L'Italia dichiara la non belligeranza e si mantiene neutrale.

▪ 1945 - Il Trio Lescano si esibisce per l'ultima volta alla radio italiana.

▪ 1951 - Gli Stati Uniti, l'Australia e la Nuova Zelanda firmano un trattato di mutua protezione, chiamato ANZUS.

▪ 1969 - Una rivoluzione in Libia porta il colonnello Muammar Gheddafi al potere.

▪ 1970 - Tentato assassinio del re Husayn di Giordania da parte di guerriglieri Palestinesi.

▪ 1972 - A Reykjavík, Islanda, l'americano Bobby Fischer batte il russo Boris Spassky e diventa il campione mondiale di scacchi.

▪ 1979 - La sonda spaziale statunitense Pioneer 11 diventa la prima a visitare Saturno passando sul pianeta ad una distanza di 21.000 km.

▪ 1981 - L'IBM lancia sul mercato il primo Personal Computer: il 5150, basato su processore Intel 8088.

▪ 1983 - Guerra fredda: un jet della Korean Air viene abbattuto da un caccia sovietico quando l'aereo coreano entra nello spazio aereo dell'Unione Sovietica. I morti sono 269.

▪ 1985 - Una spedizione franco-americana individua il relitto del Titanic.

▪ 1991 - L'Uzbekistan dichiara la sua indipendenza dall'Unione Sovietica.

▪ 1997 - In Svizzera iniziano le trasmissioni i canali TSI2, TSR2 ed SF2.

▪ 2004 - A Beslan (Ossezia Settentrionale-Alania, Russia) dei terroristi ceceni armati prendono in ostaggio centinaia di bambini e adulti nella scuola elementare della città.

▪ 2007 - A Loreto (nelle Marche, in provincia di Ancona) avviene il primo incontro dell'Agorà dei Giovani. Papa Benedetto XVI incontra mezzo milione di giovani provenienti da tutta Italia e tutto il mondo.

Il primo settembre, dal 2006, è stato proclamato dalla CEI italiana, "giornata per la salvaguardia del creato". Anche le altre chiese cristiane si sono unite in tale intenzione. Per approfondire clicca qui

Anniversari

▪ 1557 - Jacques Cartier (Saint-Malo, 31 dicembre 1491 – Saint-Malo, 1º settembre 1557) è stato un esploratore francese.
Il re di Francia, Francesco I, lo scelse per trovare certaines îles et pays où l'on dit qu'il se doit trouver grande quantité d'or et autres riches choses ("certe isole e terre dove si dice ci siano grandi quantità di oro e altre ricchezze").
Nel 1534 salpò in cerca di un passaggio occidentale per l'Asia. Egli esplorò parti di quella che oggi è Terranova (a partire dal 10 maggio di quell'anno), il golfo di San Lorenzo e le Maritimes canadesi e apprese di un fiume più a ovest (il fiume San Lorenzo) che egli credeva potesse essere il da tempo cercato passaggio a nord-ovest. Durante questo viaggio rapì i due figli di Capo Donnacona, Domagaya e Taignoagny e li portò con se in Europa.
Cartier salpò per un secondo viaggio il 19 maggio dell'anno seguente, con 3 navi, 110 uomini e i ragazzi rapiti (che vennero restituiti al padre). Egli risalì il fiume fino ai villaggi Uroni di Stadacona (nel punto dove oggi sorge Québec) e Hochelaga (Montréal) dove arrivò il 2 ottobre 1535. Lì udì di una nazione più a nord, chiamata Saguenay, che si diceva fosse piena d'oro e altri tesori.
Il 23 maggio 1541 partì da Saint-Malo per il suo terzo viaggio. Questa volta era alla ricerca di Saguenay; comunque, ancora una volta non riuscì ad andare oltre Hochelaga. Dopo un inverno terribile speso in Canada, ritornò in Francia l'anno successivo. Cartier spese il resto della sua vita a Saint-Malo e nella sua vicina tenuta, morì nel 1557.

▪ 1648 - Marin Mersenne (Oizé, 8 settembre 1588 – Parigi, 1 settembre 1648) è stato un teologo, filosofo e matematico francese. È soprattutto noto per i numeri di Mersenne.
Nato da umili genitori di Oizé, Marin fu educato a Le Mans e presso il collegio gesuitico di La Flèche, dove conobbe Cartesio. Nel 1611 entrò nell'ordine dei Frati minimi, e dopo studi di teologia ed ebraico, ricevette i voti definitivi a Parigi, nel 1613.
Per un certo tempo insegnò filosofia a Nevers, ma rientrò a Parigi nel 1620, nel convento de L'Annonciade. Qui, insieme a figure brillanti come Cartesio, Pascal e Gilles Personne de Roberval, si dedicò allo studio della matematica e della musica. Mantenne una frequente corrispondenza con studiosi contemporanei, come Giovanni Battista Doni e Constantijn Huygens. Pubblicò degli scritti teologici come Quaestiones celeberrimae in Genesim (1623), 'L'Impieté des déistes (1624), e La Vérité des sciences (1624).
Morì nel 1648 per le conseguenze di un intervento chirurgico.

Attività
Mersenne è oggi ricordato per i numeri di Mersenne, ma egli non ebbe la matematica come centro delle sue attività, invece scrisse soprattutto di teoria musicale e teologia. Curò edizioni di Euclide, Archimede ed altri matematici greci, tuttavia il suo maggiore contributo fu l'estesa corrispondeza che ebbe con personalità scientifiche e matematiche del suo tempo. In un'epoca in cui ancora non esistevano giornali scientifici, Mersenne agì come veicolo per la circolazione di informazioni e scoperte.
Il suo lavoro filosofico è caratterizzato da una grande erudizione e dalla più stretta ortodossia. Il suo maggior contributo fu l'entusiastica difesa di Cartesio, di cui fu agente a Parigi, e che visitò in Olanda. Portò a Parigi il manoscritto delle Meditazioni e ne difese l'ortodossia contro le critiche. Più tardi abbandonò il pensiero speculativo e tornò alla ricerca scientifica, in particolare a matematica, fisica ed astronomia. Il più noto dei suoi lavori di questo periodo è L'Harmonie universelle (1636), sulla teoria della Musica e degli strumenti musicali

▪ 1715 - Luigi XIV di Borbone (Saint-Germain-en-Laye, 5 settembre 1638 – Versailles, 1º settembre 1715) fu il terzo re di Francia e di Navarra della casata dei Borbone, regnò dal 14 maggio 1643 fino alla sua morte. Fu chiamato il Re Sole (in Francese Le Roi Soleil) o Re Luigi il Grande (in francese Louis Le Grand). Primogenito di Luigi XIII di Francia e di Anna d'Austria che era figlia del re Filippo III di Spagna.
Rafforzò l'influenza della Francia in Europa e nel mondo, combattendo tre grandi conflitti; ma oltre che militarmente, la cultura francese fu sovrana in Europa durante il suo lungo regno. Convinto assertore di una monarchia di tipo assolutistico, regnò comunque sempre nell'interesse della Francia.

Le origini e la famiglia
Figlio di Luigi XIII di Francia ed Anna d'Austria; la sua nascita apparve straordinaria e molto strana, essendo avvenuta dopo ventitré anni di matrimonio trascorsi senza che la regina avesse partorito alcun figlio o figlia. La nascita fu considerata eccezionale e miracolosa, tanto che il padre gli conferì il nome di Luigi Deodato, poiché la sua nascita fu vista come una grazia del Cielo. Aveva compiuto appena cinque anni quando il re suo padre morì. Luigi ereditò il trono di Francia, e fu nominata reggente la madre, che gestì il potere assieme al Primo Ministro, il cardinale Mazzarino. Questi resse le sorti della Francia per molti anni e fu così influente che solo alla sua morte avvenuta il 9 marzo 1661, Luigi poté assumere effettivamente i pieni poteri.
Gli antenati di Luigi XIV provenivano dall'élite delle classi regnanti europee. Il genealogista C. Carretier ha tracciato in un suo studio una linea completa in otto generazioni dell'albero famigliare di Luigi XIV ed ha stabilito le seguenti percentuali di nazionalità di sangue: 36% spagnolo, 28% francese, 11% tedesco e 8% italiano, oltre ad alcune intrusione slave, inglesi, savoiarde e lorenesi.[1] Suoi nonni paterni erano Enrico IV di Francia e Maria de' Medici, che erano rispettivamente francese e italiana, mentre entrambi i suoi nonni materni provenivano dalla nobile casata degli Asburgo in quanto erano Filippo III di Spagna e Margherita d'Austria. Così facendo egli poté vantare tra i propri antenati personalità di grande spicco come l'Imperatore Carlo V del Sacro Romano Impero e Federico Barbarossa. Egli era anche pronipote di Filippo II di Spagna, discendente della regina Isabella di Castiglia e di Ferdinando II d'Aragona, monarchi cattolici di Spagna. Egli discendeva anche da Rurik, fondatore della prima dinastia regnante di Russia, quella vichinga di Rurik, ma era discendente anche di Carlo il Forte, duca di Borgogna, del poeta Carlo, duca di Orleans, e di Giovanni dalle Bande Nere, ultimo dei grandi condottieri rinascimentali di Toscana. Egli era discendente anche di Ugo Capeto, dato questo rilevantissimo ai fini della sua legittimazione alla reggenza del trono francese.
Luigi XIII detto il Giusto e sua moglie Anna ebbero inoltre un secondo figlio, Filippo, duca d'Orleans, nato nel 1640. Luigi XIII, però, prima di morire, si premurò che Anna non governasse sola come reggente per il figlio primogenito Luigi XIV ma che si avvalesse di un consiglio di reggenza a cui venne comunque messa a capo sino a che il figlio non raggiunse la maggiore età.

I primi anni di governo sotto tutela e la Fronda
Il 14 maggio 1643 Luigi XIII morì e il parlamento francese annullò una parte del testamento del defunto monarca proclamando che il consiglio di reggenza fosse l'unico posto a tutela del governo di Luigi XIV, grazie al potere del cardinale Mazzarino.
La Guerra dei Trent'anni, che già aveva avuto le proprie prime avvisaglie durante il regno di Luigi XIII, terminò nel 1648 con la Pace di Westfalia, fatta dai trattati di Münster e Osnabrück ai quali lavorò lo stesso Mazzarino. Questa pace, tra le altre cose, assicurò l'indipendenza dell'Olanda dalla Spagna, diede maggiore autonomia ai principi del Sacro Romano Impero e concesse alla Svezia il controllo delle foci dei fiumi Oder, Elba e Weser, oltre a dare il via ufficialmente alla costituzione del Reichstag. Questo rimarcò l'apogeo della potenza svedese e l'influenza della Germania negli affari europei. Ad ogni modo fu la Francia ad ottenere il maggior numero di vantaggi: l'Impero cedette alla Francia l'intera Alsazia e gli stessi principati che si trovavano in quest'area divennero soggetti a protettorato francese, gettando le basi per la futura fondazione della Lega del Reno nel 1658 che porterà ad un sempre crescente diminuzione del potere
Negli anni finali della Guerra dei Trent'anni in Francia scoppiò una guerra civile meglio conosciuta col nome di Fronda, che effettivamente mise seriamente in crisi la stabilità della riuscita della pace di Westfalia. I Frondeurs, originariamente, erano insorti contro il Re a protezione dei diritti feudali dell'aristocrazia francese contro il crescente accentramento del potere statale guidato dal cardinale Mazzarino, che per di più aveva proseguito la politica di Richelieu suo predecessore nel far crescere la Corona a spese della nobiltà e del parlamento. L'opposizione della vecchia aristocrazia conservatrice si scaglià anche contro la nobiltà di toga (Noblesse de Robe), cioè i "nuovi nobili" creati dal re perché detentori di cariche pubbliche di rilievo o perché avevano acquistato il titolo nobiliare, fatto questo che indignava profondamente i ricchi proprietari terrieri figli dell'aristocrazia storica. Nel 1648 il cardinale Mazzarino chiese di abolire le tassazioni per i membri del Parlamento di Parigi, un corpo giudiziario composto in gran parte da nobili e da personaggi dell'alto clero. I membri del parlamento non solo si rifiutarono di sottoscrivere questo atto, ma ordinarono anche che il decreto finanziario promosso da Mazzarino venisse pubblicamente bruciato. Mazzarino, rafforzato dalla notizia della vittoria di Luigi II di Borbone, Principe di Condé, alla Battaglia di Lens, diede quindi ordine di arrestare alcuni membri del parlamento come dimostrazione della rinnovata forza sui rivoltosi, ma la cittadinanza di Parigi insorse contro il governo. Dopo che i frondeurs avevano fatto irruzione nel palazzo reale, Anna ed il piccolo Luigi XIV decisero di lasciare Parigi e di trasferire altrove l'intera corte. Poco dopo la Pace di Westfalia pose fine agli scontri in Francia.
Dopo la prima fronda (Fronde parlementaire, 1648-1649), scoppiò una seconda Fronde, che coinvolse i rappresentanti dell'aristocrazia (Fronde des princes, 1650-1653). Questa seconda fase vide l'insurrezione totale delle classi agiate, il che provocò danni anche maggiori della prima dal momento che fu un periodo di sordidi intrighi e trame nascoste. Essa era condotta dagli aristocratici che protestavano contro la centralizzazione del potere. Questa Fronde venne guidata dai più alti nobili in vista nella Francia dell'epoca, tra cui molti parenti dello stesso re Luigi XIV: Gastone d'Orléans, suo zio paterno, Anna Maria Luisa d'Orleans, duchessa di Montpensier (la Grande Mademoiselle) cugina del Re e figlia di Gian Gastone, Luigi II, principe di Condé, Armando di Borbone, principe di Conti, Anna Genoveffa, duchessa di Longueville ed Enrico d'Orléans, duca di Longueville, oltre a Francesco di Vendôme, duca di Beaufort e i discendenti di altre dinastie nobili francesi come Federico Maurizio de La Tour d'Auvergne-Bouillon, duca di Bouillon, e suo fratello il famoso maresciallo di Francia, Henri de La Tour d'Auvergne-Bouillon, visconte di Turenna, oltre a Marie de Rohan-Montbazon, duchessa di Chevreuse, e François VI, duca de La Rochefoucauld. Con la maggiore età di Luigi XIV e la sua successiva incoronazione, i Frondeurs, persero le loro pretese di rivolta in quanto miravano quasi esclusivamente a costituire loro stessi il comitato di reggenza del re e non a spodestarlo dal trono. La fronda si concluse ufficialmente nel 1653, quando Mazzarino fece il suo ritorno trionfale in Francia dopo un periodo di esilio.

Il regno autocratico e le riforme
Alla morte del cardinale Mazzarino, suo primo ministro, nel 1661, Luigi XIV assunse personalmente il controllo delle redini del governo.
La sua ascesa riportò ordine nell'amministrazione dello stato francese, ma allo stesso tempo le casse dello stato si trovavano alla soglia della bancarotta. Luigi XIV eliminò Nicolas Fouquet, sovrintendente alle finanze, commutando l'esilio perenne promosso dal Parlamento in un imprigionamento a vita, abolendo per sempre l'Ufficio della sovrintendenza ai fondi statali da lui ricoperto. Jean-Baptiste Colbert venne nominato Controllore generale delle Finanze nel 1665. Inoltre egli si premurò di dimostrare che Fouquet aveva sottratto illegalmente del denaro alle casse dello stato per costruire l'opulento castello di Vaux-le-Vicomte, sua residenza ufficiale, il che lo discreditò presso l'opinione pubblica.
Colbert ad ogni modo ridusse il debito nazionale con una più efficiente tassazione. Le sue tasse principali includevano gabelle, taglie, tasse terriere e doganali. Queste ultime in particolare vennero ampiamente sfruttate da Colbert per promuovere il commercio e l'industria francese, costringendo le imprese nazionali a produrre per lo stato, scoraggiando le importazioni che aumentavano i costi generali: egli promosse nello specifico le seterie di Lione, grazie anche alla famosa Manifattura Gobelins, che da allora sino ad oggi produce raffinatissima tappezzeria e bellissimi arazzi. Egli incoraggiò anche la venuta in Francia di artigiani e artisti da tutta Europa come vetrieri da Murano, fabbri dalla Svezia e carpentieri navali dall'Olanda. In questo modo egli vide diminuire sempre più la dipendenza della Francia dai beni importati dall'estero, incrementando nel contempo le esportazioni, che fecero aumentare anche l'attivo delle casse dello stato.
Le Tellier e Louvois ebbero un ruolo importante nelle azioni di governo di Luigi XIV in questo periodo, raccogliendo lo spirito della corte e dell'esercito. Era ormai finito il tempo in cui i generali disobbedivano ai progetti della corte e del governo centrale, dal momento che non erano più sottoposti al governo dei piccoli signorotti, ma combattevano unicamente per il re. Louvois, in particolare, si prodigò personalmente per il rinnovamento dell'esercito, disciplinandolo e dotandolo di nuove armi, contribuendo così all'innalzamento del morale delle truppe, che ebbe effetti positivi sugli scontri che si susseguirono durante la reggenza del trono da parte di Luigi XIV.
Luigi stesso si premurò di introdurre anche alcune riforme legali. Questo si riflette nella pubblicazione della Grande Ordonnance de Procédure Civile del 1667, conosciuta anche col nome di Code Louis, che era un codice di procedura civile valido e uniforme per tutta la Francia, il primo ad essere creato. Esso riguardava i campi più svariati come il battesimo, il matrimonio, le sepolture, la compilazione dei registri di stato (contrapposti ai registri della Chiesa). Il Codice Luigi giocò quindi un ruolo rilevante nella storia legale della Francia e gettò le basi per il futuro Codice Napoleonico che Napoleone Bonaparte promulgherà agli inizi dell'Ottocento, il quale sarà a sua volta la base essenziale per la costituzione del diritto moderno. Egli, inoltre, ebbe il grande vantaggio di unificare la legge francese che in precedenza si suddivideva come da tradizione in due parti: al nord vigeva la consuetudine (insieme di leggi non scritte appurate per abitudine), mentre al sud vigeva ancora il diritto romano (ormai però considerato antiquato e fortemente frainteso).
Un altro dei documenti legislativi famosi pubblicati da Luigi XIV fu il Grande Ordonnance sur les Colonies del 1685, conosciuto anche col nome di Code Noir. Questo codice regolo la schiavitù, eliminò alcuni abusi, garantì la proibizione della separazione delle famiglie di schiavi e limitò fortemente la schiavitù dei bianchi (detta anche servitù a contratto).

Luigi XIV patrono delle arti
Malgrado la sua attenzione all'economia nazionale, Luigi XIV diede prova di essere anche capace di spendere ingenti quantità di denaro, supportando gli artisti che lavoravano al suo comando per rendere sempre più potente la monarchia francese anche sotto l'aspetto dell'immagine pubblica. Egli fondò l'Académie Française e la pose sotto il proprio patronato. Fu nel periodo del suo governo che fiorirono scrittori come Molière, Jean Racine e Jean de La Fontaine i cui lavori continuano ad avere grande influenza anche ai nostri giorni. Egli fu patrono anche di molti altri artisti come i pittori Charles Le Brun, Pierre Mignard, Antoine Coysevox e Hyacinthe Rigaud i cui lavori acquisirono ben presto fama in tutta Europa. In campo musicale promosse artisti come Jean-Baptiste Lully, Jacques Champion de Chambonnières e François Couperin, i quali per molto tempo furono d'esempio ad altri musicisti europei.
Luigi XIV ordinò inoltre la costruzione del complesso militare conosciuto come l'"Hôtel des Invalides" come casa di riposo per militari e ufficiali che avessero servito fedelmente nell'esercito sotto il suo comando e che fossero divenuti infermi per ferite di guerra o che fossero anziani. Fu questo luogo a divenire uno dei pionieri della farmacia internazionale.
Egli ampliò inoltre il Palazzo del Louvre, così come altre residenze reali. Originariamente aveva proposto come architetto per questo progetto Gian Lorenzo Bernini, il progetto fu poi però considerato eccessivo perché comportava la pressoché totale distruzione dell'edificio esistente.
Nel giugno del 1686, su consiglio della sua moglie segreta, Françoise d'Aubigné, marchesa di Maintenon, siglò le lettere patenti per la creazione dell'Istituto di Saint-Louis a Saint-Cyr per le "povere figlie della nobiltà" di età compresa tra i sette e i venti anni.[2] L'istituto comprese ben presto circa 250 ragazze che però dovevano dimostrare di avere quattro quarti di nobiltà per parte di padre, il che faceva di questa scuola ad ogni modo un istituto elitario.

Le prime guerre nei Paesi Bassi
Dopo la morte dello zio e suocero di Luigi XIV, Re Filippo IV di Spagna, nel 1667, il figlio di questi divenne erede del trono spagnolo col nome di Carlo II. Luigi XIV era tra i pretendenti del Ducato di Brabante, uno dei territori dei Paesi Bassi governato dal Re di Spagna (ereditato per merito delle copiose parentele di Carlo V, Imperatore del Sacro Romano Impero), dal momento che egli era divenuto il marito di Maria Teresa di Spagna, sorellastra di Carlo II di Spagna. Ad ogni modo, il Trattato dei Pirenei, concluso nel 1659 tra Francia e Spagna, aveva espressamente richiesto che Maria Teresa di Spagna rinunciasse ufficialmente alle proprie pretese sulla corona spagnola in cambio del pagamento della somma di 500.000 scudi. Luigi disse che la somma non era mai stata pagata e la Francia, che godeva di grande considerazione dopo il rafforzamento della vittoria delle guerre della fronda e della guerra dei trent'anni, ottenne il Ducato di Brabante.
L'area dei Paesi Bassi era però molto contrastata e Luigi XIV se ne accorse molto presto. La figura politica più importante dell'Olanda dell'epoca, Johan de Witt, Gran Pensionario, era spaventato dalle ambizioni di Guglielmo II d'Orange, un principe olandese che mirava a privare lo stesso De Witt del supremo potere sulla repubblica.
Scioccate dalla rapidità dei successi della Francia, le Province Unite olandesi, accantonarono momentaneamente la loro diffidenza verso gli inglesi e conclusero un patto di alleanza con Gran Bretagna e Svezia dando origine alla Triplice Alleanza (1668) in funzione chiaramente anti-francese.
La Triplice Alleanza, ad ogni modo, non durò a lungo. Nel 1670, Carlo II d'Inghilterra, decise di entrare in alleanza con la Francia e siglò il Trattato di Dover; i due regni, assieme ad alcuni principi dell'area del Reno, dichiararono guerra alle Province Unite olandesi nel 1672, dando il via alla Guerra franco-olandese. La rapida invasione ed occupazione di gran parte delle province dei Paesi Bassi, consentì a Guglielmo III di riprendersi parte del potere su De Witt. Egli, infatti, si alleò con la Spagna e con il Sacro Romano Impero. Questo fatto portò l'Inghilterra a siglare il Trattato di Westminster nel 1674, proclamando la pace tra Gran Bretagna e Paesi Bassi e siglando nel contempo il matrimonio tra Guglielmo III e Maria, nipote del Re Carlo II d'Inghilterra.
Malgrado queste controverse politiche di alleanza, la guerra continuò con grandi vittorie da parte della Francia. Nel giro di una settimana, nel 1674 il territorio spagnolo della Franca Contea passò sotto il controllo francese; nel frattempo il principe di Condé sconfisse il grosso delle armate combinate di Austria, Spagna e Paesi Bassi, mentre il Principe di Orange, con la Battaglia di Seneffe, impedì che quegli stessi contingenti discendessero sino a Parigi, minacciando la capitale; egli si guadagnò così la fiducia francese. Nell'inverno del 1674-1675 il maresciallo di Turenna vinse in Alsazia contro il celebre feldmaresciallo imperiale Raimondo Montecuccoli, attraversando quindi il Reno e prendendo l'intera provincia che era stata rioccupata dopo la Pace di Westfalia del 1648. Dopo una serie di altre vittoriose operazioni militari, Luigi XIV assediò e catturò Ghent, azione che spinse Carlo II ed il parlamento inglese a evitare di dichiarare guerra alla Francia in quel momento, dal momento che Luigi XIV si trovava in una posizione superiore sul tavolo dei negoziati internazionali. Dopo sei anni di scontri, l'Europa era ormai esausta e iniziarono i negoziati di pace che si conclusero nel 1678 con la Pace di Nimega. Se Luigi XIV venne costretto a cedere alle Provincie Unite tutti i territori conquistati con la forza, ottenne d'altro canto molti villaggi e città nell'area dei Paesi Bassi spagnoli e riottenne la Franca Contea.
La Pace di Nimega aumentò ulteriormente l'influenza della Francia in Europa, ma non riuscì a soddisfare le mire di Luigi XIV. Il re licenziò il proprio ministro Simon Arnauld, marchese di Pomponne, nel 1679, visto come insicuro nelle sue azioni e troppo pesantemente compromesso con gli alleati. Luigi XIV, decise quindi di non avvalersi più solo delle armi per ottenere i territori che gli servivano, ma decise anche di utilizzare la legge e la diplomazia: a causa dell'ambiguità dei trattati del tempo, Luigi XIV fu in grado di avanzare delle pretese sui territori ceduti in precedenza e sulle terre che formalmente gli appartenevano.
Il Re di Francia era intenzionato ad impadronirsi di territori come il Lussemburgo per la posizione strategica offensiva e difensiva sulla linea di demarcazione tra Francia ed Impero, così come era interessato all'area di Casale Monferrato, che gli avrebbe aperto la strada d'accesso al fiume Po, facendolo penetrare quindi nel pieno dell'Italia settentrionale. L'altro desiderio grande di Luigi XIV era quello di impadronirsi di Strasburgo, importantissimo avamposto strategico utilizzato già in passato dalle armate imperiali come linea d'entrata per invadere la Francia. Strasburgo si trovava nella regione dell'Alsazia, ma non era stata ceduta dagli Asburgo assieme al resto della regione proprio per l'importanza militare che questa città ricopriva.

Al culmine della potenza
Negli anni ottanta del Seicento Luigi XIV raggiunse il culmine della propria potenza ed influenza nell'Europa e nel mondo.
La celebre espressione L'état, c'est moi ("Lo Stato sono io") gli viene attribuita, perché famoso per aver instaurato una monarchia assoluta, accentrando i poteri dello Stato nella propria persona. La frase determina la tipologia di regime politico istaurata dal sovrano, cioè quella di stato personale, nel quale si assiste ad una identificazione tra la persona del monarca e lo Stato.
Nel linguaggio comune questa espressione viene usata in maniera bonaria e scherzosa per indicare una persona alquanto egocentrica e superba.

Politica estera
Nella sfera degli affari esteri fuori dai confini dell'Europa, l'impero coloniale francese si estendeva in America, Asia ed Africa, mentre le relazioni diplomatiche toccavano nazioni ancora remote per il XVII secolo come il Siam (attraverso l'ambasciatore Alexander de Chaumont), India e Persia. L'alleanza con l'Impero Ottomano giunse nel 1669 guidata da Suleiman Aga, rinnovando l'antica alleanza franco-ottomana.[3] L'esploratore René Robert Cavelier de La Salle diede il nome, nel 1682, all'area del bacino del fiume Mississipi nel nord America, chiamandolo "Louisiana" in onore di Luigi XIV, mentre i gesuiti francesi ed i missionari erano presenti regolarmente alla corte dell'Imperatore Kangxi in Cina. In Francia, Luigi XIV ricevette una visita del gesuita cinese Michael Shen Fu-Tsung dall'inizio del 1684,[4] e dopo alcuni anni poté addirittura disporre di un bibliotecario e traduttore cinese stabilmente alla sua corte, di nome Arcadio Huang.[5][6] Le relazioni con la Persia ripresero a pieno ritmo nel 1715, l'anno della morte stessa del re.

Affari interni
Negli affari interni, Luigi XIV riuscì a far divenire la Corona francese sempre più potente e gloriosa a scapito dell'aristocrazia e del clero. Egli si prodigò per supportare il gallicanesimo, una dottrina che limitava l'influenza del Papa in Francia, e dispose la costituzione dell'Assemblea del Clero a partire dal novembre del 1681. Fu quello però solamente un atto di vago buonismo, in quanto già dal 1682 l'assemblea venne sciolta anche se il monarca francese impose l'accettazione della "Dichiarazione del clero di Francia", che metteva in contrasto ancora una volta il potere del re di Francia con quello del Papa. I vescovi, però, non potevano lasciare la Francia senza un assenso reale e nessun ufficiale di governo poteva essere scomunicato per atti commessi mentre si trovava in carica. Inoltre il medesimo documento dispose che non ci si potesse appellare al Papa senza l'assenso del Re. Il Re ad ogni modo accettò le leggi ecclesiastiche in Francia, anche se le bolle papali e le disposizioni pontificie in Francia vennero dichiarate nulle senza l'assenso del monarca. La dichiarazione non venne accettata ovviamente dal Papa.
Luigi ottenne anche una grande influenza sulla nobiltà francese coinvolgendola nell'orbita del suo palazzo di Versailles. Egli calcolò che spendendo la maggior parte dell'anno tra le feste della sua corte, sotto il suo diretto controllo, essi non si sarebbero curati dei loro affari politici e non avrebbero tramato opposizioni contro la Corona. Solo rimanendo in contatto costante con lui, quindi, i nobili avrebbero potuto ottenere i privilegi necessari per mantenere il loro stile di vita. Luigi XIV dal canto suo intratteneva i visitatori con opere di straordinario lusso, ricchezza e opulenza al fine appunto di addomesticare questa nobiltà, soprattutto dopo l'esperienza delle fronde che avevano animato i primi anni del suo regno.
Luigi XIV viene soprattutto ricordato per aver fatto costruire il Palazzo di Versailles, originariamente una palazzina di caccia che venne per suo volere convertita in uno spettacolare palazzo reale che si distinse ben presto come uno dei maggiori monumenti mai costruiti al mondo. Il palazzo attuale è rimasto pressoché lo stesso che vide Luigi XIV a lavori completati, ad eccezione della cappella che venne ricostruita ed ampliata nel Settecento. Egli trasferì ufficialmente tutta quanta la sua corte in questo palazzo dal 6 maggio 1682. Luigi aveva molte ragioni per voler creare un simbolo del proprio potere così unico e stravagante, per spostare significativamente la sede stessa della monarchia dalla pericolosa Parigi verso le campagne del villaggio di Versailles. Anche se è luogo comune ritenere che Luigi XIV odiasse Parigi, si può dire che ad ogni modo non mancò di abbellirla con monumenti gloriosi aiutandone lo sviluppo.[7]
Versailles era tutto il potere della Francia in quanto non solo il re vi viveva ma qui avevano sede tutti i ministeri e i principali organi di governo che non dipendessero dal parlamento che non a caso era stato lasciato a Parigi, dal momento che con l'autocrazia di Luigi XIV esso aveva solo un valore ipotetico e formale.[7] I nobili qui vivevano di pettegolezzi, giochi, feste, tanto cibo e bevande, oltre ovviamente a quegli immancabili privilegi che Luigi XIV stesso creava per accattivare l'attenzione del pubblico aristocratico e farlo anche entrare in lotta segreta al suo interno. Vi erano privilegi come quello di reggere la candela al re mentre questi si recava nella sua stanza da letto, o ancora quello di sedere a tavola col re o di assistere alla sua vestizione mattutina.
Dal 1685, Luigi raggiunse effettivamente l'apogeo del suo potere. Il Sacro Romano Impero, uno dei principali antagonisti economici e politici della Francia, si trovava impegnato nella guerra contro l'Impero ottomano nella Grande Guerra turca, che iniziò nel 1683 e si concluse sedici anni più tardi. Luigi XIV comunicò ai turchi che egli non avrebbe mai combattuto al fianco dell'Imperatore Leopoldo I del Sacro Romano Impero.[8] Questo fatto rassicurò ed incoraggio i turchi a non rinnovare la Pace di Vasvár siglata vent'anni prima con l'Austria ed a muoversi all'offensiva dell'Impero.[9] Il Gran Visir ottomano prese quindi Vienna ma all'ultimo momento Giovanni III Sobieski, Re di Polonia, guidò le proprie armate alla vittoria al fianco degli imperiali nella famosa Battaglia di Vienna del 1683. Venne così siglata anche la Pace di Ratisbona il 15 agosto 1684, con la quale Luigi XIV acquisì il controllo di molti territori di confine con la Germania per proteggere il proprio stato dalle invasioni esterne. Dopo aver scacciato l'avanzata ottomana a Vienna, l'Imperatore non fu tranquillo dall'avere la spina nel fianco dei turchi così vicini e lasciò che Luigi XIV annettesse tali territori.
La regina Maria Teresa di Spagna, moglie di Luigi XIV, morì nel 1683, il che gli diede occasione di spaziare finalmente con le sue molte amanti.

Revoca dell'Editto di Nantes
Madame de Maintenon, in origine protestante, si era convertita al cattolicesimo in gioventù ed era poi divenuta una strenua persecutrice dei protestanti stessi. Luigi XIV revocò quindi l'Editto di Nantes firmato da Enrico IV di Francia nel 1598, con il quale si garantiva la tolleranza religiosa agli ugonotti.
Per raggiungere il suo scopo Luigi XIV emanò un nuovo editto nel marzo del 1685 con l'ordine che esso avesse effetto anche nelle colonie francesi, ed espulse tutti gli ebrei dai suoi possedimenti, proibendo così la pratica di qualsiasi culto che non fosse quello cattolico. Nell'ottobre di quello stesso anno, il re proclamò l'Editto di Fontainebleau, che revocava l'Editto di Nantes. Tutti i protestanti che non si fossero convertiti al cattolicesimo venivano ufficialmente banditi dal Regno di Francia ed i bambini nati da famiglie protestanti vennero obbligati a convertirsi al cattolicesimo. Molte chiese protestanti vennero rase al suolo.
Circa 200.000 persone lasciarono la Francia, il che provocò un danno economico per la Francia ma rinsaldò l'unità nazionale[10].

La Lega di Augusta
Cause e conduzione della guerra

La revoca dell'Editto di Nantes, ovviamente, provocò un sentimento antifrancese scatenatosi in tutte le nazioni di religione protestante. Nel 1686, cattolici e protestanti, si riunirono nella Grande Alleanza scaturita dalla Lega di Augusta, al fine di proteggersi in alleanza contro la politica offensiva inaugurata dalla Francia. La coalizione comprese l'Imperatore del Sacro Romano Impero e molti stati tedeschi tra cui il Palatinato bavarese ed il Brandeburgo. Le Province Unite, la Spagna e la Svezia aderirono alla Lega.[11]
Nel 1685, Carlo II del Palatinato, fratello della cognata di Luigi XIV, Elisabetta Carlotta di Baviera, morì senza eredi. Per diritto dinastico, dunque, in linea con la legge salica, la corona del Palatinato sarebbe dovuta passare alla linea minore dei Neuburg e non ad Elisabetta Carlotta, anche se ovviamente Luigi XIV fece pressione perché alla cognata fossero riconosciuti i diritti ritenuti legittimi. Ad ogni modo questo pretesto, assieme a quello circa la successione per l'Elettorato di Colonia, consentì a Luigi XIV di inviare truppe nel Palatinato già dal 1688 col compito formale di sostenere gli scontri in difesa dei diritti della cognata contro gli usurpatori. La verità è che tale azione fu una vera e propria invasione con l'intenzione di infliggere un duro colpo alla Lega di Augusta. Le truppe, al comando del Ezechiel du Mas, conte di Melac, letteralmente eseguirono l'ordine impartito da Luigi XIV "Brûlez le Palatinat!" ("Bruciate il Palatinato!"), devastando grandi aree a sud-est della Germania. La politica della terra bruciata doveva servire da esempio soprattutto all'Imperatore per evitare che invadesse Lorena ed Alsazia.
Questa azione di Luigi XIV fece però si che molti stati tedeschi si schierassero con l'Impero. Luigi si aspettava che l'Inghilterra, ora sotto il governo del cattolico Giacomo II, sarebbe rimasta neutrale. Nel 1688, però, la "Gloriosa Rivoluzione" depose Giacomo II e pose al suo posto sua figlia Maria II che governò assieme al marito Guglielmo III d'Orange. Guglielmo III aveva sviluppato un'inimicizia personale verso Luigi XIV in quanto questi aveva attaccato il suo paese d'origine, l'Olanda, e per tutta risposta aderì alla Lega di Augusta.[12]
La prima campagna della Guerra dei Nove anni (1688–1697) che si inaugurò di li a breve, fu favorevole alla Francia. Le forze imperiali erano infatti in gran parte occupate negli scontri nei Balcani con i turchi e giunsero in ritardo negli scontri. La Francia accumulò così molte vittorie nelle Fiandre e lungo la Valle del Reno, in Italia e nel sud della Spagna, oltre che nelle colonie.[12]
Luigi XIV d'altro canto supportò Giacomo II nel suo tentativo di riottenere la corona inglese, ma il re scozzese venne sconfitto nella Battaglia del Boyne del 1690. L'anno successivo cadde l'ultima fortezza giacobita di Limerick dopo la Battaglia di Aughrim. I sogni di Giacomo II di ritornare sul trono decaddero definitivamente.[12]
Ad ogni modo, malgrado la grandezza della coalizione opposta, le vittorie francesi non mancarono e nelle Fiandre continuava a combattere Francesco Enrico di Montmorency-Luxembourg, soprannominato "le tapissier de Notre-Dame" per il gran numero di bandiere nemiche catturate che inviò a decorare la cattedrale di Parigi. Egli vinse la Battaglia di Fleurus (1690), la Battaglia di Steenkerque due anni dopo e la Battaglia di Landen l'anno ancora successivo.
Sotto la supervisione personale di Luigi XIV, le truppe francesi presero Mons nel 1691 e la fortezza di Namur nel 1692. Con la presa di Charleroi nel 1693 dopo la vittoria di Landen, la Francia ottenne una copertura difensiva per la Sambre. Alla Battaglia di Marsiglia ed a quella di Staffarda, la Francia risultò ancora vittoriosa sulle forze alleate. Lungo i Pirenei si combatté la Battaglia di Torroella che aprì la strada verso l'invasione francese della Catalonia. I francesi trionfarono anche sui mari con la vittoria della Battaglia di Beachy Head (1690) e nuovamente alla Battaglia di Barfleur e La Hougue del 1692 contro gli inglesi.
La guerra continuò sino a quando il Duca di Savoia non siglò una pace separata con la Francia nel 1696 con l'obbligo di aderire alla coalizione francese, il che procurò alla Francia altre truppe ed un prezioso alleato.

Il Trattato di Ryswick
La guerra con la Grande Alleanza si concluse nel 1697 con il Trattato di Ryswick. Luigi XIV dovette cedere gran parte dei territori conquistati, ma ottenne l'importantissima piazzaforte di Strasburgo, mettendo così in sicurezza i confini della Francia verso il Reno e prevenendo attacchi da parte dell'Impero. Luigi ottenne inoltre de jure il riconoscimento che già aveva de facto del possedimento di Santo Domingo, così come la restituzione di Pondicherry ed Acadia. Luigi XIV riconobbe Guglielmo III e Maria II come sovrani inglesi e promise di non favorire più la scalata di Giacomo II al trono. Allo stesso tempo egli rinunciò a intervenire nell'Elettorato di Colonia, ricevendo una compensazione finanziaria per la rinuncia delle pretese sul Palatinato. Luigi XIV restituì la Lorena ai legittimi sovrani, ma con l'intesa che essa avrebbe supportato le truppe francesi in caso di necessità e che ne avrebbe garantito il libero passaggio. Gli olandesi ottennero invece di poter costruire delle piazzeforti lungo il confine con la Francia in previsione di altri attacchi esterni. La Spagna riottenne la Catalogna e altri territori nei Paesi Bassi.[12]
Luigi riuscì a organizzare inoltre la dissoluzione della Grande Alleanza attraverso intrighi e maldicenze che posero gli alleati l'uno contro l'altro in breve tempo. Così facendo, egli divise i suoi alleati in forze singole, sicuramente meno potenti che non grandi coalizioni che riunivano più eserciti. L'atteggiamento generoso della Francia nei confronti della Spagna sarà la base per i fruttuosi accordi che seguiranno quando, alla morte di Carlo II, egli nominerà suo erede Filippo, duca d'Angiò, nipote di Luigi XIV. L'influenza della Francia, anche dopo il trattato, rimaneva a ogni modo molto alta negli affari della politica europea, a tal punto che Luigi XIV riuscì a proporre suo cugino Francesco Luigi, principe di Conti per la corona polacca anche se l'operazione non riscosse il consenso di altre potenze europee che proposero Augusto di Sassonia, che risultò incoronato come Augusto II di Polonia.

La Guerra di Successione spagnola
Cause e conduzione della guerra

Dopo la Pace di Rickswick, l'argomento politico dominante in Europa fu la successione al trono spagnolo, dal momento che l'interdetto Re spagnolo Carlo II era morto senza lasciare eredi. L'eredità spagnola era una delle più ricche del suo tempo, dal momento che comprendeva non solo il Regno di Spagna, ma anche il Regno di Napoli, il Regno di Sicilia, il Ducato di Milano, i Paesi Bassi spagnoli ed il vastissimo impero coloniale spagnolo che si estendeva in quasi tutti gli altri continenti del mondo.[12]
Francia ed Austria si trovarono ovviamente ancora una volta contrapposte per la successione al trono, dal momento che entrambe le famiglie regnanti erano imparentate con quella reale spagnola. Il pretendente proposto dalla Francia fu il Duca d'Angiò, pronipote della figlia maggiore di Filippo III di Spagna, Anna d'Austria, e nipote della figlia maggiore di Filippo IV di Spagna, Maria Teresa, moglie di Luigi XIV.[12]
Carlo, Arciduca d'Austria, figlio minore dell'Imperatore Leopoldo I del Sacro Romano Impero, era il pretendente invece proposto dalla casa imperiale austriaca dal momento che sua nonna paterna, Maria Anna di Spagna, era stata una delle figlie del Re di Spagna.[12]
Molte altre potenze europee del resto però temevano che il possesso della Spagna da parte della Francia o dell'Impero avrebbe ad ogni modo sconvolto il bilanciamento delle potenze europee. Per questo motivo gli olandesi e gli inglesi proposero un nuovo candidato alternativo alle due potenze, il principe bavarese Giuseppe Ferdinando Leopoldo di Baviera, imparentato con entrambe le casate. Secondo un primo trattato del 1698, il principe bavarese avrebbe dovuto ereditare solo la corona spagnola, mentre i territori italiani ed i Paesi Bassi sarebbero stati suddivisi tra Francia ed Austria.[12]
Lo scontro però si riaprì dal momento che il giovane principe bavarese morì di morbillo sei mesi dopo la sua candidatura e la casata reale spagnola, nuovamente, richiese un candidato valido per entrambe le posizioni. Carlo II però prescelse il figlio minore dell'Imperatore Leopoldo, l'Arciduca Carlo. Ignorando questa mossa, Luigi e Guglielmo III siglarono nel 1700 il Trattato di Londra, che consentiva all'Arciduca Carlo di prendere il trono Spagnolo, i Paesi Bassi e le colonie spagnole. In cambio, Luigi XIV avrebbe ottenuto i territori in Italia.[12]

Uno scomodo testamento e le conseguenze
Nel 1700 il morente Carlo II, prese decisioni molto importanti a proposito della successione al suo trono. Egli intendeva seriamente impedire che la Spagna fosse unita alla Francia o all'Impero, ma considerava la potenza militare della Francia più capace di preservare il suo impero nella sua integrità. Nel proprio testamento, quindi, egli dispose che la corona spagnola fosse offerta al Duca d'Angiò, figlio secondogenito del Delfino di Francia, e in caso di sua rinuncia la corona sarebbe passata a suo fratello, Carlo di Borbone, duca di Berry e quindi all'Arciduca Carlo, figlio dell'Imperatore Leopoldo I.[13] Se tutti questi principi avessero rifiutato la corona, essa sarebbe dovuta essere offerta alla Casa di Savoia, imparentata alla lontana con la casata reale spagnola. Le condizioni erano però le seguenti: chi accettasse la corona aveva l'obbligo di mantenere integro l'impero spagnolo senza smembrarlo o cederne alcuna parte e doveva rinunciare alla successione alla corona del proprio paese d'origine.
Luigi XIV si trovò così di fronte ad una scelta difficile: egli avrebbe potuto accettare la partizione per una possibile pace in Europa, oppure avrebbe potuto prendere possesso della Spagna intera alienando le altre potenze europee. Luigi, all'inizio, assicurò Guglielmo III, Re d'Inghilterra, che avrebbe aderito alla spartizione dei domini spagnoli. A ogni modo Jean-Baptiste Colbert, marchese di Torcy, nipote del famoso ministro Colbert, consigliere di Luigi XIV, disse che se la Francia avesse accettato una parte dell'eredità spagnola, la guerra con l'Impero sarebbe stata inevitabile e Guglielmo III, era ormai chiaro che avesse firmato il trattato per evitare la guerra e non per farla, dal momento che non era intenzionato ad assistere la Francia nell'ottenere i territori spagnoli. Luigi quindi capì che se la guerra fosse nuovamente scoppiata, sarebbe stato più proficuo accettare l'intera eredità spagnola e combattere una guerra difensiva. Quando Carlo II morì il 1º novembre 1700, Filippo, duca d'Angiò, venne quindi proclamato Re di Spagna col nome di Filippo V.
La nomina di Filippo V venne quasi universalmente accettata. Filippo, ad ogni modo, agì troppo precipitosamente e nel 1701 promulgò l'Asiento al fine di permettere la vendita degli schiavi delle colonie spagnole alla Francia, con un potenziale danno consequenziale al commercio con l'Inghilterra. Luigi, dal canto suo, cassò i trattati con Guglielmo III d'Inghilterra e riprese a appoggiare le pretese dell'erede dell'ormai defunto Giacomo II, Giacomo Francesco Edoardo Stuart al trono d'Inghilterra. Inoltre, Luigi XIV inviò forze armate nei Paesi Bassi spagnoli al fine di assicurarsi che essi rendessero il giusto omaggio e la giusta lealtà a Filippo V, fatto che venne visto dagli olandesi come una vera e propria aggressione, tanto più che l'Olanda era pur sempre il paese d'origine di Guglielmo III d'Inghilterra. Come conseguenza, si formò un'ulteriore Grande Alleanza che comprese l'Inghilterra, le Province Unite, il Sacro Romano Impero e molti altri stati minori della Germania. La diplomazia francese, dal canto suo, si assicurò l'alleanza di Baviera, Portogallo, Savoia e ovviamente la Spagna di Filippo V.[14]

L'inizio della guerra
La successiva Guerra di Successione spagnola continuò per la maggior parte del restante regno di Luigi XIV, provocando enormi emorragie di denaro dalle casse francesi. Essa iniziò con la discesa degli imperiali in Italia prima ancora che la guerra fosse ufficialmente dichiarata. La Francia riportò molte iniziali vittorie, minacciando di prendere possesso di Vienna, ma le vittorie di John Churchill, I duca di Marlborough e del principe Eugenio di Savoia mostrarono che ormai l'invincibile macchina da guerra francese stava tracollando.

La fine dell'invincibilità francese
A seguito delle vittorie del Duca di Marlborough e del principe di Savoia nella Battaglia di Blenheim, la Baviera decise di ritirarsi dai combattimenti, venendo ripartita quindi tra Palatinato ed Austria e l'Elettore Massimiliano II Emanuele venne costretto ad andare in esilio nei Paesi Bassi spagnoli. Altra conseguenza della battaglia di Blenheim fu la successiva defezione di Portogallo e Savoia che passarono ad allearsi con l'Impero. Con la Battaglia di Ramillies e con quella di Oudenaarde, le forze franco-spagnole vennero ignominiosamente cacciate dai Paesi Bassi spagnoli, mentre con la Battaglia di Torino del settembre 1706, Luigi XIV venne costretto anche a ritirare le ultime truppe rimastegli in Italia.
A seguito delle sconfitte subite e delle grandi perdite militari e finanziare, la Francia venne costretta a cambiare la propria posizione. Dal 1709 Luigi XIV era ormai indebolito nella sua politica e dovette cedere tutti i territori conquistati, mantenendo alla Francia i territori del Trattato di Westfalia, siglato più di sessant'anni prima. Malgrado questo gli scontri continuarono.

Il punto di svolta
Divenne così chiaro che la Francia non avrebbe potuto mantenere integralmente l'eredità spagnola ed era altrettanto chiaro che la coalizione anti-francese avrebbe detronizzato anche Filippo V di Spagna dopo la sconfitta dell'alleanza franco-spagnola. Filippo V ad ogni modo riuscì a reagire e vinse la Battaglia di Almansa, quella Villaviciosa e quella di Brihuega, il che contribuì a portare le forze alleate fuori dai confini spagnoli. Successivamente la Battaglia di Malplaquet del 1709 la Francia riuscì a reagire e gli alleati lasciarono sul campo 25.000 uomini, quasi il doppio delle perdite francesi, grazie all'abilità del capace generale Claude Louis Hector de Villars. La Battaglia di Denain del 1712 svoltò la guerra in favore di Luigi XIV e de Villars portò nuovamente alla vittoria le armate francesi contro Eugenio di Savoia, riottenendo anche gran parte dell'onore e dei territori perduti in precedenza.
La morte dell'Imperatore Giuseppe I del Sacro Romano Impero, succeduto al padre Leopoldo I nel 1705, portò nella mente degli imperiali il grande progetto di riformare il grande impero di Carlo V grazie all'Arciduca Carlo che era ora salito al trono col nome di Carlo VI del Sacro Romano Impero e che era tra i candidati del trono spagnolo, sostenuto in questo dall'Inghilterra che tutto avrebbe auspicato, ma non l'unione di Francia e Spagna.

L'avvio delle trattative di pace
Nell'intenzione di riportare stabilità in Europa, Francia ed Inghilterra firmarono un concordato di pace. Luigi XIV e Filippo V, inoltre, firmarono una seconda pace con Inghilterra e Province Unite nel 1713 che prese il nome di Trattato di Utrecht. La pace con il Sacro Romano Impero venne siglata nel Trattato di Rastatt ed in quello di Baden del 1714. Secondo quando espresso nei documenti firmai, Luigi XIV avrebbe ottenuto Landau e Friburgo come indennità di guerra, permettendogli di negoziare da una migliore posizione.
Filippo V venne riconosciuto re di Spagna e delle colonie, mentre i territori dei Paesi Bassi spagnoli e dell'Italia vennero ripartiti tra Austria e Savoia, mentre Gibilterra e Minorca passarono alla Gran Bretagna.
Luigi XIV, successivamente, tornò ad appoggiare gli Stuart affinché tornassero sul trono della Gran Bretagna, ravvivando l'astio già esistente, sviluppato soprattutto perché nei trattati di pace la Francia aveva dovuto cedere all'Inghilterra le colonie di Newfoundland, Rupert's Land ed Acadia nelle Americhe, mantenendo per se Île-Saint-Jean (oggi Prince Edward Island) e Île Royale (oggi Isola del Capo Bretone); a ogni modo gran parte dei territori continentali erano devastati dalle guerre e l'Inghilterra cercò di riprendere possesso dello storico Principato di Orange, di cui era originaria la famiglia di Guglielmo III e che allo stesso tempo copriva il rilevante passaggio tra Alpi e Italia.
Come ultimo atto, l'Elettorato di Baviera venne restaurato e Massimiliano II Emanuele venne richiamato sul trono.

La morte del "Re Sole"
Luigi XIV morì a Versailles il 1º settembre 1715 di cancrena a una gamba, pochi giorni prima del suo settantasettesimo compleanno. Gran parte dei figli di Luigi XIV erano morti durante la giovane età e l'unico dei figli legittimi che gli era sopravvissuto abile al trono era il maggiore, Luigi, il Gran Delfino, il quale però era morto nel 1711. Il maggiore dei figli di questi, il Duca di Borgogna, era morto nel 1712 e l'unico erede che era rimasto era il figlio di quest'ultimo, il bis-nipote Luigi duca d'Angiò che venne incoronato alla sola età di cinque anni col nome di Luigi XV.
Il suo corpo fu sepolto nella basilica di Saint Denis, dove, durante la Rivoluzione i resti vennero dispersi dai rivoluzionari.

Il problema della successione
I problemi legati alla successione ed il cattivo stato di salute intristirono gli anni finali del suo regno.
Nel 1711 era morto il Gran Delfino; oltretutto, l'anno seguente ci fu un focolaio di vaiolo di cui morirono Luigi, duca di Borgogna (figlio del Gran Delfino) assieme alla moglie Maria Adelaide di Savoia e al loro figlio maggiore, il duca di Bretagna. Rimaneva, unico principe di sangue reale erede legittimo di Luigi XIV, il figlio minore del duca di Borgogna, Luigi, duca d'Angiò, divenuto poi re come Luigi XV.
Degli altri due figli del Gran Delfino, uno, re di Spagna con il nome di Filippo V di Spagna, dovette rinunciare alla successione al trono di Francia in forza della Guerra di successione spagnola, (Trattato di Utrecht del 1713) e l'altro, Carlo, morì anch'egli prima di Luigi XIV.
Il re decise allora di estendere il diritto di successione a due dei sette figli avuti dalla Montespan, Luigi Augusto di Borbone, Duca del Maine (1670-1736), e Luigi Alessandro, Conte di Tolosa (1678-1737), anche per impedire che salisse al trono suo nipote Filippo II d'Orléans (che comunque ebbe la reggenza per il piccolo Luigi XV).
Luigi XIV morì di cancrena, derivante dalla gotta contratta nell'ultimo periodo della sua vita, dopo 72 anni e 100 giorni di regno. Gli successe il pronipote Luigi, Duca d'Angiò con il nome di Luigi XV; poiché aveva solo cinque anni, fu posto sotto la reggenza (fino alla maggiore età nel 1723), del duca Filippo II d'Orléans, nipote e genero del defunto Re Sole.
Pare che, alla notizia della sua morte, la Francia intera esultò e festeggiò, accendendo dei fuochi di gioia; il suo feretro, trasportato a Saint Denis, fu oltraggiato da sputi e fango che lanciava la folla: il suo regno era stato troppo lungo per poterlo rimpiangere.

Il problema della continuità nell'ancient régime
Molti storici si sono interrogati sulla questione della continuità nel regno di Luigi. La domanda che si pongono è se egli sia riuscito a portare avanti una politica vicina alla definizione di stato moderno e quindi sia riuscito a rinchiudere (figuratamente) i nobili all'interno della reggia di Versailles o se al contrario i nobili abbiano costretto il re a farsi mantenere all'interno del favoloso edificio.
Quest'ultimo punto è sicuramente più vicino allo storico americano Campbell che ritiene i metodi di Luigi XIV più vicini ad una rifeudalizzazione che ad una progressione e non solo; egli ritiene anche che il sovrano abbia influito nelle scelte del ministro delle finanze Colbert, il quale, per timore del sovrano, sarebbe stato costretto ad arginare la fallace economia di corte che era stata portata avanti, a discapito delle innovazioni economiche e amministrative da egli pensate. Sempre secondo Campbell, quindi, Colbert sarebbe stato dimenticato in fretta dal popolo invece di essere ricordato come benefattore, quale era. La tesi contrapposta a questa è quella che riguarda un ammodernamento dell'amministrazione attraverso il controllo dei nobili.

Cinema
Il Re Luigi XIV è comparso nei seguenti film:
▪ La maschera di ferro (The Iron Mask) (1929)
▪ La maschera di ferro (The Man in the Iron Mask) (1939)
▪ I figli dei moschettieri (At Sword's Point) (1952)
▪ Versailles (Si Versailles m'était conté (1954)
▪ Il processo dei veleni (L'affaire des poisons) (1955)
▪ Gli amori celebri (Amours célèbres) (1961)
▪ L'uomo dalla maschera di ferro (Le masque de fer) (1962)
▪ Angelica (Angélique, marquise des anges) (1964)
▪ Angelica alla corte del re (Merveilleuse Angélique) (1965)
▪ La meravigliosa Angelica (Angélique et le roy) (1966)
▪ La presa del potere da parte di Luigi XIV (La prise de pouvoir par Louis XIV (1966) Film TV
▪ L'uomo dalla maschera di ferro (The Man in the Iron Mask) (1977) Film TV
▪ The Fifth Musketeer (1979)
▪ Il ritorno dei tre moschettieri (The Return of the Musketeers) (1989)
▪ Louis, enfant roi (Louis, enfant roi) (1993)
▪ Eloise, la figlia di d'Artagnan (La fille de d'Artagnan) (1994)
▪ Marquise (Marquise) (1997)
▪ La maschera di ferro (The Man in the Iron Mask) (1998)
▪ Vatel (Vatel) (2000)
▪ Saint-Cyr (Saint-Cyr) (2000)
▪ Le roi danse (Le roi danse) 2000)
▪ Il mistero di Julie (Julie, chevalier de Maupin) (2004) Film TV

Giochi da tavolo
▪ Louis XIV di Rüdiger Dorn (2005)

Note
1. ^ (FR) Carretier, Christian, Les Cinq Cent Douze Quartiers de Louis XIV, Angers-Paris1980,
2. ^ Buckley, Veronica. Madame de Maintenon: The Secret Wife of Louis XIV. London: Bloomsbury, 2008
3. ^ Faroqhi, p.73 The Ottoman Empire and the World Around it
4. ^ The Meeting of Eastern and Western Art Page 98 by Michael Sullivan (1989) ISBN 0-520-21236-3 [1]
5. ^ Barnes, Linda L. (2005) Needles, Herbs, Gods, and Ghosts: China, Healing, and the West to 1848 Harvard University Press ISBN 0-674-01872-9, p.85
6. ^ Mungello, David E. (2005) The Great Encounter of China and the West, 1500-1800 Rowman & Littlefield ISBN 0-7425-3815-X, p.125
7. ^ a b Louis de Rouvroy, duc de Saint-Simon. Historical Memoirs of the Duc de Saint-Simon, volume 1 1691-1709: The Court of Louis XIV
8. ^ The Siege of Vienna by John Stoye, p.53
9. ^ The Balkans since 1453 by Leften Stavros Stavrianos, p.171
10. ^ Columbia Encyclopedia. Louis XIV, king of France. 2007. URL consultato il 2008-01-19.
11. ^ Meriman, John, A History of Modern Europe, W.W. Norton & Company, 1996.
12. ^ a b c d e f g h i Meriman, John, A History of Modern Europe, W.W. Norton & Company, 1996.
13. ^ Kamen, Henry. (2001) Philip V of Spain: The King who Reigned Twice Published by Yale University Press. ISBN 0-300-08718-7. p. 6
14. ^ Merriman, John, A History of Modern Europe, W.W. Norton & Company, 1996.

▪ 1867 - Luigi Giannone (Acri, 22 luglio 1772 – Acri, 1 settembre 1867) è stato un patriota italiano.
Nacque ad Acri il 22 luglio del 1772 da Sabato e Mariantonia Mele. Fece i primi studi insieme al fratello Biagio, governatore baronale, prima in San Demetrio Corone, poi in Grottole, Bisignano, Altomonte, e Casalbalore. Nello studio si innamorò di Diritto Romano e Diritto Canonico e Diritto feudale. Studiò a Napoli dove perfezionò la conoscenza della lingua italiana, e latina. Si applicò anche nell'apprendere il francese e la musica. Divenne un bravo esecutore di chitarra e clarino.
Fu studente di Mario Pagano il quale gli consigliò di leggersi l'enciclopedia francese dicendogli:
«qui è l'avvenire del mondo!»
La lettura di quei testi fu per lui, un giovane di soli 24 anni fondamentale per il suo avvenire. Appena compiuto i 24 anni fu nominato governatore Baronale di Calopezzati, ed in seguito di Bocchigliero. Divenne i seguito anche sindaco della sua città natale nel 1805 e Giudice di Pace nel 1809. Quando i Borboni fecero ritorno a Napoli,venne nominato giudice regio, carica che coprì fino al 1820. In seguito Rossano lo scelse come suo consigliere distrettuale; in più divenne consigliere per ben quattro volte di Cosenza ed appresso presidente del consiglio provinciale.
La sua vita ebbe una svolta dopo che nel 1799, i Borboni dopo aver spogliato le chiese di ori e argenti ed i vari proprietari per finanziare la guerra contro la Francia ove furono vinti e costretti a fuggire in Sicilia. I Francesi entrarono a Napoli dove instaurarono un governo provvisorio, del quale faceva parte anche Mario Pagano che decise di chiamare a se il valido e insigne allievo Luigi Giannone, che non esitò a seguire il suo vecchio maestro. Lo invitò a realizzare il nuovo governo, e il discepolo accettò. Sulle rive del Sebeto, era atteso da alcuni rivoluzionari, che per incarico di Pagano gli consegnarono delle Carte di democratizzazione. Erano queste dei fogli stampati, che in uno stile accessibile alle grandi masse rendevano popolari le idee della repubblica Partenopea.
Pieno di idee liberali ritornò in Calabria, dove aprì nei vari centri nella provincia cosentina Logge massoniche, ove in breve, come scrive Vincenzo Padula nel suo Elogio di Luigi Giannone, tutti gli uomini più segnalati per il sangue, per seguito, per censo, convenirono. Così le nuove idee illuministe si propagavano in mezzo al popolo; ed egli sicuro del loro immancabile trionfo, un giorno piantò nella piazza principale di Acri l'Albero della Libertà tra la gloria è l'entusiasmo di tutti. Ben presto però la repubblica Partenopea fu sconfitta, e la scure dei boia fecero cadere le teste dei suoi più influenti cittadini. Tra questi anche Mario Pagano, Domenico Cirillo, ed Eleonora Pimentel Fonseca.
Luigi e Biagio Giannone furono catturati e condotti prima nel castello di Corigliano Calabro, ed in seguito spostati nel carcere di Cosenza, nel quale rimasero fino alla vittoria di Napoleone, che rovesciò il trono di Napoli e diede la libertà ai condannati politici, che languivano nelle prigioni.
Il 15 agosto del 1806, quando come sindaco di Acri stava trattando a Napoli con il principe Sanseverino la riduzione del canone di affitto del territorio di Petramorella venne a sapere dell'eccidio, abbattutosi su Acri ad opera delle bande del Jaccapitta, lasciò tutto ed andò alla ricerca di aiuto per la sua città. Trovatolo nel Generale Lamarque,si mise in cammino a marcie forzate insieme ad un buon contingente di armati, entrò a Cosenza il 28 agosto 1806 e il 30 agosto ad Acri. I briganti furono presi dagli uomini del Generale Lamarque e del generale Verdier Dopo la presa del Jaccapitta e dei suoi uomini e la loro esecuzione, scrisse Padula:
«Il sole parve più bello, il cielo si rasserenò. Il sangue degl'innocenti era espiato, la giustizia di Dio era soddisfatta!»
Nel 1813, aprì nella sua residenza una piccola accademia, detta la "Scuola di Insegnamento morale" convinto che l'ignoranza e la superstizione del popolo si combattono con un'adeguata istruzione. L'accademia però durò poco perche i Borboni, che ritornarono al potere nel 1815, la chiusero. Fu questo per il Giannone un durissimo colpo, che ne 1829 lo indusse a rinuciare alla carica di Giudice regio e si iscrisse alla Carboneria.
Per sua iniziativa ad Acri sorsero due Logge Massoniche, una nel convento di san Domenico,e l'altra nel convento di San Francesco da Paola, rimasti abbandonati dopo l'eccidio perpetuato del 1806. Fu Gran Maestro della Loggia di San Francesco. Utlizzò le logge per potere istruire i cittadini, inoltre usò come aula di insegnamento la cappella rurale di La Mucone. Riuscì a conciliare la sua posizione di Gran Maestro della Loggia con la sua forte fede cattolica.
Morì ad Acri a 95 anni il 1º settembre del 1867. Vincenzo Padula commentò gli ultimi attimi della sua vita così:
«Volle aperte le finestre. Respirò avidamente l'aria novella e disse: Che bella giornata!. Poi abbracciò devotamente il Crocefisso e se lo tenne lungo sul petto, finalmente soggiunse: datemi un po’ di tabacco. E spirò!»

▪ 1901 - Vito Leto (Ciminna, 21 febbraio 1838 – New York, 1 settembre 1901) è stato un presbitero e inventore italiano. Realizzò degli oggetti che potevano essere utilizzati per i trasporti, per l'insegnamento, per il commercio ma non riuscì a brevettare neanche una sua invenzione.

Invenzioni
Ordinato nel 1883, lo stesso anno inventò l'avvisatore automatico e il sorvegliatore elettro-automatico, due dispositivi di sicurezza per i treni. Poco dopo, inventò anche il sillabatropio, che era utile nell'insegnamento nelle scuole elementari. Queste tre invenzioni vennero apprezzate e anche elogiate pubblicamente dall'Università di Palermo, senza però fornirgli alcun guadagno.
L'invenzione della scrutinatrice Leto, una macchina che accelerava le operazioni di voto e di scrutinio, gli valse anche una lode da re Umberto I di Savoia, ma neanche in questo caso il sacerdote poté brevettarla.
Emigrato negli Stati Uniti, creò il contamonete, un apparecchio utile ai commercianti per ordinare il denaro. Gli fu offerto di brevettarlo, ma morì qualche giorno prima di firmare il contratto.

* 1903 - Charles-Bernard Renouvier (Montpellier, 1º gennaio 1815 – Prades, 1º settembre 1903) è stato un filosofo francese.
Fu iniziatore e massimo rappresentante del neocriticismo francese, fu anche maestro di Octave Hamelin.

Pensiero (fenomenologia)
Il tema fondamentale della filosofia di Renouvier è dato dall'esigenza di rivendicare la libertà individuale, compromessa dai sistemi sia idealistici, sia positivistici. Ne deriva una filosofia nella quale campeggiano il finito, il fenomeno e la persona. Renuovier nega ogni opposizione di fenomeno e cosa in sè, di categorie che organizzano nella conoscenza gli oggetti, e di oggetti organizzati, perché considera le categorie come fatti di ordine generale, relazioni tra i fenomeni (relativismo fenomenista).
Si tratta sostanzialmente di un kantismo, risultante da una evidente correzione e semplificazione della dottrina kantiana, perché si pone al di là del dualismo di soggetto conoscente e mondo oggettivo.

Pensiero (relazione)
La categoria fondamentale di Renouvier è la relazione, di cui le altre sono specificazioni. Tra queste ha rilievo particolare la personalità, che è come la soggettivizzazione della relazione; essa è infatti un centro attivo che mette in relazione i fenomeni, che istituisce nuove serie di relazioni. Quanto poi alla definizione generale di questo mondo pluralistico e relativistico, essa è per Renouvier una definizione razionale; e tuttavia poggia su una visione morale del mondo, su una credenza razionale.

Pensiero (neocriticismo)
Le verità oggettive non sono scindibili dall'atteggiamento della persona, dalla stessa fede del suo destino morale. Da queste premesse morali si sviluppano i temi della religione e della filosofia della storia. Renouvier ha una sua teologia, che parla di un dio finito, tale da non incidere sulla libertà della persona.
Nella prima fase della sua filosofia, Renouvier ebbe simpatia per il politeismo. In sostanza la sua teologia nasce dall'esigenza di garantire l'ordine morale del mondo. Circa la filosofia della storia, Renouvier polemizza contro le filosofie della storia che pretendono di mostrare una necessità degli avvenimenti e scrive un'opera, Uchronie, cioè una storia utopistica della civiltà europea diversa da quella realmente accaduta, e a questa superiore nei risultati etico-politici. In questa questa «storia apocrifa dello sviluppo della civiltà europea, quale avrebbe potuto essere e non è stata» l'Europa infatti vivrebbe in uno stato di pace e di giustizia sociale; la tolleranza avrebbe preso il posto delle guerre religiose; le libertà e la moralità avrebbero preso il sopravvento sulle tendenze bellicose nazionali e internazionali.

▪ 1906 - Giuseppe Giacosa (Colleretto Parella, 21 ottobre 1847 – Colleretto Parella, 1 settembre 1906) è stato un drammaturgo italiano.
Dopo essersi messo in luce con drammi come La partita a scacchi (1871) e Il marito amante della moglie (1871) impacciati dall'ambientazione storica (un medioevo romanzesco e retorico nella prima - che tuttavia ebbe un ottimo riscontro presso il pubblico - un Settecento alquanto manierato nell'altra), Giacosa, influenzato dal naturalismo e dalla commedia francese, si accosta al dramma di ambiente borghese. In Tristi amori (1887), I diritti dell'anima (1894), Come le foglie (1900), Il più forte (1904), non senza ritornare all'ambientazione storica e a toni tardoromantici con La signora di Challant (1891), si fa interprete dell'inquietudine e del disagio morale del mondo borghese, indagandolo nei toni dimessi e misurati di una rappresentazione che fa emergere il dramma, in modo apparentemente banale, dai particolari della minuziosa descrizione ambientale.
L'attività di librettista di Giacosa si limita all'adattamento della Partita a Scacchi per Pietro Abbà Cornaglia e alla collaborazione con Luigi Illica per le tre opere che Giacomo Puccini compose tra il 1893 e il 1904: La bohème, Tosca e Madama Butterfly.
A Giacosa è riservata l'elaborazione dei momenti propriamente lirici nell'ambito dello sviluppo drammatico dell'opera, e la versificazione della trama predisposta da Illica, certamente più smaliziato quanto a conoscenza dei meccanismi peculiari del teatro musicale. Non c'è dubbio che la sua inclinazione per un intimismo naturalista largamente tradotto in analisi psicologica e in particolare la sua sensibilità nei confronti delle figure femminili gli rendano congeniale il mondo creativo di Puccini.
Non stupisce, del resto, che si senta a proprio agio con La Bohème e provi al contrario fastidio per "un dramma di grossi fatti emozionali, senza poesia" (Gara, p. 151) come Tosca, che giudica inadatto alla musica. Giacosa è un preciso punto di riferimento per Puccini e Illica durante la complicata gestazione di un libretto: il suo prestigio ed il suo buon carattere devono spesso intervenire a comporre i dissidi tra i più giovani ed impulsivi collaboratori (Puccini lo chiama scherzosamente "Buddha" per il suo equilibrio oltre che per la figura corpulenta).
Ciò nonostante lo stesso Giacosa giunge in più di un'occasione a minacciare la rinuncia al proprio incarico, infastidito per le continue richieste di rifacimenti, per le scadenze di cui gli si sollecita il rispetto e soprattutto per il fatto di dover trascurare il proprio lavoro di drammaturgo in favore di un'attività nella quale le sue capacita di letterato sono subordinate alle necessità pratiche del teatro musicale: il 2 ottobre 1893 scrive a Giulio Ricordi:
«Voi mi dite di saper compatire alle lentezze del lavoro d'arte. Ma il guaio è che quello che vo facendo intorno a quel libretto non è lavoro d'arte, ma di pedanteria minuziosa, indispensabile e faticosissima. È lavoro che va fatto assolutamente, è lavoro che richiede un artista, ma è lavoro senza stimoli e senza calore interno. Il lavoro d'arte ha le sue ore penose e laboriose, ma in compenso ha le sue ore di getto nelle quali la mano è lenta a seguire il pensiero. Qui nulla che sollevi lo spirito. Vi assicuro che a tale impresa, a volerla condurre con coscienza, non mi ci metterei più, per nessunissimo prezzo.»
La morte di Giacosa pone fine a una felice stagione creativa, basata sui precisi equilibri di una collaborazione che non sarà possibile ricreare: senza di lui, la collaborazione tra Puccini e Illica si rivelerà impossibile. E quest'ultimo, che di Giacosa riconobbe sempre l'indiscutibile statura di artista, non accetterà in seguito di essere affiancato da altri letterati.

▪ 1970 - François Charles Mauriac (Bordeaux, 11 ottobre 1885 – Parigi, 1º settembre 1970) fu uno scrittore e giornalista francese, premio Nobel per la letteratura nel 1952; vincitore del Grand Prix du Roman, fu anche membro dell'Académie française, giornalista e critico letterario per Le Figaro e decorato con la Legion d'onore.
Nacque in una famiglia composta da cinque fratelli, un padre agnostico e repubblicano e una madre cattolica. La madre Claire, rimase vedova all'età di ventinove anni e educò i figli in una austera atmosfera religiosa.
Mauriac studiò al Grand-Lebrun diretto dai padri Marianiti e mostrò una grande passione per alcuni grandi autori francesi, come Pascal, Baudelaire, Balzac e Racine.
Il suo esordio avvenne grazie ad un articolo scritto per La vie fraternelle, voce del movimento cattolico Sillon, di impronta oparaia e popolare.
Ottenuta la licence in lettere nel 1906 si trasferì a Parigi per partecipare al concorso all'École des Chartres, che vinse e che gli aprì la carriera di insegnante.
Ma nel 1909 decise di dedicarsi anima e corpo alla letteratura, pubblicando la raccolta di poesie intitolata Les Mains jointes (1909), seguita dal romanzo L'Enfant chargé de chaînes.
Già in queste prime opere si delineò l'ispirazione religiosa anche se i toni furono ancora sfumati.
Nel 1913 si sposò con Jeanne Lafon e dopo l'inizio della prima guerra mondiale ottenne l'esenzione per motivi di salute.
In quegli anni Mauriac si dedicò con passione anche all'attività di giornalista, collaborando con Gaulois e Le Figaro e si impegnò come promotore di un manifesto destinato ai cattolici affinché si dissociassero dal franchismo.
In romanzi come Il bacio al lebbroso (1922), Teresa Desqueyroux (1927), Groviglio di vipere (1932), si fece denunciatore spietato e giudice intransigente dell'avarizia, orgoglio, odio, sensualità, avidità, materialismo e brama di dominare che travolgono la borghesia di provincia, lontana da ogni possibilità di riscatto.
Temi che permeano anche la sua produzione teatrale: ricordiamo Asmodeo del 1937 al quale fecero seguito Amarsi male (Mal aimés, 1945), Passaggio del diavolo (Le passage du Malin, 1947), Il fuoco sulla terra (Le feu sur la terre, 1950).
Mauriac mise il cattolicesimo, il moralismo ed il fariseismo alla base della sua opera.
Egli critica il grigio mondo borghese in nome di valori religiosi, non esita a contrapporre alla rinuncia cristiana l'istintivo impulso a una vita piena.
Soprattutto al centro della sua disamina critica vi fu la famiglia ed i rapporti famigliari, presi come riferimento emblematico per il degrado e il deterioramento dei valori e del senso di vita. Il pessimismo cronico di Mauriac si rivelò necessario per evidenziare il carattere mostruoso dei suoi personaggi, che l'autore ritiene presente in ognuno di noi.
Assieme a Georges Bernanos, Karl Barth, Maritain Gabriel Marcel, redasse articoli per la rivista Temps présent
Ai personaggi avvolti in una nube di zolfo dei romanzi, egli alternò ritratti più distaccati in saggi critici su Racine, Pascal, Gesù.
Numerosi furono pure i suoi studi sui problemi psicologici del credente, tra i quali Sofferenza e gioia del cristiano (1931), Brevi saggi di psicologia religiosa (1933), così come fondamentali risultarono i suoi saggi dottrinali Giovedì Santo (1931) e La pietra dello scandalo (1948).
Durante la seconda guerra mondiale si oppose al governo di Vichy e si avvicinò alle posizioni del generale De Gaulle, al quale dedicherà un'opera biografica intitolata De Gaulle.
Per lo stile fluido e ricco di immagini, per la coerenza e dirittura morale ma soprattutto perché trattò temi universali gli fu conferito il premio Nobel per la letteratura del 1952.
Nel maggio 1955 Mauriac stimolò Elie Wiesel a scrivere delle sue esperienze di internato nei campi di concentramento nazionalsocialisti di Auschwitz e Buchenwald - tale pressione portò Wiesel a pubblicare, nel 1958, una delle sue opere più famose: La notte.
Si schierò per la decolonizzazione dell'Algeria.

▪ 1981 - Albert Speer (Mannheim, 19 marzo 1905 – Londra, 1º settembre 1981) è stato un architetto tedesco. Fu architetto personale di Adolf Hitler ed autore dei maggiori progetti monumentali ed urbanistici promossi personalmente dal capo del nazismo, delle cui idee architettoniche ed artistiche si fece originale interprete, ottenendo per ciò anche un riconoscimento internazionale quale la medaglia d'oro per il suo Padiglione della Germania all'Esposizione universale di Parigi del 1937.
Semplice iscritto al Partito nazista sin dal 1931, nel 1942, a seguito della tragica morte di Fritz Todt, fu improvvisamente nominato da Hitler ministro degli armamenti della Germania nazista. Svolse tale incarico con straordinario successo grazie alle sue eccezionali doti organizzative. Conservò l'incarico nel governo di Karl Doenitz anche dopo il suicidio di Hitler[1], sebbene questi lo avesse destituito nel suo testamento per l'attiva opposizione dell'architetto alla politica della "terra bruciata", decisa da Hitler il 19 marzo 1945.
Arrestato dagli Alleati il 23 maggio 1945, fu processato a Norimberga e, riconosciuto colpevole per lo sfruttamento di manodopera in stato di schiavitù presso le industrie belliche tedesche, si assunse - unico tra gli imputati - la completa responsabilità morale per lo sterminio degli ebrei e fu condannato a 20 anni di reclusione, scontati nel carcere di Spandau.
Dopo la liberazione, il 1 ottobre 1966, abbandonato il progetto di tornare ad esercitare la professione di architetto, pubblicò diversi libri, tra i quali due best seller, "Memorie del Terzo Reich" e "Diari segreti di Spandau", entrambi oggetto di notevole interesse anche tra gli storici, ai cui studi Speer si rese sempre personalmente disponibile. Dopo la morte, avvenuta improvvisamente mentre si trovava a Londra per essere intervistato in un programma della BBC, il suo editore rivelò che l'80% di tutti i proventi da diritti d'autore sulle sue opere era stato anonimamente destinato ad associazioni di assistenza ebraica per decisione dello stesso Speer.