Associazione Cultura Cattolica

Il calendario del 7 Settembre

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

▪ 1191 - Terza Crociata: Battaglia di Arsuf - Riccardo I d'Inghilterra sconfigge Saladino ad Arsuf

▪ 1776 - Primo attacco sottomarino della storia. Il sommergibile americano Turtle tenta di fissare una bomba a orologeria alla chiglia dell'ammiraglia britannica Eagle, dell'ammiraglio Richard Howe, nel Porto di New York

▪ 1812 - Guerre napoleoniche: Battaglia di Borodino - Napoleone Bonaparte sconfigge l'esercito russo di Alexander I nei pressi del villaggio di Borodino

▪ 1818 - Jean-Baptiste Jules Bernadotte (Carlo XIV di Svezia) viene incoronato anche re di Norvegia a Trondheim con il nome di Carlo III

▪ 1822 - Il Brasile dichiara l'indipendenza dal Portogallo

▪ 1860 - Giuseppe Garibaldi entra a Napoli con l'esercito dei mille

▪ 1893 - Nasce il Genoa Cricket and Football Club, prima squadra di calcio in Italia

▪ 1901 - Finisce ufficialmente in Cina la Ribellione dei Boxer, con la firma del Protocollo di Pechino

▪ 1904 - Alla olimpiade di St. Louis lo schermitore cubano Ramón Fonst vince la medaglia d'oro nel Fioretto e nella Spada

▪ 1911 - Il poeta francese Guillaume Apollinaire viene arrestato e imprigionato poiché sospettato di aver rubato la Monna Lisa dal museo del Louvre

▪ 1940 - Seconda guerra mondiale: Il Blitz - La Germania nazista inizia a tempestare di bombe Londra. Questa fu la prima di 57 notti consecutive di bombardamenti aerei

▪ 1953 - Nikita Khruščёv diventa capo del Comitato Centrale dei Soviet

▪ 1965 - Guerra del Vietnam: Come continuazione dell'Operazione Starlight effettuata ad agosto, i Marines statunitensi e le forze del Vietnam del Sud iniziano l'Operazione Pirahna, sulla Penisola di Batangan, 37 km a sud della base navale di Chu Lai

▪ 1977 - Vengono firmati dei trattati tra Panama e gli Stati Uniti sullo status del Canale di Panama. Gli USA concordano nel trasferire il controllo del canale a Panama, alla fine del XX secolo

▪ 1979 - La Chrysler Corporation chiede al governo degli Stati Uniti 1 miliardo di dollari per evitare la bancarotta

▪ 1986 - Desmond Tutu diventa il primo nero a guidare la Chiesa Anglicana in Sudafrica

▪ 1987 - A Copenaghen viene ratificato un accordo multilaterale tra 13 paesi europei per la diffusione del GSM

▪ 1988 - Abdul Ahad Mohmand, il primo afgano nello spazio, rientra a terra a bordo della navetta sovietica Soyuz TM-5, dopo nove giorni passati sulla stazione spaziale Mir

▪ 1996 - A Las Vegas (Nevada), l'attore e musicista Tupac Shakur viene colpito ripetutamente con colpi di arma da fuoco, dopo aver assistito ad un incontro di pugilato

▪ 1997 - Primo volo di prova dell'F/A-22 Raptor

Anniversari

▪ 1921 - Anna Eugenia Picco (Crescenzago, 8 novembre 1867 – Parma, 7 settembre 1921) è stata una religiosa e mistica italiana, superiora generale della congregazione delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, venerata come beata dalla Chiesa cattolica.
"Come Gesù ha scelto il pane, cosa tanto comune, così deve essere la mia vita, comune... accessibile a tutti e, in pari tempo, umile e nascosta, come è il pane".
Queste parole di Eugenia Picco scaturiscono da una lunga contemplazione di Gesù, Pane di vita, spezzato per tutti.
A questa contemplazione Eugenia arriva dopo lungo e sofferto cammino.
Nasce a Crescenzago (Milano) l'8 novembre 1867 da Giuseppe Picco e Adelaide Del Corno. Il padre è un valido musicista de «La Scala» di Milano, cieco. La madre è una donna frivola, che non ama il marito, ma ama il denaro, il successo e i viaggi. Eugenia è spesso affidata ai nonni e incontra i genitori solo nelle brevi soste che si concedono tra una tournée e l'altra, fino a quando un giorno la madre torna sola, senza il marito, facendolo credere morto.
Del padre, Eugenia non saprà più nulla. Da questo momento la madre costringe la figlia ad andare ad abitare con lei e con il suo convivente, dal quale, in seguito, avrà altri due figli. Eugenia cresce in un ambiente irreligioso e moralmente guasto, dovendo fare i conti con i desideri mondani della madre che la vuole cantante di successo e con il convivente della madre che la molesta e infastidisce spesso.
«Pericoli ed occasioni in casa e fuori» dirà Eugenia ricordando quei tribolati anni e quella «istintiva» forza di pregare, di sollevare lo sguardo in alto, nel silenzio dell'austera basilica di Sant'Ambrogio di Milano, dove ogni giorno si reca ad invocare Dio, quasi senza conoscerlo.
E una sera del maggio 1886, Eugenia sente in sé la chiamata alla santità e da quell'istante mirerà, con alacrità e fedeltà, non mai smentite, alla perfezione.
A vent'anni, Eugenia decide di volere Gesù, la santità. Entra nella ancor giovane Famiglia Religiosa delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, fuggendo da casa il 31 agosto 1887, subito accolta, compresa, amata dal Fondatore, il venerabile Agostino Chieppi.
Il 26 agosto 1888 inizia il noviziato e il 10 giugno 1891 emette la prima professione religiosa nelle mani dello stesso Fondatore. Fa la professione perpetua il primo giugno 1894.
Semplice e umile, fedele e generosa, senza riserve si dona alle alunne del Convitto delle quali è insegnante di musica, canto e francese; alle novizie di cui è madre e maestra; alle consorelle attraverso il servizio di archivista, di Segretaria generale e di Consigliera. Nel giugno 1911 viene eletta Superiora generale e rimane in carica fino alla morte.
Donna coraggiosa, fa voto di compiere con perfezione serena e tranquilla i doveri di Superiora e questo per il compimento della volontà di Dio.
Animatrice saggia e prudente della Congregazione delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, durante il suo governo svolge un'azione illuminata e prudente per una definitiva sistemazione dell'Istituto, proponendosi di fissare gli indirizzi che erano stati trasmessi dal Fondatore.
È madre per tutti, specialmente per i poveri, per i piccoli, per gli emarginati che serve con carità generosa e instancabile. Il bisogno e i drammi dei fratelli durante la grande guerra del 1915-1918 le aprono ancor più il cuore per farsi accoglienza di ogni gemito, dolore, preoccupazione sociale o privata.
Il suo sostegno principale, il fulcro vitale della sua vita interiore e di tutta l'opera e l'azione apostolica è per Suor Eugenia l'Eucaristia, suo grande amore, centro della sua pietà, cibo, conforto e gaudio delle sue giornate dense di preghiera e di fatica.
Il Cristo infonde in lei il suo zelo per la salvezza delle anime, il suo fervente desiderio di ricondurre tutti alla Casa del Padre ed è nel suo ardente amore per Cristo che si trova la spiegazione della sua incessante attività caritativa.
Di salute debole, in un corpo minato dalla tisi ossea che, nel 1919, la porta all'amputazione dell'arto inferiore destro, Suor Eugenia si offre disponibile al compimento del disegno del Padre, pronta ad ogni immolazione, dimostrandosi sempre l'amica sorridente di Cristo, dei fratelli e del mondo.
Questo dinamismo, che concentra tutti i suoi desideri, tutta la sua volontà in Dio, questa risoluzione decisa di tendere alla perfezione, espressa da una vita di mortificazione, di purezza, di obbedienza, di eroismo di opere virtuose, vivendo l'ordinario più umile in modo straordinario, è il clima in cui si svolge l'esistenza di Suor Eugenia Picco.
Nella malattia e nella morte dà compimento alla sua totale consacrazione a Dio. Suor Eugenia muore santamente il giorno 7 settembre 1921.
La sua fama di santità si conserva, anzi andrà aumentando dopo la morte. Ovunque si sentono espressioni di devota ammirazione e venerazione per Suor Eugenia, vista da tutti come esempio di straordinaria virtù e come modello di pietà, di zelo, di prudenza, di spirito di sacrificio e di saggezza.
Iniziato il Processo di Beatificazione nel settembre 1945, il 18 febbraio 1989 fu riconosciuto l'esercizio eroico delle virtù e il 20 dicembre 1999 fu pubblicato il Decreto sul miracolo, attribuito alla sua intercessione e che riconosce la guarigione prodigiosa di Camillo Talubingi Kingombe della diocesi di Uvira (ex Zaire) avvenuta il 25 agosto 1992.
Il 7 ottobre 2001, Giovanni Paolo II la proclama «beata».
La luce che ha accompagnato i passi di Eugenia bambina, guardata solo da Dio, la luce balenata all'improvviso nei giorni della sua giovinezza, la luce che l'ha condotta alla santità, la luce che, attraverso lei, ha raggiunto la vita di tanti fratelli e tante sorelle disorientati e confusi, diventa messaggio per l'oggi, dove si insiste tanto sui condizionamenti psicologici negativi, che possono provenire da situazioni difficili, senza forse tener conto adeguatamente di quello che può la grazia accolta e assecondata

* 1962 - Karen Christentze Dinesen, baronessa von Blixen-Finecke (Rungsted, 17 aprile 1885 – Copenaghen, 7 settembre 1962), fu una scrittrice e pittrice danese, che fu nota in carriera con vari pseudonimi, il più famoso dei quali è Karen Blixen, anche se pubblicò opere con il nome di Isak Dinesen (suo cognome di nascita), Tania Blixen, Pierre Andrèzel e ancora Osceola.

La "sua" Africa
Nel 1913, il 2 dicembre, decide di partire per l'Africa insieme al cugino, il barone svedese Bror von Blixen-Finecke col quale nel frattempo si era fidanzata, con lo scopo di acquistare una fattoria, per vivere lontano dalla civiltà e provare nuove emozioni. Nel 1914 sposa il cugino Bror a Mombasa ed insieme acquistano una piantagione di caffè ai piedi delle colline di N'Gong, vicino a Nairobi, e vi si trasferiscono iniziando l'avventura da tanto tempo sognata.
Il matrimonio termina nel 1921 con il divorzio e Karen resta da sola a dirigere la piantagione che ormai è la sua ragione di vita. Una grande crisi del mercato del caffè la costringe però a chiudere la fattoria nel 1931 e a far ritorno quindi in Danimarca il 31 agosto dello stesso anno. Non tornerà mai più nella sua amata Africa e si dedicherà con passione alla scrittura. Le resterà sempre però una grande nostalgia per la sua terra africana.
La Blixen collaborò col giornale di sinistra Politiken come corrispondente da Berlino durante l'anno 1940 e nel 1941 da Helsinki e scrisse Lettere da un paese di guerra.

Sette storie gotiche
Usando lo pseudonimo di Isak Dinesen scrisse il lavoro che le avrebbe portato il successo: Sette storie gotiche, una raccolta di sette racconti pubblicata sia in America che in Inghilterra nel 1934. Tre anni dopo, nel 1937, scrisse quello che sarebbe rimasto il suo capolavoro e col quale resterà famosa nel panorama letterario del XX secolo: La mia Africa, una sorta di diario dove racconta i suoi anni passati in Kenia e i suoi rapporti con la natura e con i nativi del posto dei quali ammira il modo di vivere.
Negli anni che trascorse in Danimarca la sua salute fu molto cagionevole e passò lunghi periodi in ospedale a causa di una grave malattia venerea, la sifilide, che aveva contratto dal marito. Negli ultimi anni di vita fu costretta a dettare i suoi romanzi alla segretaria a causa della malattia che non le consentiva di stare seduta. La fine arriverà il 7 settembre 1962 all'età di settantasette anni.
I suoi ricordi africani, le fotografie e le lettere del suo amato Denys, la sua scrivania e molti oggetti personali sono conservati nella sua casa, divenuta museo nel 1991 grazie agli introiti del film tratto dal romanzo La mia Africa. Nel museo si possono ammirare anche diversi quadri dipinti dalla stessa Blixen.
Nonostante diverse candidature al premio Nobel per la letteratura, Karen Blixen non lo vinse mai; dopo la desecretazione cinquantennale degli archivi della commissione, all'inizio del 2010 è emerso che i giurati preferirono scegliere altri scrittori piuttosto che la Blixen per non suscitare polemiche su presunti favoritismi verso autori scandinavi.

Trasposizioni cinematografiche
Dal racconto La storia immortale, contenuto nella raccolta Capricci del destino, è stato tratto nel 1968 il film Storia immortale scritto e diretto da Orson Welles. Lo stesso racconto è stato anche oggetto di rappresentazioni teatrali.
Dal racconto Ehrengard, pubblicato postumo, è stato tratto nel 1982 l'omonimo film diretto da Emidio Greco.
Dal racconto Il pranzo di Babette, contenuto nella raccolta Capricci del destino, è stato tratto nel 1987 l'omonimo film, vincitore dell'Oscar al miglior film straniero.
Dal romanzo La mia Africa è stato tratto nel 1985 l'omonimo film diretto da Sydney Pollack, vincitore di sette Premi Oscar 1986.

▪ 1968 - Lucio Fontana (Rosario, 19 febbraio 1899 – Comabbio, 7 settembre 1968) è stato un artista, pittore e scultore italiano, fondatore del movimento spazialista.
Sin dal 1949, infrangendo la tela con buchi e tagli, egli superò la distinzione tradizionale tra pittura e scultura. Lo spazio cessò di essere oggetto di rappresentazione secondo le regole convenzionali della prospettiva. La superficie stessa della tela, interrompendosi in rilievi e rientranze, entrò in rapporto diretto con lo spazio e la luce reali.
Le sue tele monocrome, spesso dipinte a spruzzo, portano impresso il segno dei gesti precisi, sicuri dell'artista che, lasciati i pennelli, maneggia lame di rasoio.
Tutto è giocato sulle ombre con cui, specie la luce radente, sottolinea le soluzioni di continuità.
Nato in Argentina, dove visse fino a sei anni e tornò durante la seconda guerra mondiale, Fontana giunse alla sua poetica meditando la lezione del barocco, in cui, come egli scrisse le figure pare abbandonino il piano e continuino nello spazio.
Del movimento spazialista egli fu il fondatore e il più noto rappresentante, presto affermato anche sul piano internazionale.
Come gesti apertamente provocatori vanno intese certe sue tele monocrome che, quali i buchi ed i tagli, scandalizzarono il pubblico anche per la facilità con cui è possibile rifarle.
Numerosi furono infatti i falsari, ma pochi con un segno altrettanto sicuro. Fontana, per cautelarsi, scrisse sul retro di ogni tela frasi insensate, semplice appiglio per una perizia calligrafica.
La moglie Teresita Rasini, nel 1982, ha dato vita alla Fondazione Lucio Fontana.
Il 12 Aprile 2008 nella sala d’asta di Christie’s a Londra l'opera dell'autore "Concetto spaziale, Attesa", stimata tra i 3,5 e i 5,5 milioni di sterline, è stata aggiudicata nell’asta Post-War and Contemporary Art a 6.740.500 sterline, pari a 9.018.789 euro.

▪ 2005 - Sergio Endrigo (Pola, 15 giugno 1933 – Roma, 7 settembre 2005) è stato un cantautore italiano. Ha vinto il Festival di Sanremo 1968 con Canzone per te, è arrivato secondo nel 1969 con Lontano dagli occhi e terzo nel 1970 con L'arca di Noè; nel corso della sua carriera ha collaborato con poeti come Pier Paolo Pasolini, Vinicius de Moraes e Giuseppe Ungaretti e con musicisti come Toquinho ed il premio Oscar Luis Bacalov.

«La solitudine che tu mi hai regalato / io la coltivo come un fiore»(Sergio Endrigo, Canzone per te)

Nato a Pola dal pittore e scultore Romeo Endrigo (anche tenore autodidatta) e da Claudia Smareglia, trascorse l'infanzia in Istria. Nel febbraio 1947 fu costretto, a causa delle vicende seguenti alla fine della seconda guerra mondiale, ad abbandonare la città natale insieme alla madre (il papà era morto nel 1939) e a trasferirsi come profugo prima a Brindisi e poi a Venezia (vicende queste che anni dopo racconterà nella sua canzone intitolata 1947).
Per aiutare economicamente la mamma, interruppe gli studi ginnasiali ed iniziò a lavorare (tra l'altro anche come "lift-boy" in un hotel e come fattorino alla Mostra del Cinema); incominciò in questo periodo anche a suonare la chitarra, ed in breve tempo trovò un ingaggio come cantante e contrabbassista in varie orchestre, tra cui quella di Ruggero Oppi, fino ad entrare nel complesso di Riccardo Rauchi, e fu appunto con quest'orchestra che avvenne il suo debutto discografico nel 1959, con un 45 giri extended play che includeva Non occupatemi il telefono e Ghiaccio bollente.
Incise poi, nello stesso anno, per le Edizioni musicali Ariston, usando lo pseudonimo Notarnicola, un disco con due successi della casa editrice, Arrivederci e Nuvola per due (scritti entrambi da Umberto Bindi per la musica e da Giorgio Calabrese per il testo).
Nel 1960, dopo aver superato il provino con il maestro Giampiero Boneschi firmò un contratto come cantante con la Dischi Ricordi, che lo dirottò alla sottoetichetta Tavola Rotonda.
Fu proprio Nanni Ricordi a spingerlo a scrivere qualche pezzo: la sua prima canzone è stata Bolle di Sapone, cui seguirono I tuoi vent’anni, La brava gente e Chiedi al tuo cuore che, seppure scritte da Endrigo, furono firmate da Mariano Rapetti, il padre di Mogol, con lo pseudonimo "Calibi", e dal maestro Renato Angiolini con lo pseudonimo "Toang".

I primi successi
Nel 1962 abbandona la Ricordi per la RCA, seguendo il suo produttore Nanni Ricordi, ed è proprio in quell'anno che viene pubblicata una delle sue canzoni più famose, "Io che amo solo te", brano d'amore con una bella musica che, nel corso degli anni, ha conosciuto svariate versioni (ricordiamo in particolare quelle di Mina, Ornella Vanoni, Marisa Sannia, Gino Paoli, Enzo Jannacci, Claudio Baglioni, Fiorella Mannoia).
Nello stesso anno uscì il suo primo LP da solista (ne aveva pubblicato uno nel 1959 con l'orchestra di Rauchi), intitolato semplicemente Sergio Endrigo che comprendeva oltre a Io che amo solo te ovviamente, altri classici come, Vecchia balera, La periferia, Il soldato di Napoleone (su testi di Pier Paolo Pasolini tratti dalla raccolta La meglio gioventù), Aria di neve, Via Broletto 34 (canzone che narra di un omicidio passionale), Viva Maddalena, I tuoi vent'anni.
Nel 1963 seguì un secondo LP dal titolo Endrigo, con altri classici come Se le cose stanno così, Annamaria, La rosa bianca (traduzione della parte centrale di una poesia tratta dalla raccolta "Versos sencillos" del grande poeta cubano José Martì e che darà vita alla famosissima canzone "Guantanamera"), Era d'estate, La guerra.

Nel 1965 lasciò la RCA per la Fonit Cetra; compose uno dei suoi brani più belli e famosi, "Te lo leggo negli occhi" (interpretato da Dino e da Giorgio Gaber e poi, trent'anni dopo, da Franco Battiato).
Su 45 giri pubblicò quell'anno due grandi successi: in estate "Mani bucate", e in autunno "Teresa", brano che venne censurato dalla Rai per i contenuti del testo, dove si parlava di una relazione con una ragazza non più vergine, argomento all'epoca piuttosto scabroso.

I successi sanremesi
Debuttò al Festival di Sanremo nel 1966 con Adesso sì (che in quello stesso anno venne incisa anche da uno sconosciuto Lucio Battisti in una raccolta sanremese della Dischi Ricordi, divenendo la sua primissima incisione).
Sempre nel 1966 uscì il terzo LP che si intitolava di nuovo Endrigo e comprendeva, oltre ad Adesso si, canzoni come Mani bucate, La donna del Sud, La ballata dell'ex (canzone che tratta il tema della guerra partigiana e della fine delle speranza che aveva alimentato la lotta a causa della continuità tra l'Italia di prima della guerra e quella degli anni '50), Girotondo intorno al mondo, Teresa, Dimmi la verità. Nel 1967 fu ancora a Sanremo con Dove credi di andare, abbinato con Memo Remigi. L'anno seguente ottenne la vittoria con Canzone per te in coppia con Roberto Carlos. L'opinione che la vittoria fosse una sorta di riparazione alla tragica scomparsa, l'anno precedente, di Luigi Tenco, resa attraverso la vittoria ad un esponente della canzone d'autore, tenne banco per diverso tempo, tra alcuni addetti ai lavori. Lo stesso anno Endrigo partecipò anche all'Eurofestival con Marianne.
Nello stesso anno il nuovo LP, sempre intitolato Endrigo, comprendeva oltre alla vincitrice di Sanremo e Marianne, classici come La Colomba, Il primo bicchiere di vino, Dove credi di andare, Anch'io ti ricorderò, Perché non dormi fratello, Il dolce paese, Il treno che viene dal Sud.
Nel 1969 Endrigo arrivò secondo a Sanremo, cantando in coppia con la gallese Mary Hopkin la sua Lontano dagli occhi. L'anno successivo si classificò terzo con L'arca di Noè cantata assieme a Iva Zanicchi.
Di minore riscontro fu la sua settima partecipazione consecutiva nel 1971, quando si posizionò undicesimo con Una storia, abbinato con i New Trolls che ne diedero una versione in stile rock-progressivo. Endrigo quindi tornò a calcare il palcoscenico sanremese nel 1974 con Elisa Elisa, nel 1976 con Quando c'era il mare e l'ultima volta nel 1986, con Canzone italiana, che a differenza di tutte le altre con le quali aveva gareggiato in passato, non era scritta da lui ma da Claudio Mattone.

Le canzoni per bambini
Endrigo interpretò anche alcune canzoni per bambini come La casa (testo e musica originali di Vinicius de Moraes, tradotta da Sergio Bardotti) e contenuta nell'album La vita, amico, è l'arte dell'incontro (1969): quest'ultimo è inciso con i due poeti Vinicius de Moraes e Giuseppe Ungaretti (che nel disco recita alcune liriche di Vinicius tradotte) e molti musicisti come il chitarrista brasiliano Toquinho, Maurizio De Angelis, il batterista Enzo Restuccia e Giovanni Tommaso.
Sempre con la collaborazione di Vinicius incide nel 1972 un disco di canzoni per bambini dedicate agli animali, "L'arca", con la partecipazione in alcune canzoni di Marisa Sannia, Vittorio De Scalzi dei New Trolls e dei Ricchi e Poveri: ricordiamo "La papera", "La pulce" ma soprattutto la celebre "Il pappagallo".
L'anno successivo mette in musica (con la collaborazione di Luis Bacalov) alcune poesie per bambini di Gianni Rodari nell'album Ci vuole un fiore: tutti quelli che sono stati bambini negli anni '70 ricordano la canzone omonima ("Per fare un tavolo ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole l'albero..."), ma celebri sono anche "Il signore di Scandicci" e "Mi ha fatto la mia mamma".
In tutte queste canzoni, comunque, Sergio Endrigo è riuscito sempre a mantenere un alto livello qualitativo nei testi e nelle musiche, senza mai cadere nel banale come, a volte, è successo ad altri autori che si sono cimentati in brani per bambini.

Endrigo scrittore
Sergio Endrigo ha scritto il romanzo autobiografico Quanto mi dai se mi sparo? edito da Stampa Alternativa, che è stato ristampato nel 2004.

Omaggi
I Gufi hanno inciso nel 1966 una versione della canzone di Endrigo "La guerra".
Mina canta, nel suo disco del 1968 intitolato Le più belle canzoni italiane interpretate da Mina la celeberrima Io che amo solo te.
Marisa Sannia nel 1970 ha inciso un intero album tributo, intitolato Marisa Sannia canta Sergio Endrigo e le sue canzoni (Cgd); in esso interpreta Canzone per te, Girotondo intorno al mondo, Il treno che viene dal sud, Io che amo solo te, Mani bucate, Adesso sì, Perché non dormi fratello? e Come stasera mai.
Orietta Berti nella compilation Premiatissima del 1984 canta Io che amo solo te.
Enrico Ruggeri nel suo disco di cover Contatti del 1988 ha interpretato Canzone per te.
Franco Battiato nell'album Fleurs del 1999 omaggia il cantautore istriano con due suoi brani: Aria di neve e Te lo leggo negli occhi, successivamente, in Fleurs 2 del 2008, interpreta Era d'estate.
Nel 2002 il Club Tenco realizza un concerto omaggio: Canzoni per te - Dedicato a Sergio Endrigo. Il relativo Cd viene pubblicato da Ala Bianca). Tra i molti artisti che cantano le canzoni di Endrigo: Bruno Lauzi (Via Broletto 34 e La rosa bianca), Enzo Jannacci (Io che amo solo te), Roberto Vecchioni (Madame Guitar), Marisa Sannia (Mani bucate) e Il Parto delle Nuvole Pesanti, che propone una canzone meno nota, ma forse più attuale ora che nel 1970 quando fu incisa da Endrigo, e cioè Lorlando.
L’11 gennaio 2006 all’Auditorium Parco della Musica di Roma si è tenuto uno splendido concerto-tributo: Ciao Poeta - Omaggio a Sergio Endrigo. La registrazione live viene pubblicata da Radiofandango in doppio Cd e Dvd. Tra gli artisti anche Ornella Vanoni, Nada, Mariella Nava, Gianni Morandi, Gino Paoli, Morgan, Simone Cristicchi e Sergio Cammariere.
Claudio Baglioni nell'album Quelli degli altri tutti qui del 2006 omaggia il cantautore di Pola cantando due sue canzoni celeberrime: Io che amo solo te e Canzone per te.
Nel 2007 Fiorella Mannoia inserisce nella sua doppio CD raccolta Io che amo solo te.
Anche Gianluca Grignani, in recenti apparizioni televisive, propone una sua versione di Io che amo solo te in onore di Sergio Endrigo.
Nel suo album Un'altra me del 2008, la cantante romana Syria interpreta Momenti un inedito di Endrigo, musicato da Cesare Malfatti dei La Crus.
Nel 2009 Morgan omaggia Sergio Endrigo inserendo nell'album di cover Italian Songbook Volume 1 la canzone Lontano dagli occhi e la sua traduzione in inglese If Ever You Are Lonely.
Il 2 luglio 2009 si tiene a Frosinone un tributo a Sergio Endrigo nell'ambito della manifestazione musicale Note Ignote.

Le cooperazioni
Sergio Endrigo negli anni riallacciò i rapporti con la sua città natale. A Pola e alla tematica dell'esodo istriano dedicò una struggente canzone dal titolo 1947. Fin dagli anni '60, Endrigo partecipò ad alcune manifestazioni musicali in Jugoslavia, divenendo amico del famoso cantautore croato Arsen Dedić.