Il calendario dell'11 Settembre

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

▪ 9 - Si conclude dopo tre giorni la battaglia della foresta di Teutoburgo, una delle più gravi sconfitte subite dai Romani, che bloccò il loro tentativo di espansione in Germania.

▪ 1297 - Battaglia di Stirling Bridge - Gli scozzesi di William Wallace sconfiggono gli inglesi.

▪ 1541 - Santiago del Cile viene distrutta da tribù indigene.

▪ 1599 - A Roma, in piazza Castel Sant'Angelo sono giustiziati Beatrice Cenci, la matrigna Lucrezia Petroni ed il fratello Giacomo per l'omicidio del padre, il conte Francesco Cenci.

▪ 1609

  1. - Viene annunciato un ordine di espulsione contro i musulmani non convertiti di Valencia; sarà l'inizio dell'espulsione di tutti i musulmani della Spagna.
  2. - Henry Hudson sbarca sull'isola di Manhattan.

▪ 1683 - Battaglia di Vienna: Giovanni Sobieski libera Vienna dall'assedio turco e ferma per sempre l'avanzata ottomana in Europa.

▪ 1709 - Battaglia di Malplaquet - Gran Bretagna, paesi Bassi ed Austria sconfiggono la Francia.

▪ 1714 - Barcellona si arrende alle armate spagnole e francesi, nel corso della Guerra di successione spagnola.

▪ 1776 - La conferenza di pace Britannico-Americana di Staten Island non riesce a fermare la nascente rivoluzione Americana.

▪ 1789 - Alexander Hamilton viene nominato primo Segretario di Stato del Tesoro degli Stati Uniti.

▪ 1795 - A Crich, in Inghilterra, parte il primo prototipo di tranvia a cavalli, ad opera di Benjamin Outram.

▪ 1800 - Luisa Sanfelice è giustiziata a Palermo dal re Ferdinando I delle Due Sicilie per i fatti della Repubblica Partenopea.

▪ 1802 - Fine della Repubblica Subalpina, il Piemonte è annesso all' Impero Francese.

▪ 1857 - Coloni Mormoni e Indiani Paiute massacrano 120 pionieri a Mountain Meadows (Utah).

▪ 1890 - "Rivoluzione" nel Canton Ticino. Presa del potere da parte dei radicali. I golpisti saranno chiamati "settembristi".

▪ 1894 - San Marino adotta l'Inno Nazionale della Repubblica.

▪ 1906 – Il Mahatma Gandhi Durante una protesta all'Empire Theatre of Varieties di Johannesburg, l'11 settembre 1906, adotta per la prima volta la sua metodologia del satyagraha, una nuova parola coniata a seguito di un concorso su Indian opinion, chiamando i suoi compagni a sfidare la nuova legge e a subire le punizioni previste, senza ricorrere alla violenza.

▪ 1914 - L'Australia invade la Nuova Britannia, sconfiggendo il contingente tedesco ivi presente.

▪ 1919 - I marines statunitensi invadono l'Honduras.

▪ 1922 - Inizia il Mandato britannico in Palestina.

▪ 1926 - Fallito tentativo di assassinio di Benito Mussolini.

▪ 1940 - George Stibitz esegue la prima operazione da remoto su un elaboratore.

▪ 1941 - Inizio degli scavi per la costruzione del Pentagono. La marina militare statunitense riceve l'ordine di attaccare i sottomarini tedeschi.

▪ 1943 - Truppe tedesche occupano la Corsica e il Kosovo-Metohien, inizio della liquidazione del Ghetto a Minsk e Lida da parte dei nazisti.

▪ 1944 - Le prime truppe dell'esercito statunitense attraversano il confine occidentale della Germania nazista.

▪ 1951 - Florence Chadwick attraversa la Manica a nuoto dall'Inghilterra alla Francia, e diventa la prima donna ad aver compiuto la traversata in entrambe le direzioni.

▪ 1961 - Fondazione del WWF.

▪ 1965 - La 1a divisione di cavalleria statunitense arriva in Vietnam.

▪ 1970 - Un tornado causa 30 vittime a Venezia.

▪ 1973 - Cile: golpe militare di Augusto Pinochet rovescia il governo, il presidente Salvador Allende muore durante le ultime fasi di assalto al palazzo presidenziale

▪ 1989 - Ungheria; in seguito al Picnic Paneuropeo dell'agosto precedente, la Cortina di ferro viene aperta ed inizia l'esodo di tedeschi della DDR in Occidente

▪ 1992 - La Foiba di Basovizza(TS) diventa Monumento Nazionale.

▪ 1997 - La Scozia vota per ristabilire il proprio Parlamento, dopo 290 anni di unione con l'Inghilterra e nel 700° anniversario della Battaglia di Stirling Bridge.

▪ 1998 - Il consigliere indipendente Kenneth Starr invia un rapporto al Congresso degli Stati Uniti, nel quale accusa il Presidente Bill Clinton di 11 possibili reati che prevedono l'impeachment.

▪ 1999 - Pubblicazione in Gran Bretagna del primo volume dell'Archivio Mitrokhin.

▪ 2000 - Attivisti protestano contro il meeting del Forum Economico Mondiale a Melbourne, Australia.

▪ 2001 - Attacco terroristico dell'11 settembre 2001: negli Stati Uniti, vengono dirottati quattro aerei.

* 2003 - Entra in vigore il protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza. E’ un protocollo della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), che ha come obiettivo la protezione della biodiversità dai rischi derivanti dal trasferimento, dalla manipolazione e dall'uso degli organismi geneticamente modificati ottenuti dalle moderne tecniche di biotecnologia.

Anniversari

▪ 1599 - Beatrice Cenci (Roma, 12 febbraio 1577 – Roma, 11 settembre 1599) fu una giovane nobildonna romana giustiziata per parricidio e poi assurta al ruolo di eroina popolare.

▪ 1946 - Francesco Giovanni Bonifacio (Pirano, 7 settembre 1912 – Grisignana, 11 settembre 1946) fu un sacerdote cattolico italiano.
Soprannominato "El santin" da chi lo riteneva di eccezionale bontà e comprensione, fu uno dei numerosi religiosi uccisi dai comunisti di Tito durante l'ultimo dopoguerra nei territori italiani sotto controllo jugoslavo.

«Chi non ha il coraggio di morire per la propria fede è indegno di professarla.» (Da una lettera di don Francesco Bonifacio scritta nel 1946)

Francesco Bonifacio nacque a Pirano (od. Slovenia) secondo di 7 figli. Dopo le scuole dell’obbligo si trasferì a Capodistria per il seminario; durante tale periodo di studi rimase orfano di padre. Ultimò gli studi teologici a Gorizia, dove fu ordinato presbitero nel dicembre 1936.
Il suo primo ufficio fu nella sua città natale, a Pirano; pochi mesi dopo gli fu assegnato l’ufficio di vicario a Cittanova d'Istria, ove si trasferì con sua madre e i suoi due fratelli al seguito, che da allora lo seguirono nei suoi ulteriori spostamenti. A Cittanova istituì la locale sezione dell'Azione Cattolica.
Il 13 luglio 1939 fu nominato cappellano di Villa Gardossi (nota anche come Crassizza), un comune agricolo dell’entroterra, tra Buie e Grisignana. Lì organizzò il coro parrocchiale, fondò la filodrammatica e una piccola biblioteca civica, oltre a istituire anche in quel luogo la sezione dell’A.C. e adoperarsi per la promozione di attività ludico - sportive per i giovani e assistenziali per persone anziane e, più in generale, per gli ammalati e gli economicamente disagiati.
L’inizio delle ostilità belliche in Italia (1940) e, successivamente, l’Armistizio (1943), trasformarono il territorio di Villa Gardossi, grazie ai numerosi casolari sparsi e le ampie boscaglie, in rifugio privilegiato di molti partigiani che combattevano alla macchia, cosa questa che rese la zona oggetto di speciali attenzioni da parte sia dei fascisti di Salò che dai nazisti, anche se la situazione rimase sostanzialmente sotto controllo fino alla fine del conflitto.
Dopo la guerra, il nuovo quadro politico nella zona (occupazione jugoslava dei territori precedentemente sotto la bandiera dell’Italia) portò a guardare con sospetto le persone di lingua italiana, viste come possibili collaborazionisti del nazi-fascismo, e in particolare i religiosi.
L'11 settembre 1946 Francesco Bonifacio fu ucciso. Secondo testimonianze successive, i fatti su cui tutte concordano e su cui quindi sembra essere stata fatta chiarezza sono che egli fu sorpreso lungo la strada di casa da quattro guardie popolari, picchiato a morte e infoibato.[4] Per il resto, le testimonianze discordano tra di esse circa la dinamica dell’attentato. Bonifacio avrebbe subito uno o più di tali abusi: spogliato e deriso, preso a pugni e calci in faccia, sarebbe stato infine lapidato e finito con due coltellate. Quando il fratello chiese sue notizie alle autorità e alla cittadinanza fu accusato di propagandare false notizie e arrestato.

Culto
Mons. Antonio Santin, vescovo di Trieste, avviò la causa di beatificazione già nel 1957, ma successivamente la pratica restò arenata per lungo tempo, per 40 anni, fino al 26 maggio 1997. Il 3 luglio 2008, papa Benedetto XVI ha promulgato il decreto della Congregazione per le Cause dei Santi riguardante don Francesco Bonifacio ritenuto assassinato in odium fidei.
La cerimonia di beatificazione è avvenuta 4 ottobre 2008 nella cattedrale di San Giusto a Trieste. A presiedere la celebrazione il vescovo cittadino Eugenio Ravignani; in rappresentanza del pontefice l'arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Riconoscimenti
Dal 2005 un piazzale del centro di Trieste è intitolato a Francesco Bonifacio, la città di Roma gli ha intitolato una via.

▪ 1971 - Nikita Sergeevič Chruščëv, spesso trascritto in lingua italiana come Krusciov (Kalinovka, 17 aprile 1894 – Mosca, 11 settembre 1971) è stato un politico sovietico.

«Ci interessa sapere come il culto della persona di Stalin sia andato continuamente crescendo e sia divenuto, a un dato momento, fonte di tutta una serie di gravissime deviazioni dai principi del partito, dalla democrazia del partito e dalla legalità rivoluzionaria»(Nikita Chruščëv, dal discorso al XX Congresso del PCUS)

Dopo le lunghe lotte per il potere seguite alla morte del dittatore Stalin, e il breve periodo di leadership di Georgij Malenkov, Chruščëv divenne il leader dell'Unione Sovietica. Fu Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS) dal 1953 al 1964, e anche il primo leader sovietico a visitare gli USA il 15 settembre 1959.

I primi anni
Nikita Chruščëv nacque il 15 aprile 1894 a Kalinovka, in provincia di Kursk, nella Russia imperiale (nell'attuale Russia e vicino all'attuale confine con l'Ucraina). Nel 1908, la sua famiglia si trasferì a Juzovka, in Ucraina. Juzovka fu in seguito ribattezzata Stalino, ma grazie alla destalinizzazione dello stesso Chruščëv si chiama oggi Doneck. Chruščëv era etnicamente ucraino, ma, come per molti altri leader sovietici, si è sempre pensato (erroneamente) che fosse russo.
Sebbene pare fosse molto intelligente, Chruščëv ricevette solo circa due anni di educazione elementare, e probabilmente imparò a leggere verso i trent'anni.
Chruščëv lavorò come installatore di tubi in varie fabbriche e miniere. Durante la prima guerra mondiale, Chruščëv si impegnò in attività sindacali, e dopo la rivoluzione russa del 1917 combatté nell'Armata rossa, in seguito svolgendo funzione di Commissario Politico. Divenne membro del partito nel 1918 e lavorò in varie posizioni amministrative nel Donbass e a Kiev.
Nel 1931 passò per le segreterie dei rajkom (comitati distrettuali, in russo районные комитеты, sing. районный комитет) dei quartieri Bauman e Krasnaja Presnja a Mosca, anche grazie alle raccomandazioni dell'amico Lazar Kaganovič, mentre nel 1932 venne eletto secondo segretario del gorkom (comitato cittadino, in russo городские комитеты, sing. городской комитет) di Mosca; nel 1934 divenne primo segretario del gorkom moscovita del partito comunista dell'Unione Sovietica, e secondo segretario dell'obkom (comitato regionale, in russo областной комиетет) sempre di Mosca. Dal 1934 Chruščëv fu membro effettivo del comitato centrale del partito comunista dell'Unione Sovietica. Nel gennaio del 1938 fu nominato come "facente funzione" di primo segretario del comitato centrale del partito comunista ucraino, in sostituzione dei precedenti membri falcidiati dalle persecuzioni staliniane del 1937-38. Venne invece effettivamente eletto a tale carica nel giugno dello stesso anno, oltre ad assumere la segreteria dell'Obkom di Kiev.
Fu eletto membro candidato del Politburo nel 1938, contestualmente all'elezione nel Presidium (comitato esecutivo) del neo-eletto soviet supremo dell'URSS, alla prima elezione dopo la nuova costituzione del 1936.

La grande guerra patriottica
Durante la seconda guerra mondiale, Chruščëv servì il suo paese come ufficiale politico, equivalente al grado militare di tenente generale. Nei mesi seguenti l'invasione tedesca pianificata nell'ambito dell'Operazione Barbarossa del 1941, Chruščëv entrò in conflitto con Stalin riguardo la condotta della guerra in Ucraina, in cui Nikita Chruščëv era guida locale del partito.
Considerò l'indisponibilità di Stalin ad accettare la ritirata come opzione militare, come uno spreco rispetto alle soverchianti possibilità a loro sfavore che i soldati si trovavano a fronteggiare. Successivamente, fu commissario politico nella battaglia di Stalingrado.

L'ascesa al potere
Dopo la morte di Stalin, avvenuta nel marzo 1953, si scatenò la lotta per la successione all'interno del partito. Inizialmente sembrò predominante la posizione di Lavrenty Beria ministro degli Interni e capo della polizia segreta. Temendo che Beria avrebbe potuto decidere di ucciderli, per rafforzare il suo potere, Georgij Malenkov, Lazar Kaganovich, Vjačeslav Molotov, Nikolai Bulganin ed altri appoggiarono Chruščëv e fecero rimuovere Beria dal potere.
Beria fu imprigionato in attesa dell'esecuzione che avvenne poi in dicembre. Chruščëv non era vicino al potere nonostante volesse questa promozione. Pochi membri del Comitato Centrale videro la sua ambizione. Diventò il capo del Partito il 7 settembre di quell'anno e salì al potere nonostante i suoi numerosi rivali. La leadership di Chruščëv fu cruciale per l'URSS.
Fece molte riforme e stupì i delegati del XX Congresso del PCUS il 25 febbraio 1956 col suo famoso "discorso segreto" in cui denunciava il culto della personalità di Stalin e i crimini commessi durante la Grande Purga. Questo contribuì a far allontanare da Chruščëv i membri più conservatori del partito, ma nonostante ciò Chruščëv riuscì ad allontanarli dopo che cercarono di spodestarlo nel 1957.
Nel 1958 Chruščëv rimpiazzò Bulganin come primo ministro e si stabilì come unico leader dello stato e del partito. Diventò premier dell'Unione Sovietica il 27 marzo 1958. Chruščëv promosse riforme del sistema sovietico e una maggiore produzione dell'industria pesante.
Nel 1959 Richard Nixon, allora vice presidente degli Stati Uniti, trascorse le sue vacanze in Unione Sovietica, inviato dal presidente Eisenhower in Unione Sovietica per inaugurare l'Esposizione Nazionale Americana a Mosca. Durante tale visita, tra l'altro, il 24 luglio Nixon e Chruščëv discussero pubblicamente i meriti dei rispettivi sistemi economici, capitalismo e comunismo, in un improvvisato confronto passato alla storia come "dibattito in cucina", perché ebbe luogo principalmente nella cucina di una casa prefabbricata americana presentata all'esposizione.
Chruščëv poi ricambiò la visita girando a settembre, per tredici giorni, gli Stati Uniti. In tale occasione, ancora sicuro che il conflitto tra le due potenze avrebbe portato ad una coesistenza pacifica con la vittoria, senza traumi, del sistema comunista ebbe modo di dire alla televisione americana: "I vostri nipoti vivranno sotto un regime comunista!".[1] La visione da parte di Chruščëv degli Stati Uniti come rivale anziché come nemico "diabolico" causò l'allontanamento della Cina di Mao Zedong: l'URSS e la Repubblica Popolare Cinese arrivarono a una rottura diplomatica nel 1960
Nel 1961 Chruščëv approvò il piano per la costruzione del muro di Berlino proposto dal leader della Germania Est Walter Ulbricht, allo scopo di fermare le ormai massicce emigrazioni clandestine. Infatti la quasi totalità dei cittadini della Germania Est che a partire dalla divisione della Germania alla costruzione del muro passarono clandestinamente alla parte occidentale, stimati attorno ai 3 milioni, lo fecero passando per Berlino, essa stessa divisa in due zone di influenza sovietica e occidentale.

Il ritiro forzato
La caduta di Chruščëv fu apparentemente il risultato di una cospirazione da parte dei capi del partito, irritati dalla sua politica che mise in imbarazzo il partito stesso nello scenario internazionale. Il PCUS accusò Chruščëv di aver commesso errori politici durante la crisi dei missili di Cuba nel 1962 e di aver organizzato male l'economia sovietica, soprattutto nel settore agricolo. Un episodio che non poteva essere passato inosservato era stato la visita, da parte della figlia e del genero di Chruščëv, a papa Giovanni XXIII in Vaticano, forse avvenuta senza aver consultato il partito. Tale iniziativa poteva essere considerata un cedimento.
I cospiratori, guidati da Leonid Brežnev, Aleksandr Šelepin e dal capo del KGB Vladimir Semičastny, portarono alla deposizione del leader, che avvenne nell'ottobre 1964 quando Chruščëv era a Pitsunda in Abcasia. I cospiratori chiamarono un consiglio speciale del Presidium del Comitato Centrale e quando Chruščëv arrivò, il 13 ottobre il Consiglio votò per le sue dimissioni dalle sue posizione nel partito e nel governo. Il 15 ottobre 1964 il Presidio del Soviet Supremo accettò le dimissioni di Chruščëv come premier dell'Unione Sovietica.
In seguito alle sue dimissioni, Chruščëv passò la vita da pensionato a Mosca. Rimase nel comitato centrale fino al 1966. Per il resto della sua vita fu guardato a vista dal KGB, ma non si dedicò ad altro che alle sue memorie e ad altri affari di minore importanza riguardanti l'occidente.
Morì a Mosca l'11 settembre 1971, e fu seppellito al cimitero di Novodevičij. Gli furono negati i funerali di stato e la sepoltura dentro al Cremlino.

▪ 1973 - Salvador Allende Gossens (Valparaíso, 26 giugno 1908 – Santiago del Cile, 11 settembre 1973) è stato un politico e medico cileno, primo Presidente marxista democraticamente eletto nelle Americhe.
Allende fu Presidente del Cile dal 3 novembre 1970 fino alla destituzione violenta a seguito di un colpo di stato militare appoggiato dagli USA, avvenuta l'11 settembre 1973, giorno della sua morte.
Laureatosi in medicina all'Universidad de Chile, ne fu allontanato e venne inquisito per motivi politici alla fine degli studi. Nel 1933 partecipò alla fondazione del partito socialista cileno. Successivamente eletto deputato del parlamento cileno nel 1937; quindi nel 1943 venne scelto come segretario del partito socialista e ricoprì la carica di ministro della sanità; infine nel 1945 divenne senatore. Nel 1970 ottenne la vittoria elettorale come candidato "marxista" alla nomina a presidente della repubblica del Cile, quindi presiedette un governo di coalizione. Infine nel 1973, un "golpe" organizzato dall'esercito causò la sua morte in circostanze drammatiche nel palazzo presidenziale a Santiago del Cile.
Allende frequentò il Liceo Eduardo de la Barra a Valparaíso; proprio in quegli anni conobbe l'anarchico Juan De Marchi, calzolaio di origini italiane emigrato da Torino, che influenzò la sua formazione giovanile[2].
Dopo gli studi, esercitò dapprima la professione di medico, fu massone e da marxista criticò aspramente il sistema capitalista. Probabilmente già durante gli studi universitari si avvicinò al nascente Partito Socialista Cileno, del quale sarebbe molto presto divenuto cofondatore e principale leader. Allende fu dapprima ministro in governi di coalizione e successivamente presidente del Senato cileno.
Il fratello Ramon Allende Padilla Huelvo fu Serenissimo Gran Maestro della Gran Loggia del Cile e fondatore della Loggia di Valparaiso, la seconda Loggia del Paese.
Eletto presidente, Allende dichiarò la sua intenzione di promuovere riforme socialiste, la cosiddetta "via cilena al socialismo", che prevedeva radicali misure - riforma agraria, aumento dei salari, nazionalizzazione coatta del rame senza alcun indennizzo.
I suoi avversari politici lo accusarono di voler convertire il Cile in un regime comunista, ma Allende respinse queste insinuazioni.
Queste accuse, però, trovavano allarmata attenzione presso gli Stati Uniti, che manifestarono di considerare pericolosa la sua crescita politica, ovviamente non solo per motivi legati all'ideologia, stanti gli enormi interessi economici americani in quell'area. Documenti recentemente declassificati del governo USA[3] hanno confermato che precisi ed inequivocabili ordini erano stati diramati agli agenti della CIA per prevenire l'elezione di Allende alla presidenza o, ove ciò non si fosse potuto impedire, per creare condizioni favorevoli per un golpe.
Dopo aver tentato per tre volte la corsa presidenziale, il 5 settembre 1970 Allende fu eletto presidente con poco più di un terzo dei voti, come leader della coalizione Unidad Popular. Ottenne il primo posto al voto con 1.070.334 preferenze, ma, non avendo il 50% dei voti (36,3% a lui, il 34% all'ex presidente Jorge Alessandri conservatore, e il 27,4% a Radomiro Tomic, della Democrazia Cristiana Cilena), il Congresso avrebbe dovuto decidere tra lui ed il secondo più votato. Anche prima della sua vittoria elettorale, Allende attirò rapidamente su di sé il veto dell'establishment politico statunitense. A causa delle sue idee socialiste, si cominciò a temere che ben presto il Cile sarebbe diventato una nazione comunista e sarebbe entrato nella sfera d'influenza dell'Unione Sovietica. Per di più gli USA avevano cospicui interessi economici in Cile, con società come ITT, Anaconda, Kennecott ed altre.
L'amministrazione Nixon, in particolare, fu la più strenua oppositrice di Allende, per il quale nutriva un'ostilità che Nixon ammetteva apertamente. Durante la presidenza Nixon, i cosiddetti "consiglieri" statunitensi (che avrebbero imperversato in buona parte dell'America Latina per tutti gli anni Settanta e Ottanta) tentarono di impedire l'elezione di Allende tramite il finanziamento dei partiti politici avversari. Si sostiene che lo stesso Allende abbia ricevuto finanziamenti da movimenti politici comunisti esteri, ma tale ipotesi rimane ufficialmente non confermata, ed in ogni caso la portata degli eventuali contributi sarebbe stata ben minore rispetto alle possibilità di "investimento" statunitensi.
Una volta che Allende fu finalmente eletto, con l'appoggio della Democrazia Cristiana, la CIA condusse operazioni nel tentativo di spingere il Presidente uscente del Cile, Eduardo Frei Montalva, a bloccare la ratifica, da parte del Congresso, della nomina di Allende a nuovo Presidente. Il piano della CIA era di persuadere il Congresso Cileno ad eleggere presidente l'avversario di Allende, il candidato del Partito Liberal Conservatore Jorge Alessandri Rodríguez.
Sempre secondo il piano, Alessandri avrebbe prontamente rassegnato le dimissioni dopo essere stato eletto, per poter indire nuove elezioni. Con il ricorso a questo trucco, Eduardo Frei avrebbe così potuto ripresentarsi alle elezioni nell'apparente formale rispetto della legalità (la Costituzione cilena allora vigente vietava infatti più di due mandati presidenziali, ma solo se questi erano consecutivi), e presumibilmente avrebbe sconfitto Allende.
In ogni caso, alla fine, Frei, nonostante le fortissime pressioni statunitensi, non se la sentì di forzare la Costituzione bloccando la ratifica, così il Congresso scelse di designare Allende come presidente, a patto però che firmasse uno "Statuto di Garanzie Costituzionali" nel quale garantiva che le sue riforme socialiste non avrebbero stravolto nessun elemento della Costituzione Cilena.

Presidenza
Una volta eletto, Allende iniziò ad operare per realizzare la sua "piattaforma" di riforma socialista della società cilena. Fu avviato un programma di nazionalizzazione delle principali industrie private, fra cui le miniere di rame fino ad allora sotto il controllo della Kennecott e della Anaconda (aziende americane), si diede mano alla riforma agraria, fu creata una sorta di tassa sulle plusvalenze. Il governo annunciò una sospensione del pagamento del debito estero e al tempo stesso non onorò i crediti dei potentati economici e dei governi esteri. Tutto ciò irritò fortemente la media e alta borghesia e da qui la tensione politica nel paese, oltre ovviamente a creare un discreto dissenso internazionale.
Durante la sua presidenza Allende non ebbe facili rapporti col Congresso Cileno, in cui era forte l'influenza della Democrazia Cristiana Cilena, partito cristiano-sociale. I Cristiano Democratici continuavano ad affermare che Allende stava conducendo il Cile verso un regime dittatoriale, sulla falsariga del governo cubano di Castro, e cercavano di moderare molte delle sue maggiori riforme costituzionali. Alcuni membri del Congresso addirittura invocarono l'intervento delle forze armate, tradizionalmente neutrali, a compiere un golpe per "proteggere la costituzione".
Nel 1971, a seguito di una singolare visita ufficiale, durata addirittura un mese, del presidente Cubano Fidel Castro (col quale aveva stretto una profonda amicizia personale), Allende annunciò il ripristino delle relazioni diplomatiche con Cuba, nonostante in una dichiarazione dell'Organizzazione degli Stati Americani, cui il Cile aderiva, si fosse stabilito che nessuna nazione occidentale avrebbe concesso aperture verso quello stato.
La politica di Allende, sempre più sbilanciata a sinistra verso il socialismo (in parte in accoglimento delle pressioni di alcune delle frange più massimaliste della sua coalizione), e gli stretti rapporti con Cuba, allarmarono Washington. L'amministrazione Nixon cominciò ad esercitare una pressione economica sempre più crescente attraverso molti canali, alcuni dei quali erano legali (come l'embargo), ma molti di più illegali, attraverso il finanziamento degli oppositori politici nel Congresso Cileno e nel 1972 attraverso l'inconsueto appoggio economico erogato al sindacato dei camionisti, che paralizzò il paese.

Relazioni esterne durante la Presidenza di Allende
Coinvolgimento degli Stati Uniti

La possibilità di vittoria di Allende alle elezioni cilene del 1970 fu considerata un disastro dal governo statunitense che volevano proteggere gli interessi commerciali e prevenire la diffusione del comunismo durante la Guerra Fredda.[4] Nel settembre 1970, il Presidente Nixon informò la CIA che un governo di Allende in Cile non sarebbe stato accettato ed autorizzò $10.000.000 per fermare Allende nella sua corsa al potere o per spodestarlo[5]. I piani della CIA finalizzati ad impedire l'investitura di Allende a Presidente del Cile erano conosciuti come "Track I" e "Track II"; Track I cercarono di impedire che Allende prendesse il potere attraverso il cosiddetto "inganno parlamentare", mentre sotto l'iniziativa del Track II, la CIA cercò di convincere gli ufficiali chiave delle Forze Armate cilene ad effettuare il colpo di stato.[5]
L'amministrazione statunitense credette nella possibilità di acquisizione dello stile sovietico comunista e fu apertamente ostile ad Allende.[6][7] Durante la presidenza Nixon, gli ufficiali statunitensi cercarono di prevenire l'elezione di Allende finanziando i partiti politici in linea con il candidato all'opposizione Jorge Alessandri e supportando scioperi nei settori minerari e dei trasporti. [8]

Coinvolgimento sovietico
Fu inoltre sostenuto che ad Allende furono dati $30,000 "al fine di consolidare i rapporti di fiducia" con lui. [9] Secondo Vasili Mitrokhin, un importante ex archivista del KGB, di alto livello nella sede del KGB di Yasenevo, Allende presentò una richiesta personale per del denaro sovietico attraverso i suoi contatti personali, l'ufficiale del KGB Svyatoslav Kuznetsov, venuto urgentemente in Cile, da Città del Messico per aiutare Allende.[10] L'assegnazione originale di denaro per queste elezioni con il KGB fu di $400,000 con l'aggiunta di un contributo personale di $50,000, furono inviati direttamente ad Allende.[10]
Lo storico Christopher Andrew sostenne che l'aiuto del KGB fu un fattore decisivo, in quanto Allende vinse con un margine ristretto di 39.000 voti su un totale di 3 milioni. Dopo le elezioni, il direttore del KGB, Yuri Andropov, ottenne il permesso per l'erogazione di ulteriori fondi e di altre risorse da parte del Comitato Centrale del PCUS al fine di garantire la vittoria di Allende al Congresso. Nella sua richiesta del 24 ottobre, dichiarò che il KGB "effettuerà misure volte a promuovere e consolidare la vittoria di Allende e la sua elezione alla carica di Presidente del Paese". Nel suo file del KGB, Allende fu segnalato per avere "dichiarato la sua disponibilità a collaborare in via riservata e a fornire tutta l'assistenza necessaria, dal momento che si considerava un amico dell'Unione Sovietica". Condivideva volentieri l'informazione politica.[10]
Andrew scrisse che, dopo le elezioni di Allende, furono mantenuti contatti regolari con il suo agente del KGB, Svyatoslav Kuznetsov, che fu incaricato dalla sede centrale di "esercitare un'influenza favorevole sulla politica del governo cileno ". Secondo il file del KGB su Allende, "gli fu fatta capire la necessità di riorganizzare l'Esercito Cileno ed i servizi segreti e di istituire relazioni tra le intelligence di Cile e USSR". Fu detto che Allende reagì positivamente.

La crisi
Il 29 giugno 1973, il Colonnello Roberto Souper circondò con il suo reggimento La Moneda presidenziale con l'intento di deporre il governo di Allende. [11] Il fallito colpo di stato — è conosciuto come Tanquetazo tank putsch —organizzato dal gruppo paramilitare Patria y Libertad, fu seguito, alla fine del mese di luglio, da uno sciopero generale che includeva i minatori di El Teniente.
Nell'agosto 1973, si verificò una crisi costituzionale, e la Corte Suprema lamentò pubblicamente la incapacità del governo di Allende di applicare la legge nel Paese e il 22 agosto, la Camera dei deputati, (con i Crisitiano Democratici Uniti al Partito Nazionalista), accusarono il governo di Allende di atti incostituzionali a seguito del suo rifiuto di promulgare emendamenti costituzionali già approvati dalla camera dei deputati che impedirono al suo governo l'applicazione dei massicci piani di statalizzazione.[12] invitando i militari a far rispettare l'ordine costituzionale. [13]
Per mesi, il governo Allende aveva temuto l'invio dei Carabineros (Carabinieri), la polizia nazionale, ritenuti sleali verso il proprio governo. Il 9 agosto, il Presidente Allende nominò il Gen. Carlos Prats Ministro della Difesa. Il 24 agosto, 1973, General Prats fu costretto a rassegnare le dimissioni come Ministro della Difesa e come Comandante in capo delle Forze Armate Cilene, imbarazzato dall'incidente automobilistico con Alejandrina Cox e per una protesta pubblica inscenata alle mogli dei suoi generali sotto la propria abitazione. Lo stesso giorno il Gen. Augusto Pinochet lo sostituì come comandante in capo. [13]

Risoluzione della Corte Suprema
Il 26 maggio 1973, la Corte Suprema del Cile denunciò all'unanimità il governo di Allende per distruzione della legalità della Nazione nel mancato rispetto delle decisioni giudiziarie, a seguito del continuo rifiuto nel consentire le risoluzioni di polizia giudiziaria in contrasto con le misure del governo.

La risposta del Presidente Allende
Due giorni dopo, il 24 agosto, 1973, il President Allende rispose, [14] caratterizzando la dichiarazione del Congresso come destinata a danneggiare il prestigio del Paese ed a creare confusione interna, predicting It will facilitate the seditious intention of certain sectors. Notò che la dichiarazione, (passata con 81-47 alla Camera dei deputati), non ha ottenuto la maggioranza dei due terzi del Senato, costituzionalmente necessaria pe condannare il presidente per abuso di potere: in sostanza, il Congresso ha invocato l'intervento delle Forze Armate invoking the intervention of the armed forces and of Order against a democratically-elected government e subordinat[ing] political representation of national sovereignty to the armed institutions, che non può e non deve farsi carico o funzioni politiche, in quanto è la rappresentanza della volontà popolare.

Il golpe
Nel settembre del 1973, i continui scioperi, l'altissimo tasso di inflazione e la mancanza di materie prime avevano precipitato il paese nel caos.
L'11 settembre di quell'anno, le forze armate cilene guidate dal Generale Augusto Pinochet misero in atto il golpe cileno del 1973 contro Allende. Durante l'assedio e la successiva presa del Palacio de La Moneda, Allende decise allora di uccidersi piuttosto che arrendersi a Pinochet.
«Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento.»(Estratto dall'ultimo discorso radiofonico di Salvador Allende, poche ore prima della sua morte, l'11 settembre 1973[15])
Le circostanze della sua morte tuttavia non sono chiare: la versione ufficiale, confermata dal suo medico personale, è che il Presidente si tolse la vita con un fucile AK-47 donatogli da Fidel Castro, mentre altri sostengono che fu ucciso dai golpisti di Pinochet mentre difendeva il palazzo presidenziale.
Negli anni ottanta il suo medico personale diede in un'intervista (trasmessa dalla trasmissione televisiva Mixer di Giovanni Minoli) la versione dettagliata dell'accaduto. Secondo il racconto del medico, che era insieme con Allende all'interno della Moneda, a seguito del bombardamento aereo e del successivo incendio, Allende disse a coloro che con lui difendevano la Moneda dalle finestre del primo piano di uscire dal Palazzo ormai indifendibile rimanendo solo nell'ufficio. Il medico rientrò poco dopo nell'ufficio, proprio nel momento in cui Allende si stava uccidendo con una scarica di mitragliatore alla testa dal basso in alto. In particolare, il medico disse di aver visto la parte superiore della calotta cranica di Allende volar via per effetto della scarica.
In seguito al colpo di stato, in Italia ci furono molti scioperi in solidarietà con Allende e il popolo cileno. Italia e Svezia non riconobbero mai il regime di Pinochet e per tutti i 17 anni di dittatura ufficialmente rimasero in carica gli ambasciatori accreditati da Salvador Allende.
Il colpo di Stato, che molti cileni speravano proteggesse la costituzione, ora si manifestava in tutto il suo orrore. Pinochet avrebbe di fatto regnato, non democraticamente eletto, per i successivi diciassette anni. La violazione dei diritti umani da parte del suo governo è stata, così come testimoniano precise prove documentali, sistematica prassi quotidiana e alla fine del lungo periodo di dittatura si stimarono più di 3000 vittime (anche non cilene), fra morti e desaparecidos e circa 30.000 persone torturate (le cifre sono tratte dal Rapporto Rettig, un'inchiesta ufficiale condotta in Cile dopo la fine della dittatura di Pinochet, nel 1990).
Documenti ora declassificati indicano altresì come la CIA, il servizio di controspionaggio degli Stati Uniti d'America, sia stato "longa manus" del governo di quest'ultimo Paese, appoggiando il rovesciamento con la forza di Allende e ha incoraggiato e alimentato l'uso della tortura da parte del dittatore Pinochet.

L'eredità spirituale ed il dibattito
Più di trent'anni dopo la sua morte, Allende rimane un personaggio controverso. Un ampio e partecipato dibattito si è aperto in tutto il Mondo su come avrebbe potuto evolvere la storia del Cile se Allende non fosse morto. Ma in queste riflessioni Allende è un simbolo, che impersona le idee sostenute ed in via di applicazione. Ed il dibattito fu ed è di idee.
Elemento fattuale comune a tutte le impostazioni polemiche è che, in concreto, si è subito sospettato ed abbiamo oggi per ben certo (per loro stessa ammissione documentale) che gli Stati Uniti abbiano quantomeno favorito un arresto coatto e violento di un processo politico democratico interno di un altro paese. Ciò ovviamente veniva interpretato alternativamente come un'insostenibile sopraffazione imperialista ovvero come un opportuno intervento per impedire progressi dell'ideologia comunista, ritenuta pericolosa.
Dalla sinistra dunque Allende è considerato un martire, caduto per la causa del socialismo. I militanti di sinistra si volsero ben presto ad identificare negli Stati Uniti, e specificamente in Henry Kissinger e nella CIA, i diretti responsabili della sua morte, e lo vedono come una delle vittime dell'"Imperialismo Americano". Il suo viso è stato anche stilizzato e riprodotto come un simbolo del Marxismo, così come era accaduto per la famosa immagine di Che Guevara.
Dalla destra si guarda invece meno favorevolmente alla figura di Allende. La sua stretta amicizia con Fidel Castro ha portato molti ad accusarlo di essere un comunista, destinato a trasformare il Cile in una dittatura di stampo castrista. Affermano anche che le profonde riforme di stile socialista che aveva attuato mentre era al potere avevano messo in ginocchio l'economia del paese, così come quelle che stava per avviare avrebbero portato nefande conseguenze economiche al sistema occidentale e pericolosi vantaggi al blocco dei paesi comunisti. Inoltre, l'eventuale consolidamento di una direzione socialista per quel paese avrebbe potuto risultare destabilizzante per l'intera area.
La sempre meno oscura natura del coinvolgimento degli USA nel golpe che depose Allende, rimane un argomento scottante sulla condotta della Casa Bianca durante la guerra fredda in territorio extra-statunitense. L'abbattimento del regime democratico di Allende resta molto controverso, sebbene negli stessi anni ci fossero molti colpi di stato in America Latina.

Onorificenze
Premio Lenin per la Pace — Mosca, 1972

Note
1. ^ (EN) Profile: Salvador Allende. BBC News. URL consultato il 9 ottobre 2009.
2. ^ Régis Debray, La via cilena: intervista con Salvador Allende, Feltrinelli, 1971.
3. ^ www.gwu.edu
4. ^ [1] Pawn or Player? Chile in the cold war
5. ^ a b Hinchey Report CIA Activities in Chile. September 18, 2000. Accessed online November 18, 2006.
6. ^ United States Senate Report (1975) "Covert Action in Chile, 1963-1973" U.S. Government Printing Office Washington. D.C.
7. ^ Chile and the United States: Declassified Documents Relating to the Military Coup, September 11, 1973 by Peter Kornbluh, National Security Archive.
8. ^ CIA Reveals Covert Acts In Chile, Admits Support For Kidnappers, Links To Pinochet Regime - CBS News
9. ^ Christopher Andrew and Vasili Mitrokhin How 'weak' Allende was left out in the cold by the KGB (excerpt from The Mitrokhin Archive Volume II), The Times (UK), September 19, 2005.
10. ^ a b c The World Was Going Our Way: The KGB and the Battle for the Third World by Christopher Andrew, 736 pages, 2005.
11. ^ Second coup attempt: El Tanquetazo (the tank attack), originally on RebelYouth.ca. Unsigned, but with citations. Archived on Internet Archive October 13, 2004.
12. ^ Historia de Chile. Accessed online May 15, 2009.
13. ^ a b (ES) Se desata la crisis, part of series "Icarito > Enciclopedia Virtual > Historia > Historia de Chile > Del gobierno militar a la democracia" on LaTercera.cl. Accessed September 22, 2006.
14. ^ (ES) La respuesta del Presidente Allende on Wikisource. (EN) English translation on Wikisource, accessed September 22, 2006.
15. ^ L'ultimo discorso di Salvador Allende, trasmesso da Radio Magallanes, da Patria Indipendente del 26 ottobre 2003, riportato dal sito dell'ANPI.

▪ 1982 - Albert Soboul (Ammi Moussa, 27 aprile 1914 – Nîmes, 11 settembre 1982) è stato uno storico francese, massimo esperto al suo tempo della Rivoluzione francese.
Nato da una famiglia di contadini poveri recatisi in Algeria in cerca di fortuna, dopo la morte dei genitori (il padre morì nella Prima guerra mondiale, la madre nel 1922) si trasferì a Nîmes dove trascorse l'infanzia e frequentò il locale liceo. Laureatosi in storia alla Sorbona nel 1938, s'iscrisse l'anno successivo al Partito comunista francese. Durante la Seconda guerra mondiale combatté contro i tedeschi e fece parte della Resistenza. Dopo la liberazione si dedicò completamente all'attività di ricerca e di insegnamento; nel 1958 conseguì il dottorato. Insegnante di liceo, è stato poi docente universitario prima a Clermont-Ferrand e poi al Parigi, dove ha tenuto la prestigiosa cattedra di Storia della Rivoluzione Francese della Sorbona. È stato direttore dell'Institut d'histoire de la Révolution française, copresidente della Société d'études robespierristes e direttore della rivista "Annales historiques de la Révolution française".
Il suo approccio alle tematiche della Rivoluzione francese è stato fortemente influenzato dall'incontro con Georges Lefebvre, che lo spinse ad adottare un approccio incentrato sulla storia sociale, sulle classi agrarie e il proletariato urbano. La sua voluminosa tesi di dottorato (I sanculotti parigini e l'anno II) fu appunto scritta sotto la supervisione di Lefebvre che Soboul considerò sempre suo maestro. Chiaramente ispirata alle sue opinioni politiche, la storiografia di Soboul si fonda sulle premesse del materialismo storico rifiutando le tesi revisioniste sulla Rivoluzione e le letture tradizionali classiche. Al di là dell'impegno storiografico, Soboul si è impegnato in una grande attività di divulgazione della storia della Rivoluzione francese attraverso volumi di grande rilevanza.

▪ 1995 - Georges Canguilhem (Castelnaudary, 4 giugno 1904 – Marly-le-Roi, 11 settembre 1995) è stato un filosofo ed epistemologo francese.
Georges Canguilhem (1904-1995), filosofo e storico della scienza, ha insegnato Storia della scienza alla Sorbona ed è stato direttore dell'Istituto di Storia delle Scienze di Parigi. E', con Althusser e Lacan, uno dei grandi maîtres à penser della Francia del secondo dopoguerra. Fra le sue pubblicazioni più importanti, gli "Études d'histoire et de philosophie des sciences" (Vrin, 1968), "La conoscenza della vita" (Il Mulino, 1976) e "Il normale e il patologico" (Einaudi, 1998).

Il Pensiero
Le principali opere filosofiche di Caguilhem sono Il Normale e il patologico (pubblicato 1943 e ampliato nel 1966) e La conoscenza della vita.
Il testo del 1943 è una ricerca approfondita sulla natura e il senso della nozione di normalità in medicina e in biologia, ma anche sulla produzione e l'istituzionalizzazione delle conoscenze scientifiche. Ancora oggi, Il Normale e il patologico resta un'opera fondamentale sia per l'antropologia medica sia per la storia delle idee, che ha avuto una certa risonanza anche attraverso l'influenza che questo ha esercitato su Michel Foucault.

Una filosofia della scienza
Le principali opere filosofiche di Canguilhem sono Le Normal et le pathologique (pubblicato nel 1943, e completato durante una riedizione nel 1966) e La Connaissance de la vie.
Il primo lavoro è una ricerca approfondita sulla natura e il senso della nozione di normalità in medicina e in biologia, ma anche sulla produzione e l'istituzionalizzazione delle conoscenze scientifiche. Ancora oggi, "Le Normal et le pathologique" resta fondamentale sul piano dell'antropologia medica e della storia delle idee.
Il secondo è uno studio a proposito della specificità della biologia in quanto scienza, il significato storico e concettuale del vitalismo, e la possibilità di concepire l'organismo non sulla base di modelli meccanici o tecnici che permetterebbero di ridurlo a una macchina, ma piuttosto di considerarlo sotto l'angolo della sua relazione con l'ambiente in cui vive, la sua sopravvivenza (e da quel momento la sua relazione agli "errori" genetici e all'"anormalità") in questo ambiente, e il suo stato al di là di una semplice "somma delle parti". Canguilhem prende energicamente parti in questo senso, criticando il vitalismo dei secoli XVIII e XIX, ma mettendo anche en garde contro la riduzione della biologia alla fisica. In effetti, secondo lui, una tale riduzione priverebbe la biologia del suo proprio campo di ricerca, trasformando secondo un processo ideologico degli esseri viventi in strutture meccaniche incluse in un equilibrio fisico-chimico inadatto a rendere conto della specificità degli organismi e della complessità della vita. Più tardi, nell'Idéologie et rationalité e nel suo Histoire des sciences de la vie, sviluppò queste critiche.

▪ 2001
Mohamed Atta (arabo: محمد عطا السيد, Muhammad ʿAtā al-Sayyid; Kafr el-Sheikh, 1º settembre 1968 – New York, 11 settembre 2001) è stato un terrorista egiziano a capo del commando suicida che ha dirottato il volo American Airlines 11, portandolo poi a schiantarsi contro la Torre Nord del World Trade Center.

In base ai rapporti dell'FBI, Atta è stato riconosciuto anche come il leader dei 19 dirottatori coinvolti negli attentati dell'11 settembre 2001.
Atta nasce il 1º settembre 1968 a Kafr el-Sheikh, una cittadina egiziana sul Delta del Nilo. Di origini saudite, cresce in una famiglia molto severa a Giza, sobborgo del Cairo.[2] Atta passa larga parte della sua infanzia e della giovinezza studiando a casa propria con ottimi risultati, secondo quelli che sono i desideri paterni.
Nel 1990, si laurea in Architettura presso l'Università del Cairo e si iscrive al Sindacato degli Ingegneri, controllato dai Fratelli musulmani (cui Atta però non si iscriverà mai direttamente).[3] Non dimostra un'attitudine particolarmente religiosa in questo periodo.

Il trasferimento in Germania
Nel 1993, Atta si trasferisce in Germania[4] e si iscrive alla Technische Universität Hamburg-Harburg di Amburgo,[5] dove segue corsi di pianificazione edilizia. Si mantiene e paga gli studi lavorando come venditore di automobili.[6]
Fra il 1994 e il 1995, Atta collabora con due suoi colleghi universitari (Ralph Bodenstein e Volker Hauth) nella stesura di un rapporto sui lavori di ristrutturazione delle mura antiche di varie città intrapresi dal Governo egiziano. Contemporaneamente, Atta si reca più volte ad Aleppo (Siria), talvolta assieme ad Hauth, per raccogliere dati sulla sua tesi.[3]
I suoi amici tedeschi lo descrivono come un uomo intelligente, religioso e fortemente contrario alla politica occidentale riguardo il Vicino Oriente, compresi gli Accordi di Oslo e la Guerra del Golfo. Ralph Bodenstein dice di lui in una intervista alla NBC durante lo speciale The Making of the Death Pilots:
«Si fissava in maniera esagerata sugli interventi israeliani nell'area e sul fatto che gli Stati Uniti li proteggessero. Era arrivato quasi a soffrire per questo.»

La Commissione sull'11 settembre ha affermato che:[7]
«Nelle sue interazioni con gli altri studenti [in Germania], Atta ha espresso opinioni violentemente antisemite ed anti-americane, che andavano dalla condanna di quella che lui definiva "una cospirazione giudaica mondiale con base a New York e che controlla tutto il mondo della finanza e dei media" alla polemica contro i governanti dei Paesi arabi. Per lui, Saddam Hussein era un "tirapiedi degli americani", messo lì da Washington come scusa per intervenire contro il Vicino Oriente.»
Durante la sua permanenza in Germania Atta diventa sempre più religioso, tanto che nel 1994 si reca alla Mecca per l'Hajj, il pellegrinaggio rituale islamico.[8]
Ritornato in Germania, Atta inizia a frequentare un gruppo di preghiera islamico presso l'Università, che si pensa sia stato il vero luogo di reclutamento alla causa fondamentalista. Altri studenti ricordano alcune sue affermazioni fortemente anti-americane ed antisemite. Nel 1995, sottoscrive un mutuo senza condizioni di 25.000 dollari per aiutare un certo Muharrem Acar a mettere su una panetteria turca.[9]
Nel 1996, scrive il suo testamento in presenza di due suoi compagni di preghiera all'Università. Atta è molto deciso nel chiedere per sé un funerale sobrio e rispettoso delle norme islamiche.[10] Fra la metà del 1997 e l'ottobre del 1998, lascia l'università ed Amburgo per "motivi familiari".[11] Effettivamente, Atta torna in Egitto nel 1998 per rivedere la famiglia e concedersi un breve periodo di vacanza. I suoi vecchi amici si accorgono però che è diventato molto più rigido ed osservante di quanto non lo fosse prima.
Atta si laurea solo nel 1999 con una tesi sull'evoluzione del paesaggio urbano di Aleppo, esplorando i temi generali del conflitto fra la civiltà araba e la modernità. Nel suo lavoro, critica il modo in cui i grattacieli e i moderni progetti di sviluppo hanno "rovinato" il tessuto della città siriana, bloccandone le strade ed alterandone la skyline.[12]

La "cellula di Amburgo"
Secondo la ricostruzione dell'FBI, il 1º novembre 1998 Atta si trasferisce in un appartamento sulla Marienstrasse assieme a Said Bahaji e Ramzi Binalshibh: nasce così la cosiddetta "cellula di Amburgo".[13]
I tre si incontrano tre o quattro volte alla settimana per discutere e per progettare attentati. Molti membri di al-Qaida hanno vissuto in quell'appartamento, fra cui Zakariya Essabar e i dirottatori Marwan al-Shehhi e Waleed al-Shehri. In tutto, 29 persone hanno dichiarato di avere il proprio domicilio presso l'appartamento, che però risultava preso in affitto da Atta. Anche l'ideatore degli attentati dell'11 settembre 2001, Khalid Sheikh Mohammed, ha visitato ripetutamente l'appartamento.
Verso la fine del 1999, Atta, al-Shehhi, Bahaji, Binalshibh e Ziad Jarrah decidono di andare in Cecenia e combattere contro i russi. Durante il viaggio, vengono intercettati da due uomini di al-Qāʿida, Khalid al-Masri e Mohamedou Ould Slahi, che convincono i cinque componenti della "cellula" a cambiare i propri piani: anziché dirigersi in Cecenia, avrebbero dovuto procurarsi un visto per il Pakistan e, una volta lì, recarsi in uno dei campi di addestramento qaidisti in Afghanistan ed incontrarsi con Osama bin Laden.[14]
Il 29 novembre 1999, Mohamed Atta si imbarca (assieme ad al-Shehhi e Jarrah) sul volo TK1662 della Turkish Airlines da Amburgo ad Istanbul, dove poi prendono il volo TK1056 per Karachi (Pakistan).[15] Dopo circa due giorni di viaggio, raggiungono la loro destinazione: il campo di addestramento di al-Qāʿida presso le fattorie di Tarnak, vicino Qandahar (Afghanistan). Qui i tre si addestrano, secondo le ricostruzioni degli investigatori tedeschi, fra la fine del 1999 e i primi mesi del 2000.[16] Fra le altre cose, Atta impara anche a falsificare passaporti.
Il 18 gennaio 2000 Atta registra il suo video-testamento, che verrà ritrovato solo nell'ottobre del 2006.[17] Il 24 febbraio 2000, i tre dirottatori si imbarcano sul volo TK1057 della Turkish Airlines da Karachi ad Istanbul, dove poi prendono il volo TK1661 per Amburgo.[15] Immediatamente dopo essere tornati in Germania, Atta, al-Shehhi e Jarrah dichiarano di aver smarrito il proprio passaporto, probabilmente per cancellare le tracce della loro permanenza in Afghanistan.
Atta ed al-Shehhi hanno compiuto inoltre, fra il 1998 e il 2000, vari viaggi nelle Filippine, alloggiando in un costoso hotel accanto ad una ex-base aerea statunitense e visitando almeno una scuola di volo locale.[18]
Una volta tornati dall'Afghanistan, Atta e i suoi complici si sforzano di non apparire più come dei fondamentalisti: si rasano la barba ed evitano di frequentare alcuni soggetti considerati estremisti. Tuttavia, proprio a partire dal 2000, la CIA pone sotto sorveglianza Atta.
Nel marzo del 2000, Atta inizia a contattare 31 differenti scuole di volo negli Stati Uniti per chiedere informazioni sui corsi, comunque meno costosi rispetto a quelli tedeschi. Fra il 1º e il 2 giugno, Atta si trasferisce a Praga via autobus e, dopo una notte sola di pernottamento, prende il primo aereo per trasferirsi negli Stati Uniti.[19]

Il trasferimento negli Stati Uniti
Atta mette piede negli Stati Uniti per la prima volta il 3 giugno 2000 all'aeroporto di Newark (New Jersey). Appena arrivati, Atta e gli altri componenti della cosiddetta "cellula di Amburgo" aprono dei conti correnti e continuano a cercare una scuola di volo. Atta acquista anche una Pontiac rossa del 1989.[20] La CIA interrompe le proprie azioni di sorveglianza su Atta a partire dal giorno del suo ingresso negli Stati Uniti. Non è chiaro se l'FBI o qualche altra agenzia sia subentrata o meno nella sorveglianza.

Controversie sull'arrivo di Atta negli USA
La Commissione sull'11 settembre ha statuito in una seduta del luglio 2004 che "le agenzie statunitensi di intelligence non erano a conoscenza della presenza di Atta [sul territorio nazionale] prima del giorno degli attacchi".
Tuttavia, qualche tempo dopo alcuni commissari hanno dichiarato di aver incontrato il Capitano della Marina statunitense Scott Phillpott dieci giorni prima di rilasciare la versione finale del rapporto: Phillpott li avrebbe informati che Atta sarebbe stato già identificato come un agente di al-Qaida a Brooklyn nell'ambito dell'Operazione Able Danger e che era considerato una minaccia prima ancora che mettesse piede in territorio statunitense.
Il Tenente Colonnello dell'Esercito Anthony Shaffer e l'esponente del Congresso Curt Weldon hanno successivamente sostenuto la fondatezza delle affermazioni di Phillpott, affermando che Atta, Marwan al-Shehhi, Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hazmi erano stati individuati fin dal febbraio del 2000 sul territorio statunitense, ma che non si è prestata la dovuta attenzione all'allarme lanciato.
Il Pentagono non ha mai confermato quanto affermato da Phillpott, Shaffer e Weldon. Attualmente, il Senato sta considerando l'ipotesi di tenere delle audizioni per valutare la fondatezza delle affermazioni riportate e, in caso di esito affermativo, le cause di questa sottovalutazione.[21]


Nel luglio 2000 Atta e Marwan al-Shehhi si trasferiscono a Venice (Florida), dove si iscrivono alla scuola di volo Huffman Aviation. Atta si presenta come un discendente della famiglia reale saudita e presenta al-Shehhi come la sua guardia del corpo. Entrambi conseguono a novembre il patentino di pilota commerciale per velivoli di peso non superiore alle 12.000 libbre.
Il 5 novembre, Atta compra alcuni video sulle cabine di pilotaggio dei Boeing 747-200 e dei Boeing 757-200 allo Sporty's Pilot Shop di Batavia (Ohio). L'11 dicembre, Atta acquista sempre presso lo stesso negozio altri due video, rispettivamente sugli Airbus A320 e sui Boeing 767-300ER.
Il 21 dicembre, Atta ed al-Shehhi ottengono materialmente le loro licenze da pilota. Fra il 26 e il 27 dicembre, si addestrano con un piper Cherokee che però si blocca sulla pista del Miami International Airport. I due abbandonano il velivolo ai margini di una pista dell'aeroporto. Il giorno successivo un funzionario della FAA telefona alla Huffman e redarguisce il capo istruttore della scuola, Dan Pursell, ma la cosa non ha ulteriori conseguenze.
Il 29 dicembre, si recano all'aeroporto di Opa-Locka (Florida) e fanno pratica con un simulatore di volo per Boeing 727. Il 2 gennaio 2001, viene registrata una telefonata di Atta all'Ambasciata del Marocco a Washington D.C. Il giorno dopo al-Shehhi si reca proprio in Marocco, mentre Atta si reca (4 gennaio) in Spagna per coordinarsi con Binalshibh. Il 10 gennaio, Atta ritorna negli Stati Uniti. Dalla fine di gennaio fino a marzo Atta ed al-Shehhi si trasferiscono in Georgia, dove continuano le esercitazioni e la raccolta di informazioni utili.
Il 3 aprile, i due affittano una casella postale a Virginia Beach (Virginia). L'11 aprile si trasferiscono a Coral Springs (Florida), dove attendono l'arrivo degli altri dirottatori. Il 16 aprile, Atta viene multato a Broward County (Florida) perché trovato in possesso di una patente di guida non valida. Il 2 maggio, Atta ne consegue una valida a Lauderdale Lakes (Florida).

La controversia di Praga
Nei mesi successivi agli attentati dell'11 settembre 2001, alcuni ufficiali del Ministero dell'Interno della Repubblica Ceca affermano che Atta ha compiuto un viaggio a Praga l'8 aprile 2001 per incontrarsi con Ahmed Khalil Ibrahim Samir al-Ani, un agente segreto iracheno. L'informazione viene passata all'FBI come "fonte non valutata".[22]
Nonostante l'Amministrazione Bush abbia citato l'avvenimento come una prova del collegamento fra Saddam Hussein e al-Qaida, è stato successivamente dimostrato che l'incontro non si è mai tenuto. Alcuni ufficiali dei servizi segreti cechi hanno successivamente affermato che l'informazione è giunta soltanto dopo che è stato reso pubblico l'identikit di Atta e che la fonte - un informatore arabo - si è probabilmente sbagliata, scambiando un altro uomo per Atta.[23]

Le riunioni preparatorie
Il 27 giugno 2001, Atta si sposta da Fort Lauderdale a Boston, prima tappa di un viaggio che concluderà il giorno dopo, passando per San Francisco ed arrivando a Las Vegas. Qui Atta si incontra con gli altri tre piloti designati (Marwan al-Shehhi, Hani Hanjour e Ziad Jarrah) per una riunione preparatoria. Atta lascia alcune tracce evidenti del suo passaggio: il noleggio di una Chevrolet Malibu presso una filiale della Alamo Rent-a-car e il pagamento di 49,50 dollari in contanti per una camera all'hotel EconoLodge, dove mostra una tessera della American Automobile Association per ottenere uno sconto.[24]
Fra il 7 e il 9 luglio, Atta vola a Madrid per incontrarsi un'ultima volta con Ramzi Binalshibh. Il 7 luglio, si sposta da Tampa a Zurigo, via Miami. Mentre si trova in terra elvetica (8 luglio), preleva 1.000 franchi svizzeri e usa la sua carta di credito per comprare un paio di coltellini svizzeri e del cioccolato presso il duty-free dell'aeroporto di Zurigo. Il giorno dopo (9 luglio) raggiunge la sua meta, Madrid, a bordo del volo 656 della Iberia Airlines.[25]
Atta passa circa cinque ore all'aeroporto, dopodiché affitta una camera in un hotel a Barajas, cittadina vicino all'aeroporto. È accompagnato da un uomo di 41 anni, tale Iqbal Afzal Admat, di passaporto irlandese. I due, in base alla documentazione dell'albergo, fanno lunghe chiamate telefoniche verso Amburgo e Manchester.
Sempre il 9 luglio, Atta affitta una Hyundai color argento[26] e si dirige verso la città costiera di Tarragona, dove affitta una camera presso l'Hotel Sant Jordi (13 luglio 2001). Qui incontra il suo vecchio compagno di appartamento Ramzi Binalshibh, giunto nei giorni precedenti da Amburgo.[27]
Dal 13 al 19 luglio, si trovano pochissime tracce dei movimenti dei due. Una delle poche disponibili risale al 13 luglio, quando Atta si reca in una agenzia di viaggi per prenotare il volo di ritorno a Miami per il 19. L'assenza di prenotazioni alberghiere, di pagamenti con carta di credito o altre tracce lascia supporre che i due uomini si siano incontrati in un luogo sicuro, individuato dagli agenti di al-Qaʿida in Spagna. Alcuni indizi hanno permesso agli investigatori di risalire al siriano Imad Yarkas, considerato l'uomo di punta di al-Qaʿida nella penisola iberica.
L'incontro fra i due serve a definire i dettagli degli attacchi: Atta guiderà uno dei due aerei destinati a schiantarsi contro il World Trade Center. Entrambi discutono anche delle difficoltà avute da Atta con Jarrah, tanto che Binalshibh paventa un suo abbandono. Nel Rapporto della Commissione sull'11 settembre, si ipotizza che è proprio in questa riunione che si decide di iniziare l'addestramento di Zakaria Musawi come possibile sostituto di Jarrah.
Binalshibh torna in Germania il 16 luglio, mentre Atta resta altri tre giorni a Salou (nei pressi di Tarragona), soggiornando prima al Casablanca Playa hotel e poi al Hostal Montsant. Il 19 luglio, Atta torna negli Stati Uniti.

Gli ultimi preparativi
Si suppone che il 4 agosto Atta si sia recato all'Orlando International Airport di Orlando (Florida) per accogliere il presunto "ventesimo dirottatore" Mohamed al-Kahtani, in arrivo da Dubai. al-Kahtani viene però bloccato e costretto al rimpatrio da un ispettore del Servizio immigrazione perché considerato "sospetto". Secondo le ricostruzioni, Atta (o un uomo la cui voce era molto simile) avrebbe chiamato un numero "legato ad al-Qaida" per avvertire di quanto successo.[28]
A metà agosto, Atta chiama Binalshibh per comunicargli la data delle operazioni. Per farlo, Atta usa un indovinello: gli chiede che cosa possono significare "due bastoncini, un trattino e una lecca-lecca con il bastoncino rivolto verso il basso" disposti uno accanto all'altro. Visivamente, gli oggetti compongono la data dell'11 settembre (11-9).[29]
Il 23 agosto, Atta si vede revocare la patente in contumacia per non essersi presentato all'udienza relativa alla multa per guida senza patente, subita il 16 aprile precedente. Quello stesso giorno, il Mossad consegna alla CIA una lista di 19 nomi (in cui è incluso anche Atta) di presunti terroristi in procinto di compiere un attentato in un futuro prossimo. Solo quattro nomi sono dati per certi: quello di Atta, di Marwan al-Shehhi, di Khalid al-Midhar e di Nawaf al-Hazmi. La lista però non verrà presa in seria considerazione.[30]
Fra il 25 agosto e il 3 settembre, vengono acquistati tutti e 19 i biglietti aerei per l'11 settembre 2001. Atta acquista il suo il 29 agosto. Il giorno dopo, Atta compra un coltellino in un Wal-Mart accanto all'hotel dove soggiorna nei giorni precedenti all'11 settembre. Fra il 4 e l'8 settembre Atta invia ad un certo Mustafa Ahmed negli Emirati Arabi Uniti prima un pacchetto e poi due bonifici, il primo di 2.860 dollari e il secondo di 5.000. Il 10 settembre anche Marwan al-Shehhi e Waleed al-Shehri effettuano un bonifico di varie migliaia di dollari verso Mustafa Ahmed.[31]
Lungo tutta l'estate del 2001, Atta e gli altri dirottatori si imbarcano continuamente su voli sempre diversi, per acquisire il maggior numero di informazioni e compiere le prove generali dei dirottamenti. Alcuni (fra cui lo stesso Atta) sono visti più di una volta a Las Vegas, intenti a farsi notare mentre (contravvenendo alle norme religiose islamiche) bevono alcolici, giocano d'azzardo e pagano spogliarelliste.[32]
Qualche tempo dopo gli attentati, alcuni camerieri del ristorante Shuckum's Oyster Bar di Hollywood (Florida) hanno affermato di aver servito Atta ed al-Shehhi il 7 o l'8 settembre. Anche lì i due sono stati osservati mentre bevevano alcolici. Addirittura Atta, visibilmente ubriaco, avrebbe litigato con il padrone del locale riguardo il conto, urlando: "Pensi che non sia in grado di pagare il conto? Io sono un pilota della American Airlines! Certo che posso pagare il mio fottuto conto!".[33]

Gli attentati
Il 10 settembre 2001,[34] Atta va a prendere Abd al-Aziz al-Umari al Milner Hotel di Boston con una Nissan presa in affitto e si dirige al Comfort Inn di South Portland (Maine), dove arrivano alle 17:43 ed affittano la camera 232.[35] I due passano il resto della loro ultima serata comportandosi in maniera apparentemente normale: si fermano 15 minuti a mangiare da Pizza Hut, fanno il pieno alla vettura, prelevano dei soldi da un bancomat e si fermano a comprare qualcosa al Wal-Mart vicino al loro albergo.
Alle 05:33 dell'11 settembre 2001, Atta ed al-Omari lasciano l'albergo e si dirigono al Portland International Jetport per imbarcarsi sul volo delle ore 06:00 della Colgan Air per Boston. Probabilmente, i due si imbarcano qui per evitare controlli troppo approfonditi, che avrebbero dovuto invece sostenere al Logan International Airport di Boston. La Commissione sull'11 settembre scrive:[36]
«Nessuna prova fisica, documentale o analitica consente di spiegare in maniera convincente perché Atta ed al-Omari si siano diretti da Boston a Portland la mattina del 10 settembre, per farvi poi ritorno sul volo 5930 la mattina dell'11 settembre. Ad ogni modo, Atta ha reagito negativamente quando è stato informato a Portland che avrebbe dovuto rifare la procedura di check-in a Boston.»

Atta viene selezionato dal sistema CAPPS,[37] che prevede un controllo più approfondito del bagaglio e permette di evitare ulteriori controlli di sicurezza.[38] Una volta arrivati al Logan Airport, Atta riceve una chiamata alle 06:52 da Marwan al-Shehhi per confermare l'inizio delle operazioni. Atta ed al-Omari si imbarcano otto minuti più tardi sul volo American Airlines 11. Atta occupa il posto 8D.
Il volo decolla alle 07:59, in ritardo di 14 minuti rispetto all'orario previsto. Intorno alle 08:13, Atta e i suoi compagni danno inizio al dirottamento. Alle 08:21, il transponder del volo AA11 viene spento. Alle 08:24 parte una comunicazione dall'aereo, presumibilmente da parte di Atta: "Abbiamo alcuni aerei. State tranquilli e andrà tutto bene. Stiamo tornando all'aeroporto". Circa 20 secondi dopo, Atta fa partire una seconda comunicazione: "Nessuno si muova, tutto andrà bene. Se cercate di reagire, metterete in pericolo voi stessi e il velivolo. State tranquilli".[39] Le comunicazioni sono intese per i passeggeri dell'aereo, ma per errore vengono ascoltate dal Centro FAA di Boston.
Alle 08:46:40, il volo American Airlines 11 si schianta contro la Torre Nord del World Trade Center. In tutto moriranno 92 persone sull'aereo (compresi 5 dirottatori e 11 membri dell'equipaggio) ed altre 1.366 persone circa a causa del crollo della Torre (avvenuto alle 10:28).
I bagagli di Atta non sono stati imbarcati sul volo AA11, a causa di un leggero ritardo del volo della Colgan Air da Portland a Boston. Una volta rinvenuti dalle autorità federali, si scoprirà che contenevano uniformi da pilota, manuali di volo ed un opuscolo di quattro pagine in arabo, ritrovato anche nei bagagli degli altri dirottatori. L'opuscolo contiene una serie di raccomandazioni e consigli come: "Giura di morire e rinnova le tue intenzioni", "Sentiti completamente tranquillo, perché il tempo in cui ti sposerai con il Paradiso è vicino" e "Controlla le tue armi prima di andartene ed anche molto tempo prima. Devi affilare bene il tuo coltello e non devi far sentire a disagio l'animale [si riferisce agli occidentali] mentre lo sgozzi".[40]

Lo scambio di identità
Inizialmente, si è pensato che Mohamed Atta fosse un nome di copertura del terrorista giordano naturalizzato statunitense Mahmoud Mahmoud Atta (più grande di Mohamed Atta di 14 anni circa). Autore nel 1986 di un attentato in Cisgiordania contro un autobus, in cui è rimasta uccisa una persona e gravemente ferite altre tre, M.M. Atta è stato catturato successivamente in Venezuela, portato negli Stati Uniti e da qui estradato in Israele, dove è stato condannato all'ergastolo.[41]
Lo scambio di identità ha scatenato, immediatamente dopo gli attentati, una notevole polemica (rivelatasi poi infondata) sulla presunta incapacità del Servizio immigrazione e dei servizi di intelligence di bloccare un terrorista già noto alle autorità che cercava di entrare nel Paese con il suo vero nome. Il Boston Globe ha per primo pubblicato la smentita, corredato della documentazione che comprovava l'avvenuta detenzione e successiva estradizione di Mahmoud Mahmoud Atta, smontando di fatto le accuse.[42]

Il video-testamento
Il 1º ottobre 2006, il Sunday Times ha pubblicato un video risalente al 18 gennaio 2000 di circa un'ora, che mostra Mohamed Atta e Ziad Jarrah in un campo di addestramento qaidista in Afghanistan. Non c'è audio, ma la qualità del video è ottima e il filmato non appare montato. Apparentemente sembra essere un video-testamento dei due dirottatori.
Nel filmato si vede anche Osama bin Laden mentre arringa i suoi seguaci in un complesso vicino alla città di Qandahar. Fra questi, è stato riconosciuto anche Ramzi Binalshibh.
Secondo il Sunday Times:[43]
«Gli investigatori statunitensi e tedeschi si sono impegnati a fondo per scoprire dove si fosse rifugiato Atta nel gennaio del 2000, dopo la sua partenza da Amburgo. Quel filmato di un'ora lo mostra presente in Afghanistan in un momento decisivo nello sviluppo della cospirazione, ovvero quando gli viene assegnato il ruolo di responsabile operativo.»

Le reazioni del padre
In una intervista rilasciata pochi giorni dopo gli attentati,[44] Mohamed el-Amir Atta - padre di Mohamed Atta ed avvocato in pensione - nega recisamente ogni coinvolgimento del figlio, che descrive come un ragazzo "timido e dolce". Atta senior accusa il Mossad di voler incastrare suo figlio, che - aggiunge - si sarebbe rifiutato da giovane di entrare in una squadra locale di pallacanestro, quando seppe che era vicina ai Fratelli musulmani.
«[Mio figlio] era un asino quando si trattava di politica. Gli dissi, come mio padre disse a me: politica fa rima con ipocrisia.»
L'unica affermazione "vagamente politica" che il padre ricorda riguarda la ristrutturazione della moschea del Cairo, da lui giudicata "troppo costosa". "Quei soldi", per il giovane Atta, "avrebbero dovuto essere spesi per creare nuovi posti di lavoro". Quando l'intervistatore gli rende noto che suo figlio è stato visto mentre beveva alcolici in Florida, Atta senior reagisce stizzito:[44]
«Mio figlio è un dirottatore e beve vodka! [...] È come accusare una ragazza religiosa, decente e velata di introdurre prostitute in Egitto! È insensato, pura immaginazione!»

Atta senior si dice inoltre sicuro che l'FBI abbia sbagliato persona e che suo figlio fosse vivo:[44]
«Non credo che mio figlio abbia fatto questo. Sono sicuro che è vivo. Lui aveva paura di volare.»
In una intervista rilasciata una settimana dopo al settimanale Newsweek, Atta senior conferma buona parte delle sue affermazioni. Ma al contrario dell'intervista precedente, afferma:[45]
«Mio figlio è morto. Adesso è con Dio. Il Mossad me lo ha ucciso.»
Nel settembre del 2002, in una intervista alla rivista tedesca Bild am Sonntag Atta senior torna a dirsi sicuro del fatto che suo figlio è vivo e che si nasconde da qualche parte. Inoltre, afferma di aver parlato con lui al telefono il 13 settembre 2001, due giorni dopo gli attacchi.[46]
Nel luglio del 2005, infine, il padre di Atta in una intervista alla CNN riconosce ed approva il "martirio" del figlio, esaltando anche gli attentati del 7 luglio 2005 a Londra ed affermando che i due eventi rappresentano "l'inizio di una guerra religiosa che durerà cinquant'anni e che vedrà molti combattenti come suo figlio".[47]

Note
1. ^ Altre traslitterazioni del nome sono: Mehan Atta, Mohammed Atta, Mohammad El Amir, Mohamed El Sayed, Muhammad Muhammad Al Amir Awag Al Sayyid Atta e Muhammad Muhammad Al-Amir Awad Al Sayad. Cfr. a tal proposito (EN) The FBI releases 19 photographs of individuals believed to be the hijackers of the four airliners that crashed on September 11, 01, FBI National Press Office, 27 settembre 2001. Il suo presunto testamento, scritto nel 1996, porta il nome di Mohamed figlio di Mohamed Elamir awad Elsayed.
2. ^ Cfr. (EN) John Hooper, The shy, caring, deadly fanatic, The Guardian, 23 settembre 2001.
3. ^ a b Cfr. (EN) Timeline of Atta's life, ABC online, 12 novembre 2001.
4. ^ Alla dogana presenta un passaporto degli Emirati Arabi Uniti, anziché uno egiziano.
5. ^ Secondo altre ricostruzioni, Atta si iscrive nello stesso periodo alla Facoltà di Medicina dell'Università di Valencia. In questo caso, potrebbe però trattarsi di un caso di omonimia o di un errore.
6. ^ Cfr. (EN) Nicolaas van Rijn, Hijackers set down roots, blended in, then attacked, The Star.com, 15 settembre 2001. Secondo altre fonti, Atta avrebbe lavorato part-time in una azienda di consulenza per la pianificazione edilizia. Cfr. in tal senso (EN) Timeline of Atta's life, ABC online, 12 novembre 2001.
7. ^ Cfr. (EN) National Commission on Terrorist Attacks Upon the United States, Final Report, pag. 161.
8. ^ Un terrorista tedesco di origini siriane, Mohammed Haydar Zammar, afferma di aver incontrato Atta in quell'occasione e di averlo reclutato come membro di al-Qaida. Il fatto non appare confermato.
9. ^ Cfr. (EN) Profile: Muharrem Acar, Cooperative Research.org.
10. ^ Cfr. (EN) Atta's Will, ABC online. Il documento originale, scritto in arabo, non è mai stato pubblicato dall'FBI. Ne è stata rilasciata solo una traduzione in inglese, pubblicata per la prima volta dal quotidiano tedesco Der Spiegel.
11. ^ Gli investigatori tedeschi sospettano che, durante i suoi 15 mesi di assenza, Atta abbia effettuato un qualche tipo di addestramento presso delle strutture di al-Qaida. I sospetti però non appaiono confermati.
12. ^ Cfr. (EN) Liz Jackson, Interview with Professor Dittmar Machule, ABC online, 18 ottobre 2001. Cfr. anche (EN) John Cloud, Atta's Odyssey, Time Magazine, 8 ottobre 2001.
13. ^ Cfr. (EN) Richard Bernstein, On path to the U.S. skies, plot leader met bin Laden, New York Times, 10 settembre 2002.
14. ^ Queste informazioni provengono da intercettazioni telefoniche ed ambientali operate dalla CIA e dalla Bundesamt für Verfassungsschutz (i servizi segreti tedeschi).
15. ^ a b Cfr. (EN) Yosri Fouda, Focus: Chilling message of the 9/11 pilots, The Sunday Times, 1º ottobre 2006.
16. ^ Il periodo di addestramento è stato tratteggiato il 23 agosto 2002 dal Capo investigatore Klaus Ulrich Kersten, direttore della Bundeskriminalamt (l'agenzia federale tedesca anti-crimine). Kersten è stato il primo a confermare che Atta, al-Shehhi e Jarrah si sono addestrati in Afghanistan durante quel periodo.
17. ^ Cfr. infra, paragrafo 2.2.2 "Il video-testamento".
18. ^ Cfr. (EN) Don Kirk, Filipinos recall hijack suspects leading a high life, The International Herald Tribune, 6 ottobre 2001.
19. ^ Fino al 2004, si è ipotizzato che Atta abbia tentato di entrare in Repubblica Ceca già il 30 maggio 2000, ma che fosse stato costretto a tornare a Bonn perché sprovvisto di visto. Si è invece trattato di un caso di omonimia con un uomo d'affari pachistano. Cfr. anche Controversia di Praga.
20. ^ Cfr. (EN) Ken Thomas, Feds investigate links in Florida, Chicago Sun-Times, 12 settembre 2001.
21. ^ Cfr. (EN) Terry McDermott, Seeing what we want to see, Los Angeles Times, 25 agosto 2005.
22. ^ Cfr. (EN) Edward Jay Epstein, Atta in Prague?, Opinion Journal, 22 novembre 2005.
23. ^ Cfr. (EN) James Risen, Prague discounts an Iraqi meeting, New York Times, 21 ottobre 2002. Cfr. anche (EN) Peter S. Green, Havel denies telephoning U.S. on Iraq meeting, New York Times, 23 ottobre 2002.
24. ^ Cfr. (EN) Algerian accused in Britain of training hijackers, Las Vegas Review-Journal, 29 settembre 2001.
25. ^ Cfr. (EN) John Hooper, The shy, caring, deadly fanatic, The Guardian, 23 settembre 2001. Cfr. anche Timeline of Atta's life, ABC online, 12 novembre 2001.
26. ^ Secondo quanto riportato dall'indagine congiunta fra Spagna e Stati Uniti, Atta percorrerà più di 1.900 chilometri nei suoi 12 giorni di permanenza in terra spagnola.
27. ^ Secondo alcune fonti non confermate, Atta si sarebbe incontrato anche con i fratelli Wa'il e Waleed al-Shehri.
28. ^ Cfr. (EN) Laura Sullivan, Sept. 11 hijacker raised suspicions at border, The Baltimore Sun, 27 gennaio 2004.
29. ^ Cfr. (EN) National Commission on Terrorist Attacks Upon the United States, Final Report, pag. 249.
30. ^ Cfr. (EN) Rob Broomby, Report details US 'intelligence failures', BBC News, 2 ottobre 2002.
31. ^ Gli investigatori pensano che dietro questo nome si celi Ahmed Omar Saeed Sheikh, attualmente detenuto in Pakistan e sospettato dal Research and Analysis Wing (i servizi segreti indiani) di avere contatti con Mahmoud Ahmad, il capo dell'Inter Services Intelligence (i servizi segreti pakistani). Cfr. anche (EN) Pepe Escobar, 9-11 and the smoking gun - Part 2: A real smoking gun, Asia Times, 8 aprile 2004.
32. ^ Cfr. (EN) Kevin Fagan, Agents of terror leave their mark on Sin City, San Francisco Chronicle, 4 ottobre 2001.
33. ^ Cfr. (EN) E. Vulliamy, A. Browne, J. Burke, P. Beaumont, M. Bright, K. Ahmed, P. Simon, L. Harding, K. Connolly, A. Osborn, When our world changed forever, The Observer, 16 settembre 2001.
34. ^ I movimenti di Atta ed al-Omari a South Portland sono stati ricostruiti dall'FBI. Cfr. in tal senso (EN) Boston Division seeks assistance, FBI Official Press Release, 14 ottobre 2001. L'FBI ha affermato inoltre che Atta ha effettuato un acquisto con carta di credito a Manhattan il 10 settembre. Cfr. in tal senso (EN) Greg B. Smith, Hijacker in City Sept. 10 used navigation tool to pinpoint WTC site, The New York Daily News, 22 maggio 2002.
35. ^ Inizialmente, si è pensato che ad affittare quella camera fossero stati i fratelli Adnan e Ameer Bukhari. Cfr. (EN) Two brothers among hijackers, CNN report, People's Daily, 13 settembre 2001.
36. ^ Cfr. (EN) National Commission on Terrorist Attacks Upon the United States, Final Report, pag. 451 (nota 1).
37. ^ Cfr. (EN) National Commission on Terrorist Attacks Upon the United States, Final Report, Capitolo 1.
38. ^ Cfr. (EN) National Commission on Terrorist Attacks Upon the United States, Staff Statement No.3 - The aviation security system and the 9/11 attacks.
39. ^ Cfr. (EN) Michael Ellison, 'We have planes. Stay quiet' - Then silence, The Guardian, 17 ottobre 2001.
40. ^ Cfr. (EN) Frontline: Inside the terror network – Instructions for the last night, PBS online, gennaio 2002.
41. ^ La Corte Suprema di Israele ha successivamente annullato la richiesta di estradizione, portando alla sua immediata scarcerazione. Non si sa dove si trovi attualmente.
42. ^ Cfr. (EN) Urban legends reference pages: Rumours of war (Atta boy), Snopes.com, 19 settembre 2002.
43. ^ Cfr. (EN) Yosri Fouda, The laughing 9/11 bombers, The Sunday Times, 1º ottobre 2006.
44. ^ a b c Cfr. (EN) Neil MacFarquahar, Egyptian man denies son's involvement in hijackings, calls accusations 'nonsense', New York Times / San José Mercury News, 19 settembre 2001.
45. ^ Cfr. (EN) Alan Zarembo, 'He never even had a kite', Newsweek, 25 settembre 2001.
46. ^ Cfr. (EN) Kate Connolly, Father insists alleged leader is still alive, The Guardian, 2 settembre 2002.
47. ^ Cfr. (EN) Atta's father praises London bombs, CNN.com, 20 luglio 2005.

I morti sui voli
- Garnet Bailey, hockeista su ghiaccio e allenatore di hockey su ghiaccio canadese (n. 1948), vittima dello schianto del volo United Airlines 175 contro la Torre Sud del World Trade Center durante gli attentati dell'11 settembre 2001.
- Berry Berenson, attrice statunitense (n. 1948), vittima dello schianto del volo American Airlines 11 contro la Torre Nord del World Trade Center durante gli attentati dell'11 settembre 2001
- Ziad Jarrah, terrorista libanese (n. 1975) Era il pilota del volo United Airlines 93, uno dei quattro aerei di linea dirottati durante gli attentati dell'11 settembre 2001
- Charles Edward Jones, astronauta e militare statunitense (n. 1952), vittima dello schianto del volo American Airlines 11 contro la Torre Nord del World Trade Center durante gli attentati dell'11 settembre 2001
- Daniel Lewin, matematico e programmatore statunitense (n. 1970), è stato ucciso a bordo del volo American Airlines 11 durante gli attacchi dell'11 settembre 2001, apparentemente all'inizio del dirottamento dell'aereo.
- Carolyn Beug, regista statunitense (n. 1953), vittima dello schianto del volo American Airlines 11 contro la Torre Nord del World Trade Center durante gli attentati dell'11 settembre 2001
- Betty Ong (n. 1956). E’ stata un'assistente di volo presente sul volo American Airlines 11,
- Satam al-Suqami, terrorista saudita (n. 1976). Fu uno dei dirottatori del volo American Airlines 11, schiantatosi contro la Torre Nord del World Trade Center durante gli attentati dell'11 settembre 2001.
- Abd al-Aziz al-Umari, terrorista saudita (n. 1979), uno dei dirottatori del volo American Airlines 11
- David Angell, produttore televisivo statunitense (n. 1946)
vittima dello schianto del volo American Airlines 11 contro la Torre Nord del World Trade Center durante gli attentati dell'11 settembre 2001.

* 2006 - Joachim Clemens Fest (Berlino-Karlshorst, 8 dicembre 1926 – Kronberg im Taunus, 11 settembre 2006) è stato uno storico, giornalista e saggista tedesco.
Figlio di un funzionario prussiano, Johannes Fest, congedato e poi licenziato, a soli 42 anni, nel 1933 per il suo antinazismo. Con una pensione di soli 180 marchi al mese e cinque figli, il padre dovette arrangiarsi a mantenere la famiglia in ristrettezze economiche perduranti, vivendo nel terrore costante della Gestapo che spesso veniva a perquisire la casa. Dopo il ginnasio a Berlino e Friburgo in Brisgovia, studia Diritto, Storia, Sociologia, Germanistica e Storia dell'arte a Friburgo, Francoforte sul Meno e Berlino. Viene rapidamente annoverato tra i più rinomati storici tedeschi.
Lo storico e giornalista Joachim Fest è noto principalmente per la sua biografia di Hitler, nella quale si pone la domanda di come la borghesia colta della Germania dell'epoca possa essersi lasciata affascinare dalla sciagurata demagogia di Hitler. I critici videro nella rappresentazione di Fest il pericolo di una sopravvalutazione di Hitler, poiché l'autore ne mette in risalto le peculiarità personali sottovalutando il quadro sociale complessivo.
Dal 1963 al 1968 Fest fu capo redattore della Norddeutscher Rundfunk (NDR, Radio Germania settentrionale) e, dal 1973 al 1993, codirettore della Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ) responsabile per la redazione culturale. In questa veste pubblicò nel 1983 l'articolo di Ernst Nolte "Un passato che non vuol passare", le cui tesi sul nazismo ed olocausto, criticate da molti intellettuali come revisioniste ed giustificazioniste, diedero l'avvio alla lunga controversia nota con il nome di Historikerstreit, 'zuffa tra storiografi'. Sempre dalle colonne di questo quotidiano stigmatizzò spesso polemicamente gli ambienti intellettuali della sinistra. Così definì nel 1976 il pezzo teatrale 'Il pattume, la città e la morte' di Fassbinder espressione "di un fascismo di sinistra", "insulto volgare ispirato da cliché ordinari" dal quale emerge un "antisemitismo (...) tattico proprio di un atteggiamento radical-chick." (FAZ 19.3.1976, p. 23, t.d.r.).
Per "i suoi contributi al genere della biografia politica e storica" è stato insignito del Einhard-Preis 2003 per la letteratura biografica e del Eugen-Bolz-Preis 2004 per "meriti nella elaborazione pubblicistica della Resistenza tedesca contro il regime nazista".
In "Horst Janssen", del 2001, si confronta con uno dei più significativi artisti del dopoguerra cui lo legò un'amicizia stretta. In "Incontri" del 2004 illustra appunto alcuni dei suoi incontri con personaggi illustri quali Hannah Arendt, Sebastian Haffner, Golo Mann o Rudolf Augstein che hanno segnato la sua vita.
Sulla sua descrizione degli ultimi giorni di Adolf Hitler, "Der Untergang" (2002, it.: "La disfatta" 2005), che riprende più in dettaglio quanto già esposto nella biografia di Hitler anche col contributo di nuove fonti, si basa il film omonimo di Oliver Hirschbiegel (soggetto e sceneggiatura di Bernd Eichinger) (2004) uscito in Italia con il titolo "La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler".
Joachim Fest era sposato ed ha due figli, uno dei quali, Alexander Fest, è subentrato nel 2002 alla guida della casa editrice Rowohlt Verlag.