"Il mio nome è Asher Lev" 7 - Vienna e la formazione artistica

Egli ha in sé, una fiamma, una attrazione per la bellezza e l’arte che segna indelebilmente il suo destino e sa, come ha detto nel primo capitolo del romanzo, che ”questo è stato fin dal principio un mistero” .
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Vienna
Una nuova richiesta del Rebbe gli chiede di trasferirsi a Vienna, per fondare da lì in tutta Europa nuove scuole di studi rabbinici, ma a questo annuncio, la reazione di Asher è violenta: non lascerà mai le sue strade, gli alberi, la sua finestra, il negozio di colori dell’amico.
Piuttosto andrà ad abitare dallo zio Yitzchok.
Un altro contrasto segna dunque i rapporti fra Aryeh e Asher, fra padre e figlio, fra la generazione degli adulti e quella dei giovani, fra chassidismo e cultura non-ebraica e attraverso di esso Potok ci invita a riflettere su qualcosa di molto profondo, che l’accadere dell’imprevisto mette a nudo nei suoi personaggi, come in ogni uomo.
Il manifestarsi nel romanzo della vocazione artistica del protagonista, estranea alla tradizionale cultura e mentalità ebraica, fa emergere l’irriducibilità di due posizioni umane diverse.
Infatti, da un lato è descritta l’orgogliosa chiusura di chi come Aryeh rifiuta il diverso, incompatibile con i propri schemi e convincimenti e dall’altro la accettazione di chi come Asher e il Rebbe non si chiudono di fronte alle inaspettate circostanze della vita, e ne affrontano l’imprevedibilità sconvolgente.
Asher non risponde ai progetti che su di lui hanno Aryeh e Rivkeh, non è determinato interamente dai suoi genitori, cioè dalla natura terrena, dalla società di appartenenza e dalle sue dinamiche immutabili.
Egli ha in sé, una fiamma, una attrazione per la bellezza e l’arte che segna indelebilmente il suo destino e sa, come ha detto nel primo capitolo del romanzo, che ”questo è stato fin dal principio un mistero” .
Se rinnegasse la sua vocazione, Asher abdicherebbe alla verità di se stesso.
Seconda parte: la formazione artistica
Aryeh si trasferirà a Vienna e Rivkeh resterà ad abitare con suo figlio.
I momenti di lontananza diverranno molto lunghi.
Un giorno la madre di Asher accetta di accompagnarlo al Parkway Museum e accanto ai dipinti di Chagall il bambino vede per la prima volta quadri che ritraggono Gesù e la Crocifissione.
Chi è il Messia? Perché l’hanno messo a morte? chiede.
E Rivkeh non può rifiutarsi dallo spiegare quelle immagini che da quel momento rimarranno sempre incise nella sua mente e presenti nei suoi disegni.
Il Rebbe
Un giorno il Rebbe in persona convoca il protagonista dello scandalo, di cui ha visto i disegni.
Nelle pagine intense che descrivono questo incontro affrontato con apprensione da Asher e dai genitori, il Rebbe, la suprema autorità religiosa, il custode della moralità e dell’intera comunità ebraica ascolta e sa leggere nel cuore di Asher.
Gli parla e lo ascolta e riconosce presente in lui qualcosa di inspiegabile, che non dev’essere contrastato, ma accompagnato da chi può condividere e fare da maestro. Prima di congedarsi da lui lo benedice con queste parole:
“Una vita dovrebbe essere vissuta per amore del cielo. Un uomo non è migliore di un altro perché è un medico e l’altro è un calzolaio. Un uomo non è migliore di un altro perché uno è avvocato e l’altro è un pittore.
Una vita si misura in base a come è vissuta. Mi capisci Asher Lev?“
“Sì Rebbe”, risposi
“Ma c’è chi questo non lo capisce”.
Restai in silenzio.
“Ci sono persone che ami e che ti amano che questo non lo accettano. Asher onorare tuo padre è uno dei dieci comandamenti.”
“Sì Rebbe”
“Ti do la mia benedizione, Asher Lev.” (pag.167).