Di persecuzione si tratta. Ricordiamolo
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L’orrore non finisce mai, e la violenza sembra, in certi casi, l’unica legge che governi i rapporti tra gli uomini.
Ho appreso la notizia del barbaro assassinio degli 8 medici cristiani in Afghanistan: «Erano missionari», è stata la giustificazione. «E poi avevano Bibbie…»: ma questo giustifica il trucidare vittime inermi? Leggendo vari commenti, mi pare che la questione centrale sia sempre sfuggente: di fronte all’assassinio, non ci sono né se né ma. Ogni uomo ha diritto a vivere e ad esprimere le proprie convinzioni. A sentire certe giustificazioni sembra che si potrebbero ammazzare i Testimoni di Geova, perché vengono nelle nostre case con l’intenzione di «fare proselitismo». Siamo impazziti tutti? Ho conosciuto il cristianesimo che mi ha dato il senso del valore della libertà di ogni uomo, e del rispetto di ogni persona.
Non ho bisogno di nessun potere che mi «preservi» dai cattivi maestri. Ho la mia umanità e la mia ragione, e sono convinto che valga di più la «forza delle ragioni» che le «ragioni della forza».
E se è vero che in Afghanistan siamo «ospiti», ciò non impedisce che possiamo esserlo con il nostro volto, con le nostre convinzioni, con la nostra storia: mi risulta che anche i primi cristiani erano «ospiti» dell’impero romano. Non dovevano allora dare testimonianza?
Perché altrimenti si richiederebbe qui, da noi, in occidente, il rispetto delle minoranze, del «diverso», ecc.?
Basta con la storia dei «due pesi e due misure». Abbiamo imparato (e questo, con buona pace dei vari agnostici…) che ogni uomo merita il più grande rispetto, e che la Chiesa è madre e maestra in questo cammino, e che la civiltà nata dalla fede ha in sé i germi del rispetto e della libertà, germi che non le sono estranei, come se fossero una (mal) sopportata importazione, visto il mutare dei tempi e delle mentalità.
Da noi siamo capaci di difendere il «burqa» per le donne mussulmane (anche se – come pare sempre più evidente – è piuttosto un cedimento ad un maschilismo violento che non il rispetto di una libertà di religione). Forse dovremmo imparare a difendere la libertà di essere se stessi. E non credo che una convivenza umana ne abbia a perdere, anzi. Ogni volta che si favorisce l’incontro e il dialogo, nel rispetto e nella chiarezza, la civiltà cresce.
È questa la lezione che i grandi uomini ci sanno dare. L’abbiamo ascoltata anche dal costituzionalista ebreo Joseph Weiler (che dice di sé di essere credente e praticante), che riconosceva la Redemptoris missio come il più grande documento di Giovanni Paolo II perché, diceva, in un dialogo bisogna sapersi dichiarare e non mascherare. E questo non intacca per nulla il rispetto dell’altro.
Ripartiamo da qui, e troviamo, nei vari ambiti, uomini e donne che abbiano chiaro questo principio. A qualunque religione appartengano.
Noi, col sito, siamo in questa linea.
Critica alla sensibilità multiculturale post-moderna
- L’affermazione senza compromessi della verità, che potrebbe sembrare offensiva, è necessaria proprio per l’unicità della mia identità 146KL’affermazione senza compromessi della verità, che potrebbe sembrare offensiva, è necessaria proprio per l’unicità della mia identità