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Educazione: un centro di gravità per l’uomo in frantumi

Fonte:
CulturaCattolica.it
Giotto, Gesù tra i dottori del Tempio

”Cerco un centro / di gravità permanente…”: la canzone di Franco Battiato sembra sintetizzare la richiesta che, in modo confuso o più consapevole, accomuna molte persone di scuola – docenti, alunni, famiglie, lo stesso ministro Fioroni – in questo inizio di anno scolastico. Come sempre, le prime pagine dei giornali sono occupate da argomenti apparentemente marginali – il prezzo dei libri di testo o le cattedre di sostegno per i portatori di handicap – ma il malessere c’è, l’”emergenza educativa” cresce, e la abbiamo documentata da tempo. Nel bel dossier che il mensile ”Tracce” di settembre 2007 dedica alla scuola, c’è un intervento del prof. Fabrizio Foschi, presidente nazionale di Diesse, che dice così: ”…in una tesi di dottorato un’insegnante brasiliana dimostra che tutto quello che si propone nella didattica è frammentato, perché vuole corrispondere a un io frammentato. Ora, questa frammentazione dell’io è il dramma della scuola, a cui si risponde frantumando ancora di più la proposta educativa e didattica. E così facendo, invece di salvare la persona che è sul baratro, le si dà una spintina. Allora la sfida è ritrovare un’unità nelle cose che si fanno, ricondurre a un significato. Tanto è urgente che perfino in alcuni recenti documenti ministeriali si fa riferimento alla necessità di recuperare una sintesi: la cultura dominante, che ha spezzato e suddiviso, sente il bisogno di una sintesi, ma questa partita ha bisogno di persone che affrontano la realtà della scuola in maniera unitaria”. Il documento ministeriale cui si riferisce il prof. Foschi è la ”Lettera di accompagnamento delle Indicazioni per il curricolo”: vi si afferma che ”compito della scuola è educare istruendo le nuove generazioni, e questo è impossibile senza accettare la sfida dell’individuazione di un senso dentro la trasmissione delle competenze, dei saperi e delle abilità”. Così commenta questa inaspettata e positiva apertura l’editoriale del 19/09/07 di Diesse: ”L’educazione non si realizza mediante l’aggiornamento delle tecniche per insegnare, secondo una concezione molto in voga nella attuale cultura pedagogica (di destra e di sinistra), per cui orientando la didattica ad un particolare modello di conoscenza si presume di ottenere la modificazione della struttura umana dell’individuo. L’educazione si realizza nella libertà di un incontro tra chi propone un significato per cui vivere e chi si dispone a seguirlo. L’educazione può, certo, accadere in modo gratuito anche nella scuola ed investire le modalità dell’insegnamento e dello studio.”
Questo richiamo all’unità del sapere – e quindi a una cultura che torni ad avere un centro – concorda singolarmente con quanto ha espresso Mons. Bagnasco nella Prolusione al Consiglio Permanente della CEI del 17 settembre 2007: ”Mi riferisco all’esigenza ormai da tutti riconosciuta di raccogliere e coltivare sempre meglio l’unità della persona: essa è continuamente insidiata dalla frantumazione e dallo smarrimento, dovuto non tanto alla necessaria articolazione delle esperienze quanto piuttosto alla mancanza di criteri di interpretazione e di sintesi. Il clima di materialismo in cui viviamo tende a sfilacciare le persone e a frantumare i loro punti di vista, in una estenuazione che vorrebbe rendere patetico qualunque richiamo alla coerenza. Ma il vuoto non si regge in piedi e la vita concreta non si divide a settori o momenti tra loro incomunicabili”. Un adulto, non isolato, che viva un’unità culturale: ecco la condizione per l’educazione. E questa unità ha un nome, come ricordava Papa Benedetto XVI a Monaco nel settembre 2006: ”Non è affatto sufficiente che i bambini e i giovani acquistino nella scuola soltanto delle conoscenze e delle abilità tecniche, e non i criteri che alle conoscenze e alle abilità danno un orientamento e un senso. Stimolate gli alunni a porre domande non soltanto su questo o su quello, ma a chiedere sul ”da dove” e sul ”verso dove” della nostra vita. Aiutateli a rendersi conto che tutte le risposte che non giungono fino a Dio sono troppo corte”. Buon anno scolastico!

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