Si può rinascere da una catastrofe
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Sembra una catastrofe. Molti avevano sperato in un risultato passabile, fifty/fifty, si poteva pensare. I numeri hanno detto che circa 3.000 persone hanno scelto di difendere lo status quo che considera l’aborto un reato, contro i circa 11.000 che hanno sostenuto, col loro voto, la posizione contraria.
Possiamo dire pure che la verità non la stabiliscono i numeri, ma certo quanto accaduto ci interroga profondamente.
Perché la difesa della vita è stata sconfitta? Perché gli appelli del Papa sono caduti nel vuoto? Perché quanto il Vescovo ha detto e scritto non sembra avere inciso sulla coscienza dei sammarinesi? Perché le ragioni di chi voleva difendere la vita hanno avuto così poca incidenza, tanto da fare pensare che erano relitti di un passato incivile, «talebano», retrogrado? Perché chi ha alzato i toni continuamente è riuscito a fare credere che fossero i difensori della vita a esserne responsabili?
Perché alcuni giovani legati alla esperienza cristiana hanno dato sostegno a chi promuoveva l’aborto e il Referendum?
Perché chi ha proposto l’aborto anche oltre alla 12ma settimana ha fatto credere di essere contrario all’aborto stesso, fingendosi difensore della vita?
Possiamo continuare con le domande, ma certo ne rimane una fondamentale. Perché non ci siamo accorti che il tradimento dei principi non negoziabili porterà al fallimento di una storia di cui siamo fieri? E perché tanto astio contro la chiesa, quell’astio che ha portato alcune responsabili del Referendum a gridare col megafono davanti alle chiese della Diocesi le proprie accuse, dimenticandosi di essere insegnanti ed educatori, promuovendo quella cultura dell’odio di cui vorrebbero dichiararsi vittime?
Perché i cristiani sono stati così tiepidi di fronte a questa circostanza, noi cristiani che abbiamo ascoltato il grido di s. Giovanni Paolo II «Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita dell’uomo sarà minacciata»?
E perché abbiamo tralasciato la possibilità di mobilitarci con tutti i mezzi e soprattutto con le relazioni personali (quello che una volta si chiamava il «porta a porta») per convincere della bontà della battaglia in difesa della vita?Tante le domande, e dovremo trovare il coraggio di cercare le risposte.
Però c’è una cosa che è accaduta e che può essere forse l’inizio di una ripresa. Ci sono stati amici che, gratuitamente e con passione, si sono mobilitati, che hanno cercato di dare le ragioni della speranza che avevano nel cuore, che non si sono rassegnati, che hanno vissuto una stima e una amicizia costruttiva, che sono cresciuti nel mettersi insieme per il compito che nasceva dal cuore dentro la circostanza e la situazione.Tutto quello che è accaduto non è accaduto invano. Nei tempi della lotta dei polacchi per la libertà (che molti di noi hanno amato, aiutato e condiviso) uno slogan rincuorava tutti noi: «La Polonia non è morta finché noi viviamo». San Marino e il suo essere amore per la vita e la libertà autentica non è morto finché noi viviamo, siamo insieme, incontriamo il cuore di ogni persona. Non i numeri saranno nostri amici, ma il cuore degli uomini e delle donne, quel cuore che si è mosso quando ha visto che la difesa della vita non era uno slogan ma una concreta possibilità di aiuto. E quindi per tutti la possibilità di una cultura nuova e una educazione autenticamente umana. Umana perché cristiana.
Ora ci aspetta un compito difficile, per non rassegnarsi a una mentalità che già era data per vincente e che ha avuto dalla sua parte quasi tutti i mezzi di comunicazione, che ha sentito solo le voci di chi si diceva da un lato per l’aborto e dall’altro lo riteneva un fatto grave, che si sarebbe potuto evitare conoscendone l’estensione. I numeri hanno fatto trionfare la morte (ricordiamo come Papa Francesco ha chiamato l’aborto: «un omicidio»), il nostro impegno deve fare trionfare la vita. E capire che questo può accadere solo se non si accettano i compromessi.
Questo è ciò che insegna la Chiesa:
«La Chiesa è consapevole che la via della democrazia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall’altra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una retta concezione della persona. Su questo principio l’impegno dei cattolici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza interiori dei fedeli stessi. La struttura democratica su cui uno Stato moderno intende costruirsi sarebbe alquanto fragile se non ponesse come suo fondamento la centralità della persona. È il rispetto della persona, peraltro, a rendere possibile la partecipazione democratica. Come insegna il Concilio Vaticano II, la tutela «dei diritti della persona umana è condizione perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica».
[…] Si assiste invece a tentativi legislativi che, incuranti delle conseguenze che derivano per l’esistenza e l’avvenire dei popoli nella formazione della cultura e dei comportamenti sociali, intendono frantumare l’intangibilità della vita umana. I cattolici, in questo frangente, hanno il diritto e il dovere di intervenire per richiamare al senso più profondo della vita e alla responsabilità che tutti possiedono dinanzi ad essa. Giovanni Paolo II, continuando il costante insegnamento della Chiesa, ha più volte ribadito che quanti sono impegnati direttamente nelle rappresentanze legislative hanno il «preciso obbligo di opporsi» ad ogni legge che risulti un attentato alla vita umana. Per essi, come per ogni cattolico, vige l’impossibilità di partecipare a campagne di opinione in favore di simili leggi né ad alcuno è consentito dare ad esse il suo appoggio con il proprio voto. Ciò non impedisce, come ha insegnato Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Evangelium vitae a proposito del caso in cui non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista già in vigore o messa al voto, che «un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica».
[…] In questo contesto, è necessario aggiungere che la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti. […] Dinanzi a queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili, infatti, i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. E’ questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da non confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione umano.»