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La chiesa laica che non accetta intromissioni

Autore:
Fasani, don Bruno
C'è una "laicità" che non accetta intromissioni, né tantomeno critiche, che si arroga il diritto di sapere cos'è bene e cos'è male (quasi nulla), di dire chi può parlare in piazza e chi è meglio lo faccia nel chiuso delle sacrestie.
Questo editoriale di don Bruno Fasani, uno dei pochi sacerdoti che, a mio avviso, pur andando in televisione rimane sacerdote sino in fondo, non finge d'essere diverso da ciò che è, ministro di Dio, non cerca di somigliare ai nani e alle ballerine, ma parla forte e chiaro.



"Come sta il Preside?", mi chiedeva un amico, qualche giorno fa, parlando del Papa. Il tono era affettuoso ma risentiva dei pregiudizi, quelli che imprigionano le persone nelle gabbie dei luoghi comuni. Benedetto XVI, schivo e carismatico ad un tempo, non cessa di stupire. Scherza e ride con i bambini, dice ai padri sinodali che deve assentarsi per andare dal dentista, rilascia interviste, torna dal suo vecchio sarto che sa dove mettere le asole giuste… Parla poco e ha dichiarato di voler scrivere ancora meno, evitando il collasso della chiesa sotto una montagna di carte. Ma quando parla non dice mai cose scontate. Molti sono d'accordo, altri meno, ma a tutti scappa da pensare.
Nei giorni scorsi ha saputo che a Norcia si teneva un incontro in cui si parlava di "Libertà e laicità". Un tema ostico che, in altri tempi, avrebbe allertato le papille olfattive delle cancellerie vaticane, preoccupate di non scomodare i delicatissimi equilibri che regolano i Concordati. E invece che ti fa il "Preside"? Prende carta e penna e manda a dire che un'autentica laicità non è nemica della dimensione religiosa della vita e che, pertanto, anche gli Stati devono aprirsi alla trascendenza, senza la quale l'uomo diventa misura di se stesso. E poi aggiunge che alcuni diritti non vengono dalle democrazie, ma appartengono all'uomo in quanto tale. Le leggi possono solo riconoscere questi diritti antecedenti qualsiasi ordinamento giuridico. [In calce la lettera di Benedetto XVI]

Il giorno dopo le dichiarazioni del Papa, le "intelligenze" d'Italia si sono sbracciate a suonare il campanello d'allarme contro la chiesa usurpatrice della laicità. Le firme prestigiose dei più prestigiosi quotidiani hanno sentenziato che questa ingerenza è il tentativo di imporre il Dio cattolico e la morale cattolica. Insomma un tentativo di ripristinare quel regime di cristianità, tanto caro al passato, quanto vicino alle visioni teocratiche, che vorrebbero appiattire lo Stato laico sulle posizioni della confessione religiosa dominante in un Paese.
Ma è proprio in questa logica di sospetto che si annida la vera usurpazione, quella di un laicismo che confonde la propria libertà con l'arbitrio, fino ad attribuirsi il potere di mettere in discussione i diritti naturali dell'uomo e la tutela della persona umana in quanto tale. È in questa arroganza, spinta fin dentro i confini dell'assenza di morale, che si nasconde il dio laico che fa della propria libertà la nuova teocrazia senza trascendenza.
Una laicità, così autoreferenziale, da risultare incapace di registrare le novità dentro alla chiesa. Eppure la svolta del Vaticano II ha da tempo consegnato all'umanità un cattolicesimo non più ripiegato su se stesso in posizioni di rendita, ma intento a raggiungere l'uomo come il primo destinatario della salvezza. Per dirla col linguaggio degli esperti, un passaggio da una visione ecclesiocentrica, che mirava alla difesa dei diritti della chiesa, ad una antropocentrica, cioè che ha fatto dell'uomo il destinatario della propria missione.
La logica con cui ci si batte contro la guerra e le ingiustizie sociali, l'amore per i poveri, il servizio capillare di una carità senza frontiere sono il termometro di una passione per l'umanità, che non può essere incapsulata nei toni offensivi dell'usurpazione clericale.
Se oggi c'è un pericolo di confessionalismo, quello è proprio di certa laicità, che vorrebbe far dipendere i diritti dei cittadini esclusivamente dallo Stato, occupando, con un nuovo regime senza morale, quello che, in passato, fu il regime di cristianità. Insomma dal Papa dei cattolici a quello dei laici.
La vera laicità, da cui discende la vera e autentica democrazia, consiste nel restituire al popolo la sovranità dei propri diritti, che non sono né del Papa e neppure dello Stato. Sono i diritti dell'uomo in quanto tale, ricevuti dal Creatore, per chi ha il dono della fede o, dalla natura, per chi non ce l'ha. Doni comunque inalienabili, né in nome delle religioni, tanto meno della laicità.

All'Onorevole Senatore MARCELLO PERA
Presidente Onorario della Fondazione Magna Carta
Ho appreso con piacere che la Fondazione Magna Carta e la Fondazione per la Sussidiarietà hanno promosso a Norcia un incontro di studio sul tema "Libertà e laicità". Per tale circostanza sono lieto di inviare il mio beneaugurante pensiero a Lei, Signor Presidente, agli organizzatori, ai relatori e a quanti prenderanno parte ai lavori, che intendono contribuire al necessario confronto su un argomento di così grande importanza.
Formulo poi l'auspicio che la riflessione che si farà al riguardo tenga conto della dignità dell'uomo e dei suoi diritti fondamentali, che rappresentano valori previi a qualsiasi giurisdizione statale. Questi diritti fondamentali non vengono creati dal legislatore, ma sono inscritti nella natura stessa della persona umana, e sono pertanto rinviabili ultimamente al Creatore. Se, quindi, appare legittima e proficua una sana laicità dello Stato, in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo norme loro proprie, alle quali appartengono anche quelle istanze etiche che trovano il loro fondamento nell'essenza stessa dell'uomo. Tra queste istanze, primaria rilevanza ha sicuramente quel "senso religioso" in cui si esprime l'apertura dell'essere umano alla Trascendenza. Anche a questa fondamentale dimensione dell'animo umano uno Stato sanamente laico dovrà logicamente riconoscere spazio nella sua legislazione. Si tratta, in realtà, di una "laicità positiva", che garantisca ad ogni cittadino il diritto di vivere la propria fede religiosa con autentica libertà anche in ambito pubblico.
Per un rinnovamento culturale e spirituale dell'Italia e del Continente Europeo occorrerà lavorare affinché la laicità non venga interpretata come ostilità alla religione, ma, al contrario, come impegno a garantire a tutti, singoli e gruppi, nel rispetto delle esigenze del bene comune, la possibilità di vivere e manifestare le proprie convinzioni religiose.
Con tali voti, mi è gradito rinnovare a Lei ed ai partecipanti al Convegno il mio deferente e cordiale saluto.
Benedetto PP XVI

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