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L'ineludibile questione di Dio

Fonte:
CulturaCattolica.it
Grazie di cuore a Fabio Cavallari, di cui abbiamo comunicato un bel racconto di Natale agli iscritti alla Newsletter, per il resoconto di questo straordinario incontro tra uomini. «Quello che è grande tra noi è la vita» dicevano i santi!

Sono tornato da una trasferta romana con la gioia per aver avuto la possibilità di salutare un vecchio comunista ed un vecchio prete, così come loro amano definirsi. Sarò nostalgico, fuori moda, di un altro tempo. Eppure ogni volta che incontro qualcuno che mi aiuta a far memoria di me, delle mie origini, della mia identità, io scopro, riscopro ogni volta la bellezza della realtà. Ho ascoltato le parole di Pietro Barcellona in dialogo con don Francesco Ventorino attorno a “L’ineludibile questione di Dio” (Marietti) e mi son sentito a casa, avvolto da quel pensiero “affettivo”, fecondo, virtuoso, seppur lontano dalla mondanità e dalla modernità quotidiana. Parole incarnate in un vissuto andato, in un presente pericoloso ma sempre fertile di meraviglia per la vita.
“Se gli aranci crescono alle pendici delle montagne del mediterraneo” - ha raccontato Pietro Barcellona, deputato del partito comunista nell’epoca berlingueriana ora professore di diritto e filosofia all’Università di Catania - “quella è la verità degli aranci, se le pecore brucano l’erba nel tal prato, quella è la verità delle pecore. La verità di ciascuno è piantata nelle radici della vita. La vita è anche la morte, l’insensatezza, la gioia ed il dolore. Quello che è reale è l’esperienza che noi facciamo. Non possiamo neppure essere empi, maledire la nostra nascita, se non ci poniamo l’ineludibile questione di Dio. Nella nostra esperienza poi c’è questo Dio venuto in terra. Noi facciamo sempre i conti con qualcosa che è di seconda mano che sono le parole. Non possiamo capire il richiamo forte della vita, se siamo sempre impastati di parole. Io combatto fieramente come principio filosofico, politico, morale ed anche religioso tutte le cose che cercano di esser dimostrate con i concetti. Le cose si dimostrano con i fatti. Qualunque cosa che ho insegnato ai miei studenti, ai miei figli, l’ho fatto raccontando cosa sono stato io. Il problema del significato oggi è sommerso dalle dichiarazioni sulle certezze scientifiche. I pensieri degli uomini sono diventati poveri. Non riusciamo più a pensare, perché si può pensare solo di fronte a Dio, anche per negarne la bontà o la presenza. L’esistenza ci impone di pensare a Dio o contro di Dio, ma non possiamo restare in questa quieta indifferenza che in realtà nasconde il fallimento di tutte le culture. Se il cristianesimo fa acqua, se si abbandona alla modernità, siamo senza vie d’uscita, perché oggi è l’unico antidoto alla manipolazione generalizzata, che ci vuole tutti automi. Cosa ne sarà di noi senza il Cristianesimo? Possiamo accontentarci dell’edonismo cognitivo? Dobbiamo riprendere in mano il tema della disperazione dell’uomo e del bisogno di trovare un interlocutore forte. Non debole o acquiescente. Un Dio come quello che ha avuto Giacobbe, che ti fa anche maledire l’esistenza, ma che ti lascia con la domanda che il senso di tutto ci sfugge. Un mondo senza di Dio è un mondo senza senso, dove non si può vivere. Se cancelliamo questa domanda, ci consegniamo ad un nichilismo ottuso che può solo distruggerci.”
Parole quelle del professore che entrano nelle viscere, perché non sono solo parole. Quando lo saluto, manifestandogli la mia gratitudine e la mia provenienza politica e culturale, ne ho la costante riprova. La corporatura di questo uomo è minuta, mite nella sua interezza, ma sono esplosivi i suoi occhi. “Sono anch’io un compagno e apolide di sinistra” mi dice sorridendo. E’ così quando accenno alla solitudine pasoliniana, sento l’abbraccio del compagno Barcellona farsi carne viva.
Cari amici, quanto abbiamo bisogno di uomini così. Vecchi preti e vecchi comunisti!

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