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Brevi considerazioni a proposito di una lettera

Fonte:
CulturaCattolica.it

Dalla lettera di risposta di Scalfari al Papa Francesco: «Queste parole sono al tempo stesso una rottura e un’apertura; rottura con una tradizione del passato, già effettuata dal Vaticano II voluto da papa Giovanni, ma poi trascurata se non addirittura contrastata dai due pontefici che precedono quello attuale; e apertura ad un dialogo senza più steccati.»
Ammiro e stimo Papa Francesco, e il suo desiderio di incontrare la persona con cui entra in contatto, senza schemi, con una apertura di cuore che commuove. Ho anche letto vari commenti all’iniziativa, ma su questi non mi esprimo.
Una cosa mi colpisce, e la citazione che ho riportato ne è eloquente esempio. Sembra che per Scalfari quanto ha fatto Papa Francesco sia una novità assoluta, in contrasto con quanto sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno compiuto. No, non ci sto a questa falsificazione della realtà. Per me “dialogo” implica innanzitutto rispetto della persona e della verità. Allora ritroviamo le pagine di Antonietta Macciocchi, in cui ella – fondatrice del Manifesto e femminista convinta – faceva il resoconto dei suoi incontri con Papa Giovanni Paolo II. O rileggiamo le conversazioni di Papa Benedetto XVI con Peter Seewald, o con tutti coloro che hanno voluto incontrarlo.
E ditemi che qui c’è una «tradizione» di chiusura, di incapacità di incontro e valorizzazione dell’altro, di ascolto del diverso… No, se mai è proprio Scalfari che chiude il dialogo, lui che poi afferma che «non solo non ha la fede ma neppure la cerca» e «anch’io vorrei che la luce riuscisse a penetrare e a dissolvere le tenebre anche se so che quelle che chiamiamo tenebre sono soltanto l’origine animale della nostra specie. Più volte ho scritto che noi siamo una scimmia pensante.»
E se Papa Francesco ha mostrato una fiducia infinita nell’uomo accettando di rispondere a quel giornalista che, dall’alto della sua ricchezza, si permette di chiedere alla Chiesa una povertà di cui lui non sa proprio nulla, e che nella sua storia personale ha compiuto nefandezze di cui non ha poi chiesto pubblicamente perdono (lo ricorda un giornalista nella sua biografia «non autorizzata») il Nostro non si esime dal dare giudizi ingenerosi su quella Chiesa che – nel suo capo supremo – lo accoglie come interlocutore stimato.
Riporto qui alcune interessanti osservazioni di P. Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica: «Il Papa può essere facilmente strumentalizzato, certo. Basta interpretarlo ideologicamente e il gioco è fatto. E invece il Papa non si stanca di ripeterlo: il vangelo va interpretato col vangelo non con altro. Quindi se il gesto o la parola del Papa è interpretato con categorie non evangeliche se ne capovolge il senso.» Questo «capovolgimento» è quello che può purtroppo capitare, sia da osservatori laici che da interlocutori «cattolici».
Chissà se sarà possibile una nuova epoca? A ben guardare nel mondo della comunicazione (in primis Twitter) sembra che siamo lontani anni luce.

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