Voglio la mamma
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(Mario Adinolfi, Voglio la mamma)

Disturberà, “Voglio la mamma” di Mario Adinolfi. Sta già disturbando.
Un libretto delle dimensioni di una mano, 120 pagine da tenere in tasca o in borsa, pronte all’uso. Non è una raccolta di poesie, non è un’autobiografia o un romanzo. “Voglio la mamma” è un vademecum da leggere rileggere e imparare. Per avere la risposta pronta di fronte a chi pontifica sui «falsi miti del progresso», come li chiama l’autore: l’omogenitorialità, l’eutanasia infantile, la diagnosi prenatale, l’ipocrisia della “dolce morte”, l’affitto degli uteri, il gender, la transessualità, il matrimonio omosessuale…
E c’è da riflettere, se una manciata di anni fa nessuno si sarebbe sognato di dover difendere madri, padri, famiglia, la dignità di ogni vita sempre, ed ora torna utile girare armati di questo libretto rosso per argomentare, dati alla mano, contro il vento delle mode che anestetizza la ragione prima ancora che le coscienze.
Fa pensare, anche, che a scrivere di questo sia un giornalista e conduttore radiotelevisivo, già candidato alla segreteria, membro della direzione nazionale e parlamentare del Partito democratico. Un intellettuale che ha pagato e sta pagando per queste sue posizioni di buon senso ma decisamente controcorrente. Questa, ad esempio: «Scrivo questo libro per dire, da sinistra, che chi è di sinistra sta con gli ultimi, contro i falsi miti di progresso. E gli ultimi sono i bambini senza voce e senza parola, i sofferenti, gli addolorati senza speranza». Disturba, Mario Adinolfi. Basta fare un giro su Facebook o su Twitter per rendersene conto. Una presenza ingombrante, che in questo silenzio assenso dei laici ma anche di troppi cattolici ha il coraggio di mettersi di traverso nel piano inclinato che conduce dritti dritti alla dissoluzione dell’uomo.
Nelle 120 pagine del libro, dati recentissimi che confutano le vulgate dei media. Ad esempio, è facile dimostrare come «in Italia, dove la battaglia ideologica ha riguardato la creazione dei registri comunali delle coppie di fatto, tali registri dove sono stati istituiti sono clamorosamente vuoti». O come il matrimonio gay non sia né un’urgenza né una necessità. I numeri aiutano sempre a riflettere, peccato che la stampa che piace alla gente che piace si scordi generalmente di farceli conoscere. Andatevi a leggere a pagina 83 quanto costa affittare un utero. I bla bla bla sulla filantropia diventano bocconi amari, quando si scopre che per una Gpa (gestazione per altri) le cifre variano dai 20 ai centomila euro… Ma sono solo degli esempi, perché su ogni argomento Adinolfi presenta dati a volontà.
Nel capitolo 14 l’autore propone la sintesi di tutta la riflessione: «venti punti che rappresentano principi irrinunciabili che ritengo non solo non debbano essere negoziabili, ma necessitino un’attività di proselitismo per ricondurre il dibattito intellettuale e politico sui temi tabù che abbiamo affrontato dentro i confini di una razionalità condivisa, lontano dall’impazzimento modaiolo che sembra avere la meglio in questa fase». Già. Una razionalità condivisa. Si riparta da lì, dalla realtà dei fatti. E’ per questo che non ha peli sulla lingua, Adinolfi. Non teme di parlare di selezione eugenetica riferendosi alla diagnosi pre-impianto, né di infanticidio, né di mercificazione del corpo, né di eutanasia con atti barbari, nazisti. Dice pane al pane, smascherando la menzogna della neolingua politically correct così brava a camuffare la verità.
Ma “Voglio la mamma” non è un libro contro, è un libro pro. Sicuramente in difesa dei più deboli e indifesi. «Il bambino senza voce che ha diritto di nascere molto di più di quanto la donna abbia il diritto di abortirlo, l’anziano e il malato grave che ha bisogno di assistenza e non di sentirsi un peso per la società e la famiglia da eliminare con una “dolce” morte di Stato, la famiglia che fa fatica a portare avanti la carretta dell’educazione e della crescita dei figli, sostenendo magari in casa altre persone non autosufficienti».
Mentre giorno dopo giorno avanza il processo di mitridatizzazione, e a piccole dosi il pensiero unico ci instilla l’ideologia del gender e questi falsi miti, spacciandoli per progresso, non farà male usare come antidoto anche “Voglio la mamma”. Perché questa battaglia non è roba solo per cattolici intransigenti, ma per tutti coloro che hanno a cuore l’origine e il destino dell’uomo.