Condividi:

La dittatura dei «diritti umani» - [1]

Autore:
Andrea Mondinelli
Fonte:
CulturaCattolica.it
Accettato e stabilito il principio per cui nessuno è al di sopra dell'uomo, ne consegue che la causa che determina la concordia e la società civile è da ricercare non già in un principio esterno o superiore all'uomo ma nella libera volontà dei singoli

Torno sulla questione dei diritti umani, che considero di capitale importanza. Desidero mettere in evidenza le contraddizioni intrinseche all'ideologia dei diritti umani, contraddizioni che il Magistero della Chiesa non ha mai smesso di evidenziare per almeno un paio di secoli, fino al Concilio Vaticano II.
Faccio mie le parole di Marcello Pera che, nel suo "Diritti umani e cristianesimo" (QUI una recensione molto positiva del card. Müller), scrive:

Ho ben presente che anche solo porre in questione il concetto dei diritti umani significa oggi sollevare scandalo, come commettere l'eresia. Si tocca un mostro sacro, l'ultima utopia dell'umanità, l'assalto definitivo al cielo. Come scrisse Michel Villey, "i diritti dell'uomo hanno solo amici", tanto che a metterli in dubbio si passa per "reazionari imbecilli". E tuttavia, proprio oggi che i diritti dell'uomo sono diventati una sorta di seconda natura, lo scandalo sarebbe tacere sulle questioni gravi, filosofiche, teologiche, morali e politiche, che essi pongono. Ad esempio J. Bentham sostenne che "non esistono cose come i diritti naturali"; Benedetto Croce scrisse che "un "diritto naturale" non si trova da nessuna parte, perché logicamente e realmente contradditorio"; Alasdair MacIntyre ha scritto che "credere [nei diritti dell'uomo] è come credere nelle streghe e negli unicorni"; e Norberto Bobbio è sempre rimasto convinto che "i diritti naturali sono diritti storici". E così molti altri. […] Non c'è dubbio: pensare che il giorno in cui saremo tutti nel possesso pieno e garantito dei nostri diritti finalmente godremo di pace e benessere, felicità, è idea molto bella. Le manca solo di essere vera. O anche solo verosimile.


Il fatto che non esista una definizione giuridica dei diritti umani sarà per molti sorprendente, tuttavia è vero. Viene ribadito anche dalla Commissione Teologica Internazionale ne "Dignità e diritti della persona umana" (1983) (pubblicata sul sito della Santa Sede QUI):

[…] ai giorni nostri, per ciò che riguarda il riconoscimento dei diritti dell'uomo, occorre tenere presente quanto segue: ammesso che quello fondamentale della dignità umana sia da ritenere come il valore sommo nell'ordine morale e come la ragione dell'obbligatorietà giuridica, bisogna innanzitutto definire con chiarezza e precisione i diritti dell'uomo e fissarne la formulazione giuridica.

Tornerò sulla problematica, a dir poco, dichiarazione della Commissione Teologica Internazionale, ma veniamo al nocciolo della questione dei diritti umani, che già è prefigurata dalla citazione precedente.
La logica dei diritti umani richiede di sacrificare il punto centrale del messaggio cristiano, che è quello dell'uomo non autonomo bensì dipendente da Dio. Dio e mondo, fede e ragione, grazia e libertà, sforzi umani e ricompensa: la relazione fra cristianesimo e diritti umani è una questione non risolta. A ridurla in formula sintetica penso si possa dire che si è passati da "Dio e i doveri da lui fissati" a "l'io e i diritti da lui posseduti".
Proprio per questo per secoli la Chiesa ha anatemizzato i diritti umani a partire da Pio VI (Quod aliquantum, 1791), Gregorio XVI (Mirari vos, 1832), Pio IX (Quanta cura e Sillabo annesso, 1864), Leone XIII (Immortale Dei, 1885; Libertas, 1888; Rerum novarum, 1891). Questa avversione dei Pontifici dell'Ottocento ha in primo luogo natura dottrinale, e solo subordinatamente temporale. La loro tesi è che i diritti dell'uomo mettono in dubbio un cardine del cristianesimo: che l'uomo non può salvarsi, condurre una vita morale e costruire una società ben ordinata, senza fare riferimento a Dio, ai comandamenti di Dio, alla legge naturale fissata da Dio.

Molto esplicito Leone XIII nel condannare l'errore dottrinale di chi ritiene che i diritti e i doveri dell'uomo possano essere indipendenti dalla legge divina:

I seguaci del Liberalismo, di cui si è detto, nella vita pratica pretendono che non vi sia alcun divino potere a cui si debba obbedienza e che ognuno debba essere legge per se stesso […]. Accettato e stabilito il principio per cui nessuno è al di sopra dell'uomo, ne consegue che la causa che determina la concordia e la società civile è da ricercare non già in un principio esterno o superiore all'uomo ma nella libera volontà dei singoli; che il potere pubblico emana, come da fonte primaria, dal popolo. Inoltre, come la ragione di ciascuno è la sola guida e norma della condotta privata, così la ragione di tutti deve essere guida per tutti nella vita pubblica. Perciò la maggioranza ha poteri maggiori; la maggior parte del popolo è sorgente dei diritti e dei doveri universali.

Ma è evidente, da quanto si è detto, che queste affermazioni contrastano con la ragione. Non volere che tra l'uomo e la società civile interceda alcun vincolo con Dio creatore e supremo legislatore, ripugna assolutamente alla natura, e non solo alla natura dell'uomo ma di tutte le creature; poiché è necessario che tutti gli effetti abbiano qualche attinenza con la causa da cui sono scaturiti, riguarda tutte le creature; attiene alla perfezione di ciascuna rimanere nel posto e nel grado che l'ordine naturale ha stabilito, in modo che il mondo inferiore sia sottoposto e obbedisca a quello che lo sovrasta. Per di più, siffatta dottrina è gravemente perniciosa sia per i singoli che per la società. Una volta confinato nella sola e unica ragione umana il criterio del vero e del bene, la corretta distinzione tra il bene e il male sparisce; le infamie non differiscono dalla rettitudine in modo oggettivo ma secondo l'opinione e il giudizio dei singoli; il libito diventa lecito; stabilita una regola morale che non ha praticamente il potere d'infrenare e di placare le torbide passioni dell'animo, si spalancherà spontaneamente la porta ad ogni corruttela. Nell'ordine pubblico, poi, il potere di comandare viene separato dal giusto e naturale principio da cui esso attinge ogni virtù generatrice del bene comune; la legge, nello stabilire i limiti del lecito e dell'illecito, è lasciata all'arbitrio della maggioranza, che è la via inclinata verso il regime tirannico. Ripudiato il dominio di Dio sull'uomo e sul consorzio civile, ne consegue l'abolizione di ogni culto pubblico e la massima incuria per tutto ciò che ha attinenza con la religione. Del pari, la moltitudine, armata della convinzione di essere sovrana, degenera in sedizioni e tumulti e, tolti i freni del dovere e della coscienza, non resta altro che la forza, la quale, tuttavia, non è così grande da potere da sola contenere la passioni popolari. Lo dimostra la lotta pressoché quotidiana contro i socialisti ed altre schiere di sediziosi che da tempo tentano di sovvertire radicalmente la società civile. Chi è in grado di giudicare rettamente, valuti dunque e stabilisca se tali dottrine giovino a una vera libertà degna dell'uomo, o piuttosto la pervertano e la corrompano del tutto. [Libertas QUI.]


Parole di una chiarezza cristallina. Esiste uno iato incolmabile, una divergenza insanabile tra l'idea che, tramite il riconoscimento e il godimento dei suoi diritti, l'uomo è costruttore di se stesso e l'idea che l'uomo è invece creatura di Dio a lui sottomessa. E fra l'idea che la "libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri" (art. 4 della Dichiarazione del 1789) e l'idea che "la libertà umana […] presuppone la necessità di ottemperare alla suprema ed eterna ragione, che altro non è se non l'autorità di Dio che comanda il bene e vieta il male" [Leone XIII Libertas].

Riprendiamo la problematica dichiarazione della Commissione Teologica Internazionale ne "Dignità e diritti della persona umana" (1983). Leggete con attenzione i concetti ivi espressi:

[…] Che questi diritti fondamentali possano poi esser riconosciuti nella pratica, dipenderà dal consenso che si riuscirà a ottenere al di là delle diverse concezioni (filosofiche e sociologiche) sull'uomo. Una volta ottenuto, tale consenso servirà come fondamento per un'interpretazione comune dei diritti dell'uomo, almeno in termini politici e sociali. Ora, questo fondamento sta in quei tre principi basilari che sono la libertà, l'uguaglianza e la partecipazione. Da questi dipendono i diritti relativi alla libertà personale, all'eguaglianza giuridica e alla partecipazione sociale, economica, culturale e politica. Il nesso esistente tra i tre principi basilari esclude qualsiasi interpretazione unilaterale, quale, ad esempio, quella del liberalismo, del funzionalismo e del collettivismo. […] Una volta definiti, i diritti fondamentali dovranno essere inseriti nella Costituzione e nelle istituzioni e garantiti dappertutto con sanzione giuridica. Tuttavia non si giungerà mai a un pieno riconoscimento e a una pratica attuazione universale dei diritti dell'uomo, finché tutti gli stati non riconosceranno - specie in occasione di conflitti - la giurisdizione d'un istituto internazionale, rinunciando, in quei casi, all'esercizio della propria assoluta potestà. Per ottenere un simile consenso giuridico internazionale, è necessario prescindere, metodicamente, dai conflitti dottrinali del passato e dai modelli più restrittivi, propri di alcune comunità. Parimente è necessario, nella famiglia dei popoli, che tutti - e ogni singolo cittadino per parte sua - attribuiscano grande importanza ai diritti fondamentali e mantengano vivi quei valori che ne sono la fonte.

In questa Dichiarazione, i diritti dell'uomo sono visti in funzione del consenso ottenibile e di tre principi basilari: libertà, l'uguaglianza e la partecipazione. Avete notato che manca la verità, in modo che la libertà assomiglia più all'idea rivoluzionaria francese che al dettame di Leone XIII nell'enciclica Libertas?
Si prosegue con una frase da bene ponderare: "il nesso esistente tra i tre principi basilari esclude qualsiasi interpretazione unilaterale". Ora, tra queste interpretazioni unilaterali da escludere è compresa quella unica e vera del Magistero della Chiesa, infatti la dichiarazione prosegue mettendo in evidenza una necessità imprescindibile alla dittatura dei diritti umani: "Tuttavia non si giungerà mai a un pieno riconoscimento e a una pratica attuazione universale dei diritti dell'uomo, finché tutti gli stati non riconosceranno - specie in occasione di conflitti - la giurisdizione d'un istituto internazionale, rinunciando, in quei casi, all'esercizio della propria assoluta potestà. Per ottenere un simile consenso giuridico internazionale, è necessario prescindere, metodicamente, dai conflitti dottrinali del passato e dai modelli più restrittivi, propri di alcune comunità".
Ossia rinunciare alla verità in favore del consenso ed all'esercizio della propria sovranità in favore della giurisdizione d'un istituto internazionale è necessario per arrivare al Nuovo Ordine Mondiale. E una volta così definiti i diritti umani, avremo il Nuovo Stato Totalitario Mondiale, Moloch a cui nessuno potrà sfuggire…

La dichiarazione si conclude così pomposamente: "Parimente è necessario, nella famiglia dei popoli, che tutti - e ogni singolo cittadino per parte sua - attribuiscano grande importanza ai diritti fondamentali e mantengano vivi quei valori che ne sono la fonte".

Che la fonte a cui si riferisce la Dichiarazione "Dignità e diritti della persona umana" della Commissione Teologica Internazionale sia il laicismo della Rivoluzione francese e non la legge morale naturale è evidentissimo!

Perché i diritti umani non sono chiaramente definibili? Quanti sono? Come è stato possibile giungere a tanto completo ribaltamento della realtà?

[fine prima puntata]

Andrea Mondinelli

Vai a "Ultime news"