Il Cantico dei Cantici
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Ricordo bene quando il card. Biffi narrò di un signore che aveva una capretta a lui tanto cara, da portarsela sempre dietro. Un giorno la condusse con sé ad una mostra d’arte. Al termine, l’uomo era ricolmo di ammirazione per la bellezza delle opere viste, la capra, invece, lo seguiva senza avere capito nulla. Il Cardinale commentò la parabola, dicendo che chi non ha la Fede, davanti alle Verità del cristianesimo, è come questa capra: non capisce nulla. E questo non lo diceva, ovviamente, per offendere, bensì per mettere in luce che, come la capra non ha gli strumenti (la ragione) per comprendere un’opera d’arte, così chi non ha la Fede non ha la virtù teologale, ossia la potenza divina che eleva soprannaturalmente la nostra povera ragione alla conoscenza delle realtà divine.
Ebbene, anche il Cantico dei Cantici, che fà parte della Bibbia, è Parola di Dio, perciò va letto con la Fede, altrimenti non si possiede lo strumento adeguato per comprenderlo.
Per questo motivo, vorrei porre alcune domande sull’esibizione di Benigni, il quale a Sanremo (in un contesto del tutto inadeguato all’esposizione di un libro Sacro al cattolicesimo) si è permesso di leggere un testo che lui ha attribuito al Cantico dei Cantici. Chi si è tolto la curiosità di verificare se quello che ha letto Benigni è veramente il Cantico dei Cantici? Pare che lui abbia trovato un’altra versione che spaccia per autentica. Dove l’ha trovata? Dopo secoli di studi compiuti da campioni della Fede e autorevoli studiosi, arriva lui a decidere come si legge il Cantico dei Cantici, permettendosi pure di dire che la Chiesa lo ha nascosto e ne ha coperto il vero significato? Com’è che non ha ricordato e citato san Bernardo, san Gregorio di Nissa?
Proprio quest’ultimo, infatti, solo per fare un esempio, disse che, se torna utile all’uomo, occorre “togliere il velo”, e se c’è nel testo qualche realtà nascosta che non si comprende adeguatamente con il suo significato immediato, «allora si dovranno meditare certi ragionamenti, come ci insegna la parola di Dio, che ci educa nei Proverbi» (Omelie sul Cantico dei Cantici, Prologo). Da qui occorre andare a fondo per scoprire il “senso spirituale”, al quale evidentemente il testo biblico vuole condurre.
Chi è, dunque, che “copre”, “nasconde” la verità del testo? Non sarà forse Benigni che, senza dare alcuna prova di una preparazione adeguata al testo, lo deforma nella lettera e ne stravolge tranquillamente il senso?
Con quali prove Benigni presenta questo testo, scritto millenni fa, come una specie di “linea guida” per l’agenda sessista degli anni 2000? Come si permette di manipolare, con aria professorale, un testo della Bibbia, insegnando alla Chiesa che cosa deve o non deve fare?
Non si rende conto, chi ascolta, che il nostro famoso attore sta offendendo, oltre a tutti gli uomini di Fede, la Chiesa, Dio, e … il buon senso?
Se il dileggio, la blasfemia sono così ammesse, financo esaltate, a chi importa veramente di Dio? Quindi, qual è lo scopo di tale esibizione?
E concludo con le parole di san Gregorio di Nissa: Cristo «esercitava persino l’intelligenza dei suoi santi discepoli per mezzo di discorsi oscuri ed involuti, in parabole, in similitudini,... Di essi, a parte, egli faceva poi la esegesi, sgombrando ogni incertezza; … “Ciascuno riceverà la propria mercede secondo la propria fatica”. Io (cioè san Gregorio, che scrive. NdR) non ho composto questo libro perché facesse bella mostra di sé» (Ivi). E invece Benigni?
Il nostro Santo, da vero discepolo di Cristo, vuole fare la fatica di penetrare a fondo nella Parola di Dio, superando il significato immediato del testo del Cantico, in questo modo: «Tutti quanti voi che, seguendo il consiglio di Paolo, vi siete spogliati dell’uomo vecchio come di una veste sordida, insieme con le sue bramosie e le sue azioni e, grazie alla purezza della vostra vita, avete indossato le luminose vesti del Signore… voi, dunque, ascoltate i misteri del Cantico dei Cantici. Penetrate all’interno dell’immacolata stanza nuziale e indossate le bianche vesti dei vostri puri e incontaminati pensieri. Non avvenga mai che uno, procurandosi un ragionamento soggetto alle passioni e carnale, o non possedendo quella veste della coscienza che deve essere conveniente alle nozze divine, non avvenga che … rivolga a passioni bestiali e irrazionali le immacolate parole dello sposo e della sposa, … e venga quindi gettato lontano da coloro che risplendono nel giorno delle nozze, a ricevere, invece della letizia del talamo, lo stridor di denti e il pianto. Questo io dichiaro, nell’accingermi alla interpretazione mistica del Cantico dei Cantici. Giacché l’anima, in certo qual modo, viene ornata come una sposa, grazie a quello che si trova qui scritto, e si avvia al congiungimento incorporeo e spirituale e incontaminato con Dio. Colui, infatti, che vuole che tutti siano salvati e giungano alla conoscenza della verità, mostra, in questo passo, il modo più perfetto e beato della nostra salvezza - intendo dire quello che si attua per mezzo dell’amore… Riprenderò, dunque, il discorso dei Proverbi: nessun uomo che sia soggetto alle passioni, che sia carnale, che emani ancora il morto puzzo dell’uomo vecchio, tragga nella bestiale irrazionalità i significati contenuti nei pensieri e nelle parole divinamente ispirate… il mistero contenuto nel Cantico dei Cantici supera i sacri cantici tanto quanto quelli dei santi sono al di sopra dei canti ispirati dalla sapienza profana. La natura umana non è in grado di trovare o di comprendere qualcosa che sia più grande, a meditarsi, di questo mistero.
È questo il motivo per cui la più forte sensazione tra quelle che sono tese a procurar piacere (intendo dire la passione dell’amore) ha preceduto per mezzo di simboli la spiegazione delle dottrine: in tal modo noi potremo apprendere che la nostra anima deve fissare lo sguardo nell’inaccessibile bellezza della natura divina e amarla tanto quanto è l’attitudine di simpatia che il corpo possiede verso ciò che gli è affine e consanguineo, trasformando, però, la passione in impassibilità. Così, spentosi ogni atteggiamento corporeo, solo per lo spirito arde amorosa entro di noi la nostra mente, scaldata da quel fuoco che il Signore venne a portare sulla terra» (Omelia 1).
Che ne sa Benigni dell’amore e della verità? Che ne sa del “mistero dei misteri”, come lo chiama il nostro Santo, che la Chiesa ha saputo aprire e lui invece vuole chiudere?
Come si vede qui, la Chiesa, in virtù della Parola di Dio, ha nelle sue mani la lampada del vero Amore, che arde per quelli che hanno la Fede e la volontà di riconoscerlo.
Invece essa è inaccessibile a chi legge il Cantico, seguendo la vecchia e trita favola gnostica del testo misterioso, per secoli nascosto dalla presunta “setta” degli ecclesiastici, ed ora svelato dal “sapiente di turno”. Naturalmente sempre per la solita fissazione sessista.
Francesca Pannuti
9/2/2020