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Un appello intitolato: L’11 maggio lasciateci servire!

Autore:
Luca Costa
Fonte:
CulturaCattolica.it
In seguito all’irruzione delle forze dell’ordine, armate, in una chiesa di Parigi, per interrompere una messa privata, e a causa del pavido temporeggiamento del governo circa la riapertura delle chiese, il clero francese interviene nel dibattito pubblico con un vigoroso appello pubblicato su Le Figaro.
Eccone di seguito la traduzione:

Noi, preti a contatto con tutto e tutti, disponibili e pronti a tutto, per tutti, in campagna, nelle periferie, nelle città, noi vi chiediamo, signor presidente della Repubblica di Francia, di lasciarci pienamente riprendere il nostro servizio, a partire dall’11 maggio.

Come tutti i francesi e con tutti i nostri parrocchiani, siamo implicati da ormai dieci settimane nella lotta contro il virus. Ci siamo mostrati attenti, vigili, prudenti, obbedienti e rispettosi delle diverse consegne impartiteci.

Vivere confinati, senza celebrazioni, la Settimana Santa e la Pasqua, culmine del calendario liturgico per noi cristiani, è stato per i nostri fedeli una difficile prova che abbiamo pienamente accettato per il bene del nostro paese. Voi e i vostri ministri avete salutato pubblicamente il nostro senso di responsabilità.

Dall’inizio della crisi, con le nostre comunità, insieme alle associazioni cristiane, collaborando con le autorità locali, ci siamo impegnati al servizio dei più deboli, soli e isolati. Grazie al lavoro e alla carità di numerosi volontari, le nostre parrocchie hanno fatto il possibile per mantenere intatto il tessuto sociale, sostenere il personale sanitario, fabbricare camici e maschere di protezione, accompagnare i più anziani nelle case di riposo.

In molti dei nostri compatrioti, questa crisi ha suscitato uno slancio di solidarietà e una creatività ammirevoli, al servizio del bene comune. Anche noi preti abbiamo fatto il possibile, nonostante le restrizioni, per accompagnare i morenti, offrire ai defunti i funerali che meritano e per restare con le famiglie nel momento del lutto. Abbiamo risposto all’appello di Papa Francesco: restare vicini a tutti.

Ma per noi cristiani, questo slancio di carità ha una sorgente e si nutre nella celebrazione dei sacramenti.
L’11 maggio, data prevista per la fine del confinamento, saranno ormai 9 settimane di privazione delle celebrazioni. Nove settimane senza messa, senza comunione, senza confessioni, senza battesimi, senza matrimoni, senza comunioni, senza cresime. Un fatto inaudito nella storia.
Se la vita economica e sociale del paese deve riprendere l’11 maggio, anche la vita religiosa deve riprendere.
Se le fabbriche, le scuole, i trasporti e i commerci apriranno le loro porte, perché le porte delle chiese dovrebbero restare chiuse? Per quale motivo?
Cosa giustificherebbe il divieto di celebrare messa con i propri fedeli?
Praticare la nostra fede non è soltanto una questione di libertà religiosa per noi cattolici : è un bisogno vitale.

Nei periodi di crisi è giusto mobilitare tutte le risorse materiali di cui un paese dispone.
La Francia dispone anche di energie spirituali. Non bisogna dimenticarlo mai.
Annunciare la ripresa delle messe vuol dire annunciare al mondo la capacità del nostro paese di resistere, di lottare, di essere forti. Vorrebbe dire lanciare un segnale di coraggio e di mobilitazione morale e spirituale al popolo.
La forza di una nazione è anche la sua forza d’animo! Lasciateci lavorare!

Ciò che i cristiani vivranno nuovamente nelle chiese profitterà a tutti, attraverso i frutti dell’impegno e della carità che ne deriveranno. Ora più che mai i francesi hanno bisogno delle loro chiese, aperte, abitate, portatrici di speranza, di ritrovi fraterni, di sostegno reciproco, di consolazione, di ristoro.

Noi non chiediamo altro. Abbiamo capito che, anche dopo l’11 maggio, nulla sarà più come prima. Noi non domandiamo certo di riaprire senza tenere conto della situazione. Noi sappiamo cosa significhi essere prudenti, essere ragionevoli. Per questo noi chiediamo fiducia, fateci riaprire e noi saremo rispettosi di tutte le regole sanitarie, saremo prudenti.
Noi sapremo fare ancora una volta prova del nostro senso di responsabilità.

Signor presidente, nel cuore di una crisi, ognuno deve trovarsi al suo posto, forte, ognuno deve fare ciò che è chiamato a fare. I commercianti vendono, gli insegnanti insegnano, gli agricoltori coltivano, gli studenti studiano. Lasciate che i preti celebrino e che i fedeli preghino e vengano a Dio. La domenica, il nostro posto è in chiesa con loro.

Noi preti non siamo fatti per stare davanti a uno schermo, noi siamo fatti per essere con i fedeli, presenti, ad amministrare i Sacramenti che fanno vivere e sperare il popolo. Signor presidente, l’11 maggio lasciateci riprendere le celebrazioni con i nostri fedeli. Perché questo è il nostro modo di servire.

Segue la lista dei 132 sacerdoti co-firmatari

Luca Costa

Pubblicato su Le Figaro, il 24 aprile 2020

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