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Condizioni per la pace

Autore:
Luca Costa
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
Ci vogliono lucidità e coraggio di fronte alla realtà, occorre dire la verità: non ci sarà mai pace senza riconoscere ai russi le dovute garanzie di sicurezza

Nel dibattito occidentale sulla guerra in Ucraina, si parla molto di trattative, di tregua, di sanzioni e di condizioni, ma nessuno va all’essenziale: non ci sarà pace finché la Russia non avrà ottenuto garanzie solide per la propria sicurezza. Questo è il punto centrale che nessun media o politico occidentale osa affrontare. Se davvero vogliamo fermare il conflitto, dobbiamo riconoscere questa realtà e affrontarla con lucidità.

Le discussioni sulle tregue a tempo determinato, sulle sanzioni, sui dettagli diplomatici sono solo un giro a vuoto se non si affronta il problema alla radice. La questione non è l’Ucraina in sé, né un presunto desiderio di espansione della Russia. Putin non vuole conquistare Parigi, né ha mire imperialistiche su tutta l’Europa. Il problema è un altro: da oltre trent’anni, Mosca chiede garanzie di sicurezza che l’Occidente si rifiuta sistematicamente di concedere. Dallo scioglimento del Patto di Varsavia e dell’URSS fino agli accordi di Minsk, ogni promessa di stabilità è stata disattesa, ogni linea rossa ignorata. E oggi, ci si stupisce che la Russia reagisca.

Con il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, la Russia ha adempiuto a tutti gli impegni presi in materia di disarmo. Ha ritirato basi, artiglieria, testate nucleari e soldati dai paesi del Patto di Varsavia, dimostrando la volontà di aprire una nuova fase di cooperazione internazionale. In parallelo, gli Stati Uniti e la NATO si impegnavano - come confermato da molte dichiarazioni e documenti emersi negli ultimi anni - a non espandersi verso est. Ma quegli impegni non sono stati mantenuti.

Già nei primi anni ’90, la Russia chiarisce di non voler ostacolare l’indipendenza delle ex repubbliche sovietiche, a patto che vengano garantiti i suoi interessi strategici. Tuttavia, USA e NATO forzano la mano sull’indipendenza di Ucraina, Paesi Baltici e Georgia, senza tener conto delle preoccupazioni russe. All’epoca, la Russia non ha la forza politica, economica e militare per opporsi, ma la questione ucraina si presenta da subito come un nodo delicatissimo. Il confine ucraino dista appena 500 km da Mosca, la Crimea rappresenta un punto nevralgico per il controllo del Mar Nero e la storia lega indissolubilmente Kiev a Mosca.

La NATO, anziché rispettare gli accordi taciti, continua ad assorbire gli ex paesi del Patto di Varsavia, piazzando basi armate con missili nucleari sempre più vicine al
territorio russo. Questo processo raggiunge un punto critico nel 2014, quando un colpo di stato filo-americano (e non certo filo-europeo, come dimostra il celebre “Fuck the EU” pronunciato da Victoria Nuland) rovescia il governo ucraino legittimamente eletto. Da quel momento, l’Ucraina si trasforma in un campo di battaglia geopolitico, con il Donbass in fiamme, la popolazione russa prima discriminata e poi perseguitata da Kiev e la Crimea annessa alla Russia.
Nel 2022, Putin ordina l’invasione dell’Ucraina. Perché? La risposta è chiara: Mosca non può permettersi che basi NATO armate di missili atomici siano posizionate a 500 km dalla sua capitale. Anche un bambino di dieci anni lo capirebbe. L’obiettivo della Russia non è annettere l’Ucraina, ma impedirne l’utilizzo come piattaforma militare contro di essa. Questa è una realtà che persino Donald Trump e J.D. Vance hanno riconosciuto. Ma in Europa sembra che non si voglia capire.

Perché? A chi conviene il prolungamento del conflitto? A chi giova una guerra infinita nel cuore dell’Europa? La pace non può essere solo una parola vuota, ma una realtà concreta che passa attraverso il riconoscimento delle legittime esigenze di sicurezza della Russia. Finché questo non avverrà, ogni discorso sulla pace resterà un’illusione.

Luca Costa

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