Cristiani senza Cristo
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Partiamo da un dato di fatto: che i cattolici sono diventati invisibili nella vita pubblica e che Socci ha colto nel segno. Laddove occorre esprimere una posizione culturale forte, laddove ci si sporca, laddove si dovrebbe rischiare la propria testimonianza in favore della Verità che è Cristo (qualcuno che mi legge mi accuserà immediatamente di integralismo… a questo siamo arrivati!), il cattolico c'è, ma non si vede. Non è una cosa nuova, però.
E' un andazzo che va avanti da decenni ormai. A mio parere è per lo meno dalla fine degli anni Sessanta che i cattolici stanno vivendo un'imbarazzante subalternità culturale, prima rispetto al marxismo e poi al radical-materialismo della società dei consumi.
Chi è subalterno al Potere non si azzarda a far sentire la propria voce. Invece di giocarsi in prima persona, preferisce il gioco del nascondino. Voglio dire che questo silenzio così assordante è di sicuro dovuto alle obiezioni, alle paure, alle viltà e alla troppo comoda "sazietà" dei cattolici. Claudio Chieffo ha giustamente scritto che "male non ci vuol stare nessuno". Del resto è anche vero che non siamo in un tempo di persecuzione: non si muore, o non si è emarginati, in Italia, perché cattolici, anzi. Ci si può dunque facilmente ritenere tali, senza rischiare granché e senza sentire il bisogno di testimoniare quello che si è e quello che si crede di fronte al mondo.
Ma bisogna fare un passo in più, scendere in profondità. Perché la tiepidezza dei cattolici è solo la conseguenza di un male che sta all'origine: la mancanza di Cristo (cioè della "ragione per vivere", direbbe Chieffo) nella vita del cristiano. La riflessione deve essere su come il cristianesimo è stato comunicato e trasmesso negli ultimi tempi. Prendete un giovane qualsiasi di una qualsiasi parrocchia, uno di quelli "buoni", uno di quelli del "dopocresima", e chiedetegli che cos'è la fede. S'intorciglierà, nel tentativo di rispondervi, intorno ai comandamenti, alla morale (il comportarsi bene), alla Bibbia, all'andare a messa, oppure agli immancabili "valori", alla solidarietà, alla carità, ai poveri, al terzo mondo, alla tolleranza…come un arciere che non riesca a centrare il bersaglio. E non è colpa sua. E' colpa dell'ambiente che frequenta, delle prediche che sente, del sociologismo, del moralismo, del razionalismo, di tutti i maledetti "ismi" che stanno soffocando la vita della Chiesa. Eppure basterebbe contemplare il volto dei Santi: alla loro scuola scopriremmo che l'unica cosa che conta è Gesù Cristo, l'amore a Lui, la sequela a Lui, l'appartenenza a Lui, semplicemente perché Lui è tutto e perché la fede non è altro che riconoscere la Sua presenza. Prendete una qualsiasi ora di religione a scuola o una qualsiasi riunione in una qualsiasi parrocchia. Si discute, si parla… di cosa?
Dei problemi del mondo, della droga, dell'aborto, dell'eutanasia, degli anticoncezionali, degli omosessuali, delle scaramucce tra amici… una specie di talk show per ragazzini, senza telecamere e senza Maria De Filippi. Ma chi pone l'accento sulla necessità della propria conversione, sulla necessità di mettersi a seguire quell'Unico che risponde a tutte le esigenze del cuore umano?
E' un cristianesimo senza Cristo, che non mette in movimento, non affascina, non cambia la vita. In realtà Gesù Cristo non c'entra niente con la vita di un cristiano. Non opera niente, non cambia niente, quindi semplicemente "non è".
Come pretendere allora che cristiani così siano attenti a giudicare quello che avviene, siano pronti a mettersi in gioco, facciano sentire la loro voce? La loro vita religiosa si svolge tutta nell'interiorità, la loro fede non investe le cose del mondo, gli eventi concreti della vita, è monotona ed insignificante; tanto che, come acutamente notava Romano Guardini già alla fine degli anni Cinquanta, a volte l'ateismo arriva come una liberazione, come la logica e quasi desiderata conclusione di una triste vicenda spirituale.
A me è stato testimoniato ed insegnato che "la realtà è Cristo" e che la cosa più bella che ti può: accadere è percepire la Sua presenza nella tua vita. A me è stato detto e testimoniato che non c'è un istante, non c'è una parola che dico, non c'è alcun rapporto che ho, non c'è niente di niente che si possa sottrarre a Lui e che non venga da Lui. A me è stato insegnato e testimoniato che è bello alzarsi la mattina e, per primissima cosa, fare memoria che "il Verbo di Dio si è fatto carne ed abita in mezzo a noi", perché senza di questo la vita non avrebbe senso. Un cristianesimo trasmesso così è in grado di accenderti un fuoco dentro che non ti dà pace, non ti consente di startene tranquillo a godere delle tue quattro cosette; quello che accade non lo puoi più guardare con occhio indifferente, estraneo o abituato, e non puoi più non sentire la responsabilità di fronte al mondo intero, insieme alla tua povertà davanti ad un dono e ad un compito tanto grande.
In conclusione, ritengo che oggi ai cristiani non manca tanto il coraggio e la disponibilità all'impegno. Il problema è più grave: manca la presenza di Gesù Cristo, come centro della vita, e il desiderio e la gioia di appartenere a Lui in tutto. Il resto è una penosa conseguenza.