2021 05 19 “Un lager da 60 milioni di persone: solo suore e preti ci aiutano”
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NIGER - Assalto al villaggio dove sono nate le prime comunità cattoliche locali: almeno 5 morti e profanata la chiesa
“Nel Niger un assalto si è verificato nel villaggio di Fangio, a circa 300 chilometri da Niamey, in zona Songhay-Zerma, dove sono nate le prime comunità cattoliche del Paese. Di questa zona è originario il primo battezzato cattolico nigerino, Antoine Douramane. Fu lui a fondare la comunità a Fangio” afferma p. Armanino che riporta l’ennesimo attacco da parte di gruppi jihadisti contro le comunità rurali nigerine.
“Il mattino, verso le sette, elementi armati giunti in motociclette, hanno attaccato il villaggio in questione, uccidendo 5 persone e ferendone altre due. Il villaggio è stato saccheggiato e anche un membro della comunità cristiana, di nome Joseph, è stato ucciso”.
I jihadisti hanno pure profanato la locale chiesa.
“La statua di Maria, gli ornamenti dell’altare e vari libri liturgici sono stati bruciati” dice p. Armanino. “L’ufficio del direttore della scuola statale è stato anch’esso distrutto. Una volta di più tutto ciò che può rappresentare una minaccia per l’egemonia ‘jihadista’ è messo in condizione di non nuocere”.
“Sono ormai migliaia le persone che sono fuggite cercando riparo e sicurezza altrove. Si stima che almeno un milione di persone siano sfollati interni, con bisogni crescenti di aiuto da parte delle agenzie umanitarie. Parte dei cristiani di questa zona vive la fede in ‘clandestinità’ e dunque nella paura di rappresaglie. Il tempo dei martiri è adesso mentre qui si celebra la festa dell’Ascensione” conclude p. Armanino. (M.A) (L.M.) (Agenzia Fides 14/5/2021)
LA PICCOLA COMUNITÀ CRISTIANA COSTRETTA A FUGGIRE: TEMPO DI PERSECUZIONE
NIGER - “In fuga il cuore cattolico del Niger”: la denuncia di un missionario
“I cattolici che sono scappati della zona di Dolbel, il cuore della Chiesa cattolica del Niger, sono per ora un centinaio. Il numero dovrebbe aumentare in questi giorni a causa dell’uccisione di alcune persone e delle minacce dei gruppi armati terroristi” comunica da Niamey all’Agenzia Fides p. Mauro Armanino, missionario della Società delle Missioni Africane (SMA).
“Dopo l’incursione, il giorno della conclusione della festa del Ramadan, nel villaggio di Fantio (vedi Fides14/5/2021), il timore di altri attacchi contro la comunità cristiana ha spinto la gente a fuggire dai villaggi e a rifugiarsi nella capitale, Niamey” dice p. Armanino.
Secondo il missionario queste violenze rispondono ad una precisa strategia che danneggia non solo i cristiani ma tutte le popolazioni delle aree minacciate dai jihadisti. “I cristiani non sono gli unici a scappare dalla zona e da altre seriamente minacciate dalle violenze dei gruppi armati” spiega. “La politica della ‘terra bruciata’, dopo aver prelevato tasse, rubato bestiame e trucidato vari capi tradizionali perché sospettati di connivenza con le autorità statali, sembra meglio rispondere al progetto di questi gruppi, affiliati allo Stato Islamico o Al Qaida. Si contano a migliaia le persone che hanno cercato rifugio a Tillabery, situato a un centinaio di chilometri da Niamey”.
“La particolarità della composizione del gruppo dei cattolici di Dolbel è in riferimento alla nascita della prima comunità cattolica del Paese. In effetti, il primo battezzato, Antoine Abdouramane, fu militare nell’esercito francese e raggiunse, dopo il suo congedo, la missione cattolica di Niamey per invitare i missionari ad aprire una missione nel suo villaggio natale. La sua tomba si trova a Dolbel ed è meta di ‘pellegrinaggio’ per i cristiani che trovano in Antoine un esempio di coraggio e dedizione per la Chiesa cattolica” sottolinea p. Armanino.
“Il fatto che la piccola comunità cattolica, composta da membri del gruppo Songhay, abbia scelto di partire per motivi di incolumità, è un segno che fa riflettere l’intera comunità diocesana e civile” dice il missionario. “Seppure da tempo la parrocchia in questione non avesse un prete residente (ferito da colpi di arma da fuoco mentre si trovava nel presbiterio), la vita della comunità continuava grazie ai laici presenti sul territorio della parrocchia. Ora, per le ragioni menzionate, anche i laici impegnati e le famiglie, sono state forzate alla fuga”. “Un colpo al cuore alla fragile Chiesa dell’arcidiocesi di Niamey. La zona Gourmanché, con un buon numero di cattolici, dove è stato rapito e poi rilasciato Padre Pierluigi Maccalli e la zona di Songhay, sono entrambe in un tempo di persecuzione. Non lontano dalla capitale Niamey” conclude p. Armanino. (M.A.) (L.M.) (Agenzia Fides 18/5/2021)
TESTIMONIANZA
LETTERA DAL MYANMAR:
“Un lager da 60 milioni di persone: solo suore e preti ci aiutano”
Scarseggiano medicine e cibo, il Myanmar ridotto a un carcere di 60 milioni di persone. L’aiuto dei religiosi cattolici
Caro direttore,
qua la situazione è sempre più tragica. La mancanza di contanti e l’impossibilità a prelevare stanno costringendo alla fame un popolo che già disponeva solo del minimo vitale. Siamo alla fame. E fame nera!
La situazione sanitaria fa il resto: zero medicine. Si salva solo chi, come in una sorta di misteriosa roulette russa, regge. Per ora la variante indiana, visto il nostro isolamento, non è arrivata ma in ogni caso arriverà… confiniamo con l’India! Ma il solo Covid “normale” già fa stragi: ora non c’è più neanche il paracetamolo.
Si dice che il governo voglia imporre la riapertura delle scuole elementari: i bambini che non si presenteranno saranno esclusi dal resto del ciclo scolastico. Se così fosse, imporrebbe che – a quanti erano scappati dalle città per andare dai parenti nelle campagne, per avere almeno di che mangiare – siano costretti a rientrare a capo chino in città. Come potranno mangiare? Con che soldi comprare il cibo? Siamo alla fine del dramma.
Non si tratta di un cambio di governo come siete abituati in occidente. Non si tratta di un cambio della guardia tra centro destra e/o centro sinistra. Questa è la fine di tutto. È la fine.
Con quale spirito la gente andrà a lavorare o gestirà la sua intrapresa? Con quali occhi guarderà i figli? Come farà ad insegnare a loro cos’è la dignità, la libertà, il rispetto, la verità? Perché certe cose non si insegnano: si trasmettono. Tutte le cose più importanti della vita non si insegnano a parole: si trasmettono con i comportamenti.
L’unico esempio con cui dare speranza è la storia e la vita dei cristiani dei primi secoli. Non c’è condizione che si oppone alla possibilità di vivere la vita in verità. Ma allora come non pensare più recentemente all’esperienza dei cristiani nei paesi comunisti (Polonia, Urss, Cecoslovacchia, ecc. e poi Cina, Vietnam) o islamici (Pakistan, Bangla Desh, Irak, Iran, ecc.) e nazioni africane.
Un dato è certo: siamo il nuovo Tibet.
In tutto questo è ammirevole l’impegno dei sacerdoti e suore cattoliche. Visitano e sostengono le famiglie (ovviamente cattoliche e non) in cui il padre è stato arrestato o è alla macchia. I medici, infermieri, insegnanti, ferrovieri, impiegati, funzionari statali che hanno partecipato alle proteste o scioperato sono stati arrestati o sono ricercati. La solidarietà tra parenti e vicini non regge più. I sacerdoti e suore perciò visitano e portano per quanto possibile una parola di conforto e generi di prima necessità alle mogli e bambini rimasti a casa da soli.
Rischiano la vita. Perché se i militari non hanno rispetto della vita umana, tantomeno dell’abito religioso!
L’episodio di suor Anne rischia di essere un’immagine “falsa” perché a Mitykina c’è una forte presenza cattolica. Ripeto: non che quella foto non sia vera ma altrove con soldati imbottiti di “droga del diavolo” finiva male.
Comunque a me questi sacerdoti ricordano le figure dei parroci italiani nella guerra ‘40-‘45 o San Massimiliano Kolbe. Perché questo è un lager che ospita 60 milioni di persone.
Io appena potrò me ne andrò. Ma con quale coraggio, con quali sentimenti potrò farlo pensando a tutti gli amici che saranno di nuovo costretti a vivere in un grande lager? E’ giusto andarmene? Certo non ho doveri contrattuali, istituzionali o di altro tipo, tali per cui debba restare ma la domanda rimane. C’è un quid che… mi fa dire che forse è giusto restare. Che scelta!
(Un lettore dal Myanmar – ilSussidiario.net 16.05.2021)