2021 05 26 Cos’è questo se non un genocidio?
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
NIGERIA - Ucciso un sacerdote e un altro rapito nel nord della Nigeria
Un sacerdote ucciso e un altro rapito. È questo il bilancio dell’assalto condotto da uomini armati non identificati contro la parrocchia di St. Vincent Ferrer a Malunfashi, nello Stato di Katsina, nel nord della Nigeria. Il sacerdote ucciso è don Alphonsus Bello, mentre quelle rapito è don Joe Keke. Il gruppo di uomini armati che nella notte del 20 maggio ha preso d’assalto la parrocchia ha esploso alcuni colpi, ferendo delle persone.
Il direttore delle comunicazioni sociali nazionali del Segretariato cattolico della Nigeria, p. Mike Umoh, nel confermare la notizia, ha detto che i malviventi hanno deposto il corpo senza vita di don Alphonsus Bello nei terreni agricoli dietro la scuola di formazione catechetica, mentre non si conosce la sorte di don Joe Keke.
P. Umoh ha dichiarato: “La scorsa notte, una delle parrocchie della diocesi di Sokoto - la chiesa cattolica di St. Vincent Ferrer di Malunfashi, nello Stato di Katsina - è stata attaccata da uomini armati non identificati. Due preti sono stati rapiti, don Joe Keke e Alphonsus Bello. Don Keke, l’ex parroco, ha circa 70 anni mentre don Bello, l’attuale parroco, ha trent’anni”.
“Questa mattina (oggi 21 maggio) il corpo di don Alphonsus Bello è stato ritrovato senza vita nei terreni agricoli dietro la Scuola di Formazione Catechistica. Non sappiamo dove si trovi don Joe Keke. Finora non è stato stabilito alcun contatto con i rapitori. “
Nel frattempo, una fonte attendibile dalla diocesi cattolica di Sokoto ha detto che il sacerdote defunto apparteneva all’arcidiocesi di Kaduna, ma era distaccato nella diocesi di Sokoto e impegnato nella parrocchia di Malumfashi a Katsina. (L.M.) (Agenzia Fides 21/5/2021)
MYANMAR - Bombardata una chiesa cattolica nello Stato di Kayah, due morti tra i rifugiati
I militari dell’esercito birmano (Tatamadaw) la scorsa notte hanno attaccato con colpi di artiglieria il villaggio di Kayan Tharyar, a 7 km da Loikaw, capitale dello Stato di Kayah, con l’obiettivo di colpire presunti gruppi ribelli. Uno dei proiettili di mortaio ha colpito la chiesa cattolica del villaggio, uccidendo almeno due donne e ferendo numerosi altri sfollati che vi avevano cercato rifugio. Lo riferiscono all’Agenzia Fides i Gesuiti in Myanmar. Gli abitanti del villaggio di Kayan Tharyar, infatti, ritenevano che la chiesa parrocchiale sarebbe stato un “luogo dove potersi rifugiare in sicurezza per chi era in fuga da incidenti e sparatorie nella zona, ma hanno dovuto tragicamente ricredersi”, scrivono i Gesuiti.
Anche la Cattedrale del Sacro Cuore di Pekhon (a una quindicina di chilometri da Loikaw) è stata danneggiata dai colpi di artiglieria. I Gesuiti condannano questi “odiosi crimini nel modo più forte possibile” e chiedono che “i militari birmani siano chiamati a risponderne. I militari – scrivono ancora i religiosi – devono immediatamente smettere gli attacchi contro i civili e contro le chiese”. Le bombe hanno sventrato gli edifici riducendoli in macerie, con immagini che ricordano un teatro di guerra.
Lo Stato del Kayah, dove il 75% degli abitanti appartiene a minoranze etniche, è lo stato birmano con la più alta percentuale di cristiani. La presenza cattolica in questa regione è iniziata alla fine del 1800 con l’arrivo dei primi missionari del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime). Oggi vi sono oltre 90mila cattolici del Kayah, quasi un terzo dei 355mila abitanti dello Stato.
Intanto il livello dello scontro si va alzando in Myanmar dove, al 23 maggio, si contano almeno 818 vittime a partire dal 1° febbraio, giorno del golpe militare, cui è seguita un’ampia protesta popolare. Diverse vittime si registrano nella cittadina di Mindat che è sotto assedio da quando, il 24 aprile, i militari si sono rifiutati di rilasciare sette manifestanti. La gente del posto reagisce come può, anche sparando o utilizzando bottiglie incendiarie, e i militari già annoverano morti e feriti. Il 17 maggio i mass-media governativi hanno detto che sono stati usati razzi da 107 mm per attaccare la base aerea di Taungoo e la relativa unità militare a Bago (Nord di Yangon): la notizia mostra come si stia innalzando il livello dello scontro che gli analisti temono possa degenerare in guerra civile diffusa.
Commenta all’Agenzia Fides padre Maurice Moe Haung, prete birmano dei Missionari della Carità, residente in Italia: “Oggi il compito dei fedeli cattolici in Myanmar è sempre più difficile. Vi sono innocenti indifesi che vivono una tragedia inaudita e la gente prova a difendersi con armi artigianali. Vi è un uso sproporzionato della forza armata che alimenta la spirale della violenza. Oggi ci uniamo al Papa per dire nuovamente: stop alla violenza”.
La ribellione contro la giunta continua a infiammare il centro e la periferia: le proteste continuano a colpire le città, 30 delle quali sono sotto coprifuoco dalle 20 alle 4 del mattino, mentre a Yangon e Mandalay, epicentri della ribellione, il coprifuoco inizia due ore prima. Anche aree rurali non sono meno esenti da violenze, arresti, raid militari.
La giunta intanto ha dichiarato che scioglierà la Lega nazionale per la democrazia (Nld) per frode elettorale e agirà contro i traditori che hanno truccato il voto di novembre, da cui il partito di Aung San Suu Kyi è uscito vincitore come mai prima.
Dal canto suo il governo clandestino che si è formato all’estero sembra invece intenzionato a dare “cittadinanza” anche alla minoranza di etnia rohingya: dopo la richiesta degli USA, il nuovo esecutivo ha in mente di fornire carte di identità per la minoranza espulsa dal Myanmar e avrebbe conferito a Maung Zarni – noto attivista della causa rohingya - un ruolo nel ministero della Cooperazione internazionale.
(PA-MG) (Agenzia Fides 24/5/2021)
CINA - La polizia irrompe nel seminario diocesano. Fermati vescovo e 7 sacerdoti
Secondo AsiaNews sarebbero stati arrestati il vescovo monsignor Zhang Weizhu, sette sacerdoti e 10 seminaristi.
In soli due giorni, secondo quanto riportato da AsiaNews, «quasi tutto il personale ecclesiastico della prefettura apostolica di Xinxiang è stato azzerato con un’operazione delle forze di polizia della provincia dell’Hebei». Giovedì sono stati arrestati sette sacerdoti e 10 seminaristi presenti nell’edificio – una piccola manifattura di proprietà di un fedele cattolico che lo ha messo a disposizione – utilizzato come seminario diocesano.
L’azione avvenuta nel primo pomeriggio avrebbe coinvolto, ricostruisce l’agenzia, «cento poliziotti di Cangzhou, Hejian e Shaheqiao» che hanno proceduto all’arresto di quattro sacerdoti, insegnanti del seminario, e altri tre sacerdoti che svolgono lavoro pastorale. «Insieme a loro – hanno aggiunto le fonti locali contattate dall’agenzia AsiaNews – sono stati arrestati 10 seminaristi che ricevevano lezioni nella fabbrica». Secondo le fonti locali dell’agenzia, venerdì ad essere arrestato sarebbe stato invece il vescovo, monsignor Giuseppe Zhang Weizhu, 63enne e dal 1991 a capo della prefettura apostolica che accoglie circa 100mila fedeli ma non è riconosciuta dalle autorità cinesi preposte al controllo delle attività religiose.
In passato, ricorda l’agenzia d’informazione, monsignor Zhang era stato più volte arrestato e imprigionato per la sua attività pastorale considerata illegittima perché attuata senza l’approvazione ufficiale.
L’azione delle autorità non è stata motivata ufficialmente e sembra contrastare con i lenti passi compiuti nel dialogo e andare controcorrente rispetto al percorso intrapreso tra governo di Pechino e Santa Sede per un riconoscimento congiunto dei pastori cattolici a partire dall’Accordo provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese riguardante la nomina dei vescovi del 22 settembre 2018, rinnovato alla scadenza biennale fino al 22 ottobre 2022.
Un cammino non certo facile, come peraltro riconosciuto dalle stesse autorità vaticane, ma che, nell’ottica di favorire la libertà religiosa e una distensione anche internazionale, cerca di superare ostacoli che per lungo tempo hanno segnato la Chiesa e la comunità cattolica della Repubblica popolare cinese che conterebbe attualmente fino a 16 milioni di fedeli.
(Avvenire Stefano Vecchia sabato 22 maggio 2021)
Assolutamente da segnalare il lavoro del giornalista Giulio Meotti https://meotti.substack.com/
segnala costantemente notizie totalmente censurate dai media
Due notizie:
Cos’è questo se non un genocidio?
Altro prete cattolico ucciso in Nigeria (20 in tutto), 100.000 cristiani ammazzati in vent’anni, 5 milioni di sfollati e 13.000 chiese distrutte. Uiguri e Rohingya all’Aia. Cristiani nel dimenticatoio
Una giovane madre cristiana e un altro cristiano di 19 anni nel villaggio di Jebbu Miango. Poi un padre cristiano di un bambino di un anno e un altro padre di due bambini. Poi un attacco a una chiesa cattolica a Malumfashi, dove è stato ucciso il parroco Alphonsus Bello. È l’ultimo bilancio delle stragi senza fine di cristiani in Nigeria, racconta il Morning Star.
La Nigeria è il paese con il maggior numero di cristiani uccisi per la loro fede e anche leader mondiale nel numero di cristiani rapiti lo scorso anno, 990. Sono numeri di cosa, se non di un genocidio?
Open Doors parla di 13,000 chiese distrutte. Basta pensare che soltanto di una congregazione protestante i terroristi islamici hanno distrutto 1.125 chiese e ucciso 8.000 fedeli. Nella sola diocesi di Maiduguri hanno raso al suolo 50 delle 52 chiese cattoliche.
È di 20 il numero di sacerdoti cattolici uccisi e 50 quelli rapiti (senza contare le decine di sacerdoti protestanti assassinati). Di 5 milioni il numero dei cristiani sfollati dalle violenze islamiche. Poi c’è il numero dei morti, che spinge l’International Society for Civil Liberties and Rule a parlare del rischio di un “genocidio in stile ruandese”.
L’International Organization for Peace Building and Social Justice, l’International Committee on Nigeria e l’All-Party Parliamentary Group for International Freedom of Religion or Belief in un rapporto rilevano che 100mila cristiani sono stati uccisi in Nigeria in vent’anni. Boko Haram, al Qaida, pastori fulani e altri gruppi estremisti sono responsabili degli omicidi di oltre 96 mila cristiani in 21 mila attacchi separati. Secondo il rapporto, 43.242 cristiani sono stati uccisi a seguito di attacchi terroristici inflitti da Boko Haram, Stato islamico e al Qaida; 18.834 sono morti in attacchi dei fulani e 34.233 degli altri gruppi armati.
È facile arrivare a questo numero devastante, 100.000 in vent’anni, se pensiamo che l’International Christian Concern valuta in 50-70.000 il numero di cristiani uccisi negli ultimi dieci anni. O se pensiamo che 1.370 sono i morti soltanto dall’inizio del 2021.
Nel 2012, Open Doors aveva già segnalato il rischio di “genocidio” in Nigeria. Nove anni dopo, quanti cristiani sono morti? E quanti avrebbero potuto salvarsi se i media, le cancellerie e le organizzazioni internazionali avessero fatto pressione sulla Nigeria affinché proteggesse la propria popolazione cristiana? Perché l’Occidente non ha mai collegato gli scambi commerciali, diplomatici, militari e politici con il gigante del petrolio per proteggere i propri cristiani? “In Nigeria ho visto un massacro dei cristiani in atto e siamo alle porte del genocidio. Il mondo sembra non accorgersi che il gigante africano sta per diventare come Ruanda e Darfur”. Così il filosofo francese Bernard-Henry Lévy dalla Nigeria e pubblicato da Paris Match.
Il “genocidio culturale” degli uiguri da parte del regime cinese è stato denunciato, mentre il “genocidio dei Rohingya” in Birmania è finito anche alla Corte di Giustizia dell’Aia. Black Lives Matter, dicono, ma non quelle dei neri cristiani…
Uccidono i bambini cristiani ai battesimi
15 morti in Burkina Faso. Letto sui media che tifano Hamas? I social hanno lanciato la lettera ?,? No? Perché chi uccide cristiani e il ventre molle europeo gridano la stessa cosa: “Allahu Akbar”
Una strage a un battesimo, racconta la Reuters, ha lasciato 15 cristiani uccisi. “Estremisti islamici hanno attaccato la festa di battesimo nel nord del Burkina Faso, uccidendo almeno 15 persone. La gente è scioccata e molti stanno scappando”, riferisce l’Associated Press. È un nuovo record dell’orrore.
“Nel silenzio generale in Burkina Faso sta avvenendo quanto accaduto nel nord dell’Iraq nel 2014”, ha detto il direttore in Italia di Aiuto alla chiesa che soffre, Alessandro Monteduro. Una pulizia religiosa che ricorda quella che sfollò i “nazareni” da Mosul. Solo dai villaggi di Hitté e Rounga, assaltati dai fondamentalisti islamici, sono scappati duemila cristiani rivela il Catholic Herald: “Ora a Hitté non c’è più neanche un cristiano né un catecumeno”.
Un sopravvissuto a un massacro di cristiani ha raccontato a Human Rights Watch: “Prima che salissero a bordo, ho sentito le voci dei miei colleghi che dicevano: ‘Per favore, perdonaci’ e poi gli spari. Dopo essere salito sull’autobus, ho sentiti i terroristi dire a un uomo ferito: ‘Ah, stai ancora soffrendo?’ e poi pam, pam e ‘Allahu Akbar’”.
Stanno uccidendo i cristiani anche nei luoghi più innocenti, dai letti di ospedale ai battesimi.
Abbiamo visto qualche protesta sensazionale a Milano, a Londra, a Parigi e a Bruxelles su questo massacro senza fine? Abbiamo visto calciatori sventolare la noun, ?, la prima lettera della parola “nasrani”, cristiani in arabo, in solidarietà con i morti e gli sfollati, che lo Stato Islamico incise sulle case di Mosul? Abbiamo visto i social sommersi da furiose denunce contro questi macellai e manifestazioni di cordoglio per i cristiani brutalizzati? In questi giorni abbiamo visto tutto questo su Israele, costantemente, ogni minuto del giorno, su tutti i canali. Sugli assalti ai cristiani? Niente.
La verità è che è in corso una spaventosa convergenza di fanatismi. Chi uccide i cristiani in Burkina Faso come nella basilica di Nizza e chi riempie le piazze europee urlano la stessa cosa: “Allahu Akbar”.