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2021 07 14 Un odio profondo, meschino e viscerale per il cristianesimo

Fonte:
CulturaCattolica.it
NIGERIA - Attacco al college: rapiti 140 studenti cristiani MALI - Resa nota una lettera di suor Narváez Argoti, rapita in Mali da jihadisti nel 2017
MEOTTI: “Bruciate tutte le chiese”, non in Nigeria, ma in Canada; “Vai in chiesa e taglia due tre teste. Nessuna pietà”

NIGERIA - Attacco al college: rapiti 140 studenti cristiani
Un commando armato ha fatto irruzione di notte in un liceo battista dello Stato di Kaduna. Domenica un altro sequestro all’ospedale di Zaria: tre bimbi tra i 12 catturati. La pista del riscatto

Non si arrestano le violenze che stanno travolgendo il Nord-Ovest della Nigeria. Nel fine settimana sono avvenuti almeno due rapimenti di massa, contro una scuola e un ospedale, nello Stato federale di Kaduna. Secondo i testimoni oltre 150 persone, in gran parte minori, sono state sequestrate.

«Un gruppo di uomini armati ha colpito il liceo cristiano della Bethel baptist high school – ha riferito Emanuel Paul, insegnante dell’istituto –. I banditi hanno portato via almeno 140 studenti mentre altri 26 sono riusciti a scappare». Le autorità hanno immediatamente avviato un’operazione di soccorso. Secondo le prime ricostruzioni, numerosi uomini armati hanno attaccato il villaggio di Kuduma. Senza trovare resistenza si sono diretti verso la scuola all’una di notte di ieri sparando in maniera indiscriminata mentre gli studenti stavano dormendo. Poco dopo sono riusciti a raggrupparli e a portarli via. «Hanno portato gli studenti nella foresta – ha confermato Muhammad Jalige, portavoce della polizia di Kaduna –. Una squadra formata da poliziotti e militari è stata incaricata di riportare indietro gli studenti sani e salvi e arrestare i responsabili».

È il quarto rapimento di massa nello Stato di Kaduna negli ultimi sei mesi. A causa dell’aumento dell’insicurezza in gran parte del territorio, il governo locale aveva infatti deciso di chiudere numerose scuole. Uccisioni, sequestri, e attacchi armati sono ormai regolari in tutto il Nord-Ovest della Nigeria dallo scorso dicembre quando centinaia di alunni furono rapiti sempre da banditi ma rilasciati dopo alcuni giorni.

Domenica, invece, alcuni uomini armati hanno preso di mira il National tuberculosis and leprosy centre hospital nella cittadina di Zaria.
Sebbene ci sia ancora confusione rispetto alle dinamiche e al numero delle vittime di quest’ultimo attacco, i media hanno parlato di 12 persone sequestrate tra cui tre bambini e un adolescente. «Gli aggressori sono arrivati all’alba di domenica e sono rimasti nell’ospedale per circa un’ora – ha raccontato uno dei sopravvissuti sotto anonimato –. Gran parte dei sequestrati erano impiegati dell’ospedale come infermieri, tecnici di laboratorio e guardie di sicurezza».

Nello stesso momento un altro gruppo di individui armati ha cercato di occupare una stazione di polizia, ma gli agenti hanno risposto con il fuoco costringendo gli aggressori alla ritirata. Secondo alcune fonti, gli scontri con le forze dell’ordine avevano l’obiettivo di spostare l’attenzione mentre era in corso il sequestro nell’ospedale.

Almeno 800 nigeriani, in gran maggioranza studenti minorenni, sono stati rapiti negli ultimi sei mesi nel Nord, molti sono stati liberati in seguito al pagamento di un riscatto o di un’operazione di sicurezza, ma circa 150 rimangono nelle mani dei loro rapitori. Tra di essi c’è padre Elijah Wada, sacerdote della diocesi di Maiduguri. «Rinnoviamo l’appello per padre Wada scomparso il 30 giugno – recita un comunicato di Aiuto alla chiesa che soffre (Acs) –. Ci rivolgiamo alle istituzioni locali affinché ci aiutino». (2021 07 06 Avvenire Matteo Fraschini Kofi)

MALI - Resa nota una lettera di suor Narváez Argoti, rapita in Mali da jihadisti nel 2017

Ha dato notizie di sé la religiosa colombiana: “Spero che Dio mi aiuti a ritrovare la mia libertà”

“Invio a tutti i miei più cordiali saluti. Il buon Dio li benedica e conceda loro la salute. Sono prigioniera da quattro anni, e ora sono con un nuovo gruppo”. Con queste parole la 57enne religiosa francescana colombiana, Gloria Narváez Argoti, ha dato notizie di sé con un messaggio inviato tramite la Croce Rossa Internazionale al fratello Edgar Narváez. Lo riporta un comunicato di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), che ha potuto visionare la nota di 11 righe datata 3 febbraio 2021, scritta a mano in spagnolo in lettere maiuscole con penna a sfera blu. La famiglia ha ricevuto la lettera nel mese di maggio.

Il rapimento
Rapita quattro anni fa a Karangasso, in Mali, suor Gloria identifica il gruppo terroristico, che attualmente la tiene in ostaggio, come il GSIM, il Gruppo per il sostegno all’Islam e ai musulmani. Si tratta di una formazione appartenente ad un’alleanza jihadista attiva nel Sahel e legata ad Al Qaeda. “Possano tutti pregare molto per me. Che Dio benedica tutti loro. Spero che Dio mi aiuti a ritrovare la mia libertà. La tua amorevole sorella, Gloria”, si legge ancora nel breve scritto.

Parlando con ACS, il fratello della religiosa ha ricordato che con un suo primo messaggio aveva informato la sorella della morte della madre 87enne, Rosita Argoti de Narváez. Edgar Narváez. L’uomo ha anche riferito ad ACS che la liberazione, avvenuta l’ottobre dello scorso anno, della compagna di prigionia, la dottoressa francese Sophie Petronin, aveva colpito molto suor Gloria.

Dopo il rilascio di Sophie Petronin, “l’hanno trasferita nel gruppo menzionato nella sua lettera, il GSIM, in un luogo ancor più remoto. Ma a poco a poco si è ripresa mentalmente, e ora sta di nuovo bene”, aggiunge il fratello. Una missione internazionale capeggiata dalla Colombia, inviata in Africa con l’obiettivo di assicurarne la liberazione, è stata sospesa a giugno in seguito al nuovo colpo di Stato in Mali di maggio, dopo quello dell’agosto dell’anno scorso.
(VATICAN NEWS 08 07 2021)

Assolutamente da segnalare il lavoro del giornalista Giulio Meotti https://meotti.substack.com/
segnala costantemente notizie totalmente censurate dai media

“Bruciate tutte le chiese”
Non in Nigeria, ma in Canada, dove politici, accademici, avvocati e attivisti chiedono di incendiare i siti cristiani. Venti già in fumo. Un odio profondo, meschino e viscerale per il cristianesimo

Giulio Meotti 10 luglio

Lo Spectator parla della Nigeria e del “silenzio dell’Occidente” alla vista delle sue chiese (e spesso dei suoi cristiani) in fumo. Ci lamentiamo che la sorte di quei cristiani non interessi a nessuno. E come potrebbe?
In Canada, non in Nigeria, venti chiese sono state bruciate in pochi giorni da attivisti e militanti senza che i media ne parlassero, “in un misto di indifferenza e gioia maligna” scrive Mathieu Bock-Coté sul Journal de Montréal. Le chiese vanno a fuoco nei giorni in cui si riparla della sorte dei bambini indigeni che lo stato canadese nell’Ottocento ha cercato di assimilare.
Le “scuole residenziali” sono una parte tragica della storia canadese.
Nel 1880 il governo federale arruolò varie organizzazioni per aiutarle a creare questi collegi per giovani indigeni. Più della metà di queste scuole erano gestite dalla Chiesa Cattolica. Con la tubercolosi e l’influenza spagnola dilaganti in quel periodo, diverse migliaia di bambini indigeni morirono nelle scuole.

Nel 2008 è stata creata la Commissione per la verità e la riconciliazione per aiutare il processo di guarigione da questo capitolo oscuro della storia canadese. Molto lavoro è stato fatto da tutte le parti. Anche Papa Benedetto XVI, nel 2009, si è scusato per il ruolo “deplorevole” della Chiesa cattolica in queste scuole. I primi a scusarsi, nel 1991, furono proprio i vescovi della Conferenza episcopale.

Dopo quasi due secoli, come si cerca di fare luce su una pagina oscura del passato di un paese. Bruciando una chiesa dietro l’altra, magari per coprire le colpe dello stato. Venti in tutto, spiega Ezra Levant, giornalista canadese controcorrente. In una intervista con Fox News, Levant spiega bene il clima e solleva anche un paradosso tragico: “Il premier canadese Trudeau ha introdotto una legge contro il ‘discorso dell’odio’ su Facebook e Internet, ma è silente su questa ondata di attacchi alle chiese”.

“Immaginate se, dopo l’11 settembre 2001, negli Stati Uniti, o dopo gli attacchi islamisti degli ultimi anni in Francia, cittadini ‘arrabbiati’ decidessero di attaccare le moschee, di vandalizzarle, di bruciarle” scrive Bock-Coté. “Saremmo stati tutti indignati da tali gesti. Li avremmo condannati senza riserve. Avremmo ricordato che tali atti sono criminali, oltre a richiedere una punizione severa per i loro autori. Come, allora, spiegare la reazione attuale?”. O meglio, la mancanza di reazione.

Un sacerdote canadese ha raccontato che la sua congregazione è fuggita dal Vietnam per cercare libertà religiosa in Occidente. “E oggi il Canada è meno sicuro del Vietnam”. E parliamo di un paese al 19esimo posto nella classifica mondiale di Open Doors sui maggiori persecutori dei cristiani.

Molti giubilano apertamente alla vista delle chiese che bruciano, racconta il National Post. Gerald Butts, ex braccio destro del premier canadese Justin Trudeau che non ha condannato con fermezza i roghi, ha scritto che bruciare le chiese è “comprensibile”. La direttrice della organizzazione dei diritti civili BC Civil Liberties Association , Harsha Walia, ha twittato: “Bruciatele tutte!”. Una dirigente della Canadian Bar Association ha chiesto che tutte le chiese cattoliche vengano rase al suolo. Caitlin Urquhart ha commentato su Twitter le notizie delle chiese distrutte. “Bruciate tutto”, ha scritto Urquhart. Un altro avvocato, Naomi Sayers, ha detto di essere pronta a dare una mano a bruciare tutte le chiese. E l’elenco è ancora lungo. La professoressa della McGill University Debra Thompson si domanda come “è davvero una sorpresa che non le bruciamo tutte”.

In Canada, sono state decapitate la metà delle statue nella chiesa di Nostra Signora di Lourdes a Toronto e che risalgono agli anni ‘50. Decapitata la statua della Madonna in una chiesa di Toronto, come la statua di un santo a Winnipeg. Soltanto un odio profondo, meschino e viscerale per il cristianesimo, che per me è un’espressione dell’odio di sé, può spiegare quest’aria di festa mentre decine di chiese vanno in fumo.

“Vai in chiesa e taglia due tre teste. Nessuna pietà”
La rivelazione su cosa si dicevano i terroristi islamici prima di uccidere Padre Hamel. Il martire dimenticato. Come i cento studenti cristiani appena rapiti e il pastore bruciato vivo in Africa

Giulio Meotti 8 luglio

Cinque anni fa, padre Jacques Hamel è stato sgozzato nella sua chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, pugnalato 18 volte da due terroristi islamici durante la messa mattutina. Il settimanale La Vie adesso getta nuova luce, una luce agghiacciante, sulla macabra organizzazione terroristica dietro l’attentato, patrocinata dalla Siria, attraverso una serie di messaggi che si sono scambiati prima di colpire. “Una sinagoga è buona?”, chiede uno. “Va tutto bene”, risponde il suo interlocutore dalla Siria. Ma non vuole “concentrarsi sugli ebrei”, perché “la gente pensa subito al conflitto israelo-palestinese”. Alla fine Adel Kermiche, uno dei terroristi, deciderà il bersaglio. “Prendi un coltello, vai in chiesa, taglia due tre teste. Nessuna pietà per queste persone”.

La commozione e lo scandalo per l’uccisione di Hamel è durata giusto il tempo servito all’inchiostro in pagina il giorno dopo per asciugarsi. Il giorno in cui questo 85enne sacerdote francese è stato ucciso in odium fidei nessuno ha detto: “Siamo tutti cattolici”. E Papa Francesco, dopo l’uccisione di Hamel, disse: “Se parlo di violenza islamica devo parlare anche di violenza cattolica”. Si fatica a capirne il senso…

L’Europa era stata ripetutamente messa in guardia: i cristiani europei andranno incontro allo stesso destino dei loro fratelli più poveri e perseguitati. Dopo Hamel ci sono state la strage alla basilica di Nizza, il fallito attentato alla cattedrale di Notre-Dame a Parigi, l’attacco al mercatino di Nata­le a Strasburgo e un piano terroristico contro le chiese di Villejuif, solo per citarne alcuni.

Due giorni fa, cento studenti cristiani sono stati rapiti in Nigeria dalla scuola superiore battista Bethel, nello stato di Kaduna, la notte del 5 luglio. Come dichiarato dal pastore Gideon Para-Mallam, “è il maggior rapimento di cristiani mai avvenuto in Nigeria. E’ il triumvirato del male, Boko Haram, Fulani e banditi. Tutti e tre vogliono sradicare i cristiani, rubare le loro terre e islamizzare la Nigeria”. Nelle stesse ore, un sacerdote cattolico veniva rapito dai terroristi di Boko Haram.

Estremisti islamici in Uganda intanto bruciavano vivo un altro religioso cristiano, rivela il Morning Stars News. Isima Kimbugwe aveva lasciato l’Islam per diventare cristiano nel 2017. “Subito dopo essere arrivati a casa sua, i musulmani hanno mandato un ragazzo di 14 anni che era studente in una scuola islamica a Kibuku”, hanno raccontato dal suo villaggio. “Ha salutato il pastore alla maniera islamica, ‘Asalamu Asalamu alaikumu’. Il pastore si è rifiutato di rispondere, il ragazzo ha sputato per terra e risposto con ‘Allahu Akbar’”. La sera, il parroco ha cenato con il fratello, prima di tornare a casa. “Appena arrivato si è spaventato, mi ha fatto una telefonata”, ha detto il fratello. “Verso le 10:30 abbiamo visto le fiamme dalla sua casa. Era completamente bruciata, c’era una piccola tanica e delle note coraniche. Dicevano: ‘Per la tua inimicizia con l’Islam’”. E’ soltanto l’ultimo sacerdote cristiano bruciato vivo in Africa. Come don David Tanko, bruciato nella sua auto in Nigeria. Nel 2017, 10 religiosi cristiani sono stati uccisi in Africa. Nel 2018, sono stati 19. Nel 2019, altri 12. E così via. E’ una strage continua.

“Dopo l’attacco di Nizza, facciamo il collegamento con quanto sta accadendo in Nigeria e nel Sahel, dove vengono assassinati sacerdoti cattolici, pastori protestanti e fedeli”, ha detto lo storico francese Odon Vallet. Per questo quanto accade ogni giorno ai lontani cristiani perseguitati ci riguarda molto da vicino.

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