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2021 12 01 “L’Occidente ha venduto noi cristiani perseguitati per un barile di petrolio”

Fonte:
CulturaCattolica.it
BOLIVIA - Esplosione all’ingresso della sede della Conferenza episcopale MYANMAR - Soldati irrompono nella cattedrale NIGER - aumentano le minacce verso le comunità cristiane VIETNAM - La celebrazione dei martiri vietnamiti e l’esempio del martirio, vivo e necessario oggi

MEOTTI – “L’Occidente ha venduto noi cristiani perseguitati per un barile di petrolio”

BOLIVIA - Esplosione all’ingresso della sede della Conferenza episcopale

La Segreteria generale della Conferenza Episcopale Boliviana (CEB) ha informato dell’esplosione di un ordigno, avvenuta la mattina presto di mercoledì 24 novembre, all’ingresso dell’edificio che ospita la sede della Conferenza Episcopale, senza provocare conseguenze alle persone ma solo danni. Padre Ben Hur Soto, Segretario per la pastorale della CEB, ha diffuso una dichiarazione intitolata “La pace sia con voi” (Gv 20,19). “Sebbene il danno materiale alla struttura sia riparabile – afferma la dichiarazione pervenuta a Fides -, esortiamo i responsabili a considerare che la loro azione avrebbe potuto danneggiare persone innocenti. Come Chiesa cattolica, chiamiamo ancora una volta al rispetto per la vita e all’incontro fraterno tra fratelli e sorelle”. La CEB ha anche diffuso le immagini di una telecamera di sicurezza in cui si vede una persona lasciare un manufatto alla porta d’ingresso e poi dileguarsi, mentre la detonazione avviene 20 secondi dopo. La persona che attiva l’esplosivo indossa una tuta simile a quelle usate per la biosicurezza contro la pandemia, ha la testa coperta da un cappuccio e usa guanti sintetici.
Sebbene non ci siano indicazioni o rivendicazioni sulla matrice dell’attentato, molti ritengono che sia frutto della polemica scaturita dalla posizione della Chiesa boliviana riguardo alla recente vicenda di una bambina di 11 anni che, in seguito ad una violenza, è rimasta incinta. I Vescovi hanno esortato le autorità a rispettare e proteggere il diritto alla vita della bambina vittima della violenza, come del bambino in gestazione, in quanto “entrambe le vite devono essere protette”. Inoltre hanno ricordato che “nessuno può essere obbligato ad abortire, nemmeno vista la gravità della violenza sessuale, perché l’aborto in Bolivia è un reato”. Un gruppo di manifestanti che sosteneva di difendere le ragazze vittime di violenza e contestava la posizione della Chiesa, il 27 ottobre si era riunito davanti alla sede della CEB imbrattando i muri. (SL) (Agenzia Fides 25/11/2021)

MYANMAR - Soldati irrompono nella cattedrale
Continua l’assedio dei militari birmani alla diocesi di Loikaw, nello Stato Kayah. Il complesso di Cristo Re è stato occupato da 200 uomini armati. Perquisita la residenza del vescovo

Continua l’assedio dei militari birmani alla diocesi di Loikaw, nello Stato Kayah. Con quella di Pekhon nello Stato Shan, si tratta della diocesi più presa di mira dalla giunta del Myanmar per il sostegno che fornisce alla popolazione civile e agli sfollati, ma anche come simbolo – inviso al regime – di una consistente presenza cattolica e cristiana.
Il 22 novembre il complesso della cattedrale di Cristo Re è stato occupato da 200 militari che hanno anche perquisito la residenza del vescovo e costretto circa quaranta pazienti, ospitati nella clinica Karuna (“compassione”), ad abbandonarla. Il personale presente, 18 tra medici, infermieri e volontari, è stato arrestato e sono state prelevate anche delle apparecchiature mediche.
Le autorità militari non hanno fornito alcuna motivazione per l’azione, probabilmente intimidatoria, e lo stesso padre Francis Soe Naing, cancelliere della diocesi, ha dichiarato di non conoscerne le ragioni: «Siamo impegnati in attività caritative e non siamo coinvolti in alcuna azione sbagliata», ha sottolineato. L’azione è forse la più minacciosa tra le molte intraprese contro la diocesi di Loikaw, dove sono state una decina le parrocchie coinvolte in attività militari, la metà colpite da proiettili d’artiglieria. La Chiesa locale, che organizza i 90mila cattolici del Kayah, un quarto della popolazione complessiva, è impegnata in attività umanitarie a vantaggio di almeno 70mila profughi, ma viene sospettata di parteggiare per l’opposizione al regime.
(Avvenire Stefano Vecchia venerdì 26 novembre 2021)

NIGER - “La difficile strada che porta al confine”: aumentano le minacce verso le comunità cristiane

“E’ la prima volta che un ordigno esplosivo viene posizionato sulla strada che da Niamey porta al confine col Burkina Faso. Nell’esplosione sono stati registrati almeno tre morti e vari feriti, di cui alcuni gravi. E’ andato distrutto anche un pick-up di militari che partivano per Makalondi per dare man forte ai propri compagni che voci davano in difficoltà.” Padre Mauro Armanino, sacerdote della Società per le Missioni Africane, torna a scrivere all’Agenzia Fides di ennesimi attentati che persistono nei pressi della diocesi di Niamey.
L’episodio a cui fa riferimento il missionario è accaduto sabato 27 novembre e, secondo quanto raccontato, “ha impedito al parroco e alle religiose di visitare e consolare i numerosi fedeli della parrocchia di Makalondi. La celebrazione della prima domenica di Avvento è stata quindi guidata dai catechisti e dagli animatori delle comunità.”
Le comunità cristiane dei villaggi, seppure non siano le uniche a pagare in termini di minacce e intimidazioni a causa della fede, sono particolarmente prese come bersaglio. La diocesi di Niamey opera per assicurare cibo e rette scolastiche agli alunni delle scuole elementari del settore di Makalondi e Torodi, a meno di 100 chilometri dalla capitale. “Gli sfollati dei villaggi della parrocchia di p. Pierluigi Maccalli, rapito e poi liberato (vedi Agenzia Fides 9/10/2020), si stanno svuotando e i bambini sono costretti ad interrompere gli studi o ad andare altrove per continuarli” spiega il missionario.
Un convoglio militare francese è stato bloccato nella città burkinabè di Kaya, in viaggio dalla Costa d’Avorio al Mali, da centinaia di manifestanti arrabbiati per il fallimento delle forze francesi nel contenimento del terrorismo. Nel contesto di un sentimento anti-francese che dal Mali si è esteso al Burkina Faso e, almeno in parte, al Niger, si temono ulteriori prove per i contadini e in modo particolare per le giovani e fragili comunità cristiane. “L’utilizzo di ordigni esplosivi improvvisati lungo la strada che porta al confine è un fatto nuovo e preoccupante dell’accresciuta capacità dei gruppi armati di seminare morte e desolazione” ha sottolineato p. Armanino.
“Nell’altra zona della diocesi colpita, quella di Dolbel, qualche giorno fa è stato abbattuto un traliccio della telefonia mobile da parte dei gruppi armati. La paura cresce nella gente, che si sente ogni giorno un po’ più abbandonata. Proprio adesso sembra essere giunto il momento di mettersi in piedi e alzare lo sguardo, perché vicina è la speranza della difficile strada che porta al confine”.
(MA/AP) (Agenzia Fides 30/11/2021)

RICORDO

VIETNAM - La celebrazione dei martiri vietnamiti e l’esempio del martirio, vivo e necessario oggi

La Chiesa universale celebra nel calendario liturgico il 24 novembre la festa di Andre Dung Lac e dei martiri vietnamiti: il loro esempio e le loro storie eroiche rivivono vividamente nelle chiese delle 26 diocesi in tutto il Vietnam che, insieme alle parrocchie vietnamite dei fedeli in diaspora in tutto il mondo, hanno celebrato ieri la festa liturgica con solennità. In questo giorno importante, i fedeli hanno innalzato canti di lode ai martiri e le chiese hanno suonato le campane con orgoglio e con gioia. I cattolici vietnamiti amano dedicare nobili sentimenti e preghiere ai martiri, riconosciuti come fedeli intimamente uniti al cuore del Figlio di Dio, che hanno disprezzato la morte e gli interessi mondani e, di fronte alla morte, non hanno avuto paura di scegliere Dio.
I 117 martiri canonizzati da San Giovanni Paolo II nel 1988, sono solo un numero molto esiguo rispetto agli oltre 100.000 che furono imprigionati e morirono dolorosamente in Vietnam sotto la dinastia Nguyen, durante feroci persecuzioni tra il XVII e il XIX secolo. Erano vescovi, sacerdoti, religiosi e parrocchiani, vietnamiti e stranieri. Non volevano essere commemorati dal mondo, né essere onorati dai posteri: benedetti con la grazia divina, hanno trovato la felicità e la vittoria in Dio stesso. Sono morti per un impeto di fede autentica.
“Il mistero del martirio è una testimonianza di Dio, il martirio non significa che ateismo e teismo siano contrapposti, né un conflitto tra religioni diverse. Il martirio è semplicemente inteso come testimonianza dei nobili valori del Vangelo, testimonianza dell’amore salvifico di Gesù”, ha rimarcato ieri, 24 novembre, l’Arcivescovo Joseph Nguyen Nang, dell’Arcidiocesi di Ho Chi Minh City, nella solenne celebrazione liturgica dei martiri vietnamiti. “Il martirio non è solo un mistero ma anche una grazia. I martiri sono rimasti di fronte a funzionari di alto rango fermi nel testimoniare la fede e l’amore di Dio, grazie alla forza dello Spirito Santo. I martiri erano persone comuni, persino contadini ignoranti ma, di fronte al re e agli alti funzionari imperiali, hanno risposto in modo molto saggio, giudizioso e fiducioso. Questa fu una grazia di Dio, non un’opera dell’uomo. Anch’essi erano esseri umani in carne e ossa, deboli quanto noi. Se hanno potuto sopportare tutte le frustate, le catene e le crudeli torture, è stata davvero la grazia di Dio e la sua potenza, che abitava in loro, a renderlo possibile”.
Il Presule ha concluso: “Lo spirito del martirio è ancora necessario nell’attuale mondo civile, dove ci sono forme di persecuzione: a volte si tratta di una violenza esterna o di una pressione psicologica interna. Perciò ciascuno ha bisogno di testimoniare Dio nella società odierna scegliendo sempre i buoni valori del Vangelo, vivere secondo la Parola di Dio, non lasciando che eventi malvagi scuotano la nostra fede che ci separino dall’amore di Gesù. Le attrattive della vita mondana sono lusinghe, ma dobbiamo dire con enfasi ‘no’, e non scendere a compromessi con nessun male. I martiri ci ricordano di essere sempre fedeli alla legge di Dio: oggi siamo chiamati a seguire il loro esempio e la testimonianza coraggiosa di fede, per cui hanno patito dolori, per ottenere la vita eterna”.
Il martire Andre Dung Lac era un prete vietnamita che fu giustiziato nel 1839 per decapitazione. Sulla strada per il luogo dell’esecuzione, pregava in silenzio e cantava ad alta voce parole di lode a Dio. Prima dell’esecuzione, il boia è venuto da lui e gli ha detto: “Non sappiamo quale crimine hai commesso, ma eseguiamo solo l’ordine, per favore, comprendilo”. Con un bel sorriso stampato in volto, padre Lac rispose: “Il comandante ha ordinato, quindi fatelo”. E prima di dare la testa alla lama dell’esecutore, ha chiesto gli ultimi minuti di quiete per pregare.
“Vostra Maestà, ho servito per oltre 30 anni sotto tre diversi re e vi sono sempre fedele come cittadino e patriota con tutto il cuore; ma ora in questo momento accetterò qualsiasi punizione da parte vostra per non tradire la mia fede in Gesù Cristo, pur di essergli fedele” ha detto Michael Ho Dinh Hy, uno dei martiri vietnamiti che ricoprivano un’alta posizione nella corte imperiale. Non rinunciò alla sua fede per il prestigio mondano, ma preferì rimanere fedele a Dio anche se questo gli sarebbe costato la vita, come accadde nel 1857. Nonostante le tentazioni del re, rimase saldo nella sua fede e cercò di vivere come Gesù Cristo, negando tutti i privilegi materiali e le glorie date dai re.
Ai martiri come John Théophane Vénard, della Società delle Missioni Estere di Parigi (MEP), quando furono arrestati e giudicati in tribunale, fu chiesto di calpestare il crocifisso per essere assolti, ma rifiutarono categoricamente. John Theoane Venard rispose inequivocabilmente: “Io adoro la croce e ho predicato per tutta la mia vita la croce, via dell’amore, come potrei calpestare irriverentemente la croce ora? La mia vita non sarebbe degna della mia fede in Dio se negassi questa convinzione”. Fu martirizzato a Tonkino nel 1861.
(AD-PA) (Agenzia Fides 25/11/2021)

Assolutamente da segnalare il lavoro del giornalista Giulio Meotti https://meotti.substack.com/
segnala costantemente notizie totalmente censurate dai media

“L’Occidente ha venduto noi cristiani perseguitati per un barile di petrolio”

Biden cancella la decisione di Trump e toglie dalla lista nera della libertà religiosa la Nigeria, dove 100.000 cristiani sono stati uccisi. Al suo posto, la Russia. Pagheremo caro questo (Giulio Meotti)

Associazioni che si occupano della persecuzione dei cristiani in Nigeria ed ex alti diplomatici americani sono allarmati per la decisione del Segretario di Stato Antony Blinken di togliere la Nigeria dalla lista dei paesi accusati di partecipare o tollerare la persecuzione religiosa, rivela Politico. L’Amministrazione Biden ha deciso che la Nigeria non ha raggiunto la soglia per essere nominata “paese di particolare preoccupazione per libertà religiosa” in una lista annuale pubblicata dal segretario di Stato. “È una vittoria per i terroristi e una sconfitta per chiunque sia interessato ai diritti umani e alla libertà religiosa”, ha detto Frank Wolf, un ex membro del Congresso.

La Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale, un gruppo bipartisan del Congresso, ha raccomandato dal 2009 al Dipartimento di Stato di designare la Nigeria come “paese di particolare preoccupazione” per la libertà religiosa. Nel 2020, il Segretario di Stato Mike Pompeo lo ha finalmente fatto per la prima volta. Ora Biden torna indietro. Intanto, ossessionati dalla Guerra Fredda, i Democratici inserivano la Russia in quella stessa lista. Nel 2018, Donald Trump ha sollevato la questione con il suo omologo nigeriano Muhammadu Buhari. “Abbiamo avuto gravissimi problemi per i cristiani uccisi in Nigeria”, gli ha detto Trump. Quando il suo predecessore, Barack Obama, ha incontrato Buhari, non ha mai discusso delle stragi dei cristiani.

“Questo non è solo un errore sconcertante, in nessun altro Paese al mondo vediamo un livello così elevato di violenza diretta verso una comunità cristiana”, ha detto ieri il presidente di Open Doors David Curry, l’ente più importante al mondo che monitora la situazione delle persecuzioni. In un articolo sul Telegraph di oggi, l’ex vescovo anglicano convertitosi al cattolicesimo, Michael Nazir Ali, ha scritto: “L’organizzazione benefica Aiuto alla Chiesa che Soffre ha pubblicato un nuovo rapporto che mette in evidenza il crescente problema delle ragazze cristiane rapite, convertite con la forza all’Islam e sposate ai loro rapitori”.

E il male è fatto di numeri. Nel solo stato nigeriano di Bunue, 137.000 persone sono state assassinate in questi anni, ha appena rivelato il governatore. Ogni giorno in Nigeria 17 cristiani sono uccisi per la loro fede.
Il rapporto “Nigeria’s Silent Slaughter” rivela che dal 1° gennaio 2000 al 31 gennaio 2020 ci sono stati 96.309 morti totali in Nigeria, tra cui: 43.242 a seguito del terrorismo islamico di Boko Haram; 18.834 a seguito del terrorismo degli estremisti islamici Fulani e 34.233 a seguito del terrorismo inflitto da tutti gli altri attori. “Le vittime nigeriane sono costrette a convertirsi all’Islam o rischiano di essere uccise, violentate o sottoposte a raccapriccianti atti di tortura”.
Porte aperte parla di 13.000 chiese distrutte. I terroristi di Boko Haram hanno raso al suolo 900 chiese nel nord del paese. Soltanto di una congregazione protestante i terroristi islamici hanno distrutto 1.125 chiese e ucciso 8.000 fedeli.
È di 20 il numero di sacerdoti uccisi e 50 rapiti.
Di 5 milioni il numero dei cristiani sfollati dalle violenze islamiche nigeriane.

Bernard-Henri Lévy su Paris Match ha raccontato quello che sta succedendo ai cristiani in Nigeria: “I cadaveri mutilati delle donne. Quest’uomo a cui viene chiesto di abiurare la fede e che viene fatto a pezzi con un machete. Questa bambina strangolata con la catenina della croce. Quest’altro, frantumato contro un albero…”.

Ma nella decisione americana vale sempre la regola follow the money …La Nigeria è fra i primi paesi che esportano petrolio negli Stati Uniti. Questi cristiani, ha detto infatti Marc Fromager di Aiuto alla chiesa che soffre, “pensano di essere stati venduti per 30 barili di petrolio da parte delle autorità politiche dell’Occidente”.

I Democratici americani hanno da sempre come politica quella di ignorare le persecuzioni anticristiane. Ha scritto la studiosa Nina Shea, forse la maggiore studiosa sul tema:
La mattina di Pasqua, una chiesa protestante a Kaduna, in Nigeria, è stata presa di mira da un’autobomba suicida che ha ucciso 39 persone, opera di Boko Haram, la rete salafita il cui obiettivo dichiarato è quello di portare il più grande paese africano in uno stato della sharia. Non c’è stato alcun commento ufficiale da parte dell’amministrazione Obama su questo mostruoso esempio di persecuzione anticristiana. Il giorno di Pasqua, il segretario di stato Hillary Clinton è riuscita a rilasciare un comunicato. Ha annunciato che ‘oggi celebriamo la storia, l’impatto e la cultura del popolo Rom’ e ha inveito contro l’Europa, chiedendo che diventasse ‘più inclusiva’. Ma per i cristiani della Nigeria settentrionale ferocemente attaccati in uno i loro più importanti giorni religiosi, non c’è stata una parola di condoglianze.
Altrove, l’Amministrazione Obama ha dimostrato un rifiuto di riconoscere lo schema della persecuzione salafita dei cristiani. Quando i salafiti hanno fatto esplodere la chiesa cattolica di Nostra Signora della Salvezza di Baghdad durante la messa domenicale, uccidendo o ferendo praticamente tutta la congregazione, inclusi tre sacerdoti, questo è ciò che ha detto la Casa Bianca: ‘Gli Stati Uniti condannato fermamente questo insensato atto di presa di ostaggi e violenza da parte di terroristi legati ad Al-Qaeda in Iraq che si è verificato domenica a Baghdad uccidendo così tanti innocenti iracheni’. Non vi era alcun riconoscimento che gli ‘innocenti iracheni’ presi di mira in questo attacco catastrofico erano tutti cristiani, che il massacro fosse avvenuto in una chiesa e che si fosse verificato durante l’adorazione domenicale.
E in Egitto, nell’ottobre del 2011, quando la primavera araba si era trasformata da molto tempo nell’inverno copto, le forze governative egiziane massacrarono due dozzine di copti mentre organizzando una pacifica manifestazione di piazza nella zona del Maspero al Cairo. Dopo il massacro di Maspero, la Casa Bianca ha dichiarato: ‘Ora è un momento della moderazione da tutte le parti in modo che gli egiziani possono andare avanti insieme per forgiare un Egitto forte e unito’. La dichiarazione non ha fatto menzione dell’identità di coloro che sono stati uccisi’”.

E quando lo Stato Islamico decapitò 21 cristiani copti sulle spiagge della Libia, il Dipartimento di stato americano si rifiutò di riconoscimento che erano stati assassinati in quanto cristiani. Si riferì a loro in quanto “cittadini egiziani”.

La codardia dell’Occidente ormai è imbarazzante. Ma la pagheremo cara. Il vescovo cattolico nigeriano Giacinto Egbebo ha avvertito: “Se la Nigeria cade in mani islamiste, tutta l’Africa sarà a rischio”. Poi sarà la volta dell’Europa.

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