2022 01 19 Prima gli attacchi agli ebrei, ora ai cristiani
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Prima gli attacchi agli ebrei, ora ai cristiani
“I miei colleghi musulmani pregano quattro volte al giorno e io licenziata per una croce”
PAKISTAN - Mahnoor, 14 anni: rapita, stuprata, “sposata” e “convertita”
Si chiama Mahnoor e ha 14 anni la prima vittima cristiana di sequestro, conversione forzata e matrimonio con un adulto musulmano emersa in Pakistan nel 2022. L’adolescente è scomparsa il 4 gennaio a Lahore, dopo essersi recata nell’abitazione di musulmani dove spesso andava a giocare nel tempo libero dalla scuola nello stesso edificio dove Mahnoor vive fin da piccola con il nonno, non distante dalla casa dei genitori.
«Il 4 gennaio mio suocero mi ha telefonato per chiedermi se Mahnoor fosse con noi perché al mattino era uscita per andare in casa di vicini musulmani ma non aveva fatto ritorno. Non vedendola rientrare, siamo andati dai vicini, i Ghauri, per chiedere se avessero visto nostra figlia. Poi abbiamo cominciato a preoccuparci, perché nostra figlia non si allontana mai da sola», ha raccontato la madre, Saima Bibi.
La polizia, avvertita dalla famiglia, è arrivata sul luogo e ha raccolto la testimonianza dei genitori e dei loro vicini dichiarandosi disponibile ad aprire un’indagine. (…)
Nei giorni successivi la famiglia ha avuto la certezza della sorte della ragazza. «Tre giorni dopo siamo tornati a casa dei Ghauri, che nel frattempo, inesplicabilmente, si erano allontanati da casa per poi farvi ritorno, e la sorella di Muhammad Ali Khan Ghauri mi ha consegnato alcuni documenti che certificavano la conversione di Mahnoor e il matrimonio», ricorda con angoscia la madre. «Ogni richiesta di riavere nostra figlia avanzata attraverso la sorella al fratello già sposato con due figli, è stata inutile. Non so quando o come quell’uomo sia riuscito a attirarla in questo rapporto. Lei è minorenne, una bambina, incosciente di quello che le potrebbe succedere. Le autorità devono aiutarci a riportarla a casa».
(di Stefano Vecchia – Avvenire 16 gennaio 2022)
Si tratta del quarto caso di ragazze cristiane rapite segnalato nel 2022: anche la 17enne Zarish e la 15enne Angel sono scomparse, a Kot Radha Kishan, e la 14enne Mahnoor a Lahore. Secondo i rapporti sui diritti delle donne pubblicati a metà del 2021, solo nella provincia pachistana del Punjab, nella prima metà del 2021 anno sono state rapite 6.754 donne.
PAKISTAN - Arrestati uomini musulmani per aver rapito una adolescente cristiana
“Apprezziamola la polizia per la pronta risposta e azione nell’arrestare i colpevoli della violenza su una adolescente cristiana. È essenziale rompere la cultura dell’impunità”: è quanto dice all’Agenzia Fides Ashiknaz Khokhar, cristiano impegnato per la tutela dei diritti umani che ha seguito il recente caso di una ragazza cristiana 16enne di Okara, in Punjab, rapita e violentata da uomini musulmani.
La polizia di Okara ha arrestato il 10 gennaio scorso Muhammad Arif e due complici. Secondo la denuncia il 30enne Arif ha molestato la studentessa attraverso sms e telefonate per convincerla ad avere rapporti sessuali con lui. Al rifiuto della ragazza, il 7 gennaio Arif l’ha rapita, le ha somministrato un sonnifero e, con due complici, l’ha condotta a Faisalabad, dove l’ha ripetutamente violentata, per poi rilasciarla in condizioni traumatiche.
Ashiknaz Khokhar, rileva all’Agenzia Fides: “La ragazza ha subito gravi traumi fisici e psicologici. Per ora non è in grado nemmeno di parlare per lo shock”.
(AG) (Agenzia Fides 15/1/2022)
MYANMAR - Bombe dell’esercito sui profughi cristiani
Tre morti e sette feriti, tutti cattolici, tanto terrore e pianto seminati: è il bilancio del raid aereo che l’esercito birmano, “Tatmadaw”, ha lanciato nelle prime ore del 17 gennaio, sui campi profughi nelle foreste nei dintorni di Loikaw, capitale dello stato birmano di Kayah, nell’Est del paese. Come riferiscono all’Agenzia Fides fonti nella Chiesa cattolica locale, i profughi erano fuggiti dai loro villaggi e da Loikaw, divenuta ormai deserta, mentre infuriavano gli scontri tra l’esercito e le Forze di difesa popolare, milizie spontanee nate in tutto il territorio nazionale, all’indomani del colpo di stato del 1° febbraio 2021.
Tra gli sfollati interni vi sono numerosi cattolici, che hanno abbandonato le case e le parrocchie, trovando rifugio nelle foreste. Su quelle aree boschive, densamente popolate di circa 600 civili innocenti - anziani, donne, bambini - “Tatmadaw” ha lanciato raid aerei che hanno ucciso tre persone: due sorelle, Natalia, 18 anni, e la piccola Rosetta, 7 anni; e un uomo, Felice, di 50 anni. Altri sette sono i feriti bisognosi di cure, Tutti erano scappati dal vicino villaggio di Moso, dove il 24 dicembre scorso sono stati rinvenuti i corpi carbonizzati di almeno 35 civili, tutti cattolici, uccisi dai soldati birmani in quella che è stata definita “la strage di Natale”.
Questa mattina, 18 gennaio, la comunità cattolica si è radunata nella boscaglia per celebrare un semplice e sobrio rito funebre, nella commozione generale, mentre il sacerdote cattolico don Jacob Khun ha pronunciato brevi parole di commemorazione delle vittime, invitando alla speranza e alla preghiera.
Nel Myanmar orientale continuano combattimenti e bombardamenti aerei e di artiglieria. Nei giorni scorsi è stata colpita anche la chiesa del Sacro Cuore di Gesù a Doukhu, mentre le chiese si trasformano spesso in centri di accoglienza per i profughi. Anche i templi buddisti si sono svuotati e i monaci sono fuggiti. Le sei parrocchie cattoliche della città di Loikaw sono deserte, e i fedeli, esposti alla fame, al freddo. all’indigenza, alla violenza, necessitano di assistenza materiale di conforto spirituale. I cattolici sfollati, nota a Fides Gabriel, uno tra i battezzati di Moso, vivono “nella persecuzione ma confidano in Dio, Salvatore e protettore, nella certezza che Lui non ci abbandona. Non abbiamo nulla, abbiamo bisogno di tutto, ma il Signore provvederà”.
(JZ-PA) (Agenzia Fides 18/1/2022)
Assolutamente da segnalare il lavoro del giornalista Giulio Meotti https://meotti.substack.com/
segnala costantemente notizie totalmente censurate dai media
Prima gli attacchi agli ebrei, ora ai cristiani
Dove riposa Carlo Martello nel 2000 ci fu la prima sinagoga bruciata. Questa settimana basilica e chiese profanate. Il motto islamista non è “prima il popolo del Sabato poi il popolo della Domenica”?
Giulio Meotti
Emmanuel Macron nella sua nebbia postmoderna è arrivato a definire Saint-Denis come una “California senza il mare”, auspicando che diventasse magicamente un centro di start-up. Adesso il suo governo, tramite il ministro dell’Interno, annuncia di aver stanziato quattro milioni di euro per proteggerne le chiese. Non dagli imprenditori ma dagli stessi che, la prima volta nel 2000, attaccarono le sinagoghe di Saint-Denis. La prima a essere incendiata fu quella di Bondy. Da allora, il dipartimento è diventato teatro di numerose aggressioni antiebraiche.
Ma il motto islamista indica un programma preciso: “Prima il popolo del Sabato, poi il popolo della Domenica”.
Questa settimana numerose chiese di Saint-Denis sono state profanate. Hanno iniziato con la chiesa di Saint-Pierre proprio a Bondy, Le Figaro. Anche il tabernacolo è stato aperto. “Questo tipo di atto significa che vogliono sopprimere i cristiani, come i cristiani d’Oriente nei paesi musulmani, è spaventoso”, dice un settantenne.
Due anni fa avevano incendiato la basilica di Saint-Denis, dove riposano i re di Francia, compreso Carlo Martello, che respinse l’invasione islamica a Poitiers. Nei giorni scorsi, tre statue del XIX secolo della famosa basilica sono state distrutte. E proprio a Poitiers, colomba Martello fermò i Mori, due giorni fa sei statue sono state decapitate in una chiesa. Contattato da Valeurs Actuelles, il sacerdote, padre Albert Jadaud, dice che le statue sono state accuratamente decapitate. Tra i bersagli, una grande statua di Santa Teresa, di Maria e del bambin Gesù, anche lui decapitato come gli altri, la testa cerca riposta al suo fianco nella paglia, come in una esecuzione dell’Isis. “Mi ricorda quello che sta succedendo in Afghanistan. Anche lì hanno tagliato le teste”, commenta padre Jadaud, 81 anni.
I titoli dei giornali francesi dell’ultima settimana sull’ondata di chiese profanate
Dal 1 gennaio in Francia sono state registrate otto profanazioni di chiese, rivela Cnews. “Statue decapitate, iscrizioni offensive, vetrate rotte, ecclesiastici e credenti minacciati o aggrediti. Tra 450 ei 515 chiese vandalizzate nel 2021, una al giorno, spesso tre ogni due giorni”. (…)
“I miei colleghi musulmani pregano quattro volte al giorno e io licenziata per una croce”
Dai copti ai nigeriani agli assiri, i cristiani che vengono dall’altro mondo in Europa perdono il lavoro per aver indossato i simboli che nei loro paesi gli costerebbero la vita
Giulio Meotti
Tra i beni più preziosi di Mary Onuoha c’è la piccola croce d’oro che porta al collo fin dall’infanzia, quando vivere in Nigeria, un paese dove, soltanto in questi giorni, altri 18 cristiani sono stati assassinati dai pastori musulmani e il vescovo Hassan Kukah ha appena detto che 60.000 cristiani sono stati uccisi in vent’anni. I datori di lavoro di Mary al South London Hospital, dove ha lavorato per 19 anni, le hanno chiesto di togliere la croce, un regalo al suo battesimo. Quando si è rifiutata di toglierla, Mary è stata spostata e bullizzata. Così si è dimessa e ha intentato una causa legale contro l’ospedale. La scorsa settimana il suo caso si è concluso con una vittoria, quando il giudice del lavoro ha stabilito che Mary era stata trattata in modo discriminatorio.
“Questo è sempre stato un attacco alla mia fede” racconta Mary al Mail on Sunday nella prima e unica intervista sul suo caso. “In questo ospedale ci sono membri del personale che vanno in moschea quattro volte al giorno e nessuno dice loro niente. Gli indù indossano braccialetti rossi e le donne musulmane l’hijab. Eppure, la mia piccola croce al collo era considerata così pericolosa che non mi era più permesso di fare il mio lavoro. Sono una donna forte, ma sono stata trattata come una criminale. Amavo il mio lavoro, ma non ero disposta a compromettere la mia fede per questo”.
Mary viene da un paese dove le ragazze di Chibok, rapite dagli estremisti islamici, al Guardian hanno raccontato che “dicevamo le preghiere cristiane di nascosto e ci raccontavamo la storia di Giobbe”. Un paese dove, come scrive il Wall Street Journal, le ragazze cristiane sono strozzate dai terroristi con la stessa catenina al collo di Mary.
A un’altra infermiera inglese, Shirley Chaplin, è stato vietato di lavorare nei reparti dopo aver rifiutato di rimuovere la croce al collo. Chaplin, racconta Telegraph, ha portato in tribunale Royal Devon e Exe NHS Trust Hospital, ritenendo che le sue convinzioni religiose stanno “violate”. Ma in quel caso i giudici si sono pronunciati a favore dell’ospedale.
In Egitto, i cristiani copti hanno subito ogni genere di persecuzione, compresa l’uccisione di studenti da parte dei compagni di classe soltanto per aver indossato una croce. La copta Nadia Eweida non dovrebbe mai pensare di essere licenziata dalla British Airways, per cui aveva lavorato per vent’anni, solo perché portava al collo una catenina con il crocifisso (ma i simboli islamici andavano benissimo). Anche lei ha perso davanti ai giudici.
L’assiro George Tannouri ha perso il lavoro perché non ha voluto togliersi la croce al collo. Lavorava in un magazzino di Zalando a nord di Stoccolma. Gli avevano intimo di toglierla. Lui ha rifiutato e se ne è andato. Un cristiano assiro a cui dicono di togliere la croce in…in Svezia, non nella Siria devastata dall’Isis da cui viene Tannouri.
La cronaca europea è piena di casi simili. E quando non sono discriminati dalle autorità, i cristiani perseguitati sono aggrediti nelle strutture europee che dovrebbero proteggerli. Il rapporto “Attacchi dettati da motivi religiosi contro i cristiani rifugiati in Germania” (Religiös motivierte Übergriffe gegen christliche Flüchtlinge in Deutschland) di Open Doors e di cui ha parlato anche la Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha raccolto le voci dei cristiani nei centri per migranti: “Nella nostra struttura, due miei amici hanno ricevuto minacce di morte. Uno dei due si è visto strappare dal collo la catenina con il crocifisso. Nessuno di noi osa più indossare una croce”.
Come racconta lo Spectator, questa e altre domande correlate sono state affrontate in “Religious Freedom at the Crossroads - The Rise of Anti-Christian Sentiment in the West” - una conferenza allo Sheridan College di Perth, in Australia. Ma Facebook ha ritenuto che il relativo a una conferenza sulla libertà religiosa violasse i loro “standard comunitari, quindi nessun altro può vederlo”. E così ha arbitrariamente censurato l’evento. E ora Facebook censura un evento di Aiuto alla chiesa che soffre sulla violenza sessuale contro le donne cristiane.
Gli islamici li perseguitano. In Occidente li censuriamo. Non così chi è più codardo.