2022 02 09 Pakistan - al via la prima causa di beatificazione nel Paese
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TESTIMONIANZA
Pakistan - al via la prima causa di beatificazione nel Paese: Akash Bashir è morto sette anni fa per impedire a un terrorista di farsi esplodere all’interno di una chiesa
CONGO - Terroristi uccidono padre Richard Masivi Kaser, ordinato sacerdote tre anni fa
Nella diocesi di Butembo-Beni si sono registrati negli ultimi tempi diversi attacchi da parte di un gruppo islamista originario dell’Uganda ritenuto legato al Daesh
I cattolici nella Repubblica democratica del Congo sono raccolti da giovedì in una novena di preghiera in memoria di padre Richard Masivi Kasereka, il sacerdote 36enne ucciso tre giorni fa da uomini armati dopo aver celebrato la Messa nella Giornata mondiale della vita consacrata.
L’assassinio è avvenuto nella zona nord-orientale di Lubero: in quel momento padre Richard stava guidato per recarsi nella sua parrocchia, San Michele Arcangelo, dopo aver celebrato Messa a Kanyabayonga.
Il vescovo Melchisédec Sikuli Paluku della diocesi di Butembo-Beni ha fatto sapere in una nota che è stata avviata un’inchiesta sull’omicidio del sacerdote.
Nella diocesi di Butembo-Beni si sono registrati negli ultimi tempi diversi attacchi da parte delle Forze democratiche alleate, un gruppo islamista originario dell’Uganda che si ritiene abbia legami con il Daesh (Isis).
Il vescovo Paluku ha condannato gli assalti terroristici, sottolineando che i gruppi armati stanno «distruggendo scuole e ospedali».
Padre Richard Masivi, i cui funerali saranno celebrati domani sabato 5 febbraio, era stato ordinato sacerdote nel febbraio 2019, dopo aver studiato in un college in Kenya. Stava prestando il suo servizio sacerdotale nella parrocchia di San Michele Arcangelo dallo scorso ottobre.
(Avvenire 2022 02 04 Paolo M. Alfieri)
NIGER - “Rimarremo finché avremo da mangiare” dicono gli abitanti dei villaggi sottoposti alle violenze dei jihadisti
“Rimarremo finché avremo da mangiare”. “Dicevano appunto così, i due contadini della zona di Bomoanga alla frontiera col Burkina Faso” riferisce p. Mauro Armanino, missionario SMA (Società per le Missioni Africane) che opera a Niamey, in Niger, in una nota inviata all’Agenzia Fides sulla situazione nella regione di Bomoanga, dove nella notte tra il 17 e il 18 settembre 2018 era stato rapito il suo confratello, p. Pierluigi Maccalli, poi liberato in Mali nell’ottobre 2020.
“Ancora prima del rapimento di Padre Pierluigi Maccalli, la regione era stata in parte occupata da gruppi jihadisti in prevalenza di etnia Peul (Fulani)” spiega p. Armanino nella nota che riportiamo di seguito.
‘Finché avremo cibo”, affermano gli abitanti, perché dall’anno scorso tutti i mercati della regione sono stati interrotti dagli insorti che hanno imposto la non-mobilità a contadini e commercianti. In più, in alcune aree sono stati seminati ordigni esplosivi improvvisati che contribuiscono a limitare le uscite dai villaggi. Il centro da cui provengono, Ngoula, composto originariamente da 45 villaggi si ritrova con appena 21 insediamenti abitati.
Tutti, cristiani e non, sono obbligati a seguire la sharia di tipo salafista. Pantaloni neri accorciati e barba per gli uomini e velo integrale per le donne. Si chiede la “Zakat”, la tassa islamica in beni, poiché i soldi sono terminati da tempo. Ai cristiani è severamente vietato pregare nella cappella e esibire croci. Quanto alla coltivazione nei campi è resa impossibile per la difficoltà di spostamento a causa delle minacce. Il raccolto di miglio, cibo base per la popolazione della zona, è stato praticamente nullo poiché i nuovi ‘padroni’ arrivavano al momento della raccolta. I figli in età scolastica sono partiti in centri relativamente meglio protetti onde continuare la scuola che nei villaggi è stata chiusa da tempo.
‘Manchiamo persino di sale’, commentavano quasi sottovoce. Questa e altre mercanzie si trovavano grazie ai giorni di mercato, attualmente sospesi dai jihadisti. ‘Resistiamo nella paura perché non vogliamo abbandonare la nostra terra e quanto rimane delle nostre case” affermano. Per comunicare col cellulare si connettono alla rete al vicino Burkina Faso, che dista a circa 60 chilometri perché da loro i tralicci sono stati abbattuti. Pregano assieme come possono nelle case e la loro preghiera arriva molto lontano. Sono arrivati in città per sollecitare aiuto di cibo a politici e religiosi. I militari potranno convogliare al villaggio le vettovaglie. ‘E’ l’ultima speranza che ci resta e rimarremo finché avremo da mangiare’ ripetono.
(M.A.) (L.M.) (Agenzia Fides 8/2/2022)
INDIA - Demolito il Centro della Santa Croce di Sant’Antonio in Karnataka
Un gruppo di militanti radicali induisti ha distrutto il Centro della Santa Croce di Sant’Antonio, luogo di preghiera e di accoglienza cattolico, costruito 40 anni fa a Urandady Gudde-Panjimogaru, nei pressi della città di Magalore, nello stato del Karnataka, in India meridionale. Come appreso dall’Agenzia Fides, il 5 febbraio scorso membri del gruppo “ Shri Sathya Kordabbu Seva Samiti” hanno raso al suolo la struttura. Gli attivisti sono arrivati con un bulldozer, demolendo l’edificio che forniva servizi sociali.
Il Centro della Santa Croce di Sant’Antonio funzionava come centro di asilo e di accoglienza per famiglie disagiate. Circa 30 famiglie del luogo hanno espresso grande angoscia e preoccupazione per l’incidente e si sono ritrovate senza tetto.
L’abbattimento è avvenuto senza alcuna giustificazione legale, mentre la struttura era stata oggetto di una denuncia da parte di gruppi induisti che la ritenevano “illecita” e ne chiedevano la demolizione. Con un ordine specifico, le autorità civili avevano emesso nei giorni scorsi una circolare secondo cui nessuno aveva il diritto di entrare nei locali del Centro fino a un pronunciamento del tribunale, atteso nell’udienza fissata il 14 febbraio.
Antony Prakash Lobo, presidente del Comitato per la costruzione del Centro della Santa Croce di Sant’Antonio, ha presentato un “First Information Report” notando che “questa azione illegale sta creando disarmonia in una comunità amante della pace”. “Questo atto è contro la legge, è un palese abuso di potere, in totale violazione di ordini emessi dalla Corte”, ha rimarcato.
I cattolici indiani rilevano che sono in aumento le segnalazioni di violenze commesse contro comunità cristiane, strutture e centri di preghiera in tutta l’India. Come riferito a Fides, in un altro incidente, avvenuto sempre il 5 febbraio, una chiesa protestante è stata data alle fiamme dagli abitanti nel villaggio di Kistaram, nello stato di Chhattisgarh, in India centrale. Nel 2021 sono stati segnalati oltre 500 episodi di attacchi a chiese e cristiani.
(SD-PA) (Agenzia Fides 7/2/2022)
BANGLADESH - Ucciso un cattolico di 91 anni: la comunità chiede giustizia
Malkam D’Costa, cattolico di 91 anni, è stato ucciso in casa nel villaggio di Padrishbpur a Barisal, nel Bangladesh centro-meridionale. Come comunica la Chiesa locale, l’uomo è stato narcotizzato e con lui altri cinque membri della famiglia sono ricoverati in ospedale a causa della stessa somministrazione dolosa di sostanze stupefacenti o narcotizzanti. D’Costa è stato trovato senza vita nella mattinata di ieri, 2 febbraio. Secondo gli abitanti del villaggio, si è trattato di un atto di violenza intenzionalmente commesso contro la famiglia.
L’incidente ha creato un misto di animosità, paura e ansia tra la gente cristiana del villaggio e del distretto. Ieri, 2 febbraio, circa un centinaio di persone hanno tenuto una manifestazione di protesta contro le uccisioni e gli attacchi ai cristiani nel villaggio di Padrishbpur. I cristiani chiedono sicurezza e protezione per la loro incolumità.
Mons. Lawrence Subrato Howlader, Arcivescovo di Chattogram, ha visitato la famiglia colpite e ha espresso loro la sua vicinanza spirituale.
Secondo don Anol Terence D’Costa, direttore della Commissione per le comunicazioni sociali della diocesi di Barisal, “la comunità cristiana sta affrontando queste persecuzioni fondamentalmente perché, come minoranza religiosa, è molto vulnerabile e poco protetta, mentre la violenza viene nell’impunità. I cristiani del Bangladeh chiedono giustizia, dignità e libertà di praticare la loro religione”.
I cattolici locali e i gruppi della società civile chiedono giustizia, ricordando che un’altra donna cattolica dello stesso villaggio è stata narcotizzata e stuprata lo scorso anno, mentre suo marito, guardiano notturno in una scuola cattolica, non era presente al momento dell’incidente. La donna ha accusato Mohammad Alam, un uomo musulmano, la famiglia di Alam l’ha spinta a ritirare le accuse
In Bangladesh su 169 milioni di abitanti per l’89% musulmani, gli indù costituiscono circa il 10% della popolazione mentre i cristiani sono circa l’1%, tra i quali 400mila cattolici.
(SD) (Agenzia Fides 3/2/2022)
TESTIMONIANZA
Pakistan - al via la prima causa di beatificazione nel Paese
Akash Bashir è morto sette anni fa per impedire a un terrorista di farsi esplodere all’interno di una chiesa. Da allora la comunità cristiana lo ricorda nelle preghiere, in diverse celebrazioni, e rende omaggio alla sua tomba. Il postulatore: una testimonianza che ha avuta una vasta eco anche fra i musulmani
Sarà aperta il 15 marzo a Lahore, in Pakistan, l’inchiesta diocesana per la Causa di beatificazione e canonizzazione di Akash Bashir che, sette anni fa, ha perso la vita impedendo ad un attentatore suicida di farsi esplodere all’interno della chiesa cattolica di San Giovanni, nel quartiere di Youhanabad, dove circa duemila fedeli si erano radunati per la Messa domenicale. È la prima Causa di beatificazione che viene avviata nel Paese. Il ragazzo era fra gli addetti alla sicurezza del luogo di culto, aveva frequentato la scuola professionale dei salesiani e si adoperava in parrocchia. La sua prontezza ha impedito una strage: ci furono 20 vittime e diversi feriti, ma in gran parte quanti si trovavano in chiesa rimasero illesi. Il nulla osta della Santa Sede per l’avvio della fase diocesana del processo di beatificazione è arrivato il 9 novembre e il 31 gennaio, in occasione della Messa per la memoria liturgica di San Giovanni Bosco nella casa dei religiosi salesiani di Lahore, l’arcivescovo monsignor Sebastian Shaw ha diffuso la notizia, insieme al nunzio apostolico monsignor Christophe Zakhia El-Kassis. Alla cerimonia del 15 marzo sarà presente l’intera Conferenza episcopale del Paese.
Ad offrirci un ritratto del giovane è il postulatore della causa, il salesiano don Pierluigi Cameroni:
Akash Bashir era un giovane pakistano, cristiano cattolico, appartenente alla comunità cristiana di Lahore, esattamente del quartiere di Youhanabad. È cresciuto in una famiglia cristiana molto semplice, povera. Ha avuto l’opportunità di frequentare la scuola salesiana di Lahore, dove c’è un istituto tecnico industriale, e quindi di avere una formazione tecnica. Successivamente si è impegnato, ed è stato assunto, per la sicurezza dei cristiani nella città di Lahore, in particolare vicino alla chiesa cattolica di San Giovanni. Svolgeva questo compito con grande spirito di sacrificio, ma anche di donazione per gli altri. Era un ragazzo molto semplice.
In quale contesto sociale viveva Akash Bashir?
In un sobborgo di Lahore, una città molto grande, dove i cattolici sono la presenza più considerevole fra tutti quelli presenti in Pakistan. Un contesto segnato da povertà, emarginazione, dove testimoniare la fede cristiana è sempre rischioso. In questi anni ci sono stati diversi attentati contro le comunità cristiane, non solo cattoliche, ma anche di altre confessioni cristiane. In tale contesto di povertà economica, di emarginazione, e dove ci sono certe forme di persecuzione, si colloca la figura e la testimonianza di questo giovane cristiano.
In che modo Akash Bashir ha perso la vita?
Era una domenica - il 15 marzo 2015 - e Akash Bashir faceva parte del gruppo che garantiva la sicurezza intorno alla chiesa di San Giovanni. Era arrivata la notizia che a circa 500 metri di distanza era stato compiuto un attentato contro una chiesa anglicana, per cui i giovani della sicurezza si sono attivati per difendere le persone che nella chiesa erano riunite per la Messa. Si calcola ci fossero circa duemila persone. A un certo punto Akash Bashir vide correre verso di lui una persona: era un attentatore kamikaze. Akash ha cercato di ostacolarlo nella sua intenzione di entrare e compiere una strage e c’è stata una colluttazione. L’attentatore ha tentato di divincolarsi, ma Akash Bashir ha manifestato in quel frangente la sua forza, la sua fermezza nel difendere la sua missione e la sua fede. Si dice che abbia pronunciato delle parole molto forti, anche eloquenti: “Morirò, ma non ti lascerò passare”. L’attentatore si è così lasciato esplodere provocando la morte di Akash e di altre 20 persone. Ci sono stati anche diversi feriti, però, la maggior parte delle persone che erano nella chiesa sono state salvate proprio grazie al sacrificio di Akash e all’offerta della sua vita.
Come è stato percepito questo gesto?
Le comunità cristiane, sia cattoliche ma anche di altre confessioni, hanno subito visto in lui un testimone della fede. E anche espressioni del mondo musulmano, contrarie a forme di fondamentalismo e fanatismo religioso, sono state solidali nel riconoscere la testimonianza di questo giovane cattolico cristiano. E sin dall’inizio, è nato un movimento che ha riconosciuto la singolare testimonianza di Akash, e dobbiamo dire che, a distanza di sette anni, questo movimento è cresciuto sempre di più. Per cui sono state organizzate celebrazioni, c’è un ricordo costante di Akash, la sua tomba viene spesso visitata, ornata di fiori. C’è stato un crescendo intorno alla sua figura, non solo in Pakistan, ma anche nel mondo, per cui la sua è una testimonianza che sta avendo una grande risonanza. Questo ha anche portato alla richiesta di aprire la sua Causa di martirio.
Quindi è una memoria ancora viva quella di Akash Bashir?
Certamente. Non solo viva, ma direi che con il tempo sta crescendo ancora, proprio perché esprime una fede forte, in un contesto di persecuzioni, e quindi la sua testimonianza di giovane cristiano assurge veramente a qualcosa di esemplare per andare avanti anche nelle fatiche, nei contrasti, che soprattutto i cristiani sono chiamati a vivere in certi contesti tante volte di emarginazione, se non addirittura di persecuzioni o di martirio. E dunque Akash rappresenta anche un segno di grande speranza per tutta la comunità cristiana, ma pure per tutti gli uomini di buona volontà. E mi piace sottolineare come, ancora una volta, anche questi testimoni esprimono quell’ecumenismo dei martiri che aiutano i processi di comunione tra i cristiani e di riconciliazione tra gli uomini di buona volontà.
Come vivono oggi i cristiani a Lahore?
Vivono in situazioni non facili, perché quella in Pakistan è una Chiesa davvero provata, come in tante altre parti del mondo. Però, credo sia una Chiesa molto consapevole della propria identità e della propria testimonianza. Potremmo dire che queste comunità cristiane sono davvero comunità cristiane in trincea, ma nello stesso tempo che consolidano la propria identità e il desiderio di perseverare anche nell’ora della prova e del martirio. Come è capitato per Akash e per tanti altri, non solo in Pakistan. Come sappiamo, i cristiani sono molto perseguitati in tante parti del mondo anche oggi.
(RV 05 febbraio 2022Tiziana Campisi)