Condividi:

2022 02 16 “Noi cristiani, troppo ansiosi di scagionare l’Islam e perdonare gli assassini di Hamel”

Fonte:
CulturaCattolica.it
BURKINA FASO - Miliziani attaccano seminario minore di san Kisito INDIA - «Scavi illegali» in un terreno: in Kerala arrestato vescovo e 5 sacerdoti VIETNAM - il Domenicano ucciso ha perdonato il suo assassino
MEOTTI – “Noi cristiani, troppo ansiosi di scagionare l’Islam e perdonare gli assassini di Hamel”

BURKINA FASO - Miliziani attaccano seminario minore di san Kisito
Nessun morto, tanti danni materiali. L’attacco è avvenuto nella notte tra il 10 e l’11 gennaio. I miliziani hanno minacciato di morte i giovani seminaristi riparati ora presso le loro famiglie. La notizia è stata diffusa da Aiuto alla Chiesa che Soffre

Un crocifisso mutilato di braccia e gambe è il simbolo dell’ennesimo attacco anticristiano avvenuto nelle ultime ore in Burkina Faso. “Non vogliamo vedere croci”, avrebbero detto i miliziani armati che hanno fatto irruzione a bordo di motociclette nella notte tra il 10 e l’11 nel seminario minore di San Kisito a Bougui, nella diocesi sud orientale di Fada N’Gourma. A darne notizia è Aiuto alla Chiesa che Soffre secondo cui pur non avendo provocato la morte di nessuno, l’attentato avrebbe fatto molti danni materiali.

La struttura data alle fiamme
Circa trenta i jihadisti che intorno alle 20 hanno assaltato per un’ora la struttura di formazione religiosa supportata da Acs: due dormitori, un’aula ed un veicolo sono stati dati alle fiamme. Prima di lasciare il seminario gli assalitori hanno rubato un secondo veicolo, minacciando i seminaristi di morte se non abbandoneranno il seminario all’interno del quale vivono 146 giovani studenti e 7 formatori.

Paura tra la gente
Al momento i seminaristi hanno fatto ritorno alle loro case e resteranno in famiglia almeno per una settimana, in attesa di sviluppi. Tra la gente del villaggio è forte la paura e in molti stanno lasciando le loro abitazioni.

In aumento gli attacchi islamisti
ACS chiede preghiere per tutti i seminaristi, i formatori ed il popolo del Burkina Faso, Paese in cui si segnala negli ultimi anni un aumento degli attacchi da parte di Al Qaeda e del sedicente Stato Islamico. Dopo il colpo di stato del mese scorso che ha rovesciato il presidente Kaborè, il tenente colonnello Sandaogo Damiba, dichiarato presidente dal Consiglio costituzionale, ha sottolineato l’urgenza di ripristinare la sicurezza nel Paese. In seguito al golpe anche i vescovi locali hanno chiesto alle autorità di rispondere alle profonde aspirazioni e garantire sicurezza, giustizia e pace duratura.
Solo nel 2019 sono state attaccate numerose chiese ed il corpo di un sacerdote è stato ritrovato senza vita in una foresta. Nello stesso anno il vescovo di Ouahigouya, Justin Kientega, ha ricondotto la ragione di questi attacchi al tentativo degli islamisti radicali di “provocare un conflitto tra le religioni in un Paese in cui cristiani e musulmani hanno sempre convissuto pacificamente”. Circa il 60% della popolazione è musulmana, il 23% cristiana, in maggioranza cattolica, il 15% è legata a culti locali.
(Paolo Ondarza - RV 2022 02 12)

INDIA - «Scavi illegali» in un terreno: in Kerala arrestato vescovo e 5 sacerdoti
La diocesi replica alle accuse affermando che non alcuna responsabilità: l’area è affittata e non viene più visitata dall’inizio della pandemia.

Monsignor Samuel Irenios Kaattukallil, vescovo di Pathanamthitta in Kerala, e cinque sacerdoti della stessa diocesi sono stati arrestati in India con l’accusa di «scavi di sabbia illegali» per un’attività che sarebbe avvenuta in un terreno che si trova nel distretto di Tirunelveli, nel vicino stato del Tamil Nadu.
Al centro della vicenda c’è un terreno di 300 acri del villaggio di Pottal. È qui che sarebbero stati effettuati gli scavi non autorizzati. La diocesi però ha precisato che questi campi da tempo sono stati affittati a un agricoltore. La stessa diocesi, di conseguenza, ha già avviato il procedimento per rescindere il contratto di affitto. L’accusa però sostiene che la diocesi fosse al corrente della lavorazione di pietre e sabbia nella sua proprietà. La difesa fa invece presente che da due anni nessun esponente della diocesi ha più avuto occasione di andare sul posto a causa della pandemia e dei divieti relativi.
L’arresto, secondo AsiaNews, è stato disposto dal tribunale locale. Il vescovo Irenios, 69 anni, è stato ricoverato in un ospedale a causa di un malore insieme a un altro sacerdote, padre Jose Chamakala. Gli altri quattro preti – il vicario generale della diocesi padre Shaji Thomas Manikulam, padre George Samuel, padre Jijo James e padre Jose Kalaviyal – si trovano in un centro di detenzione a Nanguneri.

La notizia degli arresti è giunta in Tamil Nadu proprio nelle ore in cui in una vicenda del tutto diversa, ha ottenuto la liberazione su cauzione sr. Sahaya Mary, la religiosa delle Francescane del Cuore Immacolato di Maria che era in carcere da più di due settimane per il suicidio di una ragazza di 17 anni avvenuto in un ostello delle suore a Michaelpatti, un villaggio nel distretto di Thanjavur. Una vicenda dolorosa che i fondamentalisti indù hanno strumentalizzato, attribuendo il gesto estremo a presunte pressioni per la conversione della ragazza.
“Oggi stesso tornerà a casa, ringraziamo tutti per le preghiere e il sostegno”, ha dichiarato ad AsiaNews
la superiora provinciale dell’ordine religioso, sr. Firmina Mary. Il giudice ha disposto che anche l’altra suora accusata dal padre della ragazza per la vicenda non venga arrestata.
(Avvenire mercoledì 9 febbraio 2022)

VIETNAM - Il Vescovo di Kon Tum: il Domenicano ucciso ha perdonato il suo assassino

Prima di esalare l’ultimo respiro, padre Joseph Tran Ngoc Thanh, il 41enne sacerdote Domenicano vietnamita ucciso mentre celebrava il Sacramento delle Riconciliazione nella diocesi di Kon Tum, il 29 gennaio, ha perdonato il suo assassino. Lo riferisce all’Agenzia Fides il Vescovo della diocesi di Kon Tum, Mons. Aloisio Nguyen Hung Vi, che il 7 febbraio, insieme ad altri sacerdoti, ha visitato la comunità della chiesa di Sa Loong, parte della parrocchia d Dak Mot, dove padre Joseph Tran Ngoc Thanh svolgeva il servizio pastorale e dove è stato assassinato.
Nella sua visita pastorale, il Vescovo ha avuto un commosso incontro con i parrocchiani e ascoltato il racconto di quanti erano presenti sulla scena del delitto. Un altro religioso Domenicano, fra Giao, che presta servizio nella chiesa di Sa Loong, e alcuni fedeli, hanno fermato Nguyen Van Kien, l’assassino, e lo hanno consegnato alla polizia locale. L’uomo viene da una famiglia cattolica devota (viveva con i suoi genitori, un fratello e una sorella, che sono sconvolti) ma mostrava instabilità e malattia psichica.
Mons. Aloisio Nguyen Hung V ha confortato i fedeli e ha chiesto loro di pregare incessantemente “perché l’anima di padre Joseph goda del volto di nostro Padre in cielo”. Ha poi chiesto di “pregare per sostenere tutti i sacerdoti e religiosi della diocesi, e perché ciascuno di noi affidi sempre la propria vita alle mani di Dio”.
Il Vescovo ha ricordato: “Prete molto giovane, padre Thanh era conosciuto come uomo educato, gentile e simpatico. È stato molto prezioso nell’opera di formazione dei laici e per la pastorale missionaria nella diocesi di Kon Tum, sugli Altipiani centrali. La sua morte è una grande perdita per la diocesi, per l’Ordine domenicano e per i suoi cari”.
(AD-PA) (Agenzia Fides 9/2/2022)

Assolutamente da segnalare il lavoro del giornalista Giulio Meotti https://meotti.substack.com/
segnala costantemente notizie totalmente censurate dai media

“Noi cristiani, troppo ansiosi di scagionare l’Islam e perdonare gli assassini di Hamel”
Oggi si apre in Francia il processo sull’uccisione del sacerdote. Un testimone: “Mi costrinsero a filmarlo mentre lo uccidevano gridando ‘vattene Satana’. Poi mi pugnalarono alla gola”
Giulio Meotti
Siamo nella cittadina della Normandia in cui si tenne il processo a Giovanna d’Arco, l’eroina del Cristianesimo francese. Il 26 luglio 2016, padre Jacques Hamel, 85 anni, è assassinato da due terroristi islamici mentre celebra messa nella chiesa di Saint-Etienne a Saint-Etienne-du-Rouvray. Oggi si è aperto il processo in Francia. Guy Coponet fu testimone e vittima dell’assassinio e oggi ripercorre quanto avvenne quel giorno, quando ha dovuto filmare l’uccisione di Hamel, sotto gli occhi di sua moglie Janine, che lo avrebbe creduto morto, e di due suore.
Fortunatamente, quella mattina è tempo di vacanza. La chiesa è quasi vuota. “Padre Jacques celebra l’Eucaristia come fa sempre, si potrebbe dire come se fosse la prima volta. Scherziamo in sacrestia, ma quando entriamo in chiesa, Jacques ci chiede di pensare a un parrocchiano che quella mattina sarà operato al cuore”.
Dopo la comunione, la porta della sacrestia si apre violentemente. “Entrano due uomini, gridano in arabo e posano uno zaino sull’altare”. Padre Jacques viene condotto davanti all’altare. “Quando lo hanno attaccato, suor Danielle si è diretta verso l’uscita, senza che la fermassero. Erano troppo occupati. È lei che, con l’aiuto di un automobilista, avverte la polizia. Padre Jacques si rifiuta ma viene messo in ginocchio e pugnalato con un coltello. Ora è di schiena e cerca di cacciare via l’aggressore. Filmo sempre. Il padre disse: ‘Vattene, Satana!’, poi una seconda volta, come un ordine senza risposta: ‘Satana, vattene!’. E gli tagliano la gola. Un rivolo di sangue, un rantolo, è finita”.
I terroristi strappano a Guy Coponet il telefono dalle mani e lo picchiano. “Mi pugnalano al braccio, alla schiena e mi tagliano la gola”, racconta il parrocchiano. “Premo sul collo dove sento scorrere il sangue”. I terroristi riversano sui fedeli la loro propaganda. Racconta la moglie di Guy: “Ci interrogano, specialmente suor Hélène. ‘Gesù non può essere figlio di Dio’. ‘Conosci il Corano?’”.
Un anno fa, il settimanale La Vie pubblicò i messaggi che i terroristi si erano scambiati prima di colpire quella mattina. “Una sinagoga è buona?”, chiede uno. “Va tutto bene”, risponde il suo interlocutore dalla Siria. Ma non vuole “concentrarsi sugli ebrei”, perché “la gente pensa subito al conflitto israelo-palestinese”. Alla fine Adel Kermiche, uno dei terroristi, deciderà il bersaglio. “Prendi un coltello, vai in chiesa, taglia due tre teste. Nessuna pietà per queste persone”.
Andando in giro per l’Europa nei giorni e nelle settimane dopo l’attentato non avremmo trovato una sola manifestazione per l’uccisione di Hamel. Nessuna manifestazione “Siamo tutti cattolici”. Papa Francesco, di fronte al più importante episodio di intolleranza verso i cristiani che si sia verificato in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, disse che “tutte le religioni cercano la pace” e i terroristi cercano “denaro”. Tutto il clero vaticano avrebbe rifiutato di pronunciare la parola “Islam”.
Come spiegarselo? Un grande storico del cattolicesimo come Guillaume Cuchet ha appena pubblicato Le catholicisme a-t-l’encore de l’avenir en France, dove mette in dubbio la sopravvivenza della cristianità in Francia. E sulla vicenda Hamel, Cuchet scrive contro “l’apologia del ‘vivere insieme’, la preoccupazione di evitare amalgami tra islam e jihadismo e di allontanare lo spettro della guerra delle religioni cercata (un po’ ingenuamente, visto il reale stato religioso dell’Europa) dagli strateghi dell’Isis. Ma ciò che viene trascurato in queste analisi è la religiosità degli assassini. Qui, più che i nostri comuni islamologi, che spesso sono politologi o sociologi poco attrezzati per pensare a questo genere di cose, è René Girard che andrebbe riletto. È vero che questa religiosità è un po’ difficile da percepire perché, dall’inizio delle nostre disgrazie, si usa dire che questi attentati non hanno niente a che vedere con la ‘religione’, che sarebbero casi psichiatrici”.
“Al culmine della tragedia, uno dei terroristi cominciò a cantare quelli che probabilmente erano versi coranici destinati a prepararlo al sacrificio finale, provocando questa sorprendente osservazione di suor Huguette Péron, settantanovenne: ‘Il suo viso aveva cambiato espressione. Ho sentito come, in quella canzone, stava esprimendo il suo desiderio di paradiso. Non è stato molto lungo, uno o due minuti. Si poteva sentire la sua gioia di andare in paradiso’. Una testimonianza straordinaria, di una vecchia suora che riconosce l’autenticità del desiderio di un paradiso islamico nella trance mistica dell’assassino, allo stesso tempo un test intellettuale radicale per le nostre mentalità europee secolarizzate e il nostro linguaggio politico. Questo riconoscimento paradossale non era il risultato di qualche improbabile simpatia delle vittime per gli assassini o di qualche variante della sindrome di Stoccolma”.
Infine, la sentenza di Cuchet: “C’è stata la preoccupazione di scagionare in anticipo l’Islam da qualsiasi responsabilità e di dare il perdono preventivo agli assassini. Padre Hamel ha resistito, fisicamente e spiritualmente, e la sua ultima azione fu di nominare il Nemico, questo personaggio dimenticato dal cattolicesimo contemporaneo che è il diavolo e, anche, per delineare un’interpretazione demonologica dell’islamismo contemporaneo del tutto inaspettata”.

Charles de Foucauld
Dettaglio non insignificante: Guy Coponet, l’anziano costretto a filmare l’uccisione del sacerdote e poi pugnalato, è un avido lettore di Charles de Foucauld, il religioso assassinato il 1° dicembre 1916 dai musulmani Tuareg a Tamanrasset, in Algeria, e proclamato beato da Papa Benedetto XVI. De Foucault scrisse questa lettera cinque mesi prima di essere ucciso:
“Dei musulmani possono essere veramente francesi? In casi eccezionali, sì. In generale, no. Sono diversi i dogmi fondamentali musulmani che si oppongono a ciò; con alcuni si trovano degli accomodamenti; con uno, quello del mehdi non ce ne sono; ogni musulmano (non parlo dei liberi pensatori che hanno perso la fede), crede che con l’avvicinarsi dell’ultimo giorno il mehdi sopraggiungerà, dichiarerà la guerra santa e stabilirà l’Islam su tutta la terra, dopo aver sterminato e soggiogato tutti i non-musulmani. In questa fede, il musulmano guarda l’Islam come la sua vera patria, e i popoli non musulmani come destinati a essere presto o tardi soggiogati da lui, musulmano, o dai suoi discendenti; se ora si trova sottomesso a una nazione non musulmana, si tratta di una condizione passeggera; la sua fede gli assicura che ne verrà fuori e che a sua volta trionferà di quanti al momento lo assoggettano. Possono preferire questa nazione a un’altra, preferire star sottomessi ai francesi più che ai tedeschi, perché sanno i primi più accoglienti; possono legarsi a questo o a quel francese, come ci si può legare a un amico straniero; ma in generale, salvo eccezioni, fintanto che saranno musulmani non saranno francesi. Attenderanno più o meno pazientemente il giorno del mehdi, nel quale sottometteranno la Francia”.
Era il 29 luglio 1916. Il 26 luglio 2016 lo scontro di civiltà si consuma in terra francese. Umiliata e indolente, l’Europa saprà fare come l’85enne sacerdote di Saint-Etienne-du-Rouvray che si rifiutò di inginocchiarsi davanti al nemico?

Vai a "Cristiani perseguitati. Memoria e preghiera"