2022 03 02 “Noi che conosciamo la guerra, vi preghiamo: non fatela!”: dal profondo del Congo un appello
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GUERRA: PREGARE E DIGIUNARE PER TUTTE LE GUERRE CONGO RD - “Noi che conosciamo la guerra, vi preghiamo: non fatela!”: dal profondo del Congo un appello
MYANMAR - Arrestati due sacerdoti cattolici che portavano aiuti umanitari agli sfollati
L’esercito del Myanmar ha arrestato due sacerdoti cattolici che stavano andando ad aiutare gli sfollati interni nello stato di Shan, nella parte orientale del Myanmar. Come l’Agenzia Fides apprende dalla Chiesa locale, padre John Paul Lwel, sacerdote nella diocesi di Pekhon, e padre John Bosco, sacerdote nell’Arcidiocesi di Taunggyi, mentre erano in viaggio con due autisti e un giovane studente, sono stati fermati ad un posto di blocco e arrestati dai soldati dell’esercito il 21 febbraio. I sacerdoti arrestati appartengono alla “Congregazione della Piccola Via”, congregazione religiosa locale birmana. Il piccolo gruppo intendeva portare sostegno umanitario agli sfollati interni nel villaggio di Le Htun, parte del comune di Moebye, nella diocesi di Pekhon.
Il loro intento era anche quello di accompagnare alcuni sacerdoti di Pekhon e trasferirli temporaneamente a Taunggyi, in aree meno esposte a combattimenti, per proteggerli. Come riferito all’Agenzia Fides, infatti, il clero locale di Pekhon sta subendo atti di intimidazione e violenza. Nel comune di Moebye i soldati hanno fatto irruzione nella casa del prete cattolico residente nella città e hanno rubato il denaro che era appartenente alla Chiesa e veniva usato per le necessità pastorali e per l’aiuto dei profughi.
Molti cattolici della diocesi di Pekhon sono fuggiti dalle loro case si sono rifugiati nelle chiese e nelle strutture dell’Arcidiocesi di Taunggyi.
Oltre 15 villaggi nella diocesi di Pekhon, abitati in maggioranza da cattolici, sono stati attaccati e devastati dall’esercito. Negli scontri con le forze locali, riferiscono fonti di Fides, sono morti almeno 70 giovani cattolici.
Migliaia di fedeli cattolici sono fuggiti dalle loro case nella diocesi di Pekhon e si sono rifugiati nelle chiese nell’Arcidiocesi di Taunggyi. Secondo notizie raccolte da Fides, nove sacerdoti cattolici delle diocesi di Banmaw, Mandalay e Hakha sono stati arrestati nel 2021 perché sospettati di sostenere le forze ribelli.
(JZ-PA) (Agenzia Fides 25/2/2022)
LAOS - I cristiani attaccati, cacciati dalla loro casa
Gli abitanti del villaggio erano irritati dalla pratica familiare di una “religione straniera”, hanno detto i membri della famiglia.
Dodici membri di una famiglia cristiana nel sud del Laos sono stati attaccati e cacciati dalla loro casa questo mese da abitanti del villaggio irritati dalla pratica di una “religione straniera” da parte del gruppo, hanno detto i familiari e altre fonti.
L’attacco è stato l’ultimo di una serie di simili aggressioni e mosse legali contro i cristiani nello stato comunista a partito unico con una popolazione prevalentemente buddista, nonostante una legge nazionale protegga il libero esercizio della loro fede.
L’attacco del 9 febbraio nel villaggio di Dong Savannakhet, nella provincia di Savannakhet, in cui la casa di famiglia è stata bruciata, ha fatto seguito a un precedente attacco al funerale del padre della famiglia, ha detto lunedì a RFA la sua vedova Seng Aloun, ora capofamiglia.
“Mio marito è morto il 4 dicembre dell’anno scorso e due giorni dopo abbiamo portato il suo corpo al cimitero del villaggio, ma gli abitanti del villaggio non ci hanno permesso di seppellirlo lì. Hanno colpito la sua bara con bastoni di legno e hanno colpito anche i miei familiari”, ha detto.
“Più tardi, abbiamo seppellito il corpo di mio marito il 7 dicembre nella nostra stessa risaia. Ma gli abitanti del villaggio hanno poi bruciato la mia casa il 9 febbraio e hanno sequestrato la nostra risaia il giorno successivo. Vogliono solo sbarazzarsi di noi”.
La famiglia era stata sfrattata dal loro villaggio una volta nel 2017, ha detto Seng Aloun. “I residenti del villaggio e le autorità locali non ci amano perché crediamo in Gesù Cristo. Non ci vogliono qui. Dicono che non gli piace la religione di un paese straniero”.
Altri cristiani che vivono a Savannakhet hanno espresso preoccupazione per il trattamento riservato a Seng Aroun e alla sua famiglia, notando che il capo del villaggio di Dong Savanh si era unito all’attacco del 6 dicembre al funerale di suo marito, lasciando feriti due membri della famiglia.
Conflitti simili in altri villaggi, distretti e province laotiani sono rimasti irrisolti, ha aggiunto un membro della Chiesa evangelica del paese, affermando che le autorità locali non tollereranno altre religioni nelle loro comunità in gran parte buddiste e animistiche.
Nell’ottobre 2020, le autorità del distretto di Ta Oy, nella provincia di Saravan, nel sud del Paese, hanno sfrattato sette cristiani e distrutto le loro case quando non volevano rinunciare alla loro fede. Nel marzo di quell’anno, il pastore Sithon Thippavong, un leader cristiano laotiano nel distretto di Chonnabouly a Savannakhet, è stato arrestato per essersi rifiutato di firmare un documento di rinuncia alla sua fede cristiana e in seguito è stato incarcerato per un anno con l’accusa di “interrompere l’unità” e “creare disordine”.
Due anni prima, quattro cristiani laotiani e tre leader cristiani sono stati detenuti per sette giorni nel distretto Phin di Savannakhet per aver celebrato il Natale senza permesso.
Segnalato dal Laos Service di RFA. Tradotto da Max Avary. Scritto in inglese da Richard Finney. (23.02.2022 Asia News)
GUERRA: PREGARE E DIGIUNARE PER TUTTE LE GUERRE
Molte sono le iniziative di preghiera in questi giorni. In un recente articolo della NBQ si sottolinea giustamente:
“Sarebbe giusto che queste iniziative, pensate per l’Ucraina in guerra, diventassero un appuntamento periodico, che ogni mese, ad esempio, i fedeli fossero invitati a momenti di preghiera per la pace, magari di volta in volta ricordando una delle tante, tantissime guerre che devastano il pianeta, combattute in decine di paesi: 27 secondo una stima aggiornata al 2021 e limitando il conto ai conflitti maggiori.
Sono quasi tutti conflitti interni a uno stato, tra eserciti nazionali e milizie armate – separatiste, jihadiste, antigovernative… – oppure tra gruppi antagonisti, per lo più su base etnica o religiosa (non di rado entrambe le cose), che si contendono il controllo di territori, di risorse, dell’apparato statale. La guerra più lunga in corso è quella tra clan in Somalia, iniziata nel 1991. Ha smembrato il paese, con la secessione di Somaliland, Puntland e altre regioni, e l’occupazione di vasti territori a sud della capitale Mogadiscio da parte del gruppo jihadista al Shabaab, autore di continui attentati nella capitale. La più recente è quella in Etiopia, dichiarata contro il governo nel novembre del 2020 dal Tplf, il partito dell’etnia tigrina, nel tentativo di riprendere il controllo dello stato perso nel 2018, dopo averlo detenuto con mano durissima per quasi 30 anni.
Forse le guerre più “dimenticate”, una espressione usata non sempre a ragione, sono quelle in Yemen e in Myanmar. In Yemen si combatte dal 2014, da quando cioè il movimento sciita Houthi si è rivoltato contro il governo sunnita, con una escalation a partire dall’anno successivo in seguito all’intervento di Arabia Saudita e di altri stati sunniti in favore del governo. In Myanmar il conflitto attuale segue il colpo di stato militare del febbraio del 2021. È in corso una repressione durissima della rivolta armata organizzata dalle Forze di difesa popolare e che si salda con i gruppi di resistenza etnici.
L’elenco delle guerre è lungo. Molte si combattono in Africa dove il solo jihad è presente in almeno dieci paesi con gruppi affiliati ad al Qaeda o all’Isis ed è in grado di compiere attentati in molti altri.
Oggi, per tentare di mantenere la pace nel mondo, sono attive 12 missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite. Dal 1948 ne sono state approvate ben 71. Di quelle attuali, tre sono in Medio Oriente (Golan, Libano e Medio Oriente con sede a Gerusalemme), sei in Africa (Sahara Occidentale, Mali, Sudan, Sudan del Sud, Repubblica democratica del Congo e Repubblica Centrafricana), una in Asia (Pakistan-India), due in Europa (Cipro e Kossovo). Impiegano complessivamente 87.572 uomini messi a disposizione da 121 paesi: 63.889 militari, 7.266 agenti di polizia e 16.457 civili. Il bilancio finanziario per il periodo che va dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022 è di 6,38 miliardi. Finora nelle 12 missioni in corso sono morte 1.500 persone (ma le perdite in totale, dal 1948, sono 4.161).”
CONGO RD - “Noi che conosciamo la guerra, vi preghiamo: non fatela!”: dal profondo del Congo un appello
“Noi, giovani di Bukavu, la generazione della guerra, abbiamo subito molte disgrazie e traumi a causa di essa. Ecco perché vi preghiamo di fare la guerra. Qualcuno ha scritto: “Se vuoi la pace, prepara la guerra”, ma noi diciamo con Papa Francesco: “Chi vuole la pace, prepari la pace”.
È l’appello inviato a Fides, raccolto da suor Teresina Caffi, missionaria saveriana, che viene lanciato da 60 ragazze congolesi di Bukavu, il capoluogo del Sud Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, un’area che da decenni è attraversata da conflitti.
Nel loro appello le ragazze sottolineano che “gli Stati che fanno la guerra, le multinazionali che producono armi e cercano a tutti i costi la ricchezza di un altro Paese non soffriranno, si arricchiranno, ma sono i poveri che devono soffrire; siamo noi, i giovani, che soffriamo. Chi vuole la guerra ci chieda cosa stiamo passando oggi noi congolesi, noi che abbiamo conosciuto la guerra”.
“Non c’è nessun tesoro nascosto nella guerra. Con la guerra perdiamo i nostri genitori, fratelli e sorelle, i beni e la vita. Durante la guerra abbiamo perso molti dei nostri nonni, che forse oggi potrebbero raccontarci la vita passata e insegnarci come comportarci nella vita.
In guerra più di dieci persone vengono seppellite in una stessa fossa, come se fossero del fertilizzante. Le donne diventano vedove, gli uomini vedovi, i bambini rimangono orfani, i genitori perdono i figli. Tanti bambini non hanno mai conosciuto la loro famiglia; rimasti senza casa, vivono per strada e non sono mai stati a scuola”.
“La guerra destabilizza la società, porta carestia e miseria, umilia le persone, calpesta la dignità umana, non permette alle persone di lavorare e riposare né giorno né notte, impedisce il progresso, danneggia in un istante risorse vitali conquistate a fatica, porta la regressione in tutti gli ambiti: spirituale, intellettuale, morale, materiale...”
“La guerra traumatizza le persone fin dal grembo materno. Quanti sopravvivono hanno grandi ferite interiori e spesso rimangono mentalmente, fisicamente o psichicamente handicappati. La violenza sulle donne davanti ai figli e ai mariti è una ferita che non si rimargina mai. Le gravidanze indesiderate sono in aumento e i bambini abbandonati per strada diventano numerosi.”
“La guerra ci divide, ferisce il cuore delle persone e porta calunnie, gelosia, negligenza, vendetta e discordia. E la persona si sentirà colpevole per tutta la vita, arrivando persino alla follia. La guerra stermina i giovani, il mondo di domani. In guerra, i soldati cercano i giovani per portarli nella foresta e trasformarli in ribelli. La guerra lascia disoccupazione e abitudini di violenza: omicidi, stupri, furti... La vita sembra a molti senza valore. I bambini nascono, crescono e invecchiano in guerra ed è per questo che la guerra è diventata un’eredità di generazione in generazione.”
“La guerra ci allontana da Dio, perché non rispettiamo l’opera della sua creazione e il suo progetto di amore e di fratellanza tra gli esseri umani. Siamo tutti figli dello stesso Padre: se conoscessimo il valore della nostra esistenza, non oseremmo versare il sangue di un altro essere umano. Qual è questo spirito che spinge l’uomo a fare la guerra contro un altro uomo? Coloro che faranno la guerra un giorno pagheranno per il sangue dei popoli sparso e per i beni dei popoli che hanno rubato. Saremo giudicati per ogni provocazione di guerra.
“La guerra non è una soluzione ai problemi, ma problema nei problemi. Dopo la guerra c’è sofferenza, rimpianto. In guerra non si guadagna nulla, ma ci sono sempre perdite irrecuperabili. Amore, ascolto e dialogo, ecco il vero modo per risolvere i conflitti!”
“Vi supplichiamo per l’amore di Dio, nostro Creatore, che conosce il numero dei nostri capelli, cercate di riconciliarvi, dimenticate ciò che vi divide, deponete le armi. Ci sono diversi modi per trovare un compromesso senza andare in guerra. Siamo fratelli: perché farci del male a causa di questo mondo che passerà? Questa terra non ci appartiene: prima o poi la lasceremo. Prendiamo coscienza del dono prezioso che Dio ci ha fatto: la vita!”
Possa la pace regnare in quest’anno 2022 a Bukavu e in tutto il mondo. La Vergine Maria interceda per noi”.
(T.C./L.M.) (Agenzia Fides 23/2/2022)