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2022 03 16 PREGHIERA PER LA PACE (ricordando TUTTE le guerre): testimonianze da NIGER, ETIOPIA, MYANMAR e SIRIA.

Fonte:
CulturaCattolica.it
NIGERIA - Ennesimo rapimento di un prete NICARAGUA - L’escalation della dittatura. Ortega espelle il nunzio apostolico

PREGHIERA PER LA PACE (ricordando TUTTE le guerre): testimonianze da NIGER, ETIOPIA, MYANMAR e SIRIA.

NIGERIA - Ennesimo rapimento di un prete, padre Joseph Akete Bako

L’Arcidiocesi di Kaduna ha confermato ufficialmente, con un comunicato pervenuto all’Agenzia Fides, il rapimento di p. Joseph Akete Bako parroco della chiesa cattolica di San Giovanni, a Kudenda nell’area del governo locale di Kaduna South, nello stato di Kaduna.
“Siamo spiacenti di confermare ufficialmente il rapimento di uno dei nostri sacerdoti, p. Joseph Akete Bako dalla sua residenza presso la chiesa di San Giovanni, a Kudenda, avvenuto verso le 1,30 della notte dell’8 marzo. Nel corso dell’assalto, l’incaricato della sicurezza, Luka Philip, è stato ucciso, mentre altre quattro persone sono state rapite dalle case vicine” riporta il comunicato. L’Arcidiocesi invita i fedeli a pregare per la persona uccisa e per la liberazione dei rapiti.
In un primo momento il governo statale e le autorità di polizia non avevano confermato la notizia, mentre l’Arcidiocesi si era espressa tramite il suo cancelliere, p. Anthony Dodo, che aveva detto a una televisione locale che uomini armati avevano fatto irruzione nella casa parrocchiale nelle prime ore di martedì, dopo aver colpito a morte l’incaricato della sicurezza.
(L.M.) (Agenzia Fides 9/3/2022)

NICARAGUA - L’escalation della dittatura. Ortega espelle il nunzio apostolico
Il regime alza il tiro. «Grande sorpresa e rammarico» della Santa Sede. Una nuova mazzata anche sul dissenso

Un altro pugno al dialogo e all’opposizione. Il regime di Daniele Ortega e moglie ha tagliato corto passando direttamente alle maniere forti, espellendo il nunzio vaticano – uomo chiave nella ricerca di una soluzione negoziata tra governo e opposizione – e assestando un altro colpo al dissenso interno. L’ennesimo atto di chi rifiuta ogni forma di confronto e che spegne ogni tentativo di dialogo o il dissenso con l’utilizzo di sistemi che il “rivoluzionario” Ortega ha raffinato negli anni di potere perpetuato.
Di azione nei confronti «di chiunque esprima critiche ai sistemi di controllo e repressione», come sottolineano molte associazioni per i diritti umani. Immediata è stata la reazione vaticana. La Santa Sede ha ricevuto «con grande sorpresa e rammarico la comunicazione che il governo del Nicaragua ha deciso di ritirare il gradimento a monsignor Waldemar Stanislaw Sommertag, Nunzio Apostolico a Managua dal 2018, imponendogli di lasciare immediatamente il Paese dopo la notifica del provvedimento».

Tale misura «appare incomprensibile – si legge in una nota – perché nel corso della sua missione monsignor Sommertag ha lavorato con profonda dedizione per il bene della Chiesa e del popolo nicaraguense, specialmente delle persone più vulnerabili, cercando sempre di favorire i buoni rapporti tra la sede apostolica e le autorità del Nicaragua». La Santa Sede ricorda in particolare «la sua partecipazione come testimone e accompagnatore del Tavolo di dialogo nazionale tra il governo e l’opposizione politica, in vista della riconciliazione del Paese e della liberazione dei detenuti politici». Mentre è convinta – continua – «che tale grave e ingiustificata misura unilaterale non rispecchia i sentimenti del popolo del Nicaragua, profondamente cristiano, la Santa Sede desidera riaffermare la sua piena fiducia nel rappresentante pontificio».
(Avvenire Fabio Carminati sabato 12 marzo 2022)

PREGHIERA PER LA PACE (ricordando TUTTE le guerre):

NIGER - Resistenze disarmate alla frontiera del jihadismo

Siamo alla periferia della diocesi di Niamey, alla frontiera col Burkina Faso, e precisamente la zona del rapimento di padre Pierluigi Maccalli nel 2018” spiega p. Armanino. “Da allora le cose sono gradualmente peggiorate, perché i gruppi armati tengono la zona in ostaggio tramite il controllo della comunicazione, della vita economica e delle identità religiose degli abitanti” dice il missionario.
“Per questo, sono stati resi inutilizzabili i tralicci della telefonia mobile, le mine e i divieti di commercio hanno distrutto l’economia, basata sui mercati settimanali locali e la coltivazione dei campi. Infine in buona parte dei villaggi sono state vietate le preghiere comuni nelle chiese”.
I contadini del gruppo ‘Gourmanché’, frontalieri tra il Burkina Faso e il Niger, per resistere all’occupazione, hanno scelto due tipi di armi. La prima è quella della fede nel Dio che sanno essere presente anche, e soprattutto, in questo momento. Questa fiducia, che aiuta a vincere la quotidiana paura di essere rapiti, sgozzati o morire di stenti, si esprime soprattutto nella preghiera. Si prega nelle case e nei cortili, tra famiglie, e questo aiuta a resistere in altro modo che non attraverso le armi. Anche perché la seconda ‘arma’ usata dai contadini è quella, proverbiale, della pazienza, la fortezza che aiuta ad abitare l’attesa.
Per motivi di sicurezza, i preti responsabili del settore si trovano in ‘esilio’ nella capitale Niamey, ad oltre un centinaio di chilometri dalla regione in questione. Sono dunque loro, i laici formati in questi anni ad assumere le loro responsabilità, a tenere in vita le comunità. Si tratta di un segno forte e inequivocabile della fragile maturità delle comunità che sono nate e poi accompagnate in questi anni dai missionari. Una splendida lezione di maturità e di cammino non-violento da parte dei contadini che sanno, per esperienza, cosa significhi seminare e attendere la stagione del raccolto. Un’attesa che si chiama speranza.
(M.A. L.M.) (Agenzia Fides 15/3/2022)

ETIOPIA - “Se non eliminiamo la guerra, sarà lei a eliminare gli etiopici” avvertono i Vescovi

“Dal giorno stesso in cui è scoppiata la guerra, la Chiesa cattolica in Etiopia non è rimasta in silenzio. La Chiesa ha fatto continue dichiarazioni pubbliche denunciando la guerra, la perdita di vite umane, lo sfollamento, la distruzione di beni materiali e tutte le conseguenze della guerra”, afferma la Conferenza Episcopale dell’Etiopia in una dichiarazione inviata all’Agenzia Fides.
A chi lamentava il fatto che i Vescovi cattolici sarebbero rimasti silenti sul conflitto scoppiato nel Tigrai il 4 novembre 2020, i Presuli ricordano le loro dichiarazioni del 6 novembre 2020 (vedi Fides 6/11/2020), del 17 luglio 2021 (vedi Fides 26/7/2021) e del 16 dicembre 2021 (vedi Fides 23/12/2021).
La Chiesa cattolica in Etiopia è inoltre mobilitata, insieme alla Chiese sorelle in altre parti del mondo, a soccorrere le popolazioni colpite dalla guerra negli Stati di “Tigrai, Amhara, Oromia, Afar e Benishangul Gumuz con generi alimentati e di prima necessità”.
“Come Vescovi abbiamo espresso più volte di avere il cuore spezzato nel vedere la popolazione soffrire, lasciata senza cibo” sottolineano. “I Vescovi assicurano le loro preghiere e rinnovano il loro appello alla protezione dei diritti naturali e della dignità di ogni essere umano”.
“Se la guerra non viene eliminata dalla storia etiope da noi etiopi, sarà la guerra a cacciare noi etiopi dalla storia” avvertono i Vescovi, che rinnovano l’appello “a tutte le parti coinvolte nel conflitto nel nostro Paese affinché abbandonino le armi e inizino un’autentica dialogo nell’interesse della popolazione per consentirle di vivere in pace”.
Il conflitto etiopico continua come ha denunciato il 7 marzo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, che ha affermato di “continuare a ricevere segnalazioni di violazioni gravi e su larga scala dei diritti umani nel contesto del conflitto imperversante nelle regioni di Afar e Amhara, nonché nel Tigrai”. Secondo la Bachelet tra il 22 novembre e il 28 febbraio, più di 300 civili sono stati uccisi in una serie di bombardamenti aerei nel nord del Paese.
(L.M.) (Agenzia Fides 11/3/2022)

MYANMAR - i Mig bombardano chiese e conventi, cristiani in fuga
Una chiesa cattolica e un convento di suore hanno subito gravi danni dopo essere stati bombardati. Non è successo in Ucraina, ma in Myanmar, dove da oltre un anno imperversa un conflitto civile. Lo riporta AsiaNews, agenzia di informazione del Pime
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L’8 marzo la giunta militare birmana, che il primo febbraio del 2021 ha rovesciato il governo civile guidato da Aung San Suu Kyi, ha colpito con un attacco aereo la chiesa di Nostra Signora di Fatima nel villaggio di Saun Du La, danneggiandone il soffitto e le finestre.
Questa mattina ha invece bombardato il convento delle Suore della Riparazione, utilizzato come casa di riposo e ospedale dalle consorelle più anziane nel villaggio di Doungankha. La chiesa vicino al convento era stata bombardata il 6 giugno 2021.
Entrambi gli edifici si trovano vicino alla città di Demoso, in una regione a maggioranza cristiana dove le milizie anti-golpe delle Forze di difesa del popolo stanno combattendo contro le truppe del Tatmadaw, l’esercito birmano.
Come in Ucraina, anche in questo caso l’attacco è stato condotto al preciso scopo di terrorizzare la popolazione civile: “In quella zona non c’era nessun conflitto armato in corso. È stato un attacco pianificato contro la chiesa e i civili innocenti”, ha detto un sacerdote.
I militari birmani, sostenuti con armamenti dal presidente russo Vladimir Putin, utilizzano contro la popolazione anche gli stessi velivoli dispiegati in Ucraina: gli M-24 e i Sukhoi 30 di produzione russa.
E come per la guerra in Ucraina, le forze anti-golpe stanno chiedendo un divieto alla vendita di petrolio alla giunta militare birmana: “Senza carburante l’esercito non può usare l’aviazione”, ha dichiarato Zin Mar Aung, ministra degli Esteri del Governo di unità nazionale formato da ex deputati della Lega nazionale per la democrazia (il partito di Aung San Suu Kyi) ora in esilio. “Se i loro jet non possono volare, non possono bombardare. È molto semplice”.
Nella diocesi di Loikaw, nello Stato orientale del Kayah, la giunta militare ha colpito almeno otto chiese negli attacchi aerei, ignorando gli appelli dei vescovi di risparmiare i civili che cercano riparo nei luoghi di culto. Almeno 16 parrocchie su 38 sono state bombardate, costringendo le suore e i sacerdoti a fuggire.
L’ultimo rapporto dell’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni unite uscito a inizio mese stima che il conflitto abbia finora generato oltre 500mila sfollati interni, con un aumento di 50mila persone solo nell’ultima settimana. A Loikaw, capoluogo dello Stato Kayah, e nella vicina Demoso, almeno 100 abitazioni sono state incendiate.

Un fondo per aiutare le Chiese locali del Myanmar
Di fronte a questa situazione la Fondazione Pime ha deciso di aprire il Fondo S145 Emergenza Myanmar, per sostenere le iniziative delle Chiese locali, molte delle quali fondate proprio dai missionari del Pime prima dell’espulsione dei missionari stranieri nel 1966.

SIRIA – Cardinal Zenari: dopo 11 anni di guerra in Siria siamo caduti nell’oblio
Il 15 marzo del 2011 segna l’inizio della guerra in Siria.

Case distrutte, mancanza di cibo, di acqua e di medicine, violenze, saccheggi, persone in fuga. In Siria dopo 11 anni il conflitto non è finito, ma di questa guerra ormai non si parla quasi più, come di molte altre. Questo Paese, dove molte città rimangono cumuli di macerie, piange mezzo milione di morti e vede oltre 11 milioni e mezzo di sfollati interni ed esterni.
“Non lasciate morire la speranza” è l’invocazione senza sosta del nunzio a Damasco, cardinale Mario Zenari, mentre il Paese esce “dai radar dei media” entrando in una sorta “di oblio”.

Eminenza, sono 11 anni che si combatte in Siria. Per lei cosa significa questo drammatico anniversario?

È un triste anniversario, anzitutto perché la guerra non è ancora terminata e inoltre perché da un paio di anni a questa parte la Siria sembra essere sparita dai radar dei media. Ne hanno preso il posto, prima la crisi libanese, poi il covid-19, ed ora la guerra in Ucraina.
I morti di questa guerra sono circa mezzo milione, i rifugiati fuggiti circa 5,5 milioni a cui si aggiungono altri 6 milioni di sfollati interni.

Lei continua a ripetere con forza: “Non lasciate morire la speranza”. Cosa serve per evitare che questo accada?

Purtroppo, la speranza se ne è andata dal cuore di tanta gente e in particolare dal cuore dei giovani, che non vedono futuro nel loro Paese e cercano di emigrare. E una Nazione senza giovani, per di più qualificati, è una Nazione senza futuro. Quella siriana rimane tuttora la più grave catastrofe umanitaria provocata dall’uomo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Non si vedono ancora segni di ricostruzione e di avvio economico. Per di più, le sanzioni pesano su tutto questo. Il processo di pace, secondo quanto prevedeva la Risoluzione 2254 dell’Onu, è bloccato. Solo la povertà avanza a grandi passi. La gente parla ora di guerra economica.

Oltre il 60 per cento della popolazione è colpita dall’insicurezza alimentare. Come aiutare?

Scarseggia il pane e ora, con la guerra in Ucraina, anche la farina, oltre ad altri beni di prima necessità.

In questo contesto continua anche la fuga dei cristiani...

In questi anni di guerra più della metà, e forse due terzi, dei cristiani hanno lasciato la Siria. In questi conflitti i gruppi minoritari costituiscono l’anello più debole della catena. È una ferita insanabile per queste Chiese Orientali sui iuris, ma è anche un grave danno per la stessa società siriana. I cristiani, presenti in Medio Oriente da due mila anni, hanno dato un notevole contributo allo sviluppo del loro Paese, soprattutto nei settori dell’educazione e della salute, con scuole e ospedali assai efficienti e stimati. La presenza dei cristiani potrebbe essere paragonata, per la stessa società siriana, ad una finestra aperta sul mondo. I cristiani hanno, in genere, una mentalità aperta e tollerante. Ad ogni famiglia cristiana che emigra, la finestra si chiude progressivamente.

Come viene vista dalla Siria la guerra in Ucraina?

La gente, in genere, non osa esprimersi. Mi unisco al reiterato e forte ammonimento di Papa Francesco a far tacere le armi e a fermare il massacro. Mi sembra che anche la martoriata Siria capisca bene, per esperienza, questo pressante appello.
(RV 2022 03 15 Massimiliano Menichetti)

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