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2022 05 11 Drammatico reportage. ARMENI: nessuno dice o fa niente sullo ‘strangolamento’ e la pulizia etnica del primo popolo cristiano della storia

Fonte:
CulturaCattolica.it
NICARAGUA - il pugno di ferro di Ortega. Sacerdoti ostili trattati come «golpisti»
NIGERIA - attacco a un villaggio cristiano, 8 morti MYANMAR - L’ultimo attacco della giunta costringe migliaia di cristiani Karen a fuggire

MEOTTI - Drammatico reportage. ARMENI: nessuno dice o fa niente sullo ‘strangolamento’ e la pulizia etnica del primo popolo cristiano della storia

NICARAGUA - il pugno di ferro di Ortega. Sacerdoti ostili trattati come «golpisti»

Il Parlamento, controllato dal governo, ha «invitato la giustizia» a processare preti e vescovi critici. «Hanno fomentato le proteste del 2018». Tagliati i fondi all’Università Uca dei gesuiti

«Sobillatori» che, nei loro sermoni, diffondono «l’odio e la rabbia» nei confronti del governo. «Complici del colpo di stato»: per questo «meritano di essere processati» mentre «le loro comunità e associazioni dovrebbero essere oggetto di indagini approfondite». L’oggetto del violento j’accuse del Parlamento nicaraguense – sotto il controllo del presidente Daniel Ortega – sono i sacerdoti, i vescovi e l’intera Chiesa cattolica. In un testo, appena approvato, l’Assemblea nazionale ha “invitato” la giustizia a mettere sotto inchiesta il clero per aver dato protezione ai manifestanti pacifici durante la repressione delle proteste del 2018. La cosiddetta “rivolta d’aprile” fu stroncata nel giro di qualche mese dal pugno di ferro orteguista. Nel sangue. La Commissione interamericana per i diritti umani parla di almeno 350 vittime. A partire da allora, centinaia di persone sono state arrestate in cicliche retate e condannate a lunghe pene. Tuttora, in carcere ci sono 170 prigionieri per ragioni politiche. Tra loro, i sette aspiranti candidati alle presidenziali dello scorso novembre, vinte senza reale opposizione da Ortega per la quarta volta, di cui la terza consecutiva. Di tutto questo, però, il rapporto del Parlamento non fa menzione. Al contrario, l’esecutivo viene presentato come bersaglio di un intento di destabilizzazione feroce, in cui rimasero uccisi numerosi sostenitori. I familiari di questi ultimi «hanno chiesto pene più severe nei confronti degli ecclesiastici e direttori di organizzazioni per i diritti umani che si sono lanciati nell’avventura golpista».
I deputati, pertanto, sono già all’opera per modificare il codice penale. Il testo dell’Assemblea è l’ultimo di una serie di attacchi di Ortega – che, come la moglie e vicepresidente Rosario Murillo si dichiara cattolico praticante – verso la Chiesa, l’unico spazio di libertà rimasto in un contesto sempre più restrittivo. Più volte la coppia ha pronunciato incendiarie dichiarazioni contro preti e vescovi «golpisti». A marzo c’è stata l’espulsione del nunzio, Waldemar Stanislaw Sommertag, protagonista di due intenti di dialogo tra il governo e l’opposizione. Poi c’è stato il taglio dei fondi all’Università centroamericana di Managua (Uca) dei gesuiti.
Con la recente riforma della legge per l’educazione, l’ateneo viene classificato come «privato» e pertanto escluso dai contributi pubblici che consentivano di elargire centinaia di borse di studio. (…) (Avvenire Lucia Capuzzi sabato 7 maggio 2022)

NIGERIA - attacco a un villaggio cristiano, 8 morti

Nell’ultimo di numerosi attacchi degli estremisti islamici alle comunità cristiane nella contea di Chibok, nello stato di Borno, i militanti dell’ISWAP hanno preso d’assalto la città prevalentemente cristiana di Kautikari intorno alle 18. I militanti non solo hanno sparato e ucciso gli abitanti del villaggio, ma hanno anche saccheggiato proprietà e distrutto molte case, secondo i residenti della zona.
Centinaia di residenti sono stati costretti a fuggire dalla zona per sfuggire alla violenza e allo spargimento di sangue.
Musa Nkeki, residente nell’area, ha detto ai media che questo è stato il secondo attacco nell’area di Chibok in meno di un mese, poiché i terroristi dell’ISWAP il 18 aprile hanno attaccato il villaggio di Yimirmugza, rapendo sei cristiani.
“ Hanno sparato sporadicamente a chiunque fosse in vista, costringendo così tutti i residenti cristiani a fuggire per salvarsi la vita”, ha detto Nkeki. “ Alla fine dell’attacco, i terroristi hanno ucciso un cristiano di nome Godwin Isa’ac e rapito sei ragazze”.
L’anno scorso, la Nigeria si è guadagnata il titolo di peggior paese per la persecuzione dei cristiani (Persecutor of the Year 2021 della CPI) . Militanti islamici radicalizzati e armati Fulani hanno ucciso decine di migliaia di cristiani e lasciato più di 3 milioni di sfollati in un genocidio durato 20 anni. 10/05/2022 Nigeria (International Christian Concern)

MYANMAR - L’ultimo attacco della giunta costringe migliaia di cristiani Karen a fuggire

Nelle ultime settimane, gli stati di Sagaing, Chin, Karen sud-orientale e Mon continuano a vedere un’escalation dei combattimenti tra il Tatmadaw e i gruppi di difesa locali. Proprio lo scorso fine settimana, più di 12.000 persone di etnia Karen negli stati Karen e Mon sudorientali del Myanmar sono state costrette a fuggire dalle loro case mentre la giunta continuava i suoi attacchi aerei e colpi di mortaio.
Secondo David Eubank, fondatore dei Free Burma Rangers, un gruppo che ha servito per decenni l’etnia prevalentemente cristiana Karen, le famiglie si nascondono nelle caverne mentre le loro case bruciano mentre gli attacchi aerei militari e gli attacchi di mortaio continuano. Al 3 maggio, circa 8.000 abitanti del villaggio di Karen si nascondono nell’area di Bilin, nello stato di Mon. Ha detto che gli attacchi aerei militari hanno causato lo sfollamento di 12.000 persone nel periodo dal 29 aprile al 1° maggio.
Almeno 150.000 persone sono già sfollate nel solo stato di Karen e hanno un disperato bisogno di cibo, medicine e riparo, secondo i gruppi di aiuto.
I dati delle Nazioni Unite di aprile mostrano che il conflitto in corso ha causato lo sfollamento di oltre 566.100 persone, con altre 34.500 persone che hanno cercato rifugio oltre confine in India e 1.600 in Thailandia.
08/05/2022 Myanmar (International Christian Concern) –

Assolutamente da segnalare il lavoro del giornalista Giulio Meotti https://meotti.substack.com/
segnala costantemente notizie totalmente censurate dai media

“Come se il genocidio non fosse avvenuto, la via della croce del popolo armeno continua”
Drammatico reportage. “Per l’Europa, i nostri carnefici azeri sono un partner energetico. Nessuno dice o fa niente sullo ‘strangolamento’ e la pulizia etnica del primo popolo cristiano della storia”

“L’Italia può ottenere il doppio del gas che riceve”, annunciava ieri con toni trionfalistici il dittatore azero Ilham Aliyev, come se avesse già in pugno il nostro paese. Dal mensile francese Valeurs Actuelles pubblico un magnifico reportage sul “calvario armeno”. L’indifferenza delle classi dirigenti europee su quello che accade in Armenia è totale. I loro (e i nostri) nemici lo sentono, si sentono abbastanza forti da vandalizzare il monumento al genocidio armeno a Bruxelles. L’Europa teme il potere di Erdogan (Mario Draghi non lo aveva definito “dittatore”?) che ha dichiarato guerra alla civiltà giudaico-cristiana e minaccia l’Europa se non obbedisce ai suoi dettami. Contro gli armeni è stata dichiarata una guerra di civiltà come intuì già Samuel Huntington nel suo “Lo scontro delle civiltà”. L’Armenia è il punto di rottura della tettonica a placche di civiltà tra l’Occidente giudeo-cristiano e l’Oriente musulmano. L’Armenia cristiana è circondata da paesi islamici: l’Azerbaigian, l’Iran e la Turchia. La posizione geografica dell’Armenia è dunque anche spirituale, accerchiata da un Islam che dall’Egira conquista ovunque si muova sul pianeta. Il genocidio di un milione di armeni non può essere compreso fuori da questa prospettiva ed è la matrice di tutti quelli che seguiranno: distruzione di massa di un popolo, arresti, deportazioni in carri bestiame, esecuzioni, impiccagioni, città rase al suolo, villaggi bruciati, raccolti distrutti, lavoro forzato, cadaveri abbandonati, vivi gettati nei pozzi e annegati, sacerdoti denudati per le strade, mutilazioni sessuali in quantità, gole tagliate in quantità e donne inviate negli harem. Il console tedesco Kuckhoff scrisse in un rapporto il 4 luglio 1915: “Non è altro che la distruzione e l’islamizzazione di un intero popolo”. Sarà per questo che, ancora oggi, l’Europa si rifiuta di difendere gli Armeni? Se l’Italia e l’Europa non prenderanno l’iniziativa di aiutare gli Armeni soli e orgogliosi, allora gli Armeni sono morti, ma anche noi subito dopo, perché significa che il tempo è giunto per la nostra fine programmata come civiltà.
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Il calvario dimenticato degli Armeni del Karabakh
Nel reparto di maternità dell’ospedale di Chouchi, una madre abbraccia il suo bambino per riscaldarlo in una stanza che non raggiunge i 14 gradi. Come tutti gli abitanti della repubblica indipendentista, affronta un altro vecchio nemico: il freddo. Per diverse settimane, quando le temperature esterne erano sotto lo zero, la popolazione ha vissuto senza gas, principale fonte di riscaldamento della regione a causa del sabotaggio dell’unico gasdotto che rifornisce il Nagorno-Karabakh. L’esercito azero continua con tutti i mezzi la sua pressione per riprendere il controllo di una provincia che, secondo il diritto internazionale, appartiene all’Azerbaigian. Nonostante le varie mediazioni, è stato solo il 19 marzo che il gasdotto ha potuto essere finalmente riparato. Ma gli azeri hanno installato una valvola che ora consente loro di interrompere l’erogazione del gas come desiderano. Questo rende insopportabile la vita degli abitanti.
A più di un anno dal cessate il fuoco che dovrebbe porre fine alle ostilità tra Azerbaigian e Armenia per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh, le forze di Baku stanno approfittando del conflitto in Ucraina per moltiplicare gli incidenti e lo scontro.
Questo episodio è solo un esempio tra i tanti del calvario subito dagli armeni dalla fine di una guerra che ha ucciso più di 6.500 persone. Senza riscaldamento, le scuole sono chiuse e i servizi sanitari indigenti. ‘Siamo sull’orlo di una crisi umanitaria, l’Azerbaigian mantiene una politica di forte pressione’, spiega Hovhannès Guévorkian, rappresentante dell’Artsakh in Francia, ambasciatore di fatto dell’autoproclamata repubblica armena. Tra intimidazioni quotidiane, minacce, sfollamenti forzati, l’Azerbaigian spinge al limite gli armeni.
Al di là di una lotta per il controllo del territorio, Baku sta facendo di tutto per svuotarlo dei suoi abitanti armeni. ‘Distruggono sistematicamente i cimiteri, le chiese, per cancellare ogni presenza armena nella regione’, osserva Hovhannès Guévorkian. Mentre il presidente dell’Azerbaigian Aliyev, nel novembre 2020, ha affermato di voler ‘dare la caccia agli armeni come cani’, l’esercito continua ad annunciare attraverso gli altoparlanti alla popolazione armena falsi attacchi e minacce di morte.
‘È un conflitto territoriale, ma anche un progetto molto chiaro di pulizia etnica da parte dell’Azerbaigian, che non solo vuole occupare questa enclave, ma anche farla sparire da ogni legame con il popolo armeno’, spiega François-Xavier Bellamy. Il deputato europeo, molto impegnato nella difesa della causa armena, ha lavorato alla stesura di una risoluzione di emergenza per la tutela del patrimonio in Armenia. Nel Nagorno-Karabakh, gli azeri intraprendono un’azione di distruzione deliberata del patrimonio culturale e religioso.

Il monumento al genocidio armeno appena vandalizzato a Bruxelles
Per Jean-Christophe Buisson, vicedirettore della rivista Figaro Magazine, che ha seguito il conflitto, l’atteggiamento delle autorità azere mostra il desiderio di disumanizzare la popolazione. ‘Con il pretesto dell’appropriazione culturale da parte degli armeni di una provincia ufficialmente azera, gli azeri mirano effettivamente a sradicare ogni traccia di armeni nella regione, siamo agli inizi di una vera e propria pulizia etnica, con la tecnica del ‘terrore dolce’’.
Mentre le forze azere, segretamente sostenute dalla Turchia, continuano ad avanzare nei territori oltre il confine stabilito dal cessate il fuoco, la regione è tutt’altro che tornata alla calma. A marzo, la Russia, promotrice dell’accordo tra i belligeranti, ha denunciato la violazione del cessate il fuoco da parte dell’Azerbaigian. In alcune parti del territorio vengono lanciati attacchi sporadici.
Questa è la tecnica dell’’invasione strisciante’. L’Azerbaigian avanza nell’Artsakh, costringendo gli abitanti dei piccoli villaggi a lasciare le loro terre. Poche settimane fa, le forze azere hanno occupato due villaggi oltre il confine stabilito dall’accordo di cessate il fuoco. Anche se la Russia è intervenuta per riprenderne il controllo, gli azeri restano comunque presenti nella regione, impedendo agli abitanti evacuati di tornare alle loro case.
Con tutti gli occhi puntati sulla guerra in Ucraina, la comunità internazionale ha un motivo in più per distogliere lo sguardo dal conflitto in Nagorno-Karabakh. Hovhannès Guévorkian protesta contro questa inazione. Oggi, l’unica protezione a disposizione degli armeni del Nagorno-Karabakh spetta alla Russia. E il conflitto russo-ucraino ha un doppio effetto sulla situazione ad Artsakh. In primo luogo, la guerra in Ucraina ha costretto Mosca a dimezzare la sua forza. Fino ad allora, 4.000 uomini erano stati schierati per proteggere il Nagorno-Karabakh. Gli armeni temono la partenza dei soldati russi che sono gli unici a intervenire sul terreno. Poi l’Azerbaigian stringe il laccio, mentre l’Armenia si ritrova isolata, se non del tutto abbandonata, dalla comunità internazionale che non ha assunto una sola sanzione contro il regime di Baku, tanto meno contro la Turchia che lo arma e lo consiglia.
‘Non è pensabile che nella comunità internazionale mettiamo sullo stesso piano l’Azerbaigian, Paese totalitario riconosciuto come tale da diverse Ong, e un Paese che rispetta la democrazia’, protesta Hovhannès Guévorkian. Il diplomatico chiede il riconoscimento da parte della comunità internazionale della repubblica autonoma dell’Artsakh. ‘Si riconosce che un popolo ha il diritto all’autodeterminazione e a rivendicare l’autodeterminazione in questo caso è il Nagorno-Karabakh’, ricorda. Per Jean-Christophe Buisson, il calvario degli armeni sfinisce un popolo che si interroga sul proprio futuro: ‘Oggi nessuna madre vuole che suo figlio vada a morire per il Nagorno-Karabakh, la popolazione ha sofferto la guerra, c’è stato un vero spargimento di sangue tra i giovani che sono andati a combattere. Stanchi delle aggressioni quotidiane che devono affrontare, molti armeni del Nagorno-Karabakh stanno cominciando a perdere la speranza e stanno pensando di lasciare la regione’.
In Europa vengono prese rare iniziative per portare la voce degli armeni del Nagorno-Karabakh. L’eurodeputato François-Xavier Bellamy dice: ‘Il coraggio e la determinazione del popolo armeno sono un esempio per noi, non possiamo distogliere lo sguardo’. Bellamy ha chiesto l’invio di una missione Unesco nel Karabakh per la protezione dei Patrimonio culturale armeno. In Francia, la causa armena è difesa anche da molti funzionari eletti. Già nel 2020 i parlamentari del Senato e dell’Assemblea Nazionale hanno adottato una risoluzione chiedendo all’esecutivo di riconoscere la Repubblica del Nagorno-Karabakh, contro il parere del governo.
Hovhannès Guévorkian, rappresentante del Nagorno-Karabakh in Francia, protesta contro il doppio standard tra Azerbaigian e Armenia in Occidente. ‘È triste vedere che la comunità internazionale non si sta muovendo, anche che alcuni stati considerano l’Azerbaigian un normale partner economico’. Un’altra grande preoccupazione è che molti prigionieri di guerra sono detenuti dall’Azerbaigian, compresi i civili. Nonostante le affermazioni fatte dall’Armenia, Baku si rifiuta di rilasciarli.
Ma che dire del futuro di questa regione? Per Hovhannes Gévorkian, l’unica speranza dell’Artsakh è un risveglio della comunità internazionale, senza il quale l’Azerbaigian continuerà la sua politica di spopolamento delle comunità armene della regione, dove la piccola repubblica ha già perso più di 100.000 abitanti dalla sconfitta del 2020. ‘Il futuro di Artsakh non è stato discusso a Bruxelles, non è una loro preoccupazione’, afferma Hovhannès Guévorkian. ‘La guerra ha cambiato profondamente la situazione, molti giovani armeni sono stati sacrificati durante i quarantaquattro giorni di guerra del 2020’, aggiunge Jean-Christophe Buisson.
Come se il genocidio del 1915 non fosse avvenuto, la lunga via della croce del popolo armeno continua.

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