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2022 06 22 Il Papa: non dimentichiamo il dramma della Siria e i cristiani in Medio Oriente

Fonte:
CulturaCattolica.it
NIGERIA - Nuovo massacro di fedeli durante la messa in Nigeria MESSICO - Due gesuiti e un altro uomo uccisi in una chiesa in Messico PAKISTAN - Confermata in appello la pena di morte per due cristiani accusati di blasfemia

Meotti:
- Neanche 80 morti in chiesa hanno smosso l’Occidente sulla persecuzione dei cristiani
- In Arabia Saudita e in Qatar: perseguitati per aver indossato la croce o essere fieri di essere cristiani
- FRANCIA: Inchiesta devastante sul medico assassinato davanti a una scuola cattolica

Il Papa: non dimentichiamo il dramma della Siria e i cristiani in Medio Oriente

Torna ancora a parlare della guerra in Siria Francesco. Lo fa nella biblioteca del Palazzo Apostolico, incontrando i membri del Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale di Antiochia dei Greco-Melkiti, che ha scelto Roma per il suo incontro annuale. E non dimentica, il Pontefice, i cristiani del Medio Oriente, preoccupato, come i presuli greco melkiti, della loro sopravvivenza.

Il pensiero per l’amata e martoriata Siria
Il Papa ricorda la veglia di preghiera per la pace sul sagrato della Basilica Vaticana del 7 settembre 2013, nel primo anno del suo pontificato, quando nacque l’espressione “amata e martoriata Siria”, e rivolge il suo pensiero alle “migliaia di morti e feriti”, ai “milioni di rifugiati interni e all’estero”, considerando inoltre “l’impossibilità di avviare la necessaria ricostruzione”. Confida di essere rimasto colpito dai racconti di quei giovani siriani arrivati in Italia, che portano dentro di sé il dramma di quanto hanno vissuto e visto, e dallo “sguardo, quasi prosciugato di speranza, incapace di sognare un futuro” per la propria terra.
Non possiamo permettere che anche l’ultima scintilla di speranza sia tolta dagli occhi e dai cuori dei giovani e delle famiglie! E rinnovo quindi l’appello a tutti coloro che hanno responsabilità, dentro il Paese e nella Comunità internazionale, perché si possa giungere ad una equa e giusta soluzione al dramma della Siria.

NIGERIA - Nuovo massacro di fedeli durante la messa in Nigeria

Almeno tre morti e una quarantina di persone rapite. È il bilancio dell’assalto contro i fedeli della chiesa cattolica di St. Moses, Robuh, Ungwan Aku nell’area del governo locale di Kajuru, nello stato di Kaduna, avvenuto ieri, domenica 19 giugno. Il commando terroristico composto da diversi uomini armati ha assalito i fedeli durante la Messa del mattino sparando a casaccio.
Nel corso della sparatoria, tre persone sono rimaste uccise mentre altre hanno riportato ferite di diversa gravità e sono state tutte portate d’urgenza in ospedale. Una quarantina di persone mancano all’appello e si ritiene che siano state rapite dai banditi.
Secondo fonti ufficiali, il commando è giunto in moto ed ha preso d’assalto diversi villaggi, a partire da Ungwan Fada. Nel villaggio di Robuh, il commando ha attaccato i fedeli nella chiesa battista di Maranatha e nella chiesa cattolica di San Mosè.
Il villaggio di Robuh era già stato assalito il 5 gennaio di quest’anno e il 27 aprile 2020. Per questo motivo sia i fedeli della chiesa cattolica sia di quella metodista avevano deciso di tenere le loro funzioni religiose domenicali alle 7 del mattino, in modo da permettere ai partecipanti di ritornare al più presto a casa. Ma questa volta gli assalitori sono intervenuti proprio poco dopo le 7 del mattino andando a colpire durante le due funzioni religiose. I parenti delle persone rapite attendono ora la richiesta di riscatto per potere riabbracciare i propri cari, sovente al prezzo di dovere vendere tutti i propri averi. (L.M.) (Agenzia Fides 20/6/2022)


MESSICO - Due gesuiti e un altro uomo uccisi in una chiesa in Messico
I due religiosi, Javier Campos e Joaquín Mora, sono stati assassinati il 20 giugno da un uomo armato mentre cercavano di proteggere una persona. Al momento non è stata rivelata l’identità della terza vittima

Secondo le prime ricostruzioni un uomo, inseguito, avrebbe cercato di rifugiarsi nella parrocchia. Padre Campos e padre Mora hanno cercato di proteggerlo. Una persona armata ha poi fatto irruzione nell’edificio di culto e ha aperto il fuoco. In seguito alla sparatoria sono rimasti uccisi i due religiosi e un’altra persona. Al momento, non è stata ancora resa nota l’identità della terza vittima. (2022 06 21 RV Amedeo Lomonaco)

PAKISTAN - Confermata in appello la pena di morte per due cristiani accusati di blasfemia sul web

L’Alta Corte di Lahore, nella sua sezione di Rawalpindi, ha confermato la condanna a morte già comminata in primo grado a due fratelli cristiani, Qaiser Ayub e Amoon Ayub, in un caso di accusa di blasfemia. Entrambi i fratelli sono in carcere dal 2011, quando la polizia ha registrato una causa contro di loro su denuncia di un imam musulmano. I due sono stati incriminati per aver compiuto vilipendio verso il Profeta Maometto, secondo l’articolo 295 comma C del Codice Penale del Pakistan.
Come appreso da Fides, nella sentenza di appello emessa l’8 giugno scorso, l’Alta Corte ha confermato la pena capitale per i due, accusati di aver pubblicato materiale blasfemo su Internet. Nel giugno 2011, un uomo musulmano ha informato la polizia che stava navigando in Internet quando si è imbattuto in un blog contenente materiale blasfemo contro l’Islam. Il blog conteneva anche il nome, il numero di telefono, l’indirizzo e-mail e l’indirizzo del presunto autore. Il nome indicato era Qaiser Ayub, il maggiore dei due fratelli cristiani.
La polizia ha sporto denuncia contro i due fratelli e li ha arrestati. Amoon è stato arrestato perché il numero di telefono e l’indirizzo dell’ufficio riportati sul blog erano registrati a suo nome. Nessuna delle informazioni disponibili, tuttavia, prova che i due fratelli abbiano effettivamente creato o pubblicato il materiale sul sito web.
Il Tribunale di primo grado ha condannato entrambi i fratelli nel dicembre 2018, argomentando che la presenza dei dati di contatto dei fratelli Ayub sul sito web blasfemo, e l’assenza di qualsiasi tentativo da parte loro di rivolgersi all’amministratore del sito web per rimuovere le loro informazioni di contatto, portavano chiaramente a concludere che essi erano responsabili della creazione del sito Internet. Tuttavia, come affermano gli avvocati dell’European Center for Law and Justice (ECLJ), queste sono solo congetture, dato che chiunque può creare un sito web e pubblicare il nome e l’indirizzo di chiunque.
Il Tribunale di primo grado ha ignorato la testimonianza dei fratelli Ayub secondo i quali, prima che il blog venisse pubblicato, era scoppiata una lite con alcuni amici musulmani. Amoon crede che gli amici musulmani di suo fratello abbiano creato il sito Internet utilizzando le informazioni di contatto dei due cristiani per rappresaglia, con lo scopo di incastrarli e danneggiarli.
Il 28 febbraio 2022 l’Alta Corte ha aperto il ricorso in appello. Gli avvocati hanno sottolineato alla Corte la mancanza di prove che i due abbiano scritto o pubblicato alcun post sul blog. E il Dipartimento per i crimini informatici afferma che non è stato possibile trovare informazioni su chi ha creato il blog.
Secondo la giurisprudenza, in tali casi una persona può essere condannata solo se si prova in modo inequivocabile che il telefono, il mezzo informatico o il sito Internet siano stati effettivamente utilizzati dalla persona accusata. L’Alta Corte, tuttavia, ha ignorato queste argomentazioni e la giurisprudenza pertinente e ha confermato la pena capitale condannato per i due fratelli. “Questo è un altro passo indietro per il Pakistan, dove le minoranze religiose vengono imprigionate e uccise a causa di false accuse di blasfemia da oltre tre decenni”, rileva una nota inviata a Fides dell’European Center for Law and Justice (ECLJ). Di fronte un caso di cristiani ingiustamente condannati alla pena capitale per blasfemia, l’ECLJ sta preparando un ricorso per presentare il caso alla Corte Suprema del Pakistan.
(Agenzia Fides 18/6/2022)

Segnalo qualche parte di tre articoli del giornalista Giulio Meotti https://meotti.substack.com/
Per il testo completo vale la pena di abbonarsi perché segnala costantemente notizie totalmente censurate dai media

Neanche 80 morti in chiesa hanno smosso l’Occidente sulla persecuzione dei cristiani
Da chi accusa il cambiamento climatico al governo italiano silente, intervista a Nina Shea. “Il mainstream tace sull’Islam. Nessuno protegge i cristiani. Per l’Onu l’urgenza è l’orientamento sessuale”


Se il Regno Unito è “inorridito” dall’attacco a una chiesa cattolica in Nigeria che ha avuto luogo domenica, il presidente d’Irlanda (paese ex cattolico), Michael Higgins, è l’emblema dell’utile idiota: “Il fatto che un simile attacco sia stato compiuto in un luogo di culto è fonte di particolare condanna, come ogni tentativo di capro espiatorio dei pastori che sono tra le prime vittime delle conseguenze del cambiamento climatico”, il comunicato incredibile pubblicato sul sito del presidente irlandese. “La solidarietà di tutti noi è dovuta a coloro che sono stati colpiti non solo da questo evento orribile, ma anche dalle conseguenze del cambiamento climatico”. Dunque i terroristi musulmani responsabili della strage sarebbero anch’essi vittime (lo Stato Islamico secondo Reuters è il principale indiziato). Benvenuti nella distorta logica della politica europea in piena decadenza morale e spirituale.

I vertici italiani non hanno detto niente sulla strage. Non una parola dal presidente Sergio Mattarella (se ha parlato, pur goffamente, Higgins, perché non poteva venire una parola dal Quirinale?). Non una parola dal premier Draghi, né dal ministro degli Esteri Di Maio o da qualche altro membro del governo. Nulla dalla Casa Bianca di Joe Biden. Niente dal Parlamento Europeo.

L’eurodeputato François-Xavier Bellamy ieri ha preso la parola a Strasburgo per denunciare il silenzio dei colleghi: “Quando capiremo che l’Europa ha il dovere di proteggere i cristiani perseguitati in tutto il mondo? Quelli della Nigeria, dell’Iraq, della Siria, dell’India, del Pakistan, della Cina…L’Europa deve tanto alla fede cristiana”. (…)

Inizialmente si era parlato di 50 morti in chiesa, ma la ABC ha rivisto la conta dei morti: 80 cristiani nel più grande massacro all’interno di una chiesa.

Ne parlo in esclusiva per la newsletter con Nina Shea, una delle massime esperte americane di libertà religiosa, autrice di Silenced: How Apostasy and Blasphemy Codes are Choking Freedom Worldwide e che lavora all’Hudson Institute dell’Università di Stanford.

A cosa stiamo assistendo in Nigeria? Un genocidio cristiano?

L’esperto del Council on Foreign Relations ha descritto l’attacco della chiesa il giorno di Pentecoste come parte della violenza comunitaria. Questo insinua che l’attacco alla chiesa sia stato in qualche modo provocato. Non lo era. Era una congregazione innocente in una zona pacifica. Questa narrazione di una violenza comunitaria è una tattica ben consueta usata anche dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti per manipolare l’opinione internazionale, evitare di ritrarre i cristiani come vittime di persecuzioni e distogliere l’attenzione dalla vera crisi dell’estremismo islamico che infetta la società e si diffonde. Per giustificare gli attacchi anti-cristiani si usa la violenza comunitaria causata dal cambiamento climatico. Significa che non esiste una soluzione politica. Vari gruppi islamisti sono attivi in Nigeria e tutti attaccano e uccidono i cristiani. Coloro che sono affiliati all’Isis o vogliono esserlo hanno sicuramente una intenzione di genocidio e il governo degli Stati Uniti ha designato che l’Isis come responsabile del genocidio contro i cristiani. Altri possono far parte di bande criminali che collaborano con i gruppi terroristici, quindi anche loro sono colpevoli. Alcuni sopravvissuti all’attacco alla chiesa, che è stato un’aggressione coordinata, affermano che gli autori erano membri militanti dei Fulani. Ci sono molte notizie di pastori militanti Fulani che massacrano cristiani nel nord. Vedo prove evidenti di intenti genocidi nei casi del nord. Una domanda chiave è: la Nigeria è responsabile del genocidio? La sua risposta passiva a tali attacchi - non riuscendo a proteggere i cristiani e a perseguire gli assassini - è inspiegabile. Ha permesso la diffusione dell’assalto anticristiano su larga scala, a volte su interi villaggi. Nel frattempo non c’è stata giustizia nel linciaggio di una giovane ragazza per presunta blasfemia contro l’Islam. Questi e centinaia di altri attacchi simili sono segni dell’indifferenza o dell’approvazione del governo e fanno presagire una guerra e pulizia religiosa contro i cristiani. Non c’è nessuno che li protegga. Questo è accaduto di recente in Iraq e ha quasi distrutto quella Chiesa: oggi è una frazione delle sue dimensioni precedenti. (…)

Perseguitati per aver indossato la croce o essere fieri di essere cristiani

In Arabia Saudita e in Qatar rischi la vita. In Inghilterra operai, infermiere, insegnanti, cancellieri e giudici perdono il lavoro per aver portato i simboli cristiani o non aver rinnegato la fede

“Regole per viaggiare alla Coppa del mondo in Qatar”. Il Telegraph ci informa che “il Qatar è un paese islamico e ci sono regole rigide sulle importazioni. Il vostro bagaglio non deve contenere alcol, droghe, materiale pornografico, prodotti a base di carne di maiale e libri religiosi non islamici…”. Ovvero, Bibbia, crocifissi e altri simboli cristiani. In Arabia Saudita il loro possesso può essere sanzionato con la pena di morte.

Ma la libertà religiosa e di coscienza è sotto attacco ovunque anche in Occidente. La Yeshiva University, la più grande università ebraica di New York, è stata appena ordinata da un giudice di accogliere un club Lgbt, racconta il New York Times. In Europa è in Inghilterra che l’attacco è più forte.

Jevgenijs Kovalkovs sentiva che indossare una catenina con un crocifisso significava il suo “impegno per la sua fede”. Questo operaio cristiano è stato licenziato per essersi rifiutato di togliersi la collana, racconta il Times. A Kovalkovs, un membro della Chiesa ortodossa, il datore di lavoro ha chiesto di toglierla e quando è stato visto indossarla di nuovo in fabbrica e si è rifiutato di rimuoverla è stato licenziato. Un tribunale ha ritenuto discriminatorio il licenziamento e lo ha indennizzato: 22.000 sterline. Così poco vale la nostra libertà religiosa.

Nei giorni scorsi, racconta la BBC, un insegnante di fede cristiana è stato costretto a dimettersi dalla scuola dove insegnava per aver criticato sui social la partecipazione dei bambini ai Pride arcobaleno. Il Telegraph racconta di un medico licenziato per essersi rifiutato di chiamare una donna transgender “she”, David Mackereth, cacciato dopo essersi rifiutato di rinunciare alla sua fede cristiana sul gender. Il cappellano del Trinity College di Cambridge, Bernard Randall, è stato licenziato per le critiche al gender introdotto nella sua università. Margaret Forrester, una cattolica che lavorava nei reparti di salute mentale del Servizio sanitario nazionale inglese, è stata licenziata per aver dato ai colleghi materiale su come l’aborto causa sofferenza fisica e psichica alle donne. Una dipendente di un asilo nido è stata licenziata per aver detto a una collega che l’omosessualità è peccato: Sarah Mbuyi è stata licenziata dall’asilo nido Newpark Childcare a ovest di Londra.

Dopo che le unioni civili tra persone dello stesso sesso sono state legalizzate, la cancelliera Lilian Ladele ha chiesto di non essere assegnata alle cause di unione civile. Chiedeva obiezione di coscienza per la sua fede cristiana, nel paese di Tommaso Moro. Il suo datore di lavoro, il London Borough of Islington, ha rifiutato. Un tribunale del lavoro ha ritenuto che fosse stata ingiustamente discriminata sulla base della sua fede cristiana. Ma il giudizio è stato successivamente ribaltato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. L’ex magistrato Richard Page è stato licenziato dopo essersi opposto a una domanda di adozione da parte di una coppia dello stesso sesso. Ha portato la questione in tribunale, dicendo di essere stato licenziato ingiustamente. E in appello ha perso. (…)

Mary Onuoha lavorava da vent’anni come infermiera al South London Hospital. Le avevano chiesto di rimuovere la croce, un regalo al suo battesimo nella natia Nigeria, dove 50 cristiani sono stati appena uccisi dentro una chiesa. Si è dimessa dopo essere stata discriminata. “Un attacco alla mia fede” racconta Mary al Mail on Sunday. “In questo ospedale ci sono membri del personale che vanno in moschea quattro volte al giorno e nessuno dice loro niente. Gli indù indossano braccialetti rossi e le donne musulmane l’hijab. Eppure, la mia piccola croce al collo era considerata così pericolosa che non mi era più permesso di fare il mio lavoro. Amavo il mio lavoro, ma non ero disposta a compromettere la mia fede per questo”. Anche l’infermiera Shirley Chaplin si è rifiutata di togliere la croce al collo. Chaplin, racconta il Telegraph, ha portato in tribunale il Royal Devon and Exeter NHS Trust Hospital, sostenendo che le sue convinzioni religiose sarebbero state “violate” e che le sue colleghe musulmane con l’hijab potevano portarlo in servizio. In quel caso i giudici si sono pronunciati a favore dell’ospedale. Nadia Eweida è stata licenziata dalla British Airways, per cui aveva lavorato per vent’anni, solo perché portava al collo una catenina con il crocifisso (ma i simboli islamici andavano benissimo). Anche lei ha perso davanti ai giudici.
Siamo di fronte alla “dittatura dell’inclusione”, (…)

“Una cicogna morta fa più notizia di un cristiano ucciso in nome di Allah”

Inchiesta devastante sul medico assassinato davanti a una scuola cattolica. “In Francia in due anni 44.000 vittime di accoltellamenti. Il silenzio di giornali e politici è ormai totale”
Sul caso atroce di Alban Gervaise chi segue la newsletter avrà letto l’unico articolo apparso in italiano. Ora esce una devastante inchiesta a firma Judith Waintraub pubblicata da Le Figaro, che traduco, in cui parla con i colleghi del medico assassinato con dodici coltellate davanti alla scuola dei figli “in nome di Allah”. L’articolo ha il ritmo e la profondità drammatiche necessarie per far capire quanto sta succedendo in Francia, il canarino della miniera europea. (…)
“Assassinio di Alban Gervaise, medico militare e cattolico: l’incredibile omertà”
di Judith Waintraub
Il 27 maggio un dispaccio dell’Agence France-Presse annunciava la morte di un “genitore durante un attacco con un coltello davanti a una scuola di Marsiglia”. L’Afp specificava che la vittima è un medico militare e che l’aggressore è “di nazionalità francese”, che ha detto di aver agito “in nome di Dio” e che “l’ipotesi terroristica è stata definitivamente esclusa dagli inquirenti”. Condoglianze del Ministro delle Forze Armate e del sindaco di Marsiglia compresi, il messaggio è lungo 225 parole. Pochi giorni dopo, l’Agence France-Presse ci racconta che le immagini di una cicogna aggredita da una cicogna hanno suscitato intensa emozione sui social. Alla cicogna l’Agence France-Presse dedica 352 parole...
L’Agence France-Presse alimenta i quotidiani regionali. La maggior parte ha tutt’al più menzionato il massacro di Alban Gervaise in poche righe sotto il titolo “notizie varie”. Con la notevole eccezione de L’Union, quotidiano delle Ardenne, che il 31 maggio ha pubblicato un editoriale dal titolo “Alban Gervaise, un nome che per voi non significa nulla”, per indignarsi per il trattamento mediatico riservato al suo assassinio.
Sulla stampa nazionale Le Figaro, Le Point e Valeurs Actuelles sono stati gli unici a trattare l’argomento per quello che è, un omicidio commesso in nome di Allah. Le Monde, Liberation e Le Parisien non hanno detto una parola al riguardo, né nelle loro edizioni cartacee né sul loro sito web. Nel resto della stampa, i grandi mezzi di comunicazione che se ne sono interessati sono Europe 1, Sud Radio e CNEWS.
Alban Gervaise è stato aggredito il 10 maggio, un mese e un giorno prima del primo turno delle elezioni legislative, quindi nel bel mezzo della campagna. Il contesto elettorale spiega perché la natura islamista, se non terroristica, dell’omicidio è stata così nascosta?
La moglie della vittima ha rifiutato qualsiasi copertura mediatica, per proteggere i suoi tre figli. (…)
Quando si tratta di discrezione, i politici non hanno nulla da invidiare ai media. A sinistra, il silenzio è stato quasi totale. Solo Julien Dray, ex deputato socialista, ha osato affermare pubblicamente che “volevamo nascondere le cose”. A destra, la senatrice Valérie Boyer è stata uno dei pochi a menzionare questa omertà. “Le parole non riescono a descrivere il dolore e la rabbia per l’annuncio dell’attacco con il coltello di Mohamed L. e per la morte di Alban Gervaise a Marsiglia”, ha scritto su Twitter. Il silenzio mediatico sulla morte di questo padre devoto rende la sua morte ancora più crudele.

Alban Gervaise era cattolico, un soldato ed è stato sgozzato davanti a una scuola cattolica”, elenca Valérie Boyer. Per la maggior parte dei media, questa non è la vittima “giusta”. (…)

2022 06 22 Il Papa: non dimentichiamo il dramma della Siria e i cristiani in Medio Oriente

NIGERIA - Nuovo massacro di fedeli durante la messa in Nigeria MESSICO - Due gesuiti e un altro uomo uccisi in una chiesa in Messico PAKISTAN - Confermata in appello la pena di morte per due cristiani accusati di blasfemia

Meotti:
- Neanche 80 morti in chiesa hanno smosso l’Occidente sulla persecuzione dei cristiani
- In Arabia Saudita e in Qatar: perseguitati per aver indossato la croce o essere fieri di essere cristiani
- FRANCIA: Inchiesta devastante sul medico assassinato davanti a una scuola cattolica
Fonte:
CulturaCattolica.it

Il Papa: non dimentichiamo il dramma della Siria e i cristiani in Medio Oriente

Torna ancora a parlare della guerra in Siria Francesco. Lo fa nella biblioteca del Palazzo Apostolico, incontrando i membri del Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale di Antiochia dei Greco-Melkiti, che ha scelto Roma per il suo incontro annuale. E non dimentica, il Pontefice, i cristiani del Medio Oriente, preoccupato, come i presuli greco melkiti, della loro sopravvivenza.

Il pensiero per l’amata e martoriata Siria
Il Papa ricorda la veglia di preghiera per la pace sul sagrato della Basilica Vaticana del 7 settembre 2013, nel primo anno del suo pontificato, quando nacque l’espressione “amata e martoriata Siria”, e rivolge il suo pensiero alle “migliaia di morti e feriti”, ai “milioni di rifugiati interni e all’estero”, considerando inoltre “l’impossibilità di avviare la necessaria ricostruzione”. Confida di essere rimasto colpito dai racconti di quei giovani siriani arrivati in Italia, che portano dentro di sé il dramma di quanto hanno vissuto e visto, e dallo “sguardo, quasi prosciugato di speranza, incapace di sognare un futuro” per la propria terra.
Non possiamo permettere che anche l’ultima scintilla di speranza sia tolta dagli occhi e dai cuori dei giovani e delle famiglie! E rinnovo quindi l’appello a tutti coloro che hanno responsabilità, dentro il Paese e nella Comunità internazionale, perché si possa giungere ad una equa e giusta soluzione al dramma della Siria.

NIGERIA - Nuovo massacro di fedeli durante la messa in Nigeria

Almeno tre morti e una quarantina di persone rapite. È il bilancio dell’assalto contro i fedeli della chiesa cattolica di St. Moses, Robuh, Ungwan Aku nell’area del governo locale di Kajuru, nello stato di Kaduna, avvenuto ieri, domenica 19 giugno. Il commando terroristico composto da diversi uomini armati ha assalito i fedeli durante la Messa del mattino sparando a casaccio.
Nel corso della sparatoria, tre persone sono rimaste uccise mentre altre hanno riportato ferite di diversa gravità e sono state tutte portate d’urgenza in ospedale. Una quarantina di persone mancano all’appello e si ritiene che siano state rapite dai banditi.
Secondo fonti ufficiali, il commando è giunto in moto ed ha preso d’assalto diversi villaggi, a partire da Ungwan Fada. Nel villaggio di Robuh, il commando ha attaccato i fedeli nella chiesa battista di Maranatha e nella chiesa cattolica di San Mosè.
Il villaggio di Robuh era già stato assalito il 5 gennaio di quest’anno e il 27 aprile 2020. Per questo motivo sia i fedeli della chiesa cattolica sia di quella metodista avevano deciso di tenere le loro funzioni religiose domenicali alle 7 del mattino, in modo da permettere ai partecipanti di ritornare al più presto a casa. Ma questa volta gli assalitori sono intervenuti proprio poco dopo le 7 del mattino andando a colpire durante le due funzioni religiose. I parenti delle persone rapite attendono ora la richiesta di riscatto per potere riabbracciare i propri cari, sovente al prezzo di dovere vendere tutti i propri averi. (L.M.) (Agenzia Fides 20/6/2022)


MESSICO - Due gesuiti e un altro uomo uccisi in una chiesa in Messico
I due religiosi, Javier Campos e Joaquín Mora, sono stati assassinati il 20 giugno da un uomo armato mentre cercavano di proteggere una persona. Al momento non è stata rivelata l’identità della terza vittima

Secondo le prime ricostruzioni un uomo, inseguito, avrebbe cercato di rifugiarsi nella parrocchia. Padre Campos e padre Mora hanno cercato di proteggerlo. Una persona armata ha poi fatto irruzione nell’edificio di culto e ha aperto il fuoco. In seguito alla sparatoria sono rimasti uccisi i due religiosi e un’altra persona. Al momento, non è stata ancora resa nota l’identità della terza vittima. (2022 06 21 RV Amedeo Lomonaco)

PAKISTAN - Confermata in appello la pena di morte per due cristiani accusati di blasfemia sul web

L’Alta Corte di Lahore, nella sua sezione di Rawalpindi, ha confermato la condanna a morte già comminata in primo grado a due fratelli cristiani, Qaiser Ayub e Amoon Ayub, in un caso di accusa di blasfemia. Entrambi i fratelli sono in carcere dal 2011, quando la polizia ha registrato una causa contro di loro su denuncia di un imam musulmano. I due sono stati incriminati per aver compiuto vilipendio verso il Profeta Maometto, secondo l’articolo 295 comma C del Codice Penale del Pakistan.
Come appreso da Fides, nella sentenza di appello emessa l’8 giugno scorso, l’Alta Corte ha confermato la pena capitale per i due, accusati di aver pubblicato materiale blasfemo su Internet. Nel giugno 2011, un uomo musulmano ha informato la polizia che stava navigando in Internet quando si è imbattuto in un blog contenente materiale blasfemo contro l’Islam. Il blog conteneva anche il nome, il numero di telefono, l’indirizzo e-mail e l’indirizzo del presunto autore. Il nome indicato era Qaiser Ayub, il maggiore dei due fratelli cristiani.
La polizia ha sporto denuncia contro i due fratelli e li ha arrestati. Amoon è stato arrestato perché il numero di telefono e l’indirizzo dell’ufficio riportati sul blog erano registrati a suo nome. Nessuna delle informazioni disponibili, tuttavia, prova che i due fratelli abbiano effettivamente creato o pubblicato il materiale sul sito web.
Il Tribunale di primo grado ha condannato entrambi i fratelli nel dicembre 2018, argomentando che la presenza dei dati di contatto dei fratelli Ayub sul sito web blasfemo, e l’assenza di qualsiasi tentativo da parte loro di rivolgersi all’amministratore del sito web per rimuovere le loro informazioni di contatto, portavano chiaramente a concludere che essi erano responsabili della creazione del sito Internet. Tuttavia, come affermano gli avvocati dell’European Center for Law and Justice (ECLJ), queste sono solo congetture, dato che chiunque può creare un sito web e pubblicare il nome e l’indirizzo di chiunque.
Il Tribunale di primo grado ha ignorato la testimonianza dei fratelli Ayub secondo i quali, prima che il blog venisse pubblicato, era scoppiata una lite con alcuni amici musulmani. Amoon crede che gli amici musulmani di suo fratello abbiano creato il sito Internet utilizzando le informazioni di contatto dei due cristiani per rappresaglia, con lo scopo di incastrarli e danneggiarli.
Il 28 febbraio 2022 l’Alta Corte ha aperto il ricorso in appello. Gli avvocati hanno sottolineato alla Corte la mancanza di prove che i due abbiano scritto o pubblicato alcun post sul blog. E il Dipartimento per i crimini informatici afferma che non è stato possibile trovare informazioni su chi ha creato il blog.
Secondo la giurisprudenza, in tali casi una persona può essere condannata solo se si prova in modo inequivocabile che il telefono, il mezzo informatico o il sito Internet siano stati effettivamente utilizzati dalla persona accusata. L’Alta Corte, tuttavia, ha ignorato queste argomentazioni e la giurisprudenza pertinente e ha confermato la pena capitale condannato per i due fratelli. “Questo è un altro passo indietro per il Pakistan, dove le minoranze religiose vengono imprigionate e uccise a causa di false accuse di blasfemia da oltre tre decenni”, rileva una nota inviata a Fides dell’European Center for Law and Justice (ECLJ). Di fronte un caso di cristiani ingiustamente condannati alla pena capitale per blasfemia, l’ECLJ sta preparando un ricorso per presentare il caso alla Corte Suprema del Pakistan.
(Agenzia Fides 18/6/2022)

Segnalo qualche parte di tre articoli del giornalista Giulio Meotti https://meotti.substack.com/
Per il testo completo vale la pena di abbonarsi perché segnala costantemente notizie totalmente censurate dai media

Neanche 80 morti in chiesa hanno smosso l’Occidente sulla persecuzione dei cristiani
Da chi accusa il cambiamento climatico al governo italiano silente, intervista a Nina Shea. “Il mainstream tace sull’Islam. Nessuno protegge i cristiani. Per l’Onu l’urgenza è l’orientamento sessuale”


Se il Regno Unito è “inorridito” dall’attacco a una chiesa cattolica in Nigeria che ha avuto luogo domenica, il presidente d’Irlanda (paese ex cattolico), Michael Higgins, è l’emblema dell’utile idiota: “Il fatto che un simile attacco sia stato compiuto in un luogo di culto è fonte di particolare condanna, come ogni tentativo di capro espiatorio dei pastori che sono tra le prime vittime delle conseguenze del cambiamento climatico”, il comunicato incredibile pubblicato sul sito del presidente irlandese. “La solidarietà di tutti noi è dovuta a coloro che sono stati colpiti non solo da questo evento orribile, ma anche dalle conseguenze del cambiamento climatico”. Dunque i terroristi musulmani responsabili della strage sarebbero anch’essi vittime (lo Stato Islamico secondo Reuters è il principale indiziato). Benvenuti nella distorta logica della politica europea in piena decadenza morale e spirituale.

I vertici italiani non hanno detto niente sulla strage. Non una parola dal presidente Sergio Mattarella (se ha parlato, pur goffamente, Higgins, perché non poteva venire una parola dal Quirinale?). Non una parola dal premier Draghi, né dal ministro degli Esteri Di Maio o da qualche altro membro del governo. Nulla dalla Casa Bianca di Joe Biden. Niente dal Parlamento Europeo.

L’eurodeputato François-Xavier Bellamy ieri ha preso la parola a Strasburgo per denunciare il silenzio dei colleghi: “Quando capiremo che l’Europa ha il dovere di proteggere i cristiani perseguitati in tutto il mondo? Quelli della Nigeria, dell’Iraq, della Siria, dell’India, del Pakistan, della Cina…L’Europa deve tanto alla fede cristiana”. (…)

Inizialmente si era parlato di 50 morti in chiesa, ma la ABC ha rivisto la conta dei morti: 80 cristiani nel più grande massacro all’interno di una chiesa.

Ne parlo in esclusiva per la newsletter con Nina Shea, una delle massime esperte americane di libertà religiosa, autrice di Silenced: How Apostasy and Blasphemy Codes are Choking Freedom Worldwide e che lavora all’Hudson Institute dell’Università di Stanford.

A cosa stiamo assistendo in Nigeria? Un genocidio cristiano?

L’esperto del Council on Foreign Relations ha descritto l’attacco della chiesa il giorno di Pentecoste come parte della violenza comunitaria. Questo insinua che l’attacco alla chiesa sia stato in qualche modo provocato. Non lo era. Era una congregazione innocente in una zona pacifica. Questa narrazione di una violenza comunitaria è una tattica ben consueta usata anche dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti per manipolare l’opinione internazionale, evitare di ritrarre i cristiani come vittime di persecuzioni e distogliere l’attenzione dalla vera crisi dell’estremismo islamico che infetta la società e si diffonde. Per giustificare gli attacchi anti-cristiani si usa la violenza comunitaria causata dal cambiamento climatico. Significa che non esiste una soluzione politica. Vari gruppi islamisti sono attivi in Nigeria e tutti attaccano e uccidono i cristiani. Coloro che sono affiliati all’Isis o vogliono esserlo hanno sicuramente una intenzione di genocidio e il governo degli Stati Uniti ha designato che l’Isis come responsabile del genocidio contro i cristiani. Altri possono far parte di bande criminali che collaborano con i gruppi terroristici, quindi anche loro sono colpevoli. Alcuni sopravvissuti all’attacco alla chiesa, che è stato un’aggressione coordinata, affermano che gli autori erano membri militanti dei Fulani. Ci sono molte notizie di pastori militanti Fulani che massacrano cristiani nel nord. Vedo prove evidenti di intenti genocidi nei casi del nord. Una domanda chiave è: la Nigeria è responsabile del genocidio? La sua risposta passiva a tali attacchi - non riuscendo a proteggere i cristiani e a perseguire gli assassini - è inspiegabile. Ha permesso la diffusione dell’assalto anticristiano su larga scala, a volte su interi villaggi. Nel frattempo non c’è stata giustizia nel linciaggio di una giovane ragazza per presunta blasfemia contro l’Islam. Questi e centinaia di altri attacchi simili sono segni dell’indifferenza o dell’approvazione del governo e fanno presagire una guerra e pulizia religiosa contro i cristiani. Non c’è nessuno che li protegga. Questo è accaduto di recente in Iraq e ha quasi distrutto quella Chiesa: oggi è una frazione delle sue dimensioni precedenti. (…)

Perseguitati per aver indossato la croce o essere fieri di essere cristiani

In Arabia Saudita e in Qatar rischi la vita. In Inghilterra operai, infermiere, insegnanti, cancellieri e giudici perdono il lavoro per aver portato i simboli cristiani o non aver rinnegato la fede

“Regole per viaggiare alla Coppa del mondo in Qatar”. Il Telegraph ci informa che “il Qatar è un paese islamico e ci sono regole rigide sulle importazioni. Il vostro bagaglio non deve contenere alcol, droghe, materiale pornografico, prodotti a base di carne di maiale e libri religiosi non islamici…”. Ovvero, Bibbia, crocifissi e altri simboli cristiani. In Arabia Saudita il loro possesso può essere sanzionato con la pena di morte.

Ma la libertà religiosa e di coscienza è sotto attacco ovunque anche in Occidente. La Yeshiva University, la più grande università ebraica di New York, è stata appena ordinata da un giudice di accogliere un club Lgbt, racconta il New York Times. In Europa è in Inghilterra che l’attacco è più forte.

Jevgenijs Kovalkovs sentiva che indossare una catenina con un crocifisso significava il suo “impegno per la sua fede”. Questo operaio cristiano è stato licenziato per essersi rifiutato di togliersi la collana, racconta il Times. A Kovalkovs, un membro della Chiesa ortodossa, il datore di lavoro ha chiesto di toglierla e quando è stato visto indossarla di nuovo in fabbrica e si è rifiutato di rimuoverla è stato licenziato. Un tribunale ha ritenuto discriminatorio il licenziamento e lo ha indennizzato: 22.000 sterline. Così poco vale la nostra libertà religiosa.

Nei giorni scorsi, racconta la BBC, un insegnante di fede cristiana è stato costretto a dimettersi dalla scuola dove insegnava per aver criticato sui social la partecipazione dei bambini ai Pride arcobaleno. Il Telegraph racconta di un medico licenziato per essersi rifiutato di chiamare una donna transgender “she”, David Mackereth, cacciato dopo essersi rifiutato di rinunciare alla sua fede cristiana sul gender. Il cappellano del Trinity College di Cambridge, Bernard Randall, è stato licenziato per le critiche al gender introdotto nella sua università. Margaret Forrester, una cattolica che lavorava nei reparti di salute mentale del Servizio sanitario nazionale inglese, è stata licenziata per aver dato ai colleghi materiale su come l’aborto causa sofferenza fisica e psichica alle donne. Una dipendente di un asilo nido è stata licenziata per aver detto a una collega che l’omosessualità è peccato: Sarah Mbuyi è stata licenziata dall’asilo nido Newpark Childcare a ovest di Londra.

Dopo che le unioni civili tra persone dello stesso sesso sono state legalizzate, la cancelliera Lilian Ladele ha chiesto di non essere assegnata alle cause di unione civile. Chiedeva obiezione di coscienza per la sua fede cristiana, nel paese di Tommaso Moro. Il suo datore di lavoro, il London Borough of Islington, ha rifiutato. Un tribunale del lavoro ha ritenuto che fosse stata ingiustamente discriminata sulla base della sua fede cristiana. Ma il giudizio è stato successivamente ribaltato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. L’ex magistrato Richard Page è stato licenziato dopo essersi opposto a una domanda di adozione da parte di una coppia dello stesso sesso. Ha portato la questione in tribunale, dicendo di essere stato licenziato ingiustamente. E in appello ha perso. (…)

Mary Onuoha lavorava da vent’anni come infermiera al South London Hospital. Le avevano chiesto di rimuovere la croce, un regalo al suo battesimo nella natia Nigeria, dove 50 cristiani sono stati appena uccisi dentro una chiesa. Si è dimessa dopo essere stata discriminata. “Un attacco alla mia fede” racconta Mary al Mail on Sunday. “In questo ospedale ci sono membri del personale che vanno in moschea quattro volte al giorno e nessuno dice loro niente. Gli indù indossano braccialetti rossi e le donne musulmane l’hijab. Eppure, la mia piccola croce al collo era considerata così pericolosa che non mi era più permesso di fare il mio lavoro. Amavo il mio lavoro, ma non ero disposta a compromettere la mia fede per questo”. Anche l’infermiera Shirley Chaplin si è rifiutata di togliere la croce al collo. Chaplin, racconta il Telegraph, ha portato in tribunale il Royal Devon and Exeter NHS Trust Hospital, sostenendo che le sue convinzioni religiose sarebbero state “violate” e che le sue colleghe musulmane con l’hijab potevano portarlo in servizio. In quel caso i giudici si sono pronunciati a favore dell’ospedale. Nadia Eweida è stata licenziata dalla British Airways, per cui aveva lavorato per vent’anni, solo perché portava al collo una catenina con il crocifisso (ma i simboli islamici andavano benissimo). Anche lei ha perso davanti ai giudici.
Siamo di fronte alla “dittatura dell’inclusione”, (…)

“Una cicogna morta fa più notizia di un cristiano ucciso in nome di Allah”

Inchiesta devastante sul medico assassinato davanti a una scuola cattolica. “In Francia in due anni 44.000 vittime di accoltellamenti. Il silenzio di giornali e politici è ormai totale”
Sul caso atroce di Alban Gervaise chi segue la newsletter avrà letto l’unico articolo apparso in italiano. Ora esce una devastante inchiesta a firma Judith Waintraub pubblicata da Le Figaro, che traduco, in cui parla con i colleghi del medico assassinato con dodici coltellate davanti alla scuola dei figli “in nome di Allah”. L’articolo ha il ritmo e la profondità drammatiche necessarie per far capire quanto sta succedendo in Francia, il canarino della miniera europea. (…)
“Assassinio di Alban Gervaise, medico militare e cattolico: l’incredibile omertà”
di Judith Waintraub
Il 27 maggio un dispaccio dell’Agence France-Presse annunciava la morte di un “genitore durante un attacco con un coltello davanti a una scuola di Marsiglia”. L’Afp specificava che la vittima è un medico militare e che l’aggressore è “di nazionalità francese”, che ha detto di aver agito “in nome di Dio” e che “l’ipotesi terroristica è stata definitivamente esclusa dagli inquirenti”. Condoglianze del Ministro delle Forze Armate e del sindaco di Marsiglia compresi, il messaggio è lungo 225 parole. Pochi giorni dopo, l’Agence France-Presse ci racconta che le immagini di una cicogna aggredita da una cicogna hanno suscitato intensa emozione sui social. Alla cicogna l’Agence France-Presse dedica 352 parole...
L’Agence France-Presse alimenta i quotidiani regionali. La maggior parte ha tutt’al più menzionato il massacro di Alban Gervaise in poche righe sotto il titolo “notizie varie”. Con la notevole eccezione de L’Union, quotidiano delle Ardenne, che il 31 maggio ha pubblicato un editoriale dal titolo “Alban Gervaise, un nome che per voi non significa nulla”, per indignarsi per il trattamento mediatico riservato al suo assassinio.
Sulla stampa nazionale Le Figaro, Le Point e Valeurs Actuelles sono stati gli unici a trattare l’argomento per quello che è, un omicidio commesso in nome di Allah. Le Monde, Liberation e Le Parisien non hanno detto una parola al riguardo, né nelle loro edizioni cartacee né sul loro sito web. Nel resto della stampa, i grandi mezzi di comunicazione che se ne sono interessati sono Europe 1, Sud Radio e CNEWS.
Alban Gervaise è stato aggredito il 10 maggio, un mese e un giorno prima del primo turno delle elezioni legislative, quindi nel bel mezzo della campagna. Il contesto elettorale spiega perché la natura islamista, se non terroristica, dell’omicidio è stata così nascosta?
La moglie della vittima ha rifiutato qualsiasi copertura mediatica, per proteggere i suoi tre figli. (…)
Quando si tratta di discrezione, i politici non hanno nulla da invidiare ai media. A sinistra, il silenzio è stato quasi totale. Solo Julien Dray, ex deputato socialista, ha osato affermare pubblicamente che “volevamo nascondere le cose”. A destra, la senatrice Valérie Boyer è stata uno dei pochi a menzionare questa omertà. “Le parole non riescono a descrivere il dolore e la rabbia per l’annuncio dell’attacco con il coltello di Mohamed L. e per la morte di Alban Gervaise a Marsiglia”, ha scritto su Twitter. Il silenzio mediatico sulla morte di questo padre devoto rende la sua morte ancora più crudele.

Alban Gervaise era cattolico, un soldato ed è stato sgozzato davanti a una scuola cattolica”, elenca Valérie Boyer. Per la maggior parte dei media, questa non è la vittima “giusta”. (…)

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