2022 09 07 INDIA – fermare la “propaganda dell’odio” TESTIMONIANZA
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INDIA – fermare la “propaganda dell’odio” TESTIMONIANZA
NICARAGUA - Mezzo secolo di carcere al sacerdote anti-Ortega
Padre José Leonardo Urbina è stato accusato di abuso su una minore e giudicato in un processo express a porte chiuse e senza avvocato. È il secondo prete condannato in tre mesi
Quarantanove anni, diciannove in più del massimo della pena prevista dalla legge nicaraguense. Questa la condanna inflitta dal giudice Edén Aguilar Castro a padre José Leonardo Urbina, parroco della chiesa del Perpetuo Soccorso a Boaco, cittadina a 55 chilometri da Managua. L’accusa e grave: abuso e stupro di una dodicenne. Il sacerdote è stato denunciato dalla madre della ragazza. A insospettire, però, il fatto che il processo si sia svolto a porte chiuse, a tempo di record – meno di una settimana – e che l’imputato non abbia potuto essere assistito da un legale di propria scelta. Dall’arresto, inoltre, il 13 luglio, il parroco non ha potuto vedere i familiari, a cui non è stato consentito di essere presenti in aula. Oltretutto padre Urbina è già il secondo sacerdote giudicato colpevole di delitti comuni e imprigionato negli ultimi tre mesi. Prima di lui era toccato a Manuel García Rodríguez, condannato a due anni per l’accusa di aver picchiato una donna nonostante quest’ultima avesse ritrattato. In cella in attesa di giudizio sono pure i preti Óscar Benavidez, José Luis Diaz, Sadiel Eugarrios, Ramino Tijerino e Raúl González, oltre ai seminaristi Darvin Leyva e Melkin Sequeira. Perfino il vescovo Rolando Álvarez è stato confinato agli arresti domiciliari. Alla luce di questo, si comprende il comunicato della diocesi di Granada, dopo la sentenza inflitta a padre Urbina: «Esprimiamo profondo dolore e sofferenza per la decisione del giudice e chiediamo ai fedeli di continuare a pregare per i nostri sacerdoti incarcerati».
Dall’inizio del 2022, dopo aver smantellato la stampa indipendente e l’opposizione, il governo di Daniel Ortega ha concentrato il suo pugno di ferro sulla Chiesa, ultima realtà indipendente rimasta. Preti e vescovi, inoltre, sono considerati “ostili” perché colpevoli di aver criticato la feroce repressione delle proteste del 2018, che rischiarono di travolgere il presidente e la vice, nonché moglie, Rosario Murillo. All’epoca, il parroco del Perpetuo Soccorso di Boaco aveva pregato in pubblico per la libertà dei detenuti politici. Ufficialmente non ce ne sono in Nicaragua. In realtà, le organizzazioni per i diritti umani ne contano 205, tuttora dietro le sbarre.
(Avvenire Lucia Capuzzi sabato 3 settembre 2022)
PAKISTAN - Organizzazione della società civile, gestita da cristiani, accusata di attività antistatale
I gruppi per i diritti umani, i membri della società civile e le Organizzazioni non governative difendono l’organizzazione gestita dai cristiani “Center for Social Justice” (CSJ) accusata di svolgere attività anti-statale. Il CSJ, Ong guidata dal laico cattolico Peter Jacob, che ha un’esperienza di oltre 30 anni nel campo dei diritti umani e dei diritti delle minoranze, è finita nell’occhio del ciclone quando il “Daily Jang”, quotidiano in lingua urdu, ha riferito il 21 agosto che il Ministero dell’Interno ha ordinato un’azione di controllo del CSJ, per presunta “diffusione della propaganda contro il Pakistan alle Nazioni Unite”, preparandone l’incriminazione.
Il CSJ, impegnato nella ricerca e nella difesa dei diritti umani, per lo sviluppo democratico e giustizia sociale, pubblica un rapporto annuale, basato su dati documentati, intitolato “Human Rights Observer”. Il rapporto pubblicato nel febbraio 2022 (vedi Fides 23/2/2022), inviato al Consiglio ONU per i diritti umani, presenta dati e cifre sullo standard dei diritti umani in Pakistan (vedi Fides 12/8/2022), sui diritti delle minoranze (vedi Fides 10/8/2022). Contiene notizie sull’abuso delle leggi sulla blasfemia, sul fenomeno delle conversioni forzate, sullo status delle minoranze nel censimento nazionale della popolazione (vedi Fides 17/6/2022) e segnala questioni relative alla riforma del sistema educativo (vedi Fides 5/8/2022).
Tali informazioni risultano “scomode” per il governo di Islamabad. Per questo un Comitato d’azione congiunto, composto da oltre 30 organizzazioni della società civile, ha rilasciato una dichiarazione in cui si smentiscono le accuse a carico del CSJ. Il leader musulmano Irfan Mufti, membro del Comitato, in un comunicato pervenuto all’Agenzia Fides afferma: “Il rapporto pubblicato dal CSJ si basa su fatti opportunamente documentati. Le questioni trattate nel rapporto, relative ai diritti umani e alla libertà religiosa, sono ampiamente discusse nei tribunali, negli organi parlamentari e nei media del Paese”. E aggiunge: “La partecipazione delle organizzazioni della società civile aiuta a migliorare la visione del Pakistan e il loro impegno contribuisce migliorare le condizioni della popolazione. Negandola, si ostacolerà la risoluzione di questi problemi”.
Affermando la preoccupazione di tutte le organizzazioni della società civile, il Comitato afferma: “Il suddetto rapporto fornisce anche raccomandazioni concrete e praticabili per il governo, su ogni questione illustrata. Il governo dovrebbe considerare in modo costruttivo queste raccomandazioni per aiutare a risolvere problemi di vecchia data che sono una fonte di imbarazzo per il Paese”. “Il governo può rispondere alle questioni sollevate o agire per risolverle. Tuttavia, se l’incidenza della violenza in nome della religione continua, il governo sarà ritenuto responsabile in tutti i forum competenti”, conclude il Comitato.
Le organizzazioni della società civile, tra le quali il CSJ, prendono parte alle Revisioni periodiche universali (UPR), condotte in sede ONU negli ultimi anni, inclusa l’ultima condotta nel 2017. Il governo del Pakistan si è impegnato a far parte di questo processo di revisione dal 2006, dopo l’insediamento del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. È obbligatorio per ogni paese membro dell’ONU sottoporsi alla revisione periodica. Per il Pakistan la prossima revisione è fissata nel gennaio 2023.
(AG-PA) (Agenzia Fides 5/9/2022)
INDIA
L’arcivescovo di Bangalore mons. Peter Machado ha presentato, qualche settimana fa, un’istanza alla Corte Suprema di New Delhi, affinché intervenga per fermare la “propaganda dell’odio” che alimenta gli attacchi ai luoghi di culto.
Il ministero degli Interni ha replicato con un proprio memoriale in cui nega del tutto il fenomeno, sostenendo che i ricorrenti “fanno ricorso a falsità e a documenti autocelebrativi”
Ecco le ultime notizie e una testimonianza drammatica
INDIA - Una antica chiesa cattolica nello stato di Meghalaya danneggiata e devastata
Una delle chiese più antiche del distretto di Garo Hills, nello stato di Meghalaya, nel Nordest dell’India, è stata devastata da vandali. Come appreso dall’Agenzia Fides, in un attacco che ha lasciato scioccata la comunità del villaggio di Daram, dove l’edificio si trova, le statue di Gesù, della Vergine Maria e di San Giuseppe, del Bambino Gesù sono state distrutte, il crocifisso posto nella parete della chiesa sopra l’altare è stato danneggiato e scardinato. Come comunica a Fides la Chiesa locale, l’incidente sarebbe avvenuto la notte del 22 agosto, ma è stato segnalato solo nei giorni successivi, con una denuncia alla Sovrintendenza di polizia. Il ritardo nella segnalazione è dovuto al fatto che i sacerdoti della chiesa non erano in loco, poiché stavano partecipando ad un congresso a Tura, comune nel distretto di West Garo Hills, e solo al loro rientro hanno constatato la violenza e la distruzione. Secondo la denuncia, i malfattori non hanno rubato oggetti di valore, ma hanno solo compiuto atti vandalici nella chiesa. Gli arredi della chiesa sono stati devastati e la comunità locale non si spiega il motivo o la radice di tale attacco di ignoti, che ferisce i sentimenti della comunità cattolica. Secondo le prime indagini potrebbe trattarsi dell’opera di un uomo mentalmente disturbato.
(Agenzia Fides 1/9/2022)
INDIA - Atti vandalici contro una chiesa cattolica in Punjab
Atti vandalici e intimidatori contro una comunità cattolica nello stato del Punjab indiano, nell’India settentrionale. Una statua della Vergine Maria è stata danneggiata e il veicolo di un sacerdote è stato bruciato a Patti. Come riferisce a Fides p. Thomas Poochalil, parroco, l’incidente è avvenuto nelle prime ore del 31 agosto 2022, poco dopo la mezzanotte, presso il compound della chiesa cattolica di Gesù Bambino, nella diocesi di Jalandhar. Una folla di militanti non identificati ha colpito la statua della Pietà che si trova davanti alla chiesa, e ha dato fuoco ad un’auto nel complesso. La folla pronunciava slogan come: “Siamo khalistani”. Il movimento Khalistan è un movimento separatista sikh che cerca di creare una patria per i sikh istituendo uno stato sovrano, chiamato “Khalistan”, nella regione del Punjab.
“Il personale di polizia è stato informato e l’indagine è in corso. Chiediamo sostegno e preghiera in questo momento scioccante per tutti noi qui, che rimarremo nel campus” riferisce p. Poochalil. “Chiediamo l’intercessione della nostra protettrice, Nostra Signora Regina della Pace, affinché la pace e la tranquillità prevalgano e il prima possibile i colpevoli siano portati davanti alla legge”, aggiunge.
Negli ultimi anni sono state segnalate violenze mirate su chiese e personale ecclesiastico come sacerdoti, suore, pastori e cristiani, in vari stati dell’India. Tuttavia, il governo federale nega che vi siano “atti di violenza mirati” sui cristiani. Lo United Christian Forum (UCF), un think tank che unisce cristiani di varie confessioni, ha documentato ben 127 casi di violenza contro i cristiani nei primi 103 giorni del 2022 in India, mentre nel 2021 sono stati documentati 486 casi di attacchi. In India il 2,3% su circa 1,4 miliardi di abitanti, sono cristiani.
(SD-PA) (Agenzia Fides 31/8/2022)
TESTIMONIANZA
INDIA - Violenze contro i cristiani indiani: la fede più forte del negazionismo del governo
Proprio nei giorni in cui ricorrono i 14 anni dai pogrom in Orissa il ministero degli Interni ha presentato alla Corte Suprema un memorandum in cui definisce “falsità per ottenere intromissioni negli affari interni” le denunce sulle persecuzioni per mano dei fondamentalisti indù. La testimonianza di sr. Meena che nel distretto di Kandhamal fu personalmente vittima: “Dio mi ha permesso di vedere la morte e vivere di nuovo. Sono accanto a chi soffre ancora oggi”.
Il 23 agosto per i cristiani dell’Orissa è la Giornata di Kandhamal, in memoria delle drammatiche violenze subite nell’agosto del 2008, che provocarono oltre 100 morti e migliaia di sfollati. La ricorrenza cade quest’anno in un contesto che - da mesi e da più parti in India - vede denunciare un nuovo preoccupante aumento degli attacchi da parte dei fondamentalisti indù. Una situazione talmente grave da aver portato l’arcivescovo di Bangalore mons. Peter Machado - insieme al National Solidarity Forum e alla Evangelical Fellowship of India - a presentare qualche settimana fa un’istanza alla Corte Suprema di New Delhi, affinché intervenga per fermare la “propaganda dell’odio” che alimenta gli attacchi ai luoghi di culto.
La petizione è in discussione e proprio in questi giorni ha visto il ministero degli Interni replicare con un proprio memoriale in cui nega del tutto il fenomeno, sostenendo che i ricorrenti “fanno ricorso a falsità e a documenti autocelebrativi” insieme a notizie di stampa che riportano in modo errato tali incidenti. “L’appello - replica il governo Modi - denuncia attacchi ai cristiani basati su mere congetture. Sembra che ci sia un’agenda nascosta e obliqua nel presentare disordini in tutto il Paese, forse per ottenere assistenza dall’esterno e intromettersi negli affari interni della nazione”.
La Corte Suprema ha rinviato la questione a una nuova udienza, in programma il 25 agosto. Ma il negazionismo del ministero degli Interni ha suscitato reazioni sdegnate tra i cristiani indiani. “Questa risposta del governo centrale è a dir poco sconcertante - commenta ad AsiaNews il verbita p. Babu Joseph, già portavoce della Conferenza episcopale indiana (Cbci) -. Uno sguardo anche solo superficiale non lascia alcun dubbio sull’ondata di attacchi ai cristiani e alle loro istituzioni in corso in tutto il Paese. E affermare che quanto riportato dai giornali e da altre fonti non è vero equivale a negare l’ovvio. Può darsi che alla base di alcuni singoli casi selezionati di atrocità ci possano essere ragioni diverse da quelle religiose, ma trattarli tutti come falsi significa chiudere gli occhi. Speriamo che la magistratura, nonostante le smentite ufficiali, vada alla radice di questi attacchi e rechi sollievo a quanti vedono i propri diritti costituzionali minacciati”.
In questo contesto assume un significato ancora più importante la testimonianza che pubblichiamo qui sotto di sr. Meena Barwa, la religiosa dell’Orissa personalmente vittima di uno stupro e delle violenze di 14 anni fa nel distretto di Kandhamal. Da allora instancabilmente racconta come sia stato possibile sopravvivere a quell’orrore, offrendo un perdono inseparabile dalla battaglia per la giustizia, affinché altri non si trovino a vivere ancora quanto lei ha patito.
Ho prestato servizio nel distretto di Kandhamal per due anni, condividendo la vita con la popolazione locale, aiutandola nella crescita, nello sviluppo e nell’autosufficienza.
A partire dal 23 agosto 2008, per quattro giorni, ho visto persone, tra cui bambini e donne, scappare nella foresta. Ho visto case cristiane nei villaggi date alle fiamme. C’ero anch’io tra coloro che hanno sofferto durante gli attacchi di violenza anticristiana senza precedenti del 2008 nel distretto di Kandhamal, in Orissa, che sono durati per mesi. Più di 100 persone sono state uccise, mentre migliaia hanno abbandonato le loro terre e le loro case per proteggere le loro vite.
Sono stata violata e fatta sfilare seminuda per strada da forze ostili ai cristiani. È stato un miracolo che io sia sopravvissuta a questa prova. Sono scampata alla morte e sono riuscita a sporgere una denuncia, il primo passo per aprire un’inchiesta alla polizia.
Le conseguenze della violenza sono state più terribili e difficili da affrontare. Non ho parole per spiegare il trauma, il dolore fisico e i disturbi mentali che ho subito. Ho dovuto spostarmi da un posto all’altro per la mia sicurezza. Ho dovuto vivere sotto mentite spoglie, spostandomi da un luogo all’altro, nascondendo la mia identità. Ho perso il sonno, gli incubi mi perseguitavano ogni notte, la brutale violenza mi perseguitava di notte, ho cercato rifugio in 15 luoghi diversi in quell’anno. Sono stata costretta a rivivere il trauma durante il processo in tribunale, ho dovuto subire ripetutamente umiliazioni, intimidazioni, calunnie e torture mentali.
Negli ultimi 14 anni sono cambiate molte cose: ora sono laureata in legge e sono membro del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati dell’Orissa. I miei superiori, la mia comunità, i miei genitori e la mia famiglia mi hanno aiutato a lasciarmi alle spalle il dolore e le ferite e ad accettare la vita, dono di Dio, con gratitudine. Li annovero tra le numerose benedizioni ricevute da Dio. Sono stati angeli mandati ad aiutarmi affinché non mi crogiolassi nella miseria, ma risorgessi dal mio trauma e portassi speranza a molti. Vivo con gratitudine verso Dio che mi ha permesso di vedere la morte ma di vivere di nuovo. Dio mi ha dato un senso, mi ha riempito di ottimismo e di un atteggiamento positivo. Sono diventata grata.
Ho sperimentato la protezione di Dio in tutti questi 14 anni. Mi ha aiutato ad abbandonare completamente la mia vita nelle sue mani. Dio è totalmente buono. Sì, è la mia forza (Isaia 12:2). Ho vissuto 14 anni di fedeltà e amore di Dio.
Per molti a Kandhamal questi 14 anni continuano a essere segnati da ingiustizia, dolore e rottura. Tuttavia, come cristiana ancora una volta parlo di perdono a coloro che ci hanno inflitto dolore. Guardiamo a Gesù, il nostro Maestro eterno, che dalla croce ci ha mostrato la via del perdono. Perdoniamo e siamo diventati liberi da ferite, paure, vergogna, umiliazioni, rabbia, insicurezza, frustrazione. Non rimuginiamo più sul male. Lottiamo per la giustizia perché vogliamo fermare tutti gli episodi di violenza nella nostra società e promuovere la giustizia.
Ci rallegriamo di aver compreso meglio il significato della vita, di avere coraggio, di vivere con dignità, di vivere questa vita con amore e rispetto, di aver capito che siamo figli di Dio e uguali davanti a Lui, di vivere la vita con compassione e misericordia.
In occasione della Giornata di Kandhamal rendo omaggio a quanti hanno sacrificato la loro vita durante la violenza. La mi vicinanza va a quanti stanno ancora lottando a causa della violenza; sì, sono con loro e per loro. Lo dico con convinzione oggi: la mia esperienza è che l’amore di Gesù è più grande dell’odio che ho sperimentato. La pace di Gesù è più grande dell’ansia e della paura. L’armonia che sperimento in Gesù è più grande della mia amarezza. Gesù è la mia speranza nella disperazione. Il conforto di Gesù è più grande dei miei dolori. Gesù rispetta la mia vergogna, Gesù onora la mia umiliazione. La sua guarigione è più grande delle mie ferite e dei miei traumi. La sua giustizia è più grande di ogni ingiustizia che devo affrontare.
(19/08/2022 AsiaNews di sr. Meena Barwa; ha collaborato Nirmala Carvalho)