2022 09 14 MOZAMBICO - Trucidata dai jihadisti Suor Maria De Coppi, 84enne di origini venete, martire della fede
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Nella rivendicazione suor Maria sarebbe stata uccisa perché “impegnata eccessivamente nella diffusione del cristianesimo”.

MOZAMBICO - Uccisa una suora comboniana italiana nell’assalto alla missione di Chipene
(Agenzia Fides 7/9/2022)
Una suora comboniana è stata uccisa nell’assalto alla missione di Chipene, nella provincia di Nampula, nel nord del Mozambico, avvenuto nella notte tra il 6 e il 7 settembre. Si tratta dell’italiana suor Maria De Coppi, religiosa 84enne comboniana, originaria di Santa Lucia di Piave. La suora era in Mozambico dal 1963.
Secondo le notizie pervenute all’Agenzia Fides, gli assalitori hanno distrutto le strutture della missione, tra cui la chiesa, l’ospedale e la scuola primaria e secondaria. Suor Maria è stata colpita da un proiettile alla testa mentre cercava di raggiungere il dormitorio dove si trovavano le poche studentesse rimaste. Sono riusciti a mettersi in salvo due missionari della diocesi di Concordia-Pordenone. Si tratta di don Loris Vignandel, 45 anni, originario di Corva e già parroco di Chions (Pordenone) e don Lorenzo Barro, che è stato rettore del seminario diocesano della città della Destra Tagliamento.
Mozambico, attacco alla comunità comboniana. Uccisa una suora italiana
(RV Michele Raviart - 2022 09 07)
La comunità comboniana in Mozambico di Chipene, nel nord del Paese, è stata attaccata nella notte tra il 6 e il 7 settembre da un gruppo armato non identificato.
Incendiata la missione
Il gruppo armato si era già avvicinato alla missione 24 ore fa, ma non aveva attraversato il fiume Lurio, confine naturale con la provincia di Cabo Delgado, da mesi teatro delle violenze perpetrate da gruppi ribelli. Nella notte, invece lo sconfinamento, con molte delle strutture della missione che sono state bruciate, tra cui le opere parrocchiali, il dormitorio e l’aula di informatica recentemente inaugurata, mentre sono state risparmiate dalle fiamme le stanze dove si erano rifugiati i missionari.
Il Signore protegga il popolo del Mozambico
“Tutto il popolo è in fuga”. “La situazione è molto triste”, “molta gente resta a dormire nella foresta”. Sono queste alcune delle parole che scandiscono il messaggio vocale, pubblicato sul sito delle suore missionarie comboniane e inviato alle ore 20.17 del 6 settembre 2022 da suor Maria De Coppi alla nipote suor Gabriella Bottani. “Il Signore - afferma alla fine del messaggio suor Maria - protegga questo popolo”.
In contatto telefonico con i sacerdoti, in quelle terribili ore, c’era Alex Zappalà, Direttore del centro missionario di Pordenone, da cui provengono i due sopravvissuti, che ai nostri microfoni racconta cosa è accaduto. Da un primo allarme alle 21 di sera, al timore di don Loris poche ore più tardi. “Ci vediamo in paradiso”, aveva scritto mentre ascoltava i primi spari. Poi alle tre di notte l’incendio della missione, con i due sacerdoti rifugiati in due stanze che non state toccate dagli assalitori e dalle fiamme:
In Mozambico per “stare vicina alla gente”
Maria, comboniana, classe 1939, era nata a Santa Lucia di Piave in provincia di Treviso e si era trasferita poi con la famiglia a Ramera sempre in Veneto. Nel 1963 aveva raggiunto il Mozambico per la prima volta quando ancora era una colonia portoghese; presa la cittadinanza suor Maria era ormai parte di quella terra e di quel popolo con un servizio costante svolto in varie missioni della provincia di Nampula. Come riferisce il settimanale veneto L’Azione.it, che l’aveva intervistata in Italia nel 2021, gli ultimi due anni in Mozambico erano stati molto duri a causa della guerra nel Nord per le risorse della terra, poi per il passaggio di un ciclone e ancora per la siccità prolungata negli anni passati. La suora parlava di estrema povertà e di famiglie in fuga. “Cerco di star vicina alla gente - diceva - soprattutto ascoltando quanto mi raccontano. Nonostante la povertà materiale, l’ascolto dell’altro resta un dono grandissimo, è riconoscergli dignità”.
ACS: “Si sta creando una generazione di sfollati”
Ennesimo tributo di sangue: piene di sofferenza sono le parole di Alessandro Monteduro, direttore della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre - Italia, a commento dell’uccisione di suor Maria De Coppi in Mozambico. “La crescita e la concentrazione delle organizzazioni criminali, la radicalizzazione islamica e il terrorismo jihadista dall’ottobre 2017 rappresentano le maggiori minacce per la popolazione, in particolare nella provincia di Cabo Delgado, nel nord del Paese. Sono migliaia - afferma Monteduro in un comunicato - oramai le vittime dei locali gruppi terroristici, innanzitutto al-Sunna wa Jama’a, localmente noto come al - Shabaab. Si sta creando una nuova generazione di sfollati interni, oramai ben oltre 800.000, ed evidentemente il governo non riesce a controllare le attività criminali e terroristiche islamiste”. L’appello di Acs Italia è ad autorità civili e leader religiosi perché condannino e isolino “la radicalizzazione con maggiore determinazione”. Nelle sue parole il ricordo che il 7 settembre, è anche l’ottavo anniversario dell’eccidio delle Missionarie di Maria Suor Lucia Pulici, Suor Olga Raschietti e Suor Bernadetta Bogian, avvenuto in Burundi. “A otto anni di distanza - scrive Monteduro - le missionarie pagano ancora il tributo del sangue per evangelizzare le nazioni africane. La barbara uccisione della religiosa italiana Suor Maria De Coppi rappresenta solo l’ennesimo colpo alla comunità cristiana del Mozambico e africana nel suo complesso”.
LA RIVENDICAZIONE
L’attacco a Chipene, in cui è stata bruciata la chiesa, gli edifici e le auto della missione è stato rivendicato su alcuni canali di telegram dai jihadisti dello Stato Islamico a nome della Provincia dello Stato Islamico nell’Africa centrale. Nel comunicato, ha riferito la BBC, suor Maria sarebbe stata uccisa perché “impegnata eccessivamente nella diffusione del cristianesimo”. “
(Avvenire 2022 09 08)
Dal Mozambico intanto arriva una spietata conferma della matrice terroristica dell’agguato alla missione di Chipene, nella provincia di Nampula, nel nord del Paese, in cui sono morti, oltre alla suora, altri tre cristiani. da parte del sedicente Stato islamico (Isis).
Secondo la Bbc, l’organizzazione jihadista ha pubblicato la rivendicazione su alcuni suoi account sull’app di messaggistica Telegram a nome della Provincia dello Stato Islamico nell’Africa Centrale.
Nel suo comunicato, precisa l’emittente britannica, l’Isis afferma di aver ucciso la suora perché si era “impegnata eccessivamente nella diffusione del cristianesimo”. L’organizzazione ha anche reso noto che i suoi militanti hanno bruciato una chiesa, due veicoli e “altre proprietà” della missione nell’area.
A giugno l’Isis aveva rivendicato un altro attacco a Nampula, quando riferì di aver fatto irruzione in un villaggio a Memba e di aver decapitato un cristiano. Nampula si trova a sud della provincia di Cabo Delgado, dove si concentra l’attività del sedicente Stato islamico.
Si tratterebbe di un attacco mirato, una esecuzione.
“la suora era andata troppo oltre, era troppo attiva nella diffusione del cristianesimo”.
(LNBQ 2022 09 09)
Arrivano dal Mozambico nuove notizie sulla morte di suor Maria De Coppi, la missionaria comboniana uccisa la sera del 6 settembre durante un attacco armato alla missione di Chipene, nella provincia settentrionale di Nampula. Si è subito sospettato che ne fossero responsabili i jihadisti al Shabaab, ora chiamati anche al-Sunna wa Jama’a, affiliati allo Stato Islamico e attivi nella regione dal 2017. Se ne è avuta conferma il 7 settembre quando lo Stato Islamico ha rivendicato l’azione sul proprio account Telegram dicendo di parlare a nome di uno dei suoi rami africani, la Provincia mozambicana. (…)
I jihadisti, nel loro comunicato, affermano di aver attaccato alcuni villaggi tra cui quello in cui hanno una loro sede i comboniani, di aver dato fuoco alla chiesa della missione, a numerosi edifici, a due automezzi e ad altri beni di proprietà dei religiosi. Dicono inoltre di aver ucciso quattro cristiani, tra cui suor Maria. Nella missione abitavano anche due sacerdoti italiani fidei donum della diocesi di Pordenone, don Loris Vignandel e don Lorenzo Barro. Dalle loro testimonianze risulta in effetti che quasi tutta la missione è stata distrutta dal fuoco: la chiesa, l’ospedale, la scuola elementare e quella secondaria, i dormitori, le residenze dei missionari e alcuni magazzini. “Purtroppo uno dei primi spari ha preso suor Maria al volto – ha raccontato don Loris a
Il Gazzettino – per lei non c’è stato niente da fare e già la sua salma sta andando verso Carapira (un’altra missione comboniana, n.d.A.) per la sepoltura”. Si era ipotizzato che, mentre tentava di raggiungere alcune studentesse ancora intrappolate in uno dei dormitori della scuola, suor Maria fosse stata colpita a morte dai colpi sparati a raffica dal commando: ai primi colpi di fucile, le altre ragazze erano riuscite a mettersi in salvo fuggendo nella vicina foresta insieme a suor Paula, suor Eleonora, suor Sandrine e suor Angeles, le consorelle di suor Maria anch’esse sopravvissute. Don Loris però, rispondendo alle domande dei mass media, ha aggiunto qualcosa che ha dato da pensare: “riguardo a me e a don Lorenzo, siamo rimasti zitti zitti in camera tutta la notte. Hanno bruciato tutto, sfondando tutte le porte. Tranne da noi. E la cosa ci insospettisce non poco: come mai e perché proprio le nostre due porte non sono state toccate? Pare evidente che hanno appositamente evitato, perché sapevano: non c’è altra spiegazione”.
Che cosa sapevano i jihadisti? Perché si sono comportati in quel modo? La spiegazione è arrivata con il comunicato di rivendicazione in cui si legge: “la suora era andata troppo oltre, era troppo attiva nella diffusione del cristianesimo”. Si tratterebbe quindi di un attacco mirato, una esecuzione.
MOZAMBICO - “È una martire della Fede”, “La popolazione è disorientata” dice l’Arcivescovo di Nampula dopo l’assalto alla missione e l’uccisione di suor Maria
(Agenzia Fides 8/9/2022)
“È una martire della Fede”, esclama Sua Ecc. Mons. Inacio Saure, Arcivescovo di Nampula, quando apprende il messaggio di rivendicazione del sedicente Stato islamico (ISIS)
Saure, che si dice preoccupato perché la provincia di Nampula sembra essere stata presa di mira dai jihadisti le cui attività avevano finora il loro fulcro in quella confinante di Cabo Delgado. “Da inizio settembre si succedono gli attacchi nella nostra provincia” dice l’Arcivescovo. “La popolazione è disorientata e in grande sofferenza perché vive nell’incertezza e non sa cosa fare, molti scappano ma non sanno bene dove andare” afferma Mons. Saure. “Ho parlato con il Vescovo di Nancala (dove si trova la missione di Chipene) e mi ha detto che le autorità hanno mandato lì i militari, ma la popolazione è spaventata”.
Le preoccupazioni dei Vescovi mozambicani sono condivise dai loro omologhi di Sudafrica, Botswana, ed Eswatini della SACBC (Southern African Catholic Bishops’ Conference), che nel loro messaggio di condoglianze per la morte di suor Maria affermano: “Notiamo con crescente preoccupazione i primi attacchi alla provincia di Nampula di venerdì (2 settembre) a Namapa e della scorsa notta (6 settembre) a Chipene. In effetti, gli attacchi si stanno sempre più avvicinando alla città di Nampula”.
“Sì - conferma Mons. Suare -, siamo preoccupati per l’avanzata dei jihadisti. In effetti potrebbero colpire qui a Nampula (capoluogo dell’omonima provincia)”. “Spero che il sacrificio di suor Maria contribuisca a tenere alta l’attenzione internazionale su quello che accade qui da noi” conclude.
TESTIMONIANZE
L’amore di suor Maria per il popolo Macua
“Maria ha passato una vita in Mozambico ed era innamoratissima sia di Chipene che del popolo Macua e fa specie che proprio lei sia rimasta colpita”, ha ricordato a Vatican News don Lorenzo Barrio, uno dei due sacerdoti fidei donum che è riuscito a sfuggire agli assalitori. “Ha dato veramente il cuore a questa gente”, ricorda, era affettiva, materna, dialogava e ascoltava e condivideva con la gente. “L’ultima volta che se ne era andata aveva paura di non tornare, perché il suo amore era qui. Voleva veramente bene a questa gente”, aggiunge.
La notte dell’attacco
Don Lorenzo e don Loris Vignandel, l’altro sopravvissuto, dopo aver passato la notte nella missione di Namaca sono ora diretti a Nacala, dove incontreranno il vescovo, monsignor Alberto Vera Arèjula. “Non dimenticheremo mai quella notte e il rumore dei lunghi coltelli che battono sulla porta”, ricorda il sacerdote friulano. È stato un atto dimostrativo e un modo per farci andare via”, ha spiegato don Lorenzo, che ritiene di essere stato risparmiato per scelta dagli aggressori.
Si temono migliaia di sfollati
Il timore è che l’instabilità che da anni sta colpendo la parte più settentrionale del Mozambico, con le milizie jihdadiste che imperversano nella regione Cabo Delgado, ricca di gas e idrocarburi, possa estendersi a sud nella provincia di Nampula. Abbiamo già visto gente che si sta spostando, racconta don Lorenzo, e il timore è che agli 800 mila sfollati di Cabo Delgado possano aggiungersi i 200 mila abitanti del distretto di Memba della provincia di Nampula.
MOZAMBICO - Il parroco della missione attaccata dai ribelli: così mi hanno graziato
(Avvenire Redazione Internet mercoledì 7 settembre 2022)
La testimonianza di don Lorenzo Barro:
“Dopo aver ucciso suor Maria hanno devastato la chiesa e fatto irruzione nella nostra casa lì accanto, dando tutto alle fiamme. Ci siamo nascosti nelle camere. I ribelli non sono entrati: siamo stati graziati”.
Il parroco ha così ricostruito l’assalto di martedì sera. “Sono arrivati attorno alle nove, per fortuna quando quasi tutti i 38 ragazzi e le 40 ragazze che frequentano le scuole presso la missione erano già andati via” premette don Barro. “Suor Maria era nella stanza della sua consorella più anziana, suor Angeles Lopez Hernandez; credo stessero chiacchierando e vedendo insieme alcuni filmati condivisi su WhatsApp”. Le due non si sarebbero accorte dell’arrivo dei ribelli, appostati a una finestra: “Suor Maria è stata colpita da uno sparo, appena rientrata in camera; suor Angeles l’ha vista riversa a terra ed è riuscita a scappare, nascondendosi nel “mato, la boscaglia che circonda la missione”. Il commando ha dato alle fiamme la casa delle religiose e poi anche l’ospedale e la chiesa vicina. A quel punto ha fatto irruzione nella casa dove si trovava il parroco insieme con un altro missionario, don Loris Vignandel. “Hanno cominciato a bruciare ogni cosa” ricorda don Barro. “Noi ci siamo nascosti nelle stanze e loro non sono entrati”.
Il raid è terminato attorno alle 11 di sera, dopo circa due ore. Gli assalitori hanno incendiato anche alcune automobili, forse dopo aver provato a rubarle. “I militari sono arrivati solo dopo” continua don Barro, “informandoci che avevano trovato nelle vicinanze i cadaveri di due altre persone uccise, che non conosciamo”.
A salvarsi con don Barro sono stati don Vignandel, suor Lopez e suor Eleonora Reboldi, un’altra comboniana, che nella foresta è riuscita a portare alcune delle ragazze ancora nella missione.